Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/59: differenze tra le versioni

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''{{Pt|vrana|sovrana}}''; imperocchè in tal caso la Chiesa libera per ''grazia'', è serva per ''giustizia''<ref>L’adulazione e la vanità inventano queste espressioni, e son prima senza valore, ma passano ben presto ad acquistarne uno troppo reale. È strano il non accorgersi che in questo modo non si concilia ai Sovrani quel vero e costante rispetto che loro si dee, ma si usa un linguaggio che diventa in un tempo o nell’altro satirico. Per vero egli sembra un discorso ironico e mordace quello di uno scrittore del secolo scorso, per altro assai erudito, il quale essendo stato censurato per aver detto di questo tempo di cui parliamo, che era «un ''beneficio'' del re che il Clero godesse la libertà dell’eleggere, e che il re era l’arbitro e il giudice dell’elezione» (quasichè queste due cose possano stare insieme); si difende col dire che per ''beneficio'' regio intende l’avere i re cessato dall’usurpazione. Non sarebbe questo uno dei beneficii dei ladroni i quali donano la vita? Ecco le parole dello scrittore per altro sinceramente divoto alla laica potestà: ''Jus eligendi penes Clerum erat. Sed quia saepe reges electionum usum interturbaverant, assensum in merum imperium venere soliti, Ecclesia Gallicana his qui veterem electionum usum restituerant, ut Ludovico Pio, plurimum se debere profitebatur. Eorum certe beneficiorum erat asserta et vindicata sacrarum electionum libertas etc.'' {{W|Noël Alexandre|N. Alex.}} ad calcem Dissert. {{Sc|vi}} in saec. {{Sc|xv}} et {{Sc|xvi}}.</ref>; e la ''grazia'' di sua natura è arbitraria; sicchè l’avere o non avere la Chiesa i pastori più degni, sarebbe abbandonato al volere e al capriccio medesimo di persona laica perchè possente, e di quelli e quelle che più acquistino su di essa influenza.
''{{Pt|vrana|sovrana}}''; imperocchè in tal caso la Chiesa libera per ''grazia'', è serva per ''giustizia''<ref>L’adulazione e la vanità inventano queste espressioni, e son prima senza valore, ma passano ben presto ad acquistarne uno troppo reale. È strano il non accorgersi che in questo modo non si concilia ai Sovrani quel vero e costante rispetto che loro si dee, ma si usa un linguaggio che diventa in un tempo o nell’altro satirico. Per vero egli sembra un discorso ironico e mordace quello di uno scrittore del secolo scorso, per altro assai erudito, il quale essendo stato censurato per aver detto di questo tempo di cui parliamo, che era «un ''beneficio'' del re che il Clero godesse la libertà dell’eleggere, e che il re era l’arbitro e il giudice dell’elezione» (quasichè queste due cose possano stare insieme); si difende col dire che per ''beneficio'' regio intende l’avere i re cessato dall’usurpazione. Non sarebbe questo uno dei beneficii dei ladroni i quali donano la vita? Ecco le parole dello scrittore per altro sinceramente divoto alla laica potestà: ''Jus eligendi penes Clerum erat. Sed quia saepe reges electionum usum interturbaverant, assensum in merum imperium venere soliti, Ecclesia Gallicana his qui veterem electionum usum restituerant, ut {{W|Ludovico il Pio|Ludovico Pio}}, plurimum se debere profitebatur. Eorum certe beneficiorum erat asserta et vindicata sacrarum electionum libertas etc.'' {{W|Noël Alexandre|N. Alex.}} ad calcem Dissert. {{Sc|vi}} in saec. {{Sc|xv}} et {{Sc|xvi}}.</ref>; e la ''grazia'' di sua natura è arbitraria; sicchè l’avere o non avere la Chiesa i pastori più degni, sarebbe abbandonato al volere e al capriccio medesimo di persona laica perchè possente, e di quelli e quelle che più acquistino su di essa influenza.


E così si vide avvenire; e non solo fu grazia l’assenso, ma fu una grazia anche il comando; e finalmente fu una grazia venduta e si volle vender ben caro; e i beni della Chiesa<ref>{{W|Gregorio di Tours|S. Gregorio di Tour}} scriveva (anno 527) ''Jam tunc germen illud iniquum caeperat fructificare ut sacerdotium aut venderetur a regibus aut compararetur a Clericis''; le quali parole scrive il Santo dopo aver recati più fatti di Cherici che avevano ottenute le sedi episcopali dai re non per virtù pastorale che avessero, ma per la virtù dei danari.</ref>, l’avvilimento, l’anima fu la moneta destinata a comperarla<ref>I re Goti usurparonsi la nomina dello stesso sommo Pontefice, turbandone la canonica elezione. Cacciati questi d’Italia, {{W|Giustiniano I di Bisanzio|Giustiniano}} tenne per sè il diritto di confermare i Pontefici; i successori di lui esigettero una grossa somma di danaro dal nuovo Papa per la grazia di questa conferma, la qual somma fu pagata fino a {{W|Costantino IV di Bisanzio|Costantino Pogonato}}, che ascese al trono l’anno 668.</ref>.
E così si vide avvenire; e non solo fu grazia l’assenso, ma fu una grazia anche il comando; e finalmente fu una grazia venduta e si volle vender ben caro; e i beni della Chiesa<ref>{{W|Gregorio di Tours|S. Gregorio di Tour}} scriveva (anno 527) ''Jam tunc germen illud iniquum caeperat fructificare ut sacerdotium aut venderetur a regibus aut compararetur a Clericis''; le quali parole scrive il Santo dopo aver recati più fatti di Cherici che avevano ottenute le sedi episcopali dai re non per virtù pastorale che avessero, ma per la virtù dei danari.</ref>, l’avvilimento, l’anima fu la moneta destinata a comperarla<ref>I re Goti usurparonsi la nomina dello stesso sommo Pontefice, turbandone la canonica elezione. Cacciati questi d’Italia, {{W|Giustiniano I di Bisanzio|Giustiniano}} tenne per sè il diritto di confermare i Pontefici; i successori di lui esigettero una grossa somma di danaro dal nuovo Papa per la grazia di questa conferma, la qual somma fu pagata fino a {{W|Costantino IV di Bisanzio|Costantino Pogonato}}, che ascese al trono l’anno 668.</ref>.