Pagina:Zibaldone di pensieri I.djvu/437: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|349}}-->cominciavano{{SAL|437|4|Gimilzor}}<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|350}} a sentire e prevedere la febbre divorante e consuntiva della ragione e della filosofia; la distruzione di tutto il bello il buono il grande, e di tutta la vita; l’opera micidiale e le stragi di quella ragione e filosofia che aveva avuto il primo impulso e cominciò la sua trista devastazione in Germania, patria del pensiero, come la chiama la {{AutoreCitato|Anne Louise Germaine de Staël|Staël}}, non inducendo gli uomini da principio se non ad esaminar la religione e negarne alcuni punti, per poi condurli alla scoperta di tutte le verità piú dannose e all’abbandono di tutti gli errori piú vitali e necessari. I lumi cagionati dal risorgimento delle lettere erano appunto allora giunti a quel grado che bastava per cominciare l’infelicità e il tormento di un popolo, al quale la natura era stata meno larga dei mezzi di felicità, che sono l’immaginazione ricca e varia e le illusioni. Ne avevano naturalmente quanto bastava (e cosí gl’inglesi ai tempi di {{AutoreCitato|Ossian|Ossian}}, come gli stessi germani ai tempi de’ bardi e di {{AutoreCitato|Publio Cornelio Tacito|Tacito}}), ma non tanti né tanto forti da resistere ai lumi cosí lungamente, come i paesi meridionali e, soprattutto, la Spagna e l’Italia, dove anche oggidí si vive poco, è vero, perché manca il corpo e il pascolo materiale e sociale delle illusioni, ma si pensa anche ben poco (23 novembre 1820). La Spagna s’é trovata finora nello stesso caso. Il suo clima e la situazione geografica e il governo ec.{{SAL|437|4|Gimilzor}}<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|351}} proteggevano le illusioni come in Italia, senza però lasciarnela profittare né procurarsene punto di vita, massime esterna e sociale.
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|349}}-->cominciavano<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|350}} a sentire e prevedere la febbre divorante e consuntiva della ragione e della filosofia; la distruzione di tutto il bello il buono il grande, e di tutta la vita; l’opera micidiale e le stragi di quella ragione e filosofia che aveva avuto il primo impulso e cominciò la sua trista devastazione in Germania, patria del pensiero, come la chiama la {{AutoreCitato|Anne Louise Germaine de Staël|Staël}}, non inducendo gli uomini da principio se non ad esaminar la religione e negarne alcuni punti, per poi condurli alla scoperta di tutte le verità piú dannose e all’abbandono di tutti gli errori piú vitali e necessari. I lumi cagionati dal risorgimento delle lettere erano appunto allora giunti a quel grado che bastava per cominciare l’infelicità e il tormento di un popolo, al quale la natura era stata meno larga dei mezzi di felicità, che sono l’immaginazione ricca e varia e le illusioni. Ne avevano naturalmente quanto bastava (e cosí gl’inglesi ai tempi di {{AutoreCitato|Ossian|Ossian}}, come gli stessi germani ai tempi de’ bardi e di {{AutoreCitato|Publio Cornelio Tacito|Tacito}}), ma non tanti né tanto forti da resistere ai lumi cosí lungamente, come i paesi meridionali e, soprattutto, la Spagna e l’Italia, dove anche oggidí si vive poco, è vero, perché manca il corpo e il pascolo materiale e sociale delle illusioni, ma si pensa anche ben poco (23 novembre 1820). La Spagna s’é trovata finora nello stesso caso. Il suo clima e la situazione geografica e il governo ec.<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|351}} proteggevano le illusioni come in Italia, senza però lasciarnela profittare né procurarsene punto di vita, massime esterna e sociale.




{{ZbPensiero|351/1}}A tutto quello che ho detto di {{AutoreCitato|Teofrasto|Teofrasto}} si può aggiungere come altra cagione della qualità che ho notato in lui il suo sapere enciclopedico che apparisce dal catalogo delle sue opere, la massima parte perdute. Il qual sapere e la quale speculazione intorno ad ogni genere di scibile egli non lo faceva servire, come {{AutoreCitato|Platone|Platone}}, all’immaginativa, per fabbricarne un{{SAL|437|4|Gimilzor}}<section end=3 />
{{ZbPensiero|351/1}}A tutto quello che ho detto di {{AutoreCitato|Teofrasto|Teofrasto}} si può aggiungere come altra cagione della qualità che ho notato in lui il suo sapere enciclopedico che apparisce dal catalogo delle sue opere, la massima parte perdute. Il qual sapere e la quale speculazione intorno ad ogni genere di scibile egli non lo faceva servire, come {{AutoreCitato|Platone|Platone}}, all’immaginativa, per fabbricarne un<section end=3 />