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relativa della luce si mantiene costante durante tutto il periodo di vegetazione. Di qui consegue senz’altro che l’utilizzazione assoluta della luce cresce e cala col salire e col discendere dell’altezza meridiana del sole<ref> Se, per esempio, l’utilizzazione ''relativa'' della luce è = 1/10, con una intensità della luce piena del giorno pari a 1,500 (Bunsen) l’utilizzazione assoluta salirà a 0,150, e con una intensità di 0,820 scenderà a 0,082. Se dunque l’ utilizzazione relativa della luce è costante, quella assoluta deve crescere col crescere di tutta la luce diurna, e diminuire invece col digra¬
dare della chiarezza del giorno.</ref>. Ma come puè mantenersi costante in questo spazio di tempo l’utilizzazione relativa della luce? Questo comportamento meraviglioso si ottiene mediante una riduzione successiva di tutta la massa del fogliame dell’albero: dal principio dell’estate l’albero si spoglia di una parte del fogliame, corrispondentemente al declinare dell’altezza meridiana del sole, e precisamente cadono prima quelle foglie, che sono illuminate in modo più debole. Così si manifesta la ''caduta estiva delle foglie'', che prima si è affatto trascurata, per quanto negli alberi di fitto fogliame venga così sacrificata una parte molto considerevole della massa totale delle foglie (nel castagno d’india, circa un terzo). Verso la fine del periodo di vegetazione, alla caduta delle foglie causata dalla loro deficiente illuminazione, si aggiungono ancora altri fattori che operano nella stessa guisa e la caduta estiva delle foglie si trasforma nel ben noto ''cader delle foglie d’autunno''.


relativa della luce si mantiene costante durante tutto il periodo di vegetazione. Di qui consegue senz’altro che l’utilizzazione assoluta della luce cresce e cala col salire e col discendere dell’altezza meridiana del sole<ref>Se, per esempio, l’utilizzazione ''relativa'' della luce è = 1/10, con una intensità della luce piena del giorno pari a 1,500 ({{AutoreCitato|Robert Wilhelm Bunsen|Bunsen}}) l’utilizzazione ''assoluta'' salirà a 0,150, e con una intensità di 0,820 scenderà a 0,082. Se dunque l’utilizzazione relativa della luce è costante, quella assoluta deve crescere col crescere di tutta la luce diurna, e diminuire invece col digradare della chiarezza del giorno.</ref>. Ma come può mantenersi costante in questo spazio di tempo l’utilizzazione relativa della luce? Questo comportamento meraviglioso si ottiene mediante una riduzione successiva di tutta la massa del fogliame dell’albero: dal principio dell’estate l’albero si spoglia di una parte del fogliame, corrispondentemente al declinare dell’altezza meridiana del sole, e precisamente cadono prima quelle foglie, che sono illuminate in modo più debole. Così si manifesta la ''caduta estiva delle foglie'', che prima si è affatto trascurata, per quanto negli alberi di fitto fogliame venga così sacrificata una parte molto considerevole della massa totale delle foglie (nel castagno d’india, circa un terzo). Verso la fine del periodo di vegetazione, alla caduta delle foglie causata dalla loro deficiente illuminazione, si aggiungono ancora altri fattori che operano nella stessa guisa e la caduta estiva delle foglie si trasforma nel ben noto ''cader delle foglie d’autunno''.
Un altro tema, che io mi ero proposto nel seguire i miei studi sulla utilizzazione della luce, consisteva nella ricerca della relazione fra le condizioni di illuminazione della superfice terrestre e la ''diffusione geografica'' delle piante. Appunto la determinazione di questo rapporto costituisce un teina di grande attualità. Per troppo tempo si è continuato a trattare la geografia botanica solo descrittivamente, con l’elaborazione statistica dei prodotti della flora di piccole estensioni di territorio.


Un altro tema, che io mi ero proposto nel seguire i miei studi sulla utilizzazione della luce, consisteva nella ricerca della relazione fra le condizioni di illuminazione della superfice terrestre e la ''diffusione geografica'' delle piante. Appunto la determinazione di questo rapporto costituisce un tema di grande attualità. Per troppo tempo si è continuato a trattare la geografia botanica solo descrittivamente, con l’elaborazione statistica dei prodotti della flora di piccole estensioni di territorio.
Soltanto nei tempi più recenti due studiosi, lo Schimper e il Warming, si sono di nuovo occupati di ciò che il creatore della geografia botanica, Alessandro von Humboldt, aveva

additato come fine ultimo, la ricerca cioè delle cause da cui dipende l’espansione delle piante sulla superficie terrestre.<!-- Area dati
Soltanto nei tempi più recenti due studiosi, lo {{AutoreCitato|Andreas Franz Wilhelm Schimper|Schimper}} e il {{AutoreCitato|Eugenius Warming|Warming}}, si sono di nuovo occupati di ciò che il creatore della geografia botanica, {{AutoreCitato|Alexander von Humboldt|Alessandro von Humboldt}}, aveva additato come fine ultimo, la ricerca cioè delle cause da cui dipende l’espansione delle piante sulla superficie terrestre.
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