Pagina:Le confessioni di un ottuagenario II.djvu/516: differenze tra le versioni
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da Attila a Carlo |
{{Pt|neti|Veneti}} da Attila a Carlo V, nel quale l’arditezza delle ipotesi, la copia dei documenti e l’acume della critica si sussidiavano a vicenda mirabilmente, come a quel tempo mi diceva Lucilio. Questi poi riuscì molto comodo all’autore per l’esame di certi punti parziali sui quali lo sapeva profondamente erudito; e infatti corressero insieme qualche proposta, ne ammendarono qualche altra. Lucilio faceva le grandi maraviglie di scoprire tanto tesoro di sapienza e tanto fervore d’amor patrio in quell’omiciattolo sucido e brontolone del conte Rinaldo; ma insieme anche indovinava le cause del fenomeno. |
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— Ecco — diceva egli — ecco come si sfruttano, in tempo di errori e di ozii nazionali, le menti che vedono giusto e lontano, e le forze che non consentono di poltrire!... I loro affetti la loro attività si sprecano a rianimare le mummie; non potendo migliorare le istituzioni e studiare ed amar gli uomini, scavano antiche lapidi, macigni frantumati, e studiano ed amano quelli. È il destino quasi comune dei nostri letterati! |
— Ecco, — diceva egli, — ecco come si sfruttano, in tempo di errori e di ozii nazionali, le menti che vedono giusto e lontano, e le forze che non consentono di poltrire!... I loro affetti la loro attività si sprecano a rianimare le mummie; non potendo migliorare le istituzioni e studiare ed amar gli uomini, scavano antiche lapidi, macigni frantumati, e studiano ed amano quelli. È il destino quasi comune dei nostri letterati! — |
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Ma Lucilio diceva troppo. Perchè con Alfieri con Foscolo con Manzoni con Pellico era già cresciuta una diversa famiglia di letterati che onorava sì le rovine, ma chiamava i viventi a concilio |
Ma Lucilio diceva troppo. Perchè con {{AutoreCitato|Vittorio Alfieri|Alfieri}}, con {{AutoreCitato|Ugo Foscolo|Foscolo}}, con {{AutoreCitato|Alessandro Manzoni|Manzoni}}, con {{AutoreCitato|Silvio Pellico|Pellico}}, era già cresciuta una diversa famiglia di letterati che onorava sì le rovine, ma chiamava i viventi a concilio sovr’esse: e sfidava o benediva il dolore presente pel bene futuro. {{AutoreCitato|Giacomo Leopardi|Leopardi}} che insuperbì di quella ragione alla quale malediceva, Giusti che flagellò i contemporanei eccitandoli ad un rinnovamento morale, sono rampolli di quella famiglia sventurata ma viva, e vogliosa di vivere. Il disperato cantore della Ginestra e di Bruto sapeva meglio degli altri che soltanto la lunghezza della vita può sollevar l’anima a quella sublimità di scienza che comprende d’uno sguardo tutto il mondo metafisico e non s’arresta ai gemiti fanciulleschi d’un uomo che si spaura del buio. |
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Giulio, il mio figliuoletto, si sarebbe assai vantaggiato |
Giulio, il mio figliuoletto, si sarebbe assai vantaggiato |