Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/371: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|250}}-->{{ZbPensiero|250/1}}Una prova evidente e popolare, frequente nella vita e giornaliera, che il ''piccolo'' è considerato come ''grazioso'', si è il vezzo dei diminutivi che si sogliono applicare alle persone o cose che si amano o si vogliono vezzeggiare, pregare, addolcire, descrivere come graziose ec. E cosí al contrario, volendo mettere in ridicolo qualche persona o cosa tutt’altro che graziosa, se le applica il diminutivo, perché la renda ridicola colla forza del contrasto. Quest’uso è cosí antico{{SAL|371|4|Gimilzor}}<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|251}} (nel latino, greco ec.) e cosí universale oggidí, che si può considerare come originato dalla natura e non dal costume o dalla proprietà di questa o quella lingua. E i francesi, che non hanno se non pochissimi diminutivi, nei casi detti di sopra fanno grand’uso di questi pochissimi, o suppliscono col ''petit'', dimostrando che l’inclinazione ad attribuire ed esprimer piccolezza in quelle tali circostanze, non è capriccio o assuefazione, ma natura ed effetto di un’opinione innata che la piccolezza sia quasi compagna della grazia e piacevolezza, cose ben distinte dalla bellezza, colla quale non ha che fare questo attributo. E nello stesso modo, volendo ingiuriare, dipingere come sgraziato, discacciare, ec. ec. qualunque persona o cosa, si adopera l’accrescitivo; e in genere l’accrescitivo par che sempre tolga grazia al soggetto, anzi sia l’opposto della grazia e piacevolezza (22 settembre 1820).
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|250}}-->{{ZbPensiero|250/1}}Una prova evidente e popolare, frequente nella vita e giornaliera, che il ''piccolo'' è considerato come ''grazioso'', si è il vezzo dei diminutivi che si sogliono applicare alle persone o cose che si amano o si vogliono vezzeggiare, pregare, addolcire, descrivere come graziose ec. E cosí al contrario, volendo mettere in ridicolo qualche persona o cosa tutt’altro che graziosa, se le applica il diminutivo, perché la renda ridicola colla forza del contrasto. Quest’uso è cosí antico<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|251}} (nel latino, greco ec.) e cosí universale oggidí, che si può considerare come originato dalla natura e non dal costume o dalla proprietà di questa o quella lingua. E i francesi, che non hanno se non pochissimi diminutivi, nei casi detti di sopra fanno grand’uso di questi pochissimi, o suppliscono col ''petit'', dimostrando che l’inclinazione ad attribuire ed esprimer piccolezza in quelle tali circostanze, non è capriccio o assuefazione, ma natura ed effetto di un’opinione innata che la piccolezza sia quasi compagna della grazia e piacevolezza, cose ben distinte dalla bellezza, colla quale non ha che fare questo attributo. E nello stesso modo, volendo ingiuriare, dipingere come sgraziato, discacciare, ec. ec. qualunque persona o cosa, si adopera l’accrescitivo; e in genere l’accrescitivo par che sempre tolga grazia al soggetto, anzi sia l’opposto della grazia e piacevolezza (22 settembre 1820).




{{ZbPensiero|251/1}}Bonaparte per isnidare i malandrini da una contrada di Parigi v’introdusse i giullari e i giocolieri per richiamarvi il popolo e frequentarla (Vedi {{Sc|{{AutoreCitato|Lady Morgan|lady Morgan}}}}, ''France'', liv. 5, principio). Il Papa, alcuni mesi addietro, per isnidare i malviventi da Sonnino, luogo di loro rifugio nei confini del suo stato verso Napoli, decretò la distruzione di quel paese. Bonaparte popolò il nido dei ladroni per cacciarneli e ottenne{{SAL|371|4|Gimilzor}}<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|252}} l’intento; il Papa giudicò di non potere ottenerlo fuorché colla distruzione di quel luogo. Dice {{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}} che{{SAL|371|4|Gimilzor}}<section end=3 />
{{ZbPensiero|251/1}}Bonaparte per isnidare i malandrini da una contrada di Parigi v’introdusse i giullari e i giocolieri per richiamarvi il popolo e frequentarla (Vedi {{Sc|{{AutoreCitato|Lady Morgan|lady Morgan}}}}, ''France'', liv. 5, principio). Il Papa, alcuni mesi addietro, per isnidare i malviventi da Sonnino, luogo di loro rifugio nei confini del suo stato verso Napoli, decretò la distruzione di quel paese. Bonaparte popolò il nido dei ladroni per cacciarneli e ottenne<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|252}} l’intento; il Papa giudicò di non potere ottenerlo fuorché colla distruzione di quel luogo. Dice {{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}} che<section end=3 />