Novelle (Vettori)/Novella prima: differenze tra le versioni
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M<small>ESSER</small> Lodovico Bolognini da Bologna, sendo vecchio, e mortagli la prima moglie, ne tolse una giovine e bella, la quale sendo stata presso a due mesi seco, e conoscendolo debole di corpo e di cervello, d’un medico giovane s’innamorò nominato messer Gualberto. Messer Lodovico conoscendosi vecchio era oltre modo geloso, ed in maniera la moglie chiamata Dianora guardava, che non che altro aveva fatica farsi alla finestra; e crescendole ogni dì l’amore verso il medico, e pensando il modo venire a quello desiderava, finse essere gravemente ammalata, in modo che messer Lodovico subito messer Gualberto fe venire, il quale era uso spesso a medicarlo. Accostandosi il medico a lei in letto a lume di lucerna ben piccolo, certi cenni ed atti gli fece nel mentre che le toccava il polso, che egli molto bene s’avvide di quello che essa desiderava; e la confortò che presto la farebbe sana e contenta; e di poi ordinati alquanti rimedi, e chiamato messer Lodovico da canto, gli disse che il male della Dianora era quartana e di mala sorta, e che avea bisogno d’una esatta cura, e che egli non mancherebbe di diligenza e sollecitudine. Messer Lodovico lo ringraziò e lo pregò che facessi l’ufficio suo e che da lui sarebbe benissimo soddisfatto. E però il medico ogni giorno due volte e quando tre la moglie visitava, e le ordinava quando una unzione, quando un sciroppo, quando una pictima, e simili cose che costavano e poco operavano; e così fece circa un mese, ed in questo tempo molto meglio comprese l’amore che la donna gli portava, e con cenni e con parole le mostrò che non manco ne portava a lei e che presto la trarrebbe d’affanno. E chiamato un giorno messer Lodovico in luogo remoto, con una voce piena d’affezione e gravità gli disse: perchè io vi ho sempre stimato come padre non vorrei usare i medesimi termini con voi e cose vostre che noi altri medici usiamo comunemente cogli altri. Le quartane sono mali molto lunghi, e dai quali i medici cavano grande emolumento, ma Avicenna mette un rimedio molto presto e salutifero, e quando voi vi disponghiate sù, sì io ve lo dirò; e questo è di fare qualche gran paura all’infermo, e la ragione è molto evidente, perchè tali febbri procedono il più delle volte da umori freddi i quali nè con cristeri, nè con medicine si possono muovere, ma il timor grande è sì potente che gli manda tutti sossopra: ma bisogna aver gran circospezione, che la paura non fusse di qualità che traesse l’infermo di cervello; e però è necessario che quello cui è commessa quest’opera sia pratico e prudente. Al giureconsulto piacque assai questo parlare, come quello a cui rincresceva la spesa delle medicine e del medico, e rispose: medico mio, non so che merito vi possa rendere di tanta vostra affezione: il rimedio mi piace assai perchè è scritto dai vostri dottori, ed è secondo la ragione; ma poichè avete durato tanta fatica, voglio pigliate anco questa di far tale paura alla Dianora. Il medico si scontorse un poco dicendo: in verità mal volentieri piglio tale assunto; ma per un tanto dottore come voi son forzato a fare ogni cosa è di bisogno. Dunque in tal modo operate: domattina due ore avanti giorno io verrò qui ed avrò meco una pelle d’orso, la quale mettendomi addosso, in camera pianamente<ref>pianamente] "pianamete"
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