Pagina:Rivista italiana di numismatica 1889.djvu/327: differenze tra le versioni

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«Provato che qui abbiamo» — conchiude il Prof. Salinas, — «una moneta punica e un’opera segnata di un artista greco, ognun vede quali importanti corollari siano da cavare da questo fatto. Ohe artisti greci avessero prestato l’opera loro nell’incisione delle monete dei Fenici di Sicilia era cosa che ben poteva supporsi, come si suppose già: tanto il carattere ellenico si manifestava apertamente in alcune medaglie bellissime coniate a nome de’ Cartaginesi di Sicilia, e fomite di iscrizioni nella lor lingua, e tanto la vicinanza delle due schiatte rendeva plausibile il credere a questa collaborazione. Ma il fatto nuovo e notevolissimo è questo: che i Cartaginesi dediti ai commerci, ed usi a sfidar la morte con ardimentose navigazioni sol per sete di guadagno, in questo suolo gentile di Sicilia, ponendo stanza in un santuario dell’arte ellenica, sentissero i nobili entusiasmi dell’arte e nutrissero l’orgoglio di avere incisi i loro coni da Cimone, dal valentissimo artista che allora lavorava per Siracusa e per altre zecche siciliane.
«Provato che qui abbiamo» — conchiude il Prof. Salinas, — «una moneta punica e un’opera segnata di un artista greco, ognun vede quali importanti corollari siano da cavare da questo fatto. Ohe artisti greci avessero prestato l’opera loro nell’incisione delle monete dei Fenici di Sicilia era cosa che ben poteva supporsi, come si suppose già: tanto il carattere ellenico si manifestava apertamente in alcune medaglie bellissime coniate a nome de’ Cartaginesi di Sicilia, e fomite di iscrizioni nella lor lingua, e tanto la vicinanza delle due schiatte rendeva plausibile il credere a questa collaborazione. Ma il fatto nuovo e notevolissimo è questo: che i Cartaginesi dediti ai commerci, ed usi a sfidar la morte con ardimentose navigazioni sol per sete di guadagno, in questo suolo gentile di Sicilia, ponendo stanza in un santuario dell’arte ellenica, sentissero i nobili entusiasmi dell’arte e nutrissero l’orgoglio di avere incisi i loro coni da Cimone, dal valentissimo artista che allora lavorava per Siracusa e per altre zecche siciliane.


«In questo riconoscimento della supremazia ellenica sta un tratto che onora non meno i Greci che i Cartaginesi stessi; e l’aver permesso che Cimone scrivesse il suo nome, prova come anche i barbari accettassero l’usanza allora prevalente nelle città greche, di tollerare che il nome d’un privato fosse segnato, più o meno palesamento, su monumenti pubblici.»{{SAL|327|3|Carlomorino}}
«In questo riconoscimento della supremazia ellenica sta un tratto che onora non meno i Greci che i Cartaginesi stessi; e l’aver permesso che Cimone scrivesse il suo nome, prova come anche i barbari accettassero l’usanza allora prevalente nelle città greche, di tollerare che il nome d’un privato fosse segnato, più o meno palesamento, su monumenti pubblici.»
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