Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/250: differenze tra le versioni

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''{{Pt|liæ|Juliæ}} Augustis Neptis, cujus Ovidius fuerit quidem reus factus, at quod sibi modo visum, & a suis comitibus commissum suadere conatur''<ref>Pag. 257.</ref>. Vuole dunque il Masson, che reo veramente di delitto commesso con Giulia fosse Ovidio; ma che volesse persuadere ad Augusto, che il delitto era di altri; e ch’egli non ne era stato che semplice spettatore. Non so, quali pruove egli arrechi di questo suo sentimento. Ma a me certamente non par probabile. Lasciando stare altre riflessioni, che dalle cose finor disputate nascono naturalmente, come mai poteva Ovidio lusingarsi, se veramente era reo, di persuadere ad Augusto, ch’era innocente? Come esser certo, che Giulia non avesse ella medesima rivelato il complice del suo misfatto? E non era anzi questo un irritar maggiormente lo sdegno di Augusto? A me dunque non sembra, che abbia questa opinione maggior forza delle altre, che di sopra si son confutate.
liæ Augustis Neptis, cujus Ovidius fuerit quidem reus factus, at quod sibi modo visum, & a suis comitibus commissum suadere conatur158. Vuole dunque il Masson, che reo
veramente di delitto commesso con Giulia fosse Ovidio; ma che volesse persuadere ad Augusto, che
il delitto era di altri; e ch’egli non ne era stato che semplice spettatore. Non so, quali pruove egli
arrechi di questo suo sentimento. Ma a me certamente non par probabile. Lasciando stare altre
riflessioni, che dalle cose finor disputate nascono naturalmente, come mai poteva Ovidio lusingarsi,
se veramente era reo, di persuadere ad Augusto, ch’era innocente? Come esser certo, che Giulia non
avesse ella medesima rivelato il complice del suo misfatto? E non era anzi questo un irritar
maggiormente lo sdegno di Augusto? A me dunque non sembra, che abbia questa opinione maggior forza delle altre, che di sopra si son confutate. 126
XLII. Rimane a dir qualche cosa intorno alla durata dell’esilio di Ovidio. Il Bayle, che,
quando entra in Cronologiche discussioni, pare che non sappia uscirne pel piacer che vi prova, ha di
ciò parlato assai lungamente. Io me ne spedirò in breve, accennando solo ciò, che vi ha di certo.
Ovidio fu mandato in esilio circa l’anno 760 come si è detto; e il luogo di esso fu Tomi nella Scizia
presso il Ponto Eusino ossia Mar nero, e, per quanto sembra, vicino all’imboccatura del Danubio.
Scrive egli un’Elegia159 a un certo Grecino, che dovea entrar quanto prima nel Consolato, e con lui
ancor si rallegra, che avrà Flacco suo fratello per successore. Or questi non sono altri che Giulio
Pomponio Grecino, il quale l’anno 768 fu sorrogato nel Consolato a L. Scribonio Libone, e L.
Pomponio Flacco Grecino, che gli succedette il seguente anno 769160. Era dunque ancor vivo
Ovidio l’anno 768 cioè due anni dopo la morte d’Augusto. Questi non si era mai lasciato muovere a
richiamarlo. Ovidio dice veramente, che aveva egli cominciato a piegarsi, quando morì:
<poem>
Cœperat Augustus deceptæ ignoscere culpæ:
Spem nostram terras deseruitque simul161
</poem>


XLII. Rimane a dir qualche cosa intorno alla durata dell’esilio di Ovidio. Il Bayle, che, quando entra in Cronologiche discussioni, pare che non sappia uscirne pel piacer che vi prova, ha di ciò parlato assai lungamente. Io me ne spedirò in breve, accennando solo ciò, che vi ha di certo. Ovidio fu mandato in esilio circa l’anno 760 come si è detto; e il luogo di esso fu Tomi nella Scizia presso il Ponto Eusino ossia Mar nero, e, per quanto sembra, vicino all’imboccatura del Danubio. Scrive egli un’Elegia<ref>Lib. IV. de Ponto El.IX.</ref> a un certo Grecino, che dovea entrar quanto prima nel Consolato, e con lui ancor si rallegra, che avrà Flacco suo fratello per successore. Or questi non sono altri che Giulio Pomponio Grecino, il quale l’anno 768 fu sorrogato nel Consolato a L. Scribonio Libone, e L. Pomponio Flacco Grecino, che gli succedette il seguente anno 769<ref>V. Fastos Consulares.</ref>. Era dunque ancor vivo Ovidio l’anno 768 cioè due anni dopo la morte d’Augusto. Questi non si era mai lasciato muovere a richiamarlo. Ovidio dice veramente, che aveva egli cominciato a piegarsi, quando morì:

{{Centrato|''Cœperat Augustus deceptæ ignoscere culpæ:<br>Spem nostram terras deseruitque simul''<ref>L. IV. de Ponto El. VI.</ref>.}}
(1) Pag. 217- li) V- Faftos ConfularesV
(2) Lib. IV. de Ponto El.IX. £4) L. IV. de Ponto El VL
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