Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/210: differenze tra le versioni
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— Altro non volete sapere? |
— Altro non volete sapere? |
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— Nient’altro: la mia curiosità per ora è tutta qui. |
— Nient’altro: la mia curiosità per ora è tutta qui. |
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— Or bene: quei signori erano amicissimi d’Emilio: ecco perchè li conosco. |
— Or bene: quei signori erano amicissimi d’Emilio: ecco perchè li conosco. |
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— Anche il signor Minato? |
— Anche il signor Minato? |
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— Quello anzi più degli altri; ma gli è anche il più galantuomo, vale a dire il meno birbante di tutti questi |
— Quello anzi più degli altri; ma gli è anche il più galantuomo, vale a dire il meno birbante di tutti questi |
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ladroni. |
ladroni. |
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— Parlate piano, Aglaura!... Non siete più quella di questa mane!... Come mai svillaneggiate ora quegli stessi |
— Parlate piano, Aglaura!... Non siete più quella di questa mane!... Come mai svillaneggiate ora quegli stessi |
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che levaste a cielo poche ore fa?... |
che levaste a cielo poche ore fa?... |
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— Io?... Io ho levato a cielo la Repubblica, non chi l’ha fabbricata. Anche l’asino talora può andar carico di |
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pietre preziose... Del resto ladri in camera possono essere eroi all’aperto; ma eroi macellaj, non... |
pietre preziose... Del resto ladri in camera possono essere eroi all’aperto; ma eroi macellaj, non... |
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— E ditemi un poco. Spiro vi scrive di venirvi a prendere, o che n’andiate a Venezia? |
— E ditemi un poco. Spiro vi scrive di venirvi a prendere, o che n’andiate a Venezia? |
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— Perchè questa domanda?... Siete stufo d’avermi? |
— Perchè questa domanda?... Siete stufo d’avermi? |
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- Felice notte, Aglaura: parleremo domani. Oggi siete maldisposta. — |
- Felice notte, Aglaura: parleremo domani. Oggi siete maldisposta. — |
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Infatti mi ritrassi nella mia stanzuccia dietro della sua, e mi coricai pensando alla Pisana, alle strettezze che dovevano angustiarla, ai pericoli della sua solitudine. Sopratutto quel rappaciamento colla Rosa e le visite della Doretta mi davano ombra: Raimondo veniva poi; |
Infatti mi ritrassi nella mia stanzuccia dietro della sua, e mi coricai pensando alla Pisana, alle strettezze che dovevano angustiarla, ai pericoli della sua solitudine. Sopratutto quel rappaciamento colla Rosa e le visite della Doretta mi davano ombra: Raimondo veniva poi; giacchè capiva che egli era il grosso caprone, che sarebbe passato pei buchi fatti dalle pecore. Aggiustai fin d’allora di mio capo un certo letterone da scriverle il giorno dopo, e dal pensiero della Pisana passai a quello dell’Aglaura, che se stringeva meno s’oscurava anche di più. Chi potea vedere un barlume di chiaro in quel turbine di testolina? — Io no per certo. — Da Padova a Milano ella m’avea menato sempre di sorpresa in sorpresa; pareva non già una fanciulla occupata a vivere, ma un romanziero francese inteso a comporre |