Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/264: differenze tra le versioni

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''Sed libera nos a malo''; ecco l’altra. Ma l’autore nostro la recò ad
xi. 22-36]
una, perché amburo non s’appartegnano a quelli del purgatorio; ma sì alli omini che sono nel mondo, come apparrà di sotto per
Sed libera nos a malo; ecco l’altra. Ma l’autore nostro la recò ad
una, perché .amburo non s'appartegnano a quelli del purgatorio-
ma sì alli omini che sono nel mondo, come apparrà di sotto per
lo testo che seguita.
lo testo che seguita.

C. XI — v. 22-36. In questi cinque ternari lo nostro autore finae
C. XI — ''v''. 22-36. In questi cinque ternari lo nostro autore finge
come una di quelle anime dichiarasse alcuno dubbio a Dante che
come una di quelle anime dichiarasse alcuno dubbio a Dante, che
occorrea per l’orazione detta di sopra; cioè per l’ultima parte- a
occorrea per l’orazione detta di sopra; cioè per l’ultima parte; a
presso pone una persuasione ad ogni uno che debbia pregare per
presso pone una persuasione ad ogni uno che debbia pregare per
l'anime del purgatorio, dicendo così: Quest’ultima preghiera; cioè
l’anime del purgatorio, dicendo così: ''Quest’ultima preghiera''; cioè
Nostra virtù ec. ; parla una dell’anime, che andavano sotto li pesi a
''Nostra virtù'' ec.; parla una dell’anime, che andavano sotto li pesi a
Dante dicendoli-che l’ultimo prego de la orazione detto di sopra
Dante dicendoli che l’ultimo prego de la orazione detto di sopra
non si facea per loro; et usa qui una figura che si chiama antifofora, che si fa quando l’omo risponde a l’obiezione che si potrebbe fare <ref>C. M. fare innanzi che si faccia, come ora. Potrebe l’omo dire a l’anime</ref>. L’omo dice all’anime di purgatorio: Voi pregate che non siate
non si facea per loro; et usa qui una figura che si chiama antilo-
fora, che si fa quando Forno risponde a l’obiezione che si potrebbe fa¬
re (*). L’omo dice all’anime di purgatorio: Voi pregate che non siate
indutte in tentazioni; ma siate liberate da male: voi non potete più
indutte in tentazioni; ma siate liberate da male: voi non potete più
essere tentate e siete libere dal male de la colpa e con speransa
essere tentate e siete libere dal male de la colpa e con speransa
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che elli risponde che questo non si prega per loro; ma per quelli
che elli risponde che questo non si prega per loro; ma per quelli
che sono nel mondo, che possono essere tentati c possono incorrere
che sono nel mondo, che possono essere tentati c possono incorrere
nel male e ne la colpa; e però dice a Dante: Signor caro; ecco che
nel male e ne la colpa; e però dice a Dante: ''Signor caro''; ecco che
induce ne li stati superbi umilità, fingendo che dicano a lui Signore
induce ne li stati superbi umilità, fingendo che dicano a lui ''Signore caro''; e carità in quanto diceno ''caro, Già non si fa per noi''; del purgatorio, ''che non bisogna'': imperò che non possiamo incorrere più
male di colpa, nè di pena che noi siamo incorsi, ''quia post mortem non est locus meriti; neque demeriti — Ma per color che dietro a noi restaro''; cioè per quelli che sono nel mondo. E sopra questa parte
caro; e carità in quanto diceno caro, Già non si fa per noi; del pur¬
occorre uno dubbio; cioè come finge l’autore che quelle anime preghino per noi: conciossiacosach’elle non possano meritare, nè demeritare, nè sapere di nostro stato se non in quanto per grazia è revelato loro; cioè a quelli del purgatorio; et a quelli de lo inferno per
gatorio, che non bisogna: imperò che non possiamo incorrere più
male di colpa, nè di pena che noi siamo incorsi, quia post mortem
non est locus meriti> ncque demeriti — Ma per color che dietro a noi
restaro; cioè per quelli che sono nel mondo. E sopra questa parte
occorre uno dubbio; cioè come finge l’autore che quelle anime pre¬
ghino per noi: conciossiacosach’ elle non possano meritare, nè deme¬
ritare, nè sapere di nostro stato se non in quanto per grazia è re ve¬
lato loro; cioè a quelli del purgatorio; et a quelli de lo inferno per
loro pena et afflizione; e dove non è merito, non è esaudizione;
loro pena et afflizione; e dove non è merito, non è esaudizione;
dunque in vano è lo loro orare; dunque in vano fa l’autore questa
dunque in vano è lo loro orare; dunque in vano fa l’autore questa
finzione et àe fatto l’altre, dove àe fìnto che l’anime dicano l’ora¬
finzione et àe fatto l’altre, dove àe finto che l’anime dicano l’orazione: imperò che ’l prego nè a loro, nè a quelli del mondo vale
zione: imperò che ’l prego nè a loro, nè a quelli del mondo vale
infine a tanto che non sono in paradiso, come colui che è in bando,
infine a tanto che non sono in paradiso, come colui che è in bando,
che infine a tanto che non è fuora del bando non è udito a ragione
che infine a tanto che non è fuora del bando non è udito a ragione
in corte, benché dimandi iusto. A che si può rispondere che tanto
in corte, benché dimandi iusto. A che si può rispondere che tanto
valliano loro le loro orazioni c l’altre orazioni fatte per loro da al¬
valliano loro le loro orazioni e l’altre orazioni fatte per loro da altrui, e l’orazioni che fanno per altrui, quanto meritato ànno in questa vita che debbiano valere, sicché non valliano per lo merito che
trui, e l’orazioni che fanno per altrui, quanto meritato ànno in que¬
sta vita che debbiano valere, sicché non valliano per lo merito che
allora acquistino; ma per l’acquistato. E finge questo l’autore, per
allora acquistino; ma per l’acquistato. E finge questo l’autore, per
(*) C. M. fare innanzi che si faccia, come ora. Potrebe l’omo dire a l’anime
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