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così luminosa conferma nei trovati della moderna geologia. Da lui deriviamo altresì i primi concetti della Fisiologia vegetale, e parecchie di quelle splendide scoperte intorno la vita delle piante, che più comunemente vengono ascritte a merito di {{AutoreCitato|Aristotele|Aristotile}} e di {{AutoreCitato|Teofrasto|Teofrasto}}. Ricorderò qui le opinioni fitologiche dell’agrigentino, quali le troviamo registrate nelle opere dei due or ora nominati, nei libri de Plantis di {{AutoreIgnoto|Nicolò damasceno}}, e nei Placita Philosophorum del supposto {{AutoreCitato|Plutarco|Plutarco}}. Al dire di questi autori era opinione di {{AutoreCitato|Empedocle|Empedocle}}, che le piante abbellissero già la superficie della terra, quando questa non era per anco compiuta in ogni sua parte, nè ancora le girava intorno il sole, nè il giorno ancora era diviso dalla notte. Empedocle insegnò pure, le piante non essere venute bell’e formate d’un tratto, sì bene a membra sparse dapprima, e come a dire a pezzi staccati, poi mano mano con intervalli di tempo assai distanti tra loro essersi accozzati insieme, e riuniti a formare quel tutto che oggidì ammiriamo. Voleva ancora, che le piante si avessero a considerare come parti della terra ingenerate dal relativo calore di questa, nel medesimo modo che è parte della madre il feto svoltosi nell’utero materno. Ammise la presenza dei sessi nei vegetali, ma mescolati e confusi. Disse ovipari gli alberi. Intravidde la grande analogia, che corre tra le funzioni vitali degli animali e delle piante, la quale analogia egli non circoscrisse ai soli {{Pt|feno-|}}
così luminosa conferma nei trovati della moderna geologia. Da lui deriviamo altresì i primi concetti della Fisiologia vegetale, e parecchie di quelle splendide scoperte intorno la vita delle piante, che più comunemente vengono ascritte a merito di {{AutoreCitato|Aristotele|Aristotile}} e di {{AutoreCitato|Teofrasto|Teofrasto}}. Ricorderò qui le opinioni fitologiche dell’agrigentino, quali le troviamo registrate nelle opere dei due or ora nominati, nei libri de Plantis di {{AutoreCitato|Nicola di Damasco|Nicolò damasceno}}, e nei Placita Philosophorum del supposto {{AutoreCitato|Plutarco|Plutarco}}. Al dire di questi autori era opinione di {{AutoreCitato|Empedocle|Empedocle}}, che le piante abbellissero già la superficie della terra, quando questa non era per anco compiuta in ogni sua parte, nè ancora le girava intorno il sole, nè il giorno ancora era diviso dalla notte. Empedocle insegnò pure, le piante non essere venute bell’e formate d’un tratto, sì bene a membra sparse dapprima, e come a dire a pezzi staccati, poi mano mano con intervalli di tempo assai distanti tra loro essersi accozzati insieme, e riuniti a formare quel tutto che oggidì ammiriamo. Voleva ancora, che le piante si avessero a considerare come parti della terra ingenerate dal relativo calore di questa, nel medesimo modo che è parte della madre il feto svoltosi nell’utero materno. Ammise la presenza dei sessi nei vegetali, ma mescolati e confusi. Disse ovipari gli alberi. Intravidde la grande analogia, che corre tra le funzioni vitali degli animali e delle piante, la quale analogia egli non circoscrisse ai soli {{Pt|feno-|}}