Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/130: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|20}}-->si mettono a comporre. Non iscrivono mica con semplicità e naturalezza, che se questo fosse, i migliori scritti sarebbero quelli dei fanciulli; ma per contrario non ci si vede altro che esagerazioni e affettazioni e ricercatezze benché grossolane, e quella semplicità che v’è non è semplicità, ma fanciullaggine; cosí dite di certe canzoni volgari, ec. ec. che per un certo verso son semplici, ma mettete un poco quella semplicità con quella di {{AutoreCitato|Anacreonte|Anacreonte}} che pare il non plus ultra, e vedete se vi pare che si possa pur chiamare semplicità. Onde il fine dell’arte che costoro riprovano, non è mica l’arte, ma la natura, e il sommo dell’arte è la naturalezza e il nasconder l’arte, che i principianti o gl’ignoranti non sanno nascondere, benché n’hanno pochissima, ma quella pochissima trasparisce, e tanto fa piú stomaco quanto è piú rozza; e i nove anni d’Orazio dei quali il {{AutoreCitato|Ludovico di Breme|Breme}} si fa beffe, non sono mica per accrescer gli artifizi del componimento, ma per diminuirli o meglio per celarli accrescendoli, e insomma per avvicinarsi sempre piú alla natura, che è il fine di tutti quegli studi e di quelle emendazioni ec. di cui il Breme si burla, di cui si burlano i romantici, contraddicendo a se stessi; che mentre <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|21}}
<section begin="1" /><!--{{ZbPagina|20}}-->si mettono a comporre. Non iscrivono mica con semplicità e naturalezza, che se questo fosse, i migliori scritti sarebbero quelli dei fanciulli; ma per contrario non ci si vede altro che esagerazioni e affettazioni e ricercatezze benché grossolane, e quella semplicità che v’è non è semplicità, ma fanciullaggine; cosí dite di certe canzoni volgari, ec. ec. che per un certo verso son semplici, ma mettete un poco quella semplicità con quella di {{AutoreCitato|Anacreonte|Anacreonte}} che pare il non plus ultra, e vedete se vi pare che si possa pur chiamare semplicità. Onde il fine dell’arte che costoro riprovano, non è mica l’arte, ma la natura, e il sommo dell’arte è la naturalezza e il nasconder l’arte, che i principianti o gl’ignoranti non sanno nascondere, benché n’hanno pochissima, ma quella pochissima trasparisce, e tanto fa piú stomaco quanto è piú rozza; e i nove anni d’Orazio dei quali il {{AutoreCitato|Ludovico di Breme|Breme}} si fa beffe, non sono mica per accrescer gli artifizi del componimento, ma per diminuirli o meglio per celarli accrescendoli, e insomma per avvicinarsi sempre piú alla natura, che è il fine di tutti quegli studi e di quelle emendazioni ec. di cui il Breme si burla, di cui si burlano i romantici, contraddicendo a se stessi; che mentre <section end="1" /><section begin="2" />{{ZbPagina|21}}
bestemmiano l’arte e predicano la natura, non s’accorgono che la minor arte è minor natura.
bestemmiano l’arte e predicano la natura, non s’accorgono che la minor arte è minor natura.


<section begin="Della natura degli uomini" />

{{ZbPensiero|21/1}}Non solamente bisogna che il poeta imiti e dipinga a perfezione la natura, ma anche che la imiti e dipinga con naturalezza; anzi non imita la natura chi non la imita con naturalezza. Però {{AutoreCitato|Publio Ovidio Nasone|Ovidio}} che senza naturalezza la dipinge, cioè va tanto dietro a quegli oggetti che finalmente ce li presenta e ce li fa anche vedere e toccare e sentire, ma dopo infinito stento suo (cosí che a lui bisogna una pagina per farci veder quello che {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}} ci fa vedere in una terzina) e con una piú tosto pertinacia ch’efficacia; presto sazia, e inoltre non è molto piacevole, perché non sa nasconder l’arte, e con quel tanto aggirarsi intorno <section end=2 />
{{ZbPensiero|21/1}}Non solamente bisogna che il poeta imiti e dipinga a perfezione la natura, ma anche che la imiti e dipinga con naturalezza; anzi non imita la natura chi non la imita con naturalezza. Però {{AutoreCitato|Publio Ovidio Nasone|Ovidio}} che senza naturalezza la dipinge, cioè va tanto dietro a quegli oggetti che finalmente ce li presenta e ce li fa anche vedere e toccare e sentire, ma dopo infinito stento suo (cosí che a lui bisogna una pagina per farci veder quello che {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}} ci fa vedere in una terzina) e con una piú tosto pertinacia ch’efficacia; presto sazia, e inoltre non è molto piacevole, perché non sa nasconder l’arte, e con quel tanto aggirarsi intorno <section end="Della natura degli uomini" /><section end="2" />