Una salita al Monviso: differenze tra le versioni

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Torino, 15 agosto 1863.
 
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Il 4 luglio 1862 si saliva una seconda volta al Monviso. Ed era il sig. Tuckett in compagnia delle guide Michele Croz di Chamounix, Pietro Perrn di Zermatt, e di un tal Bartolomeo Peyrotte di Bobbio di val Pellice. Il Tuckett passò anzi la notte a pochi metri al dissotto della cima del Monviso sull’orlo di un precipizio orrendo.
 
Non è a dire quanto codesti ripetuti successi spronassero i ''touristes'' italiani a non indugiare ulteriormente la salita di questo monte, il quale dopo la cessione della Savoia, con cui tanta parte del Monbianco passò alla Francia, è forse, ed anzi senza forse, la più bella sommità alpina che sia rimasta per intiero alla Italia.<ref>La cima del Monviso è al di qua della linea di separazione delle acque, e dista di circa due chilometri dal confine francese.</ref> Nelle appendici dell'dell’''Opinione'' avrai letto il principio di una briosissima descrizione della settimana spesa attorno al Monviso da alcuni animosi giovani. Ed appena giunto in Torino mi recai stamane dal sig. Vialardi che ne faceva parte, e vi ammirai parecchie interessantissime fotografie, le quali, senza che occorra sforzo d’immaginazione, tutto vi trasportano col pensiero in mezzo a quelle ertissime e curiosissime balze. Una ostinata e gelida nebbia fu di ostacolo a questi coraggiosi giovani, e la cima non potè essere vinta.
 
Nella settimana scorsa un’altra comitiva, della quale faceva parte qualche nostro conoscente, e che si componeva nel resto di abitanti di Verzuolo, fra cui una gentilissima signora oriunda di Torino, tentava pure la salita del Monviso con molta probabilità di buon esito. Infatti si era cercato a guida nientemeno che il Peyrotte, il quale già era stato l’anno scorso sul Monviso assieme al Tuckett. Questa comitiva pervenne fino alla parte superiore del vallone delle Forciolline, ove pernottava alla bella stella sulle sponde di uno dei laghi, che gli antichi ghiacciai vi hanno formato. Si andò il giorno dopo alquanto innanzi ; ma al Peyrotte venne talmente meno ogni specie di animo, che dopo molte difficoltà e tentennamenti finì per rifiutarsi affatto a condurre la comitiva sulla vetta del Monviso. Io non mi meraviglio troppo del poco entusiasmo del primo italiano che fu sul Monviso, perché dalle frasi della relazione del Tuckett che lo riguardano, arguisco come già allora molto rimpiangesse di essersi posto in cosifatta impresa, tanto che il Tuckett l’ebbe a motteggiare non poco. Ma tornando alla comitiva, essa non poteva non perder animo per l’avvilimento del Peyrotte, e quindi rinunciò all’impresa.