Della generazione de' mostri/Capo secondo: differenze tra le versioni

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Come tutti gli arcieri hanno un segno solo e non più, nel quale pongono la mira, ed ogni volta che non percuotono in quello, non conseguiscono il fine loro, e si dicono errare: così né più, né meno tutti i generanti hanno un fine solo, ciò è di generare cosa somigliante a loro, ed ogni volta, che per qualunque cagione non conseguono il desiderato fine, essi si dicono errare, e cotali parti si chiamano Mostri, i quali possono essere di molte e diverse maniere, anzi quasi infinito; perché come la mira è una, e tutti i colpi, che non colgono in quella, sono errori: così il parto vero è uno solo, e tutti gli altri sono mostri, i quali si fanno, come avemo detto, in tutte quante le cose così animate, e così artificiali, come naturali, di quante maniere e per quanti modi avemo raccontato di sopra generalmente.
 
I quali volendo specificare alquanto meglio o venir più al particolare, diciamo esser verissimo, che così negli animali come negli uomini nascono parti mostruosi, i quali o abbondano, o mancano delle membra ordinarie, così esteriori, come interiori, o l'hanno trasposte o offese. E per darne alcun esempio più notabile, oltra quelli che si trovano assai spesso in tutte le storie, racconta M. {{AutoreCitato|Ludovico Ricchieri|Lodovico Celio Rodigino}}<ref>Ludovico Celio Richieri, che da Rovigo sua patria prese comunemente il soprannome di Rodigino, nacque verso il 1460. Stette per qualche tempo a dimora in Francia; poi fu eletto in patria pubblico maestro, ma dalle fazioni civili venne costretto a partirsene, anzi per legge ne fu perpetuamente sbandito. Indi fu professore in Vicenza, in Milano ed in Padova, d'onde, cessate le fazioni, fu richiamato in patria. Morì verso il 1525. Scrisse un'opera di ponderosa erudizione intitolata ''Antiquorum Lectionum'', che si può paragonare a un ampio magazzino, in cui si trovino merci d'ogni maniera insieme, confuse e tramescolate. <small>MAURI.</small></ref>, uomo il quale aveva lette e notate con assai diligenza infinite cose, nel terzo capitolo del tredicesimo libro delle ''Lezioni antiche'', che l'anno 1514 nacque in un borgo chiamato Sarzano vicino alla patria sua un bambino con due capi, nel quale erano più cose straordinarie e maravigliose: perciocché egli aveva tutte le membra intere, proporzionate e ben fornite, le quali mostravano di quattro mesi; e aveva i visi tanto simili l'uno all'altro, che non si potevano quasi discernere; aveva i capelli lunghetti e neri: tra l'un capo e l'altro sorgeva una terza mano, la quale non era maggiore dell'orecchie, ma non si vedeva tutta; e perché lo fecero sparare, gli trovarono un cuor solo, ma due milze e due fegati. M. {{AutoreCitato|Celio Calcagnini|Celio Calcagnino}} Ferrarese, uomo di grandissima lezione, e molto riputato nella sua patria, scrive nel commento che fece sopra il titolo della significazione delle parole, nella legge ''Ostentum'', d'aver letto appresso {{AutoreCitato|Giulio Ossequente}}, il quale scrittore io non ho veduto, che d'una schiava nacque un fanciullo con quattro piedi, quattro mani, quattro occhi, quattro orecchie e due membri naturali. {{AutoreCitato|Pietro Baldi del Riccio|Piero del Riccio}} nostro Fiorentino, giovane molto studioso e letterato, e degno di più grata patria, e meno avversa fortuna, che egli non ebbe, narra nell'ottavo capitolo del ventunesimo libro, che egli intitolò dell' ''Onesta Disciplina''<ref>Non mi venne fatto di trovare alcuna notizia intorno a codesto Piero del Riccio. <small>MAURI.</small></ref>, come fu scritto anticamente , che al tempo di Teodosio Imperadore nacque un bambino, che dal bellico in giù era tutto intero e senza mostruosità alcuna; ma dal bellico in su era tutto doppio, avendo due capi, due visi e due petti con tutte l'altre parti e sentimenti loro compitamente perfetti: e quello che è più maraviglioso alcuna volta mangiava l'uno e non l'altro, e così molte volte uno dormiva, e l'altro era desto: scherzavano talora insieme, ridevano, piangevano, e si davano molte volte. Visse vicino a due anni: poi essendone morto uno, l'altro dopo quattro anni si infracidò anch'egli e morissi.
Ma che bisogna raccontare quello che scrivono gli altri? Non se ne sono veduti molti e anticamente, e né tempi nostri, non che in Italia, come fu quello di Ravenna, ma nel dominio Fiorentino, e in Firenze medesima?