Pagina:Storia delle arti del disegno.djvu/173: differenze tra le versioni

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{{Pt|gressi|progressi}} dell’arte. La musica, con cui gli antichi Greci studiaronsi di raddolcire la durezza delle leggi medesime, e la rozzezza de’ costumi<ref>{a)</ref>, di cui faceansi in Grecia pubbliche gare anche prima del secolo d’{{AutoreCitato|Omero|Omero}}<ref>(/’)</ref>; la musica, dissi, era negletta in Egitto, anzi pretendesi che essa unitamente alla poesia fosse colà vietata<ref>(e)</ref>. Ne’ tempj loro, al dire di {{Pt|Strabo-|}}
{{Pt|gressi|progressi}} dell’arte. La musica, con cui gli antichi Greci studiaronsi di raddolcire la durezza delle leggi medesime, e la rozzezza de’ costumi<ref>{{AutoreCitato|Plutarco|Plutarc.}} ''in Licurgo, op. Tom. I. p. 53. A., in Pericle, pag. 160. B.''</ref>, di cui faceansi in Grecia pubbliche gare anche prima del secolo d’{{AutoreCitato|Omero|Omero}}<ref>{{AutoreCitato|Tucidide|Thucyd.}} ''lib. 3. cap. 104. p. 230''. Vegg. Taylor ''Comment. ad Marmor. Sandvic. p. 13''.)</ref>; la musica, dissi, era negletta in Egitto, anzi pretendesi che essa unitamente alla poesia fosse colà vietata<ref>{{AutoreCitato|Dione Crisostomo|Dio Chrysost}}. ''Orat. 11. pag. 162. C'' [Dice solamente della poesia, che, come seducente, non fosse permessa in Egitto. Ma questo ancora dovrà intendersi con discrezione; essendo certo, che v’erano inni sacri; che si cantava da tutti in tante occasioni, come già si è osservato, e si ridirà in appresso, principalmente dai Terapeuti, che in gran parte ancora erano poeti, come scrive {{AutoreCitato|Filone di Alessandria|Filone}} ''De Vita contempl. pag. 893.'', Mamachi ''Orig. & Ant. Chrift. Tom. I. lib. I. cap. 1. §. V. pag. 21''. San Gio. Grisostomo ''Homil. VIII. in Matth. num. 4. oper. Tom. VII. p. 126. B''. dice, che l’Egitto era una volta il paese dei poeti; probabilmente volendo dire dei tempi avanti Gesù Cristo, e dei detti Terapeuti: e Mosè, il quale dopo il passaggio del mar rosso compose con estro divino quel sublime cantico registrato nell’Esodo ''cap. 15''., avrà imparato a far versi nella corte, ove fu educato, ed istruito in tutte le scienze degli Egiziani, Actuum Apost. ''cap. 7. v. 22''. non avendo noi fondamento di credere, che l’arte poetica {{Pt|egual-|}}</ref>. Ne’ tempj loro, al dire di {{Pt|Strabo-|}}

<ref follow="pagina173">''aridi, ad singulos motus excandescentes, controversi, & reposcones acerrimi''. Questo passo conferma ciò, che si è detto sopra pag. 64. del colore olivastro, e nero degli Egiziani; e che fossero di temperamento macilente, e secco, del quale ho parlato alla pag. 47. n. b. Colle parole ''magisque mœstiores, piuttosto maliconici'', avremmo una prova sicura del carattere austero, serio, e mesto di molti di quella nazione, se {{AutoreCitato|Francesco Valesio|Valesio}}, nelle note ad esso luogo, non pretendesse dopo {{AutoreCitato|Claudio Salmasio|Salmasio}}, che ne fosse guasta la lezione, e non l’emendasse in un senso tutto opposto: ''& atraci magis, quam moesis oris''. Io non mi so accordare a tal correzione; poiché non può negarsi, che molti vi fossero degli Egizj trasportati per la serietà, e malinconia; ma per gli altri generalmente non faranno stati così. Credo di poterlo asserire, considerando, per esempio, che Tifone uno dei primi loro sovrani era stato allegro di molto, e trasportato per il ballo, per cui radunava quanti mai vi erano in Egitto uomini più licenziosi, e petulanti, {{AutoreCitato|Sinesio di Cirene|Sinesio}} ''De Provid. lib. 1. pag. 92. B.''; e Amasi altro sovrano era anch’esso di umor gajo, e licenzioso, {{AutoreCitato| Erodoto |Erodoto}} ''lib. 2. cap. 61. pag. 132''. {{AutoreCitato| Claudio Eliano|Eliano}} ''De Nat. Anim. lib. 10. cap. 23''., {{AutoreCitato|Massimo di Tiro|Massmo Tirio}} ''Dissert. 8. §. 5''., e da tanti altri; onde ebbe a dire {{AutoreCitato|Lucio Apuleio|Apulejo}} ''De Deo Socr. op. T. {{Sc|iI.}} p. 685.: Ægyptiaca numina ferme plangoribus, graca plerumque choreis'' (gaudent); ma nel resto delle stesse feste, e in tutte quelle altre, in cui avea parte il popolo, per lo più si andava agli eccelli dell’allegrezza, e vi si commettevano le maggiori indecenze del mondo, empiendosi di vivande, e di vino, e cantando, e ballando pazzamente. Vegg. {{AutoreCitato|Erodoto|Erodoto}} ''loc. cit.'' {{AutoreCitato|Diodoro Siculo|Diodoro}} ''lib. 1. §. 85. pag. 96''. {{AutoreCitato|Strabone|Strabone}} ''l. 17. pag. 1153. princ.'', {{AutoreCitato|Antoine-Yves Goguet|Goguet}} ''Della Orip. delle leggi ec. Tom. I. par. I. lib. VI. cap. {{Sc|iI}}. verso il fine''. I Marinari nei porti, e i barcajuoli del Nilo cantavan sempre, e facevan festa, come narra {{AutoreCitato|Achille Tazio|Achille Tazio}} ''De Clitoph. & Leuc. amor. lib. 5. pag. 123''. Quello poi, che osserva {{AutoreCitato|Ateneo di Naucrati|Ateneo, nativo di Neucrati}}, ''lib. 1. in fine, pag. 34.'', che gli Egiziani cioè fossero gran bevitori; che per poter bere anche prima del pranzo mangiavano in principio dei cavoli lessati; e che col zito, bevanda fatta con l’orzo, si rallegravano a segno, che cantavano, e ballavano come gli ubbriachi, ci fa credere, che quelli, che erano dominati da malinconia, cercassero tutti i mezzi di liberarsene. Mi resta qui ad osservare intorno allo spirito degli Egiziani, che essi erano gente astuta, al dire di {{AutoreCitato|Sinesio di Cirene|Sinesio}} ''Calvit. encom. pag. 71. princ''.; e come diceva Giuliano l’Apostata presso S. Cirillo Alessandrino ''Contra Julian. lib. IV. p. 116. A. oper. Tom. {{Sc|iI}}., in scaltrezza, sagacità, ed ingegno superavano i Greci, e i Romani: per la qual cosa dovremo considerarli come una eccezione della regola, che {{AutoreCitato|Johann Joachim Winckelmann|Winkelmann}} ha stabilita sopra pag. 50. §. 9.</ref>
<ref follow="pagina173">''aridi, ad singulos motus excandescentes, controversi, & reposcones acerrimi''. Questo passo conferma ciò, che si è detto sopra pag. 64. del colore olivastro, e nero degli Egiziani; e che fossero di temperamento macilente, e secco, del quale ho parlato alla pag. 47. n. b. Colle parole ''magisque mœstiores, piuttosto maliconici'', avremmo una prova sicura del carattere austero, serio, e mesto di molti di quella nazione, se {{AutoreCitato|Francesco Valesio|Valesio}}, nelle note ad esso luogo, non pretendesse dopo {{AutoreCitato|Claudio Salmasio|Salmasio}}, che ne fosse guasta la lezione, e non l’emendasse in un senso tutto opposto: ''& atraci magis, quam moesis oris''. Io non mi so accordare a tal correzione; poiché non può negarsi, che molti vi fossero degli Egizj trasportati per la serietà, e malinconia; ma per gli altri generalmente non faranno stati così. Credo di poterlo asserire, considerando, per esempio, che Tifone uno dei primi loro sovrani era stato allegro di molto, e trasportato per il ballo, per cui radunava quanti mai vi erano in Egitto uomini più licenziosi, e petulanti, {{AutoreCitato|Sinesio di Cirene|Sinesio}} ''De Provid. lib. 1. pag. 92. B.''; e Amasi altro sovrano era anch’esso di umor gajo, e licenzioso, {{AutoreCitato| Erodoto |Erodoto}} ''lib. 2. cap. 61. pag. 132''. {{AutoreCitato| Claudio Eliano|Eliano}} ''De Nat. Anim. lib. 10. cap. 23''., {{AutoreCitato|Massimo di Tiro|Massmo Tirio}} ''Dissert. 8. §. 5''., e da tanti altri; onde ebbe a dire {{AutoreCitato|Lucio Apuleio|Apulejo}} ''De Deo Socr. op. T. {{Sc|iI.}} p. 685.: Ægyptiaca numina ferme plangoribus, graca plerumque choreis'' (gaudent); ma nel resto delle stesse feste, e in tutte quelle altre, in cui avea parte il popolo, per lo più si andava agli eccelli dell’allegrezza, e vi si commettevano le maggiori indecenze del mondo, empiendosi di vivande, e di vino, e cantando, e ballando pazzamente. Vegg. {{AutoreCitato|Erodoto|Erodoto}} ''loc. cit.'' {{AutoreCitato|Diodoro Siculo|Diodoro}} ''lib. 1. §. 85. pag. 96''. {{AutoreCitato|Strabone|Strabone}} ''l. 17. pag. 1153. princ.'', {{AutoreCitato|Antoine-Yves Goguet|Goguet}} ''Della Orip. delle leggi ec. Tom. I. par. I. lib. VI. cap. {{Sc|iI}}. verso il fine''. I Marinari nei porti, e i barcajuoli del Nilo cantavan sempre, e facevan festa, come narra {{AutoreCitato|Achille Tazio|Achille Tazio}} ''De Clitoph. & Leuc. amor. lib. 5. pag. 123''. Quello poi, che osserva {{AutoreCitato|Ateneo di Naucrati|Ateneo, nativo di Neucrati}}, ''lib. 1. in fine, pag. 34.'', che gli Egiziani cioè fossero gran bevitori; che per poter bere anche prima del pranzo mangiavano in principio dei cavoli lessati; e che col zito, bevanda fatta con l’orzo, si rallegravano a segno, che cantavano, e ballavano come gli ubbriachi, ci fa credere, che quelli, che erano dominati da malinconia, cercassero tutti i mezzi di liberarsene. Mi resta qui ad osservare intorno allo spirito degli Egiziani, che essi erano gente astuta, al dire di {{AutoreCitato|Sinesio di Cirene|Sinesio}} ''Calvit. encom. pag. 71. princ''.; e come diceva Giuliano l’Apostata presso S. Cirillo Alessandrino ''Contra Julian. lib. IV. p. 116. A. oper. Tom. {{Sc|iI}}., in scaltrezza, sagacità, ed ingegno superavano i Greci, e i Romani: per la qual cosa dovremo considerarli come una eccezione della regola, che {{AutoreCitato|Johann Joachim Winckelmann|Winkelmann}} ha stabilita sopra pag. 50. §. 9.</ref>
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e -che gli Egiziani generalmente molto erano inclinati a tiare da istrioni, alle danze, al canto, agli strumenti, come si è detto di sopra, e qui appresso. Nelle ceremonie religiose si cantava, e sonava in un tuono piuttosto lugubre, ed anche vi si piangeva nei primi giorni di alcune feste, come abbiamo da Erodoto, ''lib. 2. cap. 61. pag. 1^2.'',

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e -ciie gli Egiziani generalmente molto erano
inclinati a tiare da iftrioni, alle danze, al canto, agli (trumerrti, come fi é detto di fopra,
e qui apprelfo. Nelle ccrcmonie rcligiofe fi
cantava, e fonava in un tuono piuttofto lugubre, ed anche vi (i piangeva nei primi giorni
di alcune fcfte, cerne abbiamo da Erodoto,
fii. 2. cap. 61. pap. 1^2.,


{a) {{AutoreCitato|Plutarco|Plutarc.}} ''in Licurgo, op. Tom. I. p. 53. A., in Pericle, pag. 160. B.''

{ò) {{AutoreCitato|Tucidide|Thucyd.}} ''lib. 3. cap. 104. p. 230''. Vegg. Taylor ''Comment. ad Marmor. Sandvic. p. 13''.

(e) {{AutoreCitato|Dione Crisostomo|Dio Chrysost}}. ''Orat. 11. pag. 162. C'' [Dice solamcnte della poefia, che, come feducente, non folVc pennefla in Egitto. Ma
quefto ancora dovrà intenderfi con difcrezione; effendo certo, che v’erano inni facri;
che fi cantava da rutti in tante occafioni, come
già fi e oflervato, e fi ridirà in appreflo,
principalmente dai Terapeuti, che in gran
Ìartc ancora erano poeti, come feri ve Filone
’>e Vita contempi, pag. Sp?., Mamachi Orie,
(f Ant. Chrift. Tom. I. lib. I. cap. 1. §. F.

pag. il. San Gio. Grifoftomo Homil. Vili. In
Malth. num. 4. oper. Tom. Vll.p. 126. B.

dice j che l’Egitto era una volta il paefc dei
poeti; probabilmente volendo dire dei tempi
avanti Gesù Crifto, e dei detti Terapeuti: e
Mosè, il quale dopo il paffaggiodel mar rofsp
compole con eftro divino quel lublime cantico
rcgiftrato nell’Efodo cap.i s- ■< avrà imparato
a far vcrfi nella corte, ove fu educato,
ed iftruito in tutte le fcienze degli Egiziani,
Afluum Apoft. cap. j.v. 22. non avendo noi
fondamento di cfedcre,chc l’aite poetica cgual-