Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/458: differenze tra le versioni

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{{ZbPensiero|378/1}}Il capo 9 dell’''Essai'' ec. qui sopra citato è il piú forte profondo e concludente forse di tutta l’opera, perché le prove della religione non sono dedotte dalla considerazione dell’uomo qual egli è, dalle opinioni ec., ma dalla natura dell’uomo. Farai bene a rileggerlo. Ma ecco il suo raziocinio. La felicità non si trova se non nella perfezione di cui l’essere è capace. Un essere non è perfetto se le sue facoltà non sono perfettamente d’accordo fra loro, perfettamente sviluppate secondo la loro natura e se non godono ciascuna del suo proprio oggetto secondo tutta l’estensione della sua capacità; non è perfetto s’egli non è in conformità colle leggi che risultano dalla sua natura. Ma per conformarcisi{{SAL|458|4|Gimilzor}}<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|379}} bisogna conoscerle. Dunque l’uomo non sarà felice se non quando conosca se stesso e i rapporti necessari che ha con altri esseri. E deve poterli conoscere, ''altrimenti sarebbe un essere contraddittorio, perché, avendo un fine, cioè la perfezione o la felicità, non avrebbe alcun mezzo di pervenirvi''. L’uomo dunque, inclinando alla perfezione o felicità, inclina sommamente alla cognizione del vero. Dalla cognizione deriva l’amore o l’odio, ossia il giudizio relativo alla qualità buona o cattiva. Dall’amore o l’odio deriva l’azione, perché l’uomo non si può determinare se non a quello che crede bene. L’ignoranza assoluta è uno stato di morte, perché,{{SAL|458|4|Gimilzor}}<section end=2 />
{{ZbPensiero|378/1}}Il capo 9 dell’''Essai'' ec. qui sopra citato è il piú forte profondo e concludente forse di tutta l’opera, perché le prove della religione non sono dedotte dalla considerazione dell’uomo qual egli è, dalle opinioni ec., ma dalla natura dell’uomo. Farai bene a rileggerlo. Ma ecco il suo raziocinio. La felicità non si trova se non nella perfezione di cui l’essere è capace. Un essere non è perfetto se le sue facoltà non sono perfettamente d’accordo fra loro, perfettamente sviluppate secondo la loro natura e se non godono ciascuna del suo proprio oggetto secondo tutta l’estensione della sua capacità; non è perfetto s’egli non è in conformità colle leggi che risultano dalla sua natura. Ma per conformarcisi<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|379}} bisogna conoscerle. Dunque l’uomo non sarà felice se non quando conosca se stesso e i rapporti necessari che ha con altri esseri. E deve poterli conoscere, ''altrimenti sarebbe un essere contraddittorio, perché, avendo un fine, cioè la perfezione o la felicità, non avrebbe alcun mezzo di pervenirvi''. L’uomo dunque, inclinando alla perfezione o felicità, inclina sommamente alla cognizione del vero. Dalla cognizione deriva l’amore o l’odio, ossia il giudizio relativo alla qualità buona o cattiva. Dall’amore o l’odio deriva l’azione, perché l’uomo non si può determinare se non a quello che crede bene. L’ignoranza assoluta è uno stato di morte, perché,<section end=2 />