Pagina:Zibaldone di pensieri VI.djvu/38: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|3566}}--><noinclude>tiche, </noinclude>cioè di voci antiche ed eleganti propriamente, cioè peregrine ec. E vedi il pensiero antecedente con quello a cui esso si riferisce. Le voci ebraiche sono tutte poetiche non appostatamente, né perché usate da’ poeti, né perché fatte ad esser poetiche e destinate all’uso della poesia, né perché peregrine o per antichità, o per <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|3567}} traslazione ec. ma per causa materiale ed estrinseca, e semplicemente perché son poche. E la lingua ebraica è tutta poetica materialmente, cioè semplicemente perciocch’é povera. E lo stile e la prosa ebraica sono poetiche stante la semplice povertà della lingua. Qualità comune a tutte le lingue ne’ loro principii, insieme colla conseguenza di tal qualità, cioè insieme coll’esser poetiche. Non intendo però di escludere le altre ragioni non materiali che certo anch’esse grandemente contribuirono a render poetica la lingua, stile e prosa ebraica, cioè l’orientalismo e la somma antichità, del che vedi la p. {{ZbLink|3543}}. E questa seconda condizione influisce altresí grandemente e produce l’effetto medesimo in ciascun’altra lingua ne’ di lei principii, in ciascuna lingua che conserva il suo stato primitivo, in ciascun’altra lingua antichissima ec. Del resto la somma forza e il sommo ardire che si ammira nelle espressioni della Bibbia, e che si dà per un segno di divinità, <ref>veggasi la p. citata {{ZbLink|3543|visualizza=<b>qui sopra</b>}}</ref> non proviene in gran parte d’altronde che da vera impotenza e necessità, cioè da estrema povertà che obbliga a <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|3568}} un estremo ardire nelle traslazioni e in qualsivoglia applicazione di significati, a tirar le metafore di lontanissimo ec (1 Ottobre, giorno in cui s’intese la creazione del nuovo Papa. 1823).
<section begin="1" /><!--{{ZbPagina|3566}}--><noinclude>tiche, </noinclude>cioè di voci antiche ed eleganti propriamente, cioè peregrine ec. E vedi il pensiero antecedente con quello a cui esso si riferisce. Le voci ebraiche sono tutte poetiche, non appostatamente, né perché usate da’ poeti, né perché fatte ad esser poetiche e destinate all’uso della poesia, né perché peregrine o per antichità, o per <section end="1" /><section begin="2" />{{ZbPagina|3567}} traslazione ec., ma per causa materiale ed estrinseca, e semplicemente perché son poche. E la lingua ebraica è tutta poetica materialmente, cioè semplicemente, perciocch’è povera. E lo stile e la prosa ebraica sono poetiche stante la semplice povertà della lingua. Qualità comune a tutte le lingue ne’ loro principii, insieme colla conseguenza di tal qualità, cioè insieme coll’esser poetiche. Non intendo però di escludere le altre ragioni non materiali, che certo anch’esse grandemente contribuirono a render poetica la lingua, stile e prosa ebraica, cioè l’orientalismo e la somma antichità, del che vedi la p. {{ZbLink|3543}}. E questa seconda condizione influisce altresí grandemente e produce l’effetto medesimo in ciascun’altra lingua ne’ di lei principii, in ciascuna lingua che conserva il suo stato primitivo, in ciascun’altra lingua antichissima ec. Del resto, la somma forza e il sommo ardire che si ammira nelle espressioni della Bibbia, e che si dà per un segno di divinità, <ref>Veggasi la pagina citata {{ZbLink|3543|visualizza=<b>qui sopra</b>}}.</ref>) non proviene in gran parte d’altronde che da vera impotenza e necessità, cioè da estrema povertà che obbliga a <section end="2" /><section begin="3" />{{ZbPagina|3568}} un estremo ardire nelle traslazioni e in qualsivoglia applicazione di significati, a tirar le metafore di lontanissimo ec. (1 ottobre, giorno in cui s’intese la creazione del nuovo Papa, 1823).




{{ZbPensiero|3567/1}} Della corruzione, degenerazione, snaturamento, deterioramento ec. delle generazioni degli uomini civili, e degli animali dagli uomini dimesticati, cioè<section end=3 />
{{ZbPensiero|3567/1}} Della corruzione, degenerazione, snaturamento, deterioramento ec. delle generazioni degli uomini civili, e degli animali, dagli uomini dimesticati, cioè<section end="3" />