Novelle (Vettori)/Novella quarta: differenze tra le versioni

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E<small>RANO</small> in Innsprück assai Italiani mossi sulla fama della venuta dell’Imperatore in Italia; fra i quali era per faccende di Giov. Paolo Baglioni un Perugino chiamato ser Ciabattella, uomo faceto e sollazzevole. Egli non avendo molto che fare se n’andava spesso ad un monastero di frati conventuali di {{Ac|San Francesco d'Assisi|S. Francesco}} che era poco fuori del Castello; e come interviene a chi pratica in un luogo, prese gran familiarità con uno di essi frati chiamato Ulrico; ed ancorchè ser Ciabattella non intendesse il tedesco, nè il frate l’italiano, parlavano insieme una certa grammatica grossa in modo che s’intendevano. Aveva questo frate a lato un paio di gentili coltellini forniti d’argento, con un cucchiaio pure d’argento, i quali piacevano molto a ser Ciabattella, ma non poteva investigar modo di levarli al frate; ma considerando che il frate gli teneva appiccati al cordiglio con una cordellina di seta galante, cominciò a fare il divoto con questo frate, ed una mattina andando da esso a buon’ora gli disse che avendo da andare appresso all’Imperatore, che di quivi si voleva partire, aveva deliberato, remossa ogni cagione, avanti sua partita confessarsi, e che l’ora della morte è incerta, e che era ben contento mettere per il suo signore la roba e la vita, ma non l’anima, e che lo pregava per carità che udisse la di lui confessione.
 
Il frate prestando fede a tante sue divote parole prese il carico di udirlo, e cominciando la confessione andava interrogandolo sopra i comandamenti, ed egli rispondeva che pareva la più divota persona del mondo; e così seguitando quando il frate venne al precetto che dice: non furare, lo ricercò se avesse mai furato cosa alcuna. Ser Ciubattella che ad altro fine non si confessava che per torre i coltelli al frate, messe a questa interrogazione un gran sospiro, e quasi lagrimando rispose: io ho furato e furo; e mentre disse queste parole con un paio di forbici e più piano che potè la cordellina tagliò, e si prese i coltelli. Il frate di quest’atto niente s’accorse, ma attendendo alla confessione ser Ciabattella che avea eseguito la sua intenzione, si sforzò di abbreviarla, ed in ultimo presa l’assoluzione e la penitenza, si partiva con buon passo dal frate. Il quale cercando il cordiglio, e non ritrovando i coltelli, pensò subito che ser Ciabattella gli avesse tolti, e con gran voce indietro lo richiamò. Ser Ciabattella alquanto fermatosi gli disse: frate, non fare rumore, e sii contento non manifestare la confessione, che sai in quanta pena s’incorre: io mi son confessato da te, e detto che avevo furato e furavo, e tu non puoi in modo alcuno ridirlo. Il povero frate considerando che ser Ciabattella diceva il vero, raffrenò la voce, ed esso con i coltelli se gli levò davanti.