Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/386: differenze tra le versioni

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{{Pt|noscere|riconoscere}} che in quanto all’amore della giovinetta per me i suoi sospetti non andavano lontani dal vero. Per qual incantesimo non me ne fossi accorto non ve lo saprei dire: e arrabbiai della mia sciocchezza della mia ingenuità. Mi provai anche a volgere contro l’Aquilina qualche parte di questa rabbia, ma non ne fui capace. Dopochè ella indovinò quanto fra me e la Pisana era avvenuto, ella assunse verso di me un contegno così supplice vergognoso che mi tolse ogni coraggio. Pareva mi chiedesse perdono del male involontariamente commesso; e la vidi talvolta adoperarsi presso la Pisana per rabbonirmela. Si studiava perfino di sfuggirmi, di fare con me la stizzosa perchè non si avvedessero di quanto succedeva nel suo cuore, e la concordia rinascesse in mezzo a noi. Bruto, che fin’allora era andato in solluchero per l’allegra vita che si menava, scoperse con rammarico quei primi segni di dissapore e di trasordine, non ne capiva gran fatto ma gliene doleva all’animo. Ne mosse anche parola a me, ma io mi ritraeva burbanzoso, stringendomi nelle spalle; altro motivo di disgusto e di sospetto. L’Aquilina intanto ci perdeva nella salute; il fratello se ne inquietò; furono chiamati medici che fantasticarono molto, e non indovinarono nulla. La Pisana mi stringeva sempre; io mi rammoliva. Alla fine, non so come, mi lasciai sfuggire dalla bocca un sì.
{{Pt|noscere|riconoscere}} che in quanto all’amore della giovinetta per me, i suoi sospetti non andavano lontani dal vero. Per qual incantesimo non me ne fossi accorto, non ve lo saprei dire: e arrabbiai della mia sciocchezza, della mia ingenuità. Mi provai anche a volgere contro l’Aquilina qualche parte di questa rabbia, ma non ne fui capace. Dopochè ella indovinò quanto fra me e la Pisana era avvenuto, ella assunse verso di me un contegno così supplice, vergognoso, che mi tolse ogni coraggio. Pareva mi chiedesse perdono del male involontariamente commesso; e la vidi talvolta adoperarsi presso la Pisana per rabbonirmela. Si studiava perfino di sfuggirmi, di fare con me la stizzosa, perchè non si avvedessero di quanto succedeva nel suo cuore, e la concordia rinascesse in mezzo a noi. Bruto, che fin’allora era andato in solluchero per l’allegra vita che si menava, scoperse con rammarico quei primi segni di dissapore e di irrequietezza; non ne capiva gran fatto, ma gliene doleva all’animo. Ne mosse anche parola a me, ma io mi ritraeva burbanzoso, stringendomi nelle spalle; altro motivo di disgusto e di sospetto. L’Aquilina intanto ci perdeva nella salute; il fratello se ne inquietò; furono chiamati medici che fantasticarono molto, e non indovinarono nulla. La Pisana mi stringeva sempre; io mi rammoliva. Alla fine, non so come, mi lasciai sfuggire dalla bocca un sì.


Bruto fu meravigliatissimo della proposta fattagli dalla Pisana, ma dietro reiterate assicurazioni di questa e che tutto fra me e lei era terminato di spontaneo accordo e che l’Aquilina moriva per me, egli se ne persuase. Se ne fece parola alla giovinetta, che non volle credere dapprincipio, e poi ne smarrì i sentimenti per la consolazione. Ma poi all’abboccarsi con me rimase senza fiato e senza parola; la poverina presentiva che io me le offeriva trascinato a forza e non aveva coraggio di chiedermi un tal sacrifizio. Lo credereste che la sua attitudine finì di commovermi
Bruto fu meravigliatissimo della proposta fattagli dalla Pisana, ma dietro reiterate assicurazioni di questa e che tutto fra me e lei era terminato di spontaneo accordo e che l’Aquilina moriva per me, egli se ne persuase. Se ne fece parola alla giovinetta, che non volle credere da principio, e poi ne smarrì i sentimenti per la consolazione. Ma poi all’abboccarsi con me, rimase senza fiato e senza parola; la poverina presentiva che io me le offeriva trascinato a forza, e non aveva coraggio di chiedermi un tal sacrifizio. Lo credereste che la sua attitudine finì di commovermi