Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu/221: differenze tra le versioni

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{{Pt|suaso|persuaso}} esser quelle un’immagine di quel famoso garzone fatta all’egiziana<ref>(a)</ref>. Più chiaramente ancora mostrasi misto l’uno all’altro stile nel summentovato Antinoo del museo Capitolino, il quale è pur senza l’appoggio del pilastro.
fuafo efTer quelle un’all’egiziana (a). Più
Egiìzj, I Fenicj, E I Persi. iij
immagine di quel famofo garzone fatta’
chiaramente ancora moftrafì mifto l’uno
all’altro ftile nel fummentovato Àntinoo del mufeo Capitolino, il quale è pur fenza l’appoggio del pilailro.


§. 12. Alle statue di questo genere appartengono diverse sfingi, e quattro ve n’ha di granito nero nella villa Albani, le quali hanno nel capo tali sembianze, che non poterono dagli Egizj essere lavorate né disegnate.
jf. 12. Alle flatue di quefto genere appartengono diverfe
Se ne vedrà un appresso in fronte del capo quarto. Non
sfingi, e quattro ve n’ha di granito nero nella villa Albani, le quali hanno nel capo tali fembianze, che non poterono
è qui il luogo di parlare delle statue marmoree d’Iside:
dagli Fgizj effere lavorate né difegnate.
esse sono interamente dello stile greco, e non prima del tempo de’ Cesari furono scolpite, poiché ai giorni di Cicerone il culto d’Iside non erasi in Roma introdotto ancora<ref name=pagina221>(a)</ref>.


{{nop}}
ima apprcfTo in fronte del capo quarto. Non
go di parlare delle flatue marmoree d’iiìde:
teramente dello iHle greco, e non prima del
fari furono fcolpite, poiché ai giorni di Cicerone
d’Ifide non erali in Roma introdotto ancora (a).


P ii.0". 13- Pi’^
Se ne vedrà
è qui il luoefTe
fono intempo
de’Ceil
culto
Ca) Comunque fiano comparfè quefte due
flariii; all’occhio del noftro Autore ^ generalmcine
gl’intendenti non vi (anno trovare una
sì pici a lomi:^lian7a rolL- vere ts’iìe d’Antinoo; e neppure ve l’ho faputa 1 ergere io,
per quanto le abbia e’aminate. Sono in forma
di due Atlanti architettonici, o Talamoni, e rome volgarmente lì fuol dire, Cariatidi; e perciò l.anro fui capo un canefho, o
vafo, che forma il ca]5Ìtello. Non è imjìrobabile
il fofpctto del fìg. abate Raffei OJJ’erv.


(a) Comunque siano comparse queste due statue all’occhio del nostro Autore, generalmente gl’intendenti non vi fanno trovare una sì piena somiglianza colle vere teste d’Antinoo; e neppure ve l’ho saputa scorgere io, per quanto le abbia esaminate. Sono in forma di due Atlanti architettonici, o Talamoni, e come volgarmente si suol dire, Cariatidi; e perciò hanno sul capo un canestro, o vaso, che forma il capitello. Non è improbabile il sospetto del sig. abate {{AutoreCitato|Stefano Raffei|Raffei}} ''Osserv. sopra alc. ant. mon. Tav. VI. pag. 60''., che sostenessero l’architrave della porta del tempio della villa Adriana, probabilmente a somiglianza di quei colossi alti 12. cubiti, che in vece di colonne sostenevano l’atrio del nuovo tempio eretto in Egitto al dio Api dal re Psammetico, {{AutoreCitato|Diodoro Siculo|Diodoro}} ''lib. 1. §. 66. pag. 77. E questo sarebbe un argomento di credere, che l’imperatore Adriano, il quale, come bene scrive il nostro Autore ''pag. 72''., volendo far onorare in tutto l'impero romano, e principalmente in Egitto, il suo diletto qual divinità, dovea presentarlo in quella forma, che era più venerabile, ed accetta, non volesse collocarlo a regger pesi in guisa di Cariatide.
forrj ale. at.t. mon. Tav. VI. pag. 6o., che
forreneffero l’architrave della porta del tempio
della villa Adriana, probabilmente a foniiglianva
di quei coloflì alti iz. cubiti, che in
vece di colonne foftencvano l’atrio del nuovo
tempio eretto in Egitto al dio Api dal re
Pfammetico, Diodoro /ih. i. §. 66. pag. jj.

E queflo farebbe un argomento di credere,
che l’imperatore Adriano, il quale, come
bene ftrive il nofìro Autore pag. 7 z., volendo
far crorare in tutto 1" impero roniano,
e principalmente in Egitto, il fuo diletto qual
divinità, dovea prcfentarlo in quel’a forma,
che^ era più venerabile, ed accetta, non volelle
collocarlo a regger pefi in guila di Cariatide.

(tr) De Nat.Deor. lib.^.cap.j p. [Cicerone
fcriffe queft’oirera rell’anno di Roma 711., e
dell’età fua 6;., come oflcn’a Franccfco Fabricio
Marcoduraro nella di lui vita tefiuta
per (eric di confoli, al detto anno7ii.«.227.,
in fronte di tutte le opere, edizione di Amfterdam
1718. Tcm.l. pag. ^0., o come vuole
il lìcnor Middlcton parimente nella di lui
vita 2o;n. ///.;;. ^24., l’anno 7C1). Prima di
LlIi.JI.

GAP. III.


(tr) ''De Nat. Deor. lib. 3. cap. 19''. [{{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}} scrisse quest’opera nell’anno di Roma 711., e dell’età sua 63., come osserva Francesco Fabricio Marcodurano nella di lui vita tessuta per serie di consoli, al detto anno 711. n. 227.,
in fronte di tutte le opere, edizione di Amsterdam
1718. ''Tom. I. pag. 30''., o come vuole
il signor Middleton parimente nella di lui
vita ''Tom. {{Sc|iiI}}. p. 324.'', l’anno 709). Prima di
tal anno il culto iliaco non folamcnte era flato
tal anno il culto iliaco non folamcnte era flato
introdotto in quefta dominante; ma vi era
introdotto in quefta dominante; ma vi era
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