Pagina:Prose e poesie (Carrer).djvu/232: differenze tra le versioni

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{{pt|mischia|frammischia}} alle assolute ed effettive parole della legge! La storia e le profezie come bene si corrispondono! Il mondo invisibile e spirituale opera misteriosamente sul visibile e materiale. Tela sì vasta non si è mai spiegata all’immaginazione; tela che dopo essersi estesa su tutta quant’è la superficie della terra, ed aver compresi i destini di tutti i popoli, ripiegata negli estremi suoi lembi, cela una infinità di avvenimenti, dei quali non abbiamo sott’occhi che alcune lievi ombre e figure, e la sola fede possiede la chiave. Mai non si parla in un salmo di schiavitù, che non vi si rammemori la liberazione e il Messia. Alle parole insolenti dell’offensore sono sempre intromessi gli affabili detti del consigliere. L’umana natura, sì facile a montare in superbia per le prosperità, trova sempre in fondo del quadro le lugubri sembianze della sventura; e al festivo suono dei timpani e delle trombe, che lodano nel suo tempio il Dio degli eserciti, si mescola il cupo fragore delle catene che scuotono gli ebrei prigionieri lungo le solitudini dell’Eufrate. L’intervento della divinità non è sì frequente, nè sì palese come nei salmi e nelle altre bibliche poesie. È il tema continuo, il centro della ispirazione; non si parte da esso che per addentrarsi nell’uomo, fatto a somiglianza di lui, nè si abbandona l’umana natura che per salire alla divinità. Gli accidenti mondani riempiono l’immenso vuoto tra l’uomo e Dio, e sono i simboli, dirò così, sotto i quali la divinità si{{SAL|232|3|Micione}}
{{pt|mischia|frammischia}} alle assolute ed effettive parole della legge! La storia e le profezie come bene si corrispondono! Il mondo invisibile e spirituale opera misteriosamente sul visibile e materiale. Tela sì vasta non si è mai spiegata all’immaginazione; tela che dopo essersi estesa su tutta quant’è la superficie della terra, ed aver compresi i destini di tutti i popoli, ripiegata negli estremi suoi lembi, cela una infinità di avvenimenti, dei quali non abbiamo sott’occhi che alcune lievi ombre e figure, e la sola fede possiede la chiave. Mai non si parla in un salmo di schiavitù, che non vi si rammemori la liberazione e il Messia. Alle parole insolenti dell’offensore sono sempre intromessi gli affabili detti del consigliere. L’umana natura, sì facile a montare in superbia per le prosperità, trova sempre in fondo del quadro le lugubri sembianze della sventura; e al festivo suono dei timpani e delle trombe, che lodano nel suo tempio il Dio degli eserciti, si mescola il cupo fragore delle catene che scuotono gli ebrei prigionieri lungo le solitudini dell’Eufrate. L’intervento della divinità non è sì frequente, nè sì palese come nei salmi e nelle altre bibliche poesie. È il tema continuo, il centro della ispirazione; non si parte da esso che per addentrarsi nell’uomo, fatto a somiglianza di lui, nè si abbandona l’umana natura che per salire alla divinità. Gli accidenti mondani riempiono l’immenso vuoto tra l’uomo e Dio, e sono i simboli, dirò così, sotto i quali la divinità si