Pagina:Monsignor Celestino Cavedoni.djvu/47: differenze tra le versioni

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<section begin="37" />de’ suoi sommi maestri e di tolti i suoi dotti corrispondenti. Lo si vede inteso con gelosa cura a far spiccare il merito delle erudite comunicazioni dai medesimi a lai fatte, al segno da attenuare il pregio delle osservazioni sue proprie. Chi ha conosciuto la schietta semplicità del suo cuore può affermare che non adoperava un linguaggio di pura formalità, quando diceva essere « povero assai d’ingegno e di dottrina » (Biografia del {{AutoreCitato|Giovanni Battista Zannoni|Zannoni}} Continuazione delle Memorie di Religione etc. T. IV. 1855.) Facilmente onorava col titolo di Maestro chi gli forniva qualche nuova cognizione, e nella citata Biografia, dopo aver chiamato il Zannoni amico e maestro, soggiunge in una nota. « Mi piacque poi di chiamare mio maestro l’Ab. Zannoni, non per essere stato alla scuola di lui, ma perchè molte cose m’insegnò con le sue dotte lettere che mi scriveva ogni qual volta gli proponessi qualche quesito e dubbio archeologico e letterario, e più altre ne potei apprendere nel leggere e studare le erudite sue opere. » Dalla stessa Biografia apparisce ancora quanto poco sull’animo del {{AutoreCitato|Celestino Cavedoni|Cavedoni}} potesse l’amor della gloria. Egli racconta come il {{AutoreCitato|Giuseppe Micali|Micali}} si appropriò una felice scoperta dell’Archeologo Fiorentino, dopo che questi ebbe letta nella Società Colombaria l’illustrazione di un’Urna Etrusca, resa publica per le stampe cinque anni dopo. A tale proposito soggiunge: e Così cominciava l’Ab. Zannoni anche in mezzo alla soave cura de’ suoi studi, a sentirsene amareggiata la dolcezza, da quelle traversie che doveva poi viemaggiori incontrare in appresso; siccome accade ad ogni uomo di studio anche il più riposato; per la misera condizione delle cose di quaggiù, e per disposizione provvida di Dio Benedetto, che in ogni momento e circostanza richiama chi voglia ascoltare la paterna sua voce, perchè non ponga troppo d’affetto in contentezza o gloria caduca, ma sollevi la mente e il cuore a beni migliori ed eterni. »<section end="37" />
<section begin="37" />de’suoi sommi maestri e di tutti i suoi dotti corrispondenti. Lo si vede inteso con gelosa cura a far spiccare il merito delle erudite comunicazioni dai medesimi a lui fatte, al segno da attenuare il pregio delle osservazioni sue proprie. Chi ha conosciuto la schietta semplicità del suo cuore può affermare che non adoperava un linguaggio di pura formalità, quando diceva di essere « povero assai d’ingegno e di dottrina » (Biografia del {{AutoreCitato|Giovanni Battista Zannoni|Zannoni}} Continuazione delle Memorie di Religione etc. T. IV. 1835.) Facilmente onorava col titolo di Maestro chi gli forniva qualche nuova cognizione, e nella citata Biografia, dopo aver chiamato il Zannoni amico e maestro, soggiunge in una nota. « Mi piacque poi di chiamare mio maestro l’Ab. Zannoni, non per essere stato alla scuola di lui, ma perchè molte cose m’insegnò con le sue dotte lettere che mi scriveva ogni qual volta gli proponessi qualche quesito e dubbio archeologico e letterario, e più altre ne potei apprendere nel leggere e studiare le erudite sue opere. » Dalla stessa Biografia apparisce ancora quanto poco sull’animo del {{AutoreCitato|Celestino Cavedoni|Cavedoni}} potesse l’amor della gloria. Egli racconta come il {{AutoreCitato|Giuseppe Micali|Micali}} si appropriò una felice scoperta dell’Archeologo Fiorentino, dopo che questi ebbe letta nella Società Colombaria l’illustrazione di un’Urna Etrusca, resa publica per le stampe cinque anni dopo. A tale proposito soggiunge: « Così cominciava l’Ab. Zannoni anche in mezzo alla soave cura de’ suoi studi, a sentirsene amareggiata la dolcezza, da quelle traversie che doveva poi viemaggiori incontrare in appresso; siccome accade ad ogni uomo di studio anche il più riposato; per la misera condizione delle cose di quaggiù, e per disposizione provvida di Dio Benedetto, che in ogni momento e circostanza richiama chi voglia ascoltare la paterna sua voce, perchè non ponga troppo d’affetto in contentezza o gloria caduca, ma sollevi la mente e il cuore a beni migliori ed eterni. »<section end="37" />


({{Pt|[[../37#38|38]]|[[../Testo#38|38]]}}) <section begin="38" />Riportiamo il seguente tratto di una lettera, che l’illustre Ernesto Desjardins scriveva al Cavedoni il giorno 18 Maggio 1861.
({{Pt|[[../37#38|38]]|[[../Testo#38|38]]}}) <section begin="38" />Riportiamo il seguente tratto di una lettera, che l’illustre Ernesto Desjardins scriveva al Cavedoni il giorno 18 Maggio 1861. « Tous les amis de la science et de la justice se réjouiront avec nous, Monseigneur, de la distinction si meritée que sa Majesté a voulu, de son propre mouvement, vous décerner (''la nomina di Cavaliere della Legion d’Onore''). Il est bon que vous sachiez que ce n’est point par l’entrémise, ni sur la présentation d’un <section end="38" />

« Tous les amis de la science et de la justice se réjouiront avec nous, Monseigneur, de la distinction si meritée que sa Majesté a voulu, de son propre mouvement, vous décerner (la nomina di Cavaliere della Legion d’Onore). Il est bon que vous sachiez que ce n’est point par l’entrémise, ni sur la présentation d’un <section end="38" />