Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/128: differenze tra le versioni

Cinnamologus (discussione | contributi)
Nanae (discussione | contributi)
→‎Pagine SAL 100%: + correzione
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 75%
+
Pagine SAL 100%
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 3: Riga 3:
150. Gli abusi opposti a questa massima generosa avanti il medio evo non poteano essere che parziali, perocchè erano degli uomini e non dell’ecclesiastica dignità, che per la sua stessa indole li ripudiava; ma come potè più conservarsi in atto la massima stessa, in universale parlando, quando i beni della Chiesa, perdendo la primitiva loro natura, divennero feudali, e gli ecclesiastici più eminenti altrettanti feudatarii? Da quell’ora la dispensazione de’ beni prese un altra legge, un’altra direzione: i beni in vece di scorrere all’ingiù nelle mani del povero, ristagnarono, o rifluirono all’insù nelle mani del signore: l’idea prima si smarrì o almeno si rese in molti inefficace, e sottentrò a quella l’idea della proprietà assoluta: i sacri depositi vennero depredati.
150. Gli abusi opposti a questa massima generosa avanti il medio evo non poteano essere che parziali, perocchè erano degli uomini e non dell’ecclesiastica dignità, che per la sua stessa indole li ripudiava; ma come potè più conservarsi in atto la massima stessa, in universale parlando, quando i beni della Chiesa, perdendo la primitiva loro natura, divennero feudali, e gli ecclesiastici più eminenti altrettanti feudatarii? Da quell’ora la dispensazione de’ beni prese un altra legge, un’altra direzione: i beni in vece di scorrere all’ingiù nelle mani del povero, ristagnarono, o rifluirono all’insù nelle mani del signore: l’idea prima si smarrì o almeno si rese in molti inefficace, e sottentrò a quella l’idea della proprietà assoluta: i sacri depositi vennero depredati.


<p>151. Lo sparpagliamento altresì della massa comune in benefizi assegnati ai singoli Chierici, da una parte tolse a’ Chierici, a’ quali il Vescovo dava una quota de’ beni sproporzionata alle loro fatiche ed al loro merito, che avessero uno stimolo anche umano all’adempimento de’ loro sacri doveri, e li disunì dal Vescovo, dal quale, quanto a’ loro proventi, divennero indipendenti<ref>Questo si rileva da {{w|Tascio Cecilio Cipriano|S. Cipriano}}, che a’ lettori Celerino ed Aurelio attribuisce la stessa porzione che davasi a’ Sacerdoti ''ut et sportulis eisdem cum presbyteris honorentur'' (Ep. {{Sc|xxxiii}}), e da {{AutoreCitato|Papa Gregorio I|S. Gregorio M.}} in diverse delle sue lettere, in una delle quali scrive ad un Vescovo: ''De redditibus Ecclesiae, quantum in integro portionem Ecclesiae tuae Clericis, secundum meritum vel officium, sive laborem suum, ut ipse unicuique dandum perspexeris, sine aliqua praebere debeas tarditate''. L. {{Sc|xi}}, ep. {{Sc|li}}.</ref>; dall’altra l’esempio luminoso del mantenimento pubblico e ministeriale de’ poveri per man della Chiesa, cessò, e con quel temporale alimento si scemò pure ad essi l’alimento spirituale; chè allora e la Chiesa pigliavasi special cura di quel corpo d’indigenti che considerava per suo, col quale di continuo trattava, e il solo pascerlo a quel modo era già un’istruzione, uno stimolo alla gratitudine che gli facea conoscere, venerare ed amare la Chiesa doppiamente a lui madre. Di qui si dee ripetere la secolarizzazione, per cosi dire, delle opere di carità. Perocchè al difetto del Clero, venne supplito con istituti di carità separati, ne’ quali di mano in mano prevalsero i laici: di che nell’ordine della provvidenza se n’ebbe il vantaggio che molti cristiani s’infervorarono nell’esercizio di tali opere sante; ma v’ebbe pure lo scapito che non essendo più quelle opere animate dall’ecclesiastico spirito e dall’ecclesiastica sapienza, si umanizzarono, perdettero il divino carattere che le sublimava e le ordinava alla salvezza dell’anime: e quest’è l’antica origine della moderna filantropia: il qual bene perduto, nondimeno si ricupererà allora che il Clero ritorni generoso e magnanimo. Perocchè in quel tempo desiderabile (che sembra però avvicinarsi) non vorranno più i laici dividersi e segregarsi dal clero, da cui divisi, essi perdono ogni intendimento spirituale, e nelle materiali cose isteriliscono; ed allora la cooperazione acquistata dal laicato sarà utilissima e preziosissima, quando laici e chierici, cessata ogni divisione, ritorneranno un solo corpo in Cristo, siccome un solo corpo fanno pure le membra col capo. La divisione adunque de’ benefizî impedì l’afflusso spontaneo de’ beni della Chiesa nelle mani de’ bisognosi: perocchè il dovere dell’elemosina rimase diviso fra beneficiati, non più sopravvegliato da’ Vescovi, e dalla loro sapienza regolato: i poveri cessarono da quell’ora di formare un corpo sacro siccome prima, dato in tutela alle Chiese.</p>
<p>151. Lo sparpagliamento altresì della massa comune in benefizi assegnati ai singoli Chierici, da una parte tolse a’ Chierici, a’ quali il Vescovo dava una quota de’ beni sproporzionata alle loro fatiche ed al loro merito, che avessero uno stimolo anche umano all’adempimento de’ loro sacri doveri, e li disunì dal Vescovo, dal quale, quanto a’ loro proventi, divennero indipendenti<ref>Questo si rileva da {{w|Tascio Cecilio Cipriano|S. Cipriano}}, che a’ lettori Celerino ed Aurelio attribuisce la stessa porzione che davasi a’ Sacerdoti ''ut et sportulis eisdem cum presbyteris honorentur'' (Ep. {{Sc|xxxiii}}), e da {{AutoreCitato|Papa Gregorio I|S. Gregorio M.}} in diverse delle sue lettere, in una delle quali scrive ad un Vescovo: ''De redditibus Ecclesiae, quantum in integro portionem Ecclesiae tuae Clericis, secundum meritum vel officium, sive laborem suum, ut ipse unicuique dandum perspexeris, sine aliqua praebere debeas tarditate''. L. {{Sc|xi}}, ep. {{Sc|li}}.</ref>; dall’altra l’esempio luminoso del mantenimento pubblico e ministeriale de’ poveri per man della Chiesa, cessò, e con quel temporale alimento si scemò pure ad essi l’alimento spirituale; chè allora e la Chiesa pigliavasi special cura di quel corpo d’indigenti che considerava per suo, col quale di continuo trattava, e il solo pascerlo a quel modo era già un’istruzione, uno stimolo alla gratitudine che gli facea conoscere, venerare ed amare la Chiesa doppiamente a lui madre. Di qui si dee ripetere la secolarizzazione, per così dire, delle opere di carità. Perocchè al difetto del Clero, venne supplito con istituti di carità separati, ne’ quali di mano in mano prevalsero i laici: di che nell’ordine della provvidenza se n’ebbe il vantaggio che molti cristiani s’infervorarono nell’esercizio di tali opere sante; ma v’ebbe pure lo scapito che non essendo più quelle opere animate dall’ecclesiastico spirito e dall’ecclesiastica sapienza, si umanizzarono, perdettero il divino carattere che le sublimava e le ordinava alla salvezza dell’anime: e quest’è l’antica origine della moderna filantropia: il qual bene perduto, nondimeno si ricupererà allora che il Clero ritorni generoso e magnanimo. Perocchè in quel tempo desiderabile (che sembra però avvicinarsi) non vorranno più i laici dividersi e segregarsi dal clero, da cui divisi, essi perdono ogni intendimento spirituale, e nelle materiali cose isteriliscono; ed allora la cooperazione acquistata dal laicato sarà utilissima e preziosissima, quando laici e chierici, cessata ogni divisione, ritorneranno un solo corpo in Cristo, siccome un solo corpo fanno pure le membra col capo. La divisione adunque de’ benefizî impedì l’afflusso spontaneo de’ beni della Chiesa nelle mani de’ bisognosi: perocchè il dovere dell’elemosina rimase diviso fra beneficiati, non più sopravvegliato da’ Vescovi, e dalla loro sapienza regolato: i poveri cessarono da quell’ora di formare un corpo sacro siccome prima, dato in tutela alle Chiese.</p>