Pagina:Sextarius Pergami saggio di ricerche metrologiche.djvu/27: differenze tra le versioni

CandalBot (discussione | contributi)
m Bot: template SAL
Alebot (discussione | contributi)
m Removing/replacing Template:SAL
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
rasum sextarium civitatis qui nunc currit (67);» nella permuta delle decime fatta nel 1112 fra i Canonici di S. Alessandro e quelli di S. Vincenzo, questi ricevono anche «totam illam terram— positam in loco et fundo Albigne unde solvitur fictus sex modii et quatuor sextarii grani ad sextarium civitatis qui nunc currit (68);» da due atti di vendita ancora inediti, appartenenti al Monastero d’Astino, sotto l’anno 1169 apprendiamo che il canone perpetuo, che aggravava un molino in Paderno, era di «modio uno frumenti ad Sextarium Civitatis (69).» Parrebbe fare una eccezione la convenzione del 1120 fra Alberto conte di Soncino ed i consorti e vicini di Levate, per la quale questi si obbligano di consegnargli annualmente «modia quartuordecim de grano et staria sex (70)» senz’altra aggiunta: ma ciò non conta, e perchè per le prove addotte si comprende che lo Stajo del secolo undecimo era già radicato nell’uso, e perché inoltre abbiamo esempio, che quando nei contratti si esigeva la più vecchia misura, non si mancava di indicarlo. Così in una investitura di terre in Sabbio fatta nel 1125 troviamo: «eo tamen ordine ut ipse Albertus cum suis heredibus debet dare eidem Johanni vel a suos heredes per fructum de infrascriptis denariis donec steterint per singulos annos modio uno de furmentum et milio staria quindecim et sicale starea quinque et piste castaneis starea quinque ''ad starium quod preterea in retro solebant dare'' (71)» Quello che, a nostro vedere, conferma tale induzione è il fatto, che anche allorquando nei nostri documenti, fino ad ora sopravvissuti, troviamo per la prima volta menzionata{{SAL|27|3|Aubrey}}
rasum sextarium civitatis qui nunc currit (67);» nella permuta delle decime fatta nel 1112 fra i Canonici di S. Alessandro e quelli di S. Vincenzo, questi ricevono anche «totam illam terram— positam in loco et fundo Albigne unde solvitur fictus sex modii et quatuor sextarii grani ad sextarium civitatis qui nunc currit (68);» da due atti di vendita ancora inediti, appartenenti al Monastero d’Astino, sotto l’anno 1169 apprendiamo che il canone perpetuo, che aggravava un molino in Paderno, era di «modio uno frumenti ad Sextarium Civitatis (69).» Parrebbe fare una eccezione la convenzione del 1120 fra Alberto conte di Soncino ed i consorti e vicini di Levate, per la quale questi si obbligano di consegnargli annualmente «modia quartuordecim de grano et staria sex (70)» senz’altra aggiunta: ma ciò non conta, e perchè per le prove addotte si comprende che lo Stajo del secolo undecimo era già radicato nell’uso, e perché inoltre abbiamo esempio, che quando nei contratti si esigeva la più vecchia misura, non si mancava di indicarlo. Così in una investitura di terre in Sabbio fatta nel 1125 troviamo: «eo tamen ordine ut ipse Albertus cum suis heredibus debet dare eidem Johanni vel a suos heredes per fructum de infrascriptis denariis donec steterint per singulos annos modio uno de furmentum et milio staria quindecim et sicale starea quinque et piste castaneis starea quinque ''ad starium quod preterea in retro solebant dare'' (71)» Quello che, a nostro vedere, conferma tale induzione è il fatto, che anche allorquando nei nostri documenti, fino ad ora sopravvissuti, troviamo per la prima volta menzionata