Malatesta, l'uomo e il pensiero: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
sections
caporali
Riga 40:
(Tradiccion de D. A. De Santillana - Editorial Tierra y Libertad, Barcellona)
La presente edizione, preparata in accordo con Luce Fabbri sui manoscritti
dell'A., ha omesso la parte della < <«Vita di M.> >» che sarà pubblicata più tardi a
parte ed ha per contro incluso l'estesa Bibliografia originale curata da Ugo Fedeli.
 
Riga 57:
cura di Ugo Fedeli): pag. 259
 
Libri > >» 262
Opuscoli > >» 263
Giornali riviste numeri unici > >» 272
Prefazioni Interviste Maniesti > >» 288
Lettere > >» 290
Processi > >» 293
Opere e scritti su Errico Malatesta > >» 294
 
=Prefazione=
Riga 72:
Fabbri aveva 19 anni quando, insieme a Malatesta, arrivò al Congresso anar-
chico di Amsterdam. Malatesta lo presentò, ponendogli un braccio attorno alle
spalle, come < <«mon fils> >». E quella paternità spirituale ha tenuti i due uomini
tanto vicini lungo tutta la loro vita, giungendo a tramutarsi in una compenetrazione
d'anime così totale che era possibile a Fabbri, di fronte ad un fatto qualsiasi, an-
Riga 94:
come sentimentali, nutriti nello stesso tempo di ribellioni e d'analisi, di storia e
di filosofia, di azione e di riflessione. E rifuggiva dal costituirsi del suo pensiero
in ideologia, come rifuggiva da un < <«far propaganda> >» che potesse intendersi
quasi un altro < <«seguitemi ch'io vi conduco al paradiso> >».
 
3
Riga 123:
fedi). Egli dice, in sostanza: i mezzi condizionano i fini, per la libertà ci si
deve battere con strumenti che già siano in se stessi libertà. E questa non è
verità che fluisca da < <«teorie> >»: è l'esperienza del vivere che ci mostra sempre
l'oppressione nascere dall'oppressione, e sole costruzioni sociali valide nel tempo
quelle in cui si ha il coraggio della molteplicità, dell'apertura, della libertà.
Riga 129:
L'anarchismo - messo in disparte (quand'anche non deriso) dai molti che ne
avvertono l'intima verità ma lo trovano troppo scomodo per farne la propria bus-
sola nella vita sociale - mostra ancora una volta quanto < <«realistico> >» esso sia
nella considerazione dei fatti, nella determinazione d'un atteggiamento umano di
fronte ad essi.
Riga 208:
 
Ma poichè tal giorno pare ancora lontano, mi sembra che questo lavoro
 
possa, malgrado il suo carattere di provvisorietà e le inevitabili lacune e imper-
fezioni, non essere inutile, perchè tutt'oggi, se Malatesta gode già di una fama
Line 221 ⟶ 220:
 
Saverio Merlino nel suo libro L'Utopia Collettivista (F. Treves, Milano 1898)
lo additava come «uno dei più forti pensatori del socialismo» e si riferiva ad
 
lo additava come < <uno dei più forti pensatori del socialismo> > e si riferiva ad
un'opinione analoga su Malatesta di Jules Huret ed Emile Laveleye. Il medes-
imo, nella sua Rivista Critica del socialismo (Roma, 1899) riferiva: < <«I giornali
e le riviste inglesi e francesi sono pieni di interviste avute con lui da reputati pub-
blicisti, i quali riconobbero in lui un uomo di ingegno veramente superiore, di non
comune dottrina...> >».
 
Cesare Lombroso, nel suo noto libro superficiale, bislacco e scientificamente
 
falso su Gli Anarchici, nella introduzione rendeva senza saperlo o senza render-
sene conto la maggiore giustizia alle idee anarchiche, per l'appunto con riprodurre
Line 237 ⟶ 234:
e Kropotkin. Senza capire che quelle pagine racchiudevano proprio l'essenza del
pensiero genuino degli anarchici, Lombroso le presentava come una eccezione,
come... < <«alcune (sic!) idee giuste e legittimamente vere> >» degli anarchici!1
 
Il pensiero di Malatesta è stato a più riprese, però molto frammentaria-
Line 274 ⟶ 271:
 
Fino al 1876 egli già dichiarava al Congresso internazionale di Berna di
non essere «bakuniniano»; e con Cafiero, Covelli, Costa ecc. era passato dal
 
non essere < <bakuniniano> >; e con Cafiero, Covelli, Costa ecc. era passato dal
collettivismo-anarchico al comunismo anarchico. Restava però ancora, in quel
tempo, assai impregnato di marxismo, - come lo stesso Bakunin e tutti gli anar-
Line 283 ⟶ 279:
 
A me sembra di cogliere approssimativamente bene il pensiero di transizione
 
dall'anarchismo della Ia Internazionale a quello che fu più o meno fino alla fine
della sua vita, nei 7 ad 8 anni che vanno da L'Associazione di Londra (1890) a
Line 300 ⟶ 295:
medesimo Fra Contadini (1884), quando se ne fece una edizione a Spezia nel
1913, egli appose qualche nota di riserva contro alcune idee marxiste che ne
ispiravano qualche argomentazione. In una serie di articoli su < <«L'evoluzione
dell'Anarchismo> >» ne L'Agitazione di Ancona (1897) esponeva chiaramente le
sue idee antimarxiste e la posizione dell'anarchismo di fronte al marxismo.1 Nel
medesimo periodico pubblicò sei articoli su < <«L'individualismo nell'Anarchismo> >»,
< <«L'armonismo> >» e < <«L'Organizzazione> >» in cui, senza polemizzare diretta-
mente con Kropotkin, dava dell'anarchismo una interpretazione che è nettamente
contrastante con quella kropotkiniana de < <«La Conquista del Pane> >»2 e di altri
scritti di quel tempo.
 
Line 312 ⟶ 307:
 
mente le sue idee dopo il periodo de La Agitazione . Egli mi rispondeva in una
lettera dell'11 luglio 1931: < <«...Quanto alla differenza che vi può essere tra le
mie idee attuali e quelle del 1897 si tratta , come tu dici, di sfumature. Allora, al
tempo dell'Agitazione , avevo più fiducia, più speranza nel sindacalismo (o per
Line 322 ⟶ 317:
trasse nel movimento dell'Internazionale, branca bakuninista). Ma su questo ho
scritto in questi giorni in un articolo A proposito di revisionismo che tu leggerai
nell'Adunata > >»1
 
Questo breve accenno alla evoluzione delle idee di Malatesta può bastare
Line 362 ⟶ 357:
dell'Internazionale in Italia, su cui Malatesta mi avvertiva di recente in una let-
tera che non ne avrebbe più consentita la ripubblicazione che a titolo di doc-
umento; e Contro la Monarchia, < <«appello a tutti gli uomini di progresso> >»,
propugnante un accordo di tutti i rivoluzionari italiani o delle varie tendenze per
un'insurrezione contro la monarchia dei Savoia.
Line 443 ⟶ 438:
cola proprietà e del lavoro individuale, che ora sembrano a tutti cose nuove; e vi
si prevedono perfino progressi scientifici, che 50 anni fa sembravano utopistici,
come < <«una locomotiva che un uomo solo possa condurre, senza pericolo nè per
lui nè per gli altri, sopra una strada qualunque> >». Quale definizione migliore si
potrebbe anche oggi dare dell'automobile?
 
Line 547 ⟶ 542:
Malgrado alcuni dissensi teorici e pratici che possono averlo in certi momenti
separato da parecchi, egli era veramente il fratello del cuore di quanti, come lui,
possono essere chiamati, - così come li chiamò Pietro Gori, - gli < <«eroi della
bontà> >»: Eliseo Reclus, Pietro Kropotkin, Luisa Michel ed altri assai meno noti,
anzi ignoti del tutto la maggior parte, talvolta incolti e perfino analfabeti, come
ne abbiamo conosciuti tutti nel mondo rivoluzionario (purtroppo anch'esso non
Line 637 ⟶ 632:
Cristo. La stessa cosa, su per giù, mi diceva un modesto poliziotto che mi aveva
arrestato a Bologna nel 1920, confessandomi in gran segreto il suo entusiasmo
pel Malatesta: < <«Ah, se tutti voi anarchici foste come lui, allora si...> >» E so che
in Ancona, nel 1913-14, delle guardie incaricate di sorvegliare giorno e notte la
porta di casa di Malatesta, gli domandavano talvolta la sera se non sarebbe fuggito
fino all'indomani, e poi se ne andavano tranquillamente a casa, dicendo a qualche
vicino: < <«Tanto, un uomo buono come quello non può far niente d male!> >».1
 
Credo sia tuttora vivo nel Bolognese il ricordo di un comizio di Malatesta
Line 651 ⟶ 646:
una parete laterale della platea. Pareva una provocazione. Un nonnulla poteva
precipitare in tragedia. Arrivò Malatesta, e qualcuno gli chiese se non era il caso
di esigere l'uscita della forza pubblica. < <«No, (rispose Malatesta) lasciateli stare;
parlerò anche a loro> >».
 
E incominciò infatti a parlare delle condizioni di miseria delle famiglie con-
Line 702 ⟶ 697:
le vie e le piazze. Così egli fece; si procurò una carrozzella a mano, si fornì di
dolci di poco prezzo da un grossista, e via... Ma il primo giorno, mentre era in
uno < <«Square> >» della città affollato di gente con le sue paste in mostra, gli si
avvicinò un bimbo malvestito che gliene chiese in dono una. Egli subito gliela
dette, con una carezza affettuosa. Poco dopo si vide attorniato da un'infinità
Line 709 ⟶ 704:
che alla fine tutta la merce si trovò esaurita. Naturalmente fu quello il principio
e la fine di quel genere d'affari... Qualche giorno dopo Kropotkin, ignaro della
cosa, chiese a Malatesta come andava col suo nuovo commercio. < <«La clientela
non mi mancherebbe> >» rispose lui sorridendo, < <«però mi mancano mezzi per
fornirmi di merce> >».
 
Tanta bontà - non questa soltanto, naturalmente - era per lui anarchia.
 
In una breve discussione ch'ebbe con me per lettera1 a proposito di giustizia e
anarchia, mi scriveva: < <«Il programma anarchico, basandosi sulla solidarietà e
sull'amore, va al di là della stessa giustizia... L'amore dà tutto quello che può e
vorrebbe che gli altri facessero a voi (cioè il massimo bene) e' ciò che i cristiani
chiamano carità e noi chiamiamo solidarietà: insomma e' amore> >».
 
Com'egli sentisse questo ideale di amore tutti i suoi compagni di fede in
Line 786 ⟶ 781:
 
brava disposto a sacrificare mezza umanità pur di salvare per l'altra metà l'arida
formula di principio, egli ebbe ad opporre: < <«Io darei tutti i principii per sal-
vare un uomo!> >». Altra volta, contro un terrorismo che si crede rivoluzionario
perche' gli paion necessarie le esecuzioni in massa pel trionfo della rivoluzione,
Malatesta esclamava: < <«Se per vincere si dovesse elevare la forca nelle piazza,
preferirei perdere!> >». Nel luglio 1921, al suo processo in Milano, egli terminò
le sue dichiarazioni ai giurati con alcune parole di dolore per la lotta feroce scate-
nata nel paese dal fascismo, lotta < <«ripugnante a tutti e non giovevole ad alcuna
classe o partito> >». E tutte e tre le volte non mancarono di quelli che schernirono
Malatesta come tolstoiano o peggio.
 
Line 865 ⟶ 860:
sona la vita pubblica italiana; ma anche questa volta il pubblico ebbe appena il
tempo di seguirne per qualche mese le prime attività non esclusivamente gior-
nalistiche, che già la < <«settimana rossa> >» e le persecuzioni cui dette luogo lo
costringevano ancora una volta a lasciare l'Italia, dove pote' tornare solo sulla fine
del 1919. Così, quando Malatesta in quest'ultimo periodo si gittò nuovamente
Line 894 ⟶ 889:
Certamente Malatesta fu in modo completo un rivoluzionario - e quindi
 
fautore di quella specie di < <«disordine> >» temuto dai reazionari, ch'è il disor-
dine iniziale d'ogni rivoluzione, non inconsulto, ma cosciente preparatore di un
ordine superiore - come lo sono stati tanti uomini universalmente noti per la loro
Line 964 ⟶ 959:
e ragionate, e lo confrontavano con chi prima e dopo di lui aveva evocato tutte le
palingenesi dell'apocalisse, credevano che ciò fosse un'inferiorità. E qualcuno
ci diceva all'orecchio: < <«Ma noi ci aspettavamo molto di più!> >» Ahime', il di
più ch'essi aspettavano non eran che vane parole, sostituenti quel pensiero dei
 
Line 1 041 ⟶ 1 036:
 
prosa di Malatesta; niente ricerca di effetti letterali, ne' astruserie dottrinarie,
ne' ostentazioni culturali; nessuna parola < <«difficile> >» del gergo scientifico e
filosofico, ne' citazioni d'autori. Ciò gli nuoceva forse un po' tra quella speciale
categoria di lettori, cui il capir bene e presto ciò che leggono fa l'effetto di trovarsi
Line 1 078 ⟶ 1 073:
Rammento che dopo un breve dibattito fra Giustizia di Reggio Emilia e Umanità
Nova, nell'estate del 1920, il redattore della prima poteva chiudere la discussione
con una lettera privata cortesissima che finiva col salutare il < <«caro Malatesta> >»
col motto augurale: < <«Giustizia e Umanità Nova!> >».
 
Malatesta conduceva la discussione ed il ragionamento, portando il metodo
che i pedagogisti chiamano «socratico» a un tal grado di finezza che non mi pare
 
che i pedagogisti chiamano < <socratico> a un tal grado di finezza che non mi pare
sia stato da altri raggiunto, almeno fra gli scrittori moderni e di cose politiche e
sociali. La sua dialettica - uso questa parola nel senso normale di arte del ragionare
Line 1 094 ⟶ 1 088:
 
La letteratura del dialogo non e' certo la più facile, specialmente quando
 
il dialogo si svolge intorno a questioni generali e più o meno teoriche. Pure essa
e' la forma letteraria classica di tutti coloro - da Socrate e Platone fino a Bruno e
Line 1 123 ⟶ 1 116:
proprie idee, il modo di vivere e organizzarsi, i sistemi, le leggi, ecc. E da ciò
egli derivava la logica conseguenza del diritto dei popoli e degli individui di ribel-
larsi ai governi ed ai padroni: che in sostanza (diceva) e' un < <«diritto di legittima
difesa> >» contro le imposizioni coercitive dei secondi, i quali esercitano sui primi
la loro oppressione e sfruttamento per mezzo della violenza e con la minaccia della
violenza o, ch'è lo stesso, col ricatto della fame. Di qui la necessità della vio-
Line 1 140 ⟶ 1 133:
per tutti reclamava fin da oggi, sia nell'orbita del movimento rivoluzionario, sia
nei rapporti con l'ambiente esteriore. La rivoluzione si fa, ne' potrebbe essere
diversamente, < <«con la forza> >»; ma non può essere fatta fare <«per forza> >».
 
Queste idee però s'inquadravano così poco e male nella leggenda del
 
Malatesta < <«capo> >» di complotti e di tumulti, cui più sopra ho alluso, che al
suo arrivo in Italia, nel 1919, non furono pochi coloro che in ogni campo si affret-
tarono a vedere in lui - il < <«Lenin d'Italia> >». Per quanto l'appellativo, in specie
allora, potesse sembrare lusinghiero, esso pose subito nel più grande imbarazzo
Malatesta e gli fece anche temere una pericolosa deviazione d'idee fra i suoi com-
Line 1 159 ⟶ 1 152:
 
<hr>
&lt; &lt;«Io ero allora un ragazzo, uscito da poco dal partito socialista insieme
 
a tutti i soci del circolo giovanile di Voghera con cui avevamo fondato, fuori del
Partito, un &lt; &lt;«Gruppo giovanile sovversivo&gt; &gt;». Non eravamo anarchici, bensì
qualcosa di simile a quel che sono ancor oggi molti comunisti, cioè avversari dei
riformisti ed entusiasti della Russia. Io mi credevo già &lt; &lt;«quasi anarchico&gt; &gt;», ma
in realtà non sapevo che pochissimo di anarchia, poiche' si può dire che l'unica
differenza che vedevo tra un anarchico e un socialista era che il primo vuole la
violenza e l'altro no. Ciò era necessario dire per spiegare quanto mi avvenne.»
 
&lt; &lt;Sui primi del 1920 venne a Voghera, chiamato dal gruppo anarchico lo-locale, Errico Malatesta con altri suoi compagni (Borghi, la D'Andrea, ecc.). Malatesta parlò in un salone delle scuole elementari. Fui pregato io di presentarlo, e
 
cale, Errico Malatesta con altri suoi compagni (Borghi, la D'Andrea, ecc.). Malat-
esta parlò in un salone delle scuole elementari. Fui pregato io di presentarlo, e
lo presentai salutando in lui il Lenin d'Italia, quegli che, superando i socialisti, ci
avrebbe condotti alla rivoluzione come in Russia. Dopo la mia chiacchierata egli
Line 1 183 ⟶ 1 172:
quel momento, ecco quello che disse:
 
'«Il ragazzo che mi presento' dev'essere sincero ed entusiasta e forse ha
 
creduto di farmi piacere dicendo che sono il vostro Lenin. Credo ch'egli non sia
anarchico, come non lo saranno di sicuro quanti di voi hanno raccolto il suo grido.
Line 1 196 ⟶ 1 184:
dosi poi della rivoluzione, questa non e' uomo che può farla: dobbiamo farla
tutti insieme. Io sono un anarchico, non voglio ubbidire, ma sopratutto non posso
comandare . Se diventassi il vostro Lenin come quel &lt; &lt;«ragazzo&gt; &gt;» desidera, vi
porterei al sacrificio, diventerei il vostro padrone, il vostro tiranno; tradirei la mia
fede, perche' non si farebbe l'anarchia, e tradirei voi, perche' con una dittatura
Line 1 209 ⟶ 1 197:
anche: 'Se proprio mi volete bene, non desiderate che diventi il vostro tiranno. Ma
molti dettagli e frasi sue ora mi sfuggono. Subito dopo spiegò come si doveva
&lt; &lt;«fare&gt; &gt;» la rivoluzione. Ricordo fra l'altro che parlò di &lt; &lt;«occupare le fabfabbriche», di armamento del popolo, di costituzione di bande armate, ecc. espri-
briche&gt; &gt;, di armamento del popolo, di costituzione di bande armate, ecc. espri-
mendosi calmo, più degli stessi riformisti del paese... A dir il vero, il pubblico
restò alquanto deluso (e un po' anch'io, lì per lì) perche' Malatesta non rispon-
deva la &lt; &lt;«tipo&gt; &gt;» immaginatoci. Ma il fatto e' che, dopo quella conferenza, io
avevo capito cos'era l'anarchia e cosa vogliono gli anarchici, e lo ero diventato
anch'io...&gt; &gt;»
 
Quest'episodio, simile a tanti altri - ripeto che per un istante la leggenda
 
del &lt; &lt;«Lenin d'Italia&gt; &gt;» ebbe corso anche tra alcuni che già erano e si credevano
anarchici - mostra assai bene l'equivoco cagionato dall'incomprensione della per-
sonalità e delle idee di lui, fuori dell'ambiente strettamente suo. Quest'equivoco,
Line 1 236 ⟶ 1 223:
 
poteva, dopo cinquant'anni di lotta costante, ripetere il vanto del poeta Giuseppe
Giusti, &lt; &lt; «non ho piegato - ne' pencolato&gt; &gt;», era proprio lui. Le sue parole dei
comizi del 1920 erano le stesse di tutta la sua passata propaganda fin dal 1872.
Quel &lt;«piccolo borghese&gt; &gt;» aveva combattuto per mezzo secolo la borghesia pic-
cola e grande, e come operaio si era guadagnato sempre la vita col sudore della
sua fronte. Quel &lt; &lt;«vecchio controrivoluzionario&gt; &gt;» non aveva fatto altro, fin da
ragazzo, che propagare e preparare la rivoluzione. Quel &lt; &lt;«tolstoiano&gt; &gt;» era stato
e continuava ad essere il predicatore di tutte le rivolte, invitava gli operai ad oc-
cupare le fabbriche e i contadini le terre, incitava &lt; &lt;«con calma&gt; &gt;» il popolo ad
armarsi ed i rivoluzionari a preparare le bande armate - e (oggi che e' morto lo si
può dire) dovunque ha potuto, sempre, fino all'ultimo, non si limitava ad incitarvi
Line 1 255 ⟶ 1 242:
==Uomo d'azione==
 
IL MOTTO di Giuseppe Mazzini, &lt; &lt;«pensiero e azione&gt; &gt;», fu impersonato
 
magnificamente da Errico Malatesta. Non saprei se egli ne avrebbe accettato la
Line 1 276 ⟶ 1 263:
vana accademia.
 
Basti ricordare qui che l'antico organizzatore della &lt; &lt;«propaganda coi
fatti» delle bande di Castel del Monte e di Benevento del 1874-1877 continuò
 
fatti&gt; &gt; delle bande di Castel del Monte e di Benevento del 1874-1877 continuò
sempre fino all'ultimo ad accorrere dovunque vi fosse speranza e possibilità
di &lt; &lt;«pescare nel torbido&gt; &gt;» - secondo l'espressione maligna della polizia inter-
nazionale - di agire cioè utilmente per la rivoluzione, secondo le sue intenzioni:
palesemente dove poteva, clandestinamente nei paesi da cui era espulso o in cui
Line 1 288 ⟶ 1 274:
nel Belgio nel 1893 durante le sommosse di quegli anni nei due paesi; in Italia al
tempo dei moti del 1891, poi del 1894, quindi nel 1898, e più tardi partecipando
alla &lt; &lt;«settimana rossa&gt; &gt;» del 1914.
 
Tutti noi ricordiamo la sua presenza dovunque in Italia, nel dopoguerra,
Line 1 294 ⟶ 1 280:
nelle fabbriche occupate come nelle vie e le piazze in mezzo al popolo. Nel 1921-
22 egli partecipò attivamente a tutti i tentativi di azione per opporre un argine al
fascismo, incoraggiando le formazioni armate degli &lt; &lt;«arditi del popolo&gt; &gt;» e la
 
28
 
<hr>
preparazione dell'ultimo sciopero generale precedente la &lt; &lt;«marcia su Roma&gt; &gt;».
 
Nessun apriorismo dottrinario gl'impediva di esaminare tutte le probabilità
 
che si presentassero di un'azione rivoluzionaria su vaste basi, se le circostanze
gli sembrava permettessero di utilizzare movimenti collaterali di gente lontana
Line 1 316 ⟶ 1 301:
rivoluzione.
 
L'idea dominante in Malatesta era l'insurrezione popolare, la cui preoccu-preoccupazione lo accompagnava in ogni altra attività e ne ispirava tutti i criteri di tattica
 
pazione lo accompagnava in ogni altra attività e ne ispirava tutti i criteri di tattica
e di metodo. Poiche' un lavoro serio di preparazione in tal senso, fatto aperta-
mente e direttamente, non sarebbe mai stato tollerato dalle forze preponderanti
governative e borghesi, che lo avrebbero troncato a ogni costo all'inizio e per-
sonalmente avrebbero messo subito fuori gioco lui stesso, Malatesta soleva quasi
sempre iniziare di pari passo o in antecedenza un altro lavoro di &lt; &lt;«copertura&gt; &gt;»,
legalmente permesso, che più richiamasse l'attenzione di tutti e stornasse quella
dell'autorità - per solito qualche giornale (rincaro di viveri, domicilio coatto, vit-
Line 1 384 ⟶ 1 367:
 
non si limitava a consigliarla, non amava mandare gli altri; faceva egli stesso con
gli altri e come gli altri. Lo si vide durante i giorni della &lt; &lt;«settimana rossa&gt; &gt;» in
Ancona nel 1914, e in altre occasioni. Ne' sdegnava le mansioni modeste, o più
pericolose. Qualche amico mi raccontò che, appunto nel 1914, prima dei fatti
Line 1 396 ⟶ 1 379:
traversò mezza Ancona con una valigia di esplosivi, sotto il naso dei poliziotti
che lo sorvegliavano. Gli chiesi dopo se era vero e perche' non avesse affidato
ad altri quell'incarico. &lt; &lt;«Perche' non avevo tempo (mi rispose) di mandare a
chiamare le persone più adatte; e volli tener io quella roba, perche' non saltasse
in mente a qualcuno di servirsene anzitempo per qualche altro fatto che avrebbe
rovinato tutto il nostro lavoro allora più urgente&gt; &gt;».
 
Quest'ultimo episodio, si trova a lumeggiare il senso di responsabilità
 
che mai abbandonava Malatesta, potrebbe però far pensare a mancanza di pru-
denza in lui. Sarebbe un errore. I rischi li accettava, ma non li cercava senza
Line 1 426 ⟶ 1 408:
avendo fatto di più, si e' riusciti a condannare di meno, due o tre volte appena
in tutta la sua lunga vita, ed anche allora ingiustamente, cioè senza prove o per
fatti non suoi o non costituenti reato. &lt; &lt;«Sono stato condannato solo quando ero
innocente!&gt; &gt;» mi disse un giorno scherzando, non senza una punta di malizia.
 
==Intellettuale==
 
QUESTA FEBBRE d'azione che sempre possede' Malatesta e' forse ciò
 
che più di tutto lo distolse dal dedicarsi ad un lavoro intellettuale metodico e
continuato, che lo avrebbe certamente posto fra i più illustri del mondo scientifico
Line 1 444 ⟶ 1 425:
 
Eppure egli non sprezzava affatto le gioie del lavoro dell'intelligenza e
 
ne sentiva spesso un'acuta nostalgia. Ma egli le considerava un po' l'otium dei
Romani dell'antica tempestosa repubblica, di poco anteriore l'impero, pei quali
Line 1 452 ⟶ 1 432:
tregua tra una spedizione militare in lontane province e una lotta accanita interna
contro un partito avversario. In Malatesta l'uomo di studio era di continuo vinto
dall'uomo d'azione. Egli aveva veramente &lt; &lt;«tutti quei diavoli in corpo&gt; &gt;» che
Bakunin - al quale tanto assomigliava in questo suo subordinare sempre il lavoro
di teorizzazione a quello di agitazione - sopratutto desiderava nei suoi compagni,
collaboratori e discepoli. Il grande rivoluzionario russo vide ciò subito in lui, fin
dal primo incontro nel 1872 col focoso giovanetto italiano; e prese ad amarlo e
considerarlo come il suo &lt; &lt;«Beniamino&gt; &gt;», ch'era il nome con cui Bakunin chia-chiamava Malatesta nel linguaggio convenzionale della cospirazione.
mava Malatesta nel linguaggio convenzionale della cospirazione.
 
Alla tranquillità del puro lavoro intellettuale Malatesta aveva rinunciato
Line 1 469 ⟶ 1 448:
gli chiedevo quando si sarebbe deciso ad esporle completamente e non soltanto
ad accennarne di volo in qualche articolo occasionale, egli ebbe a rispondermi:
&lt; &lt; «Più tardi, n'avrò tempo; tu vedi bene che ora c'è tanto di più urgente da
fare!&gt; &gt;». Ed in verità il lavoro pratico del movimento era sempre molto, e tutti
noi sentivamo la indispensabilità dell'opera sua; ma pure, quando sarebbe stato
utile anche l'altro lavoro, specialmente per quando egli non ci sarebbe stato più!
Line 1 478 ⟶ 1 457:
Bertoni, gli suggerimmo spesso di scrivere le sue memorie, che di tanta utilità
sarebbero state per la storia contemporanea e per la comprensione degli avveni-
menti in cui s'era trovato mescolato; ed egli rispondeva: &lt; &lt;«Si, forse... Ma non
c'e' fretta; ci penserò quando non ci sarà altro di più importante da fare, quando
sarò vecchio&gt; &gt;». Ma poiche' egli trovava sempre qualche cosa di più importante
da fare e non riconobbe mai d'esser vecchio, le sue memorie non le scrisse mai.
In fondo, non voleva scriverle, un po' per un'intima ritrosia a parlar di se stesso
ed un po' perche' non tutte le verità i suoi scrupoli gli avrebbero consentito di
dire. &lt; &lt;«Non si scrive la storia mentre il combattimento dura&gt; &gt;», soleva egli dire,
 
32
 
<hr>
&lt; &lt;«e la storia importava più farla che scriverla&gt; &gt;». Eppure gli erano state fatte
proposte vantaggiosissime per un lavoro del genere, da qualche editore inglese
mentr'era a Londra e da un editore italiano negli ultimissimi anni. Ma egli sentiva
Line 1 495 ⟶ 1 474:
che lo avrebbero distolto dal movimento.
 
Il riposo della vecchiaia lo vedeva sempre lontano davanti a se'. &lt; &lt;«E'
vecchio solo chi vuole, diceva, e la vecchiaia e' una malattia dello spirito»
 
e spingendosi scherzando fino al paradosso aggiungeva che «la morte e' un
vecchio solo chi vuole, diceva, e la vecchiaia e' una malattia dello spirito&gt; &gt;
pregiudizio». A questo proposito e' caratteristico il seguente episodio. Dei
e spingendosi scherzando fino al paradosso aggiungeva che &lt; &lt;la morte e' un
pregiudizio&gt; &gt;. A questo proposito e' caratteristico il seguente episodio. Dei
giovanetti operai e studenti gli comunicavano un giorno (lui aveva quasi 70 anni)
di avere costituito un &lt; &lt;«Gruppo anarchico giovanile&gt; &gt;». &lt; &lt;«Benissimo!&gt; &gt;» egli
disse, &lt; &lt;«iscrivete anche me nel vostro gruppo&gt; &gt;». Garbatamente egli così crit-
icava l'erronea tendenza a separare gli elementi più giovani dagli altri e faceva
rilevare la verità, che egli veniva dalla lunga esperienza e dal suo spirito medes-
Line 1 541 ⟶ 1 519:
abbozzato lo schema e accumulato del materiale, e che avrebbe forse fatto pubbli-
care dall'editore Stock di Parigi. Altro materiale aveva messo insieme a Londra
e scritto anche qualche cosa, verso il 1913, per un lavoro su &lt; &lt; «la previsione
in sociologia&gt; &gt;». Negli ultimi anni, su le insistenze degli amici, aveva elabo-
rato tutto il piano d'un'opera da svolgere in due o tre volumi, qualcosa di mezzo
tra ricordi e discussioni d'idee e metodi, in cui avrebbe incorporato alcuni suoi
Line 1 551 ⟶ 1 529:
trionfare la rivoluzione e per dare poi a questa un indirizzo ricostruttore anar-
chico. In una lettera del 1925 mi diceva a proposito di questi progetti, in risposta
a qualcosa che glien'avevo scritto: &lt; &lt;«Tu aspetti da me l'anarchismo realizzabile
e realizzatore che segni un passo avanti su Bakunin e Kropotkin; e a dirti il vero
io non dispero di soddisfarti&gt; &gt;».
 
Non so che cosa egli abbia fatto di tutti questi bei propositi. Forse fra
Line 1 641 ⟶ 1 619:
suo proprio. Non parlo qui delle persecuzioni poliziesche, prigionia, fughe, ecc.,
che non poco tempo gli rubarono; esse rientrano nell'ambito normale della vita
d'ogni militante rivoluzionario il quale, come diceva Malatesta stesso, &lt; &lt;«non e'
mai libero di se' ed e' sempre in libertà provvisoria&gt; &gt;». L'impedimento materiale
maggiore fu che egli dovette sempre lavorare per vivere.
 
Line 1 649 ⟶ 1 627:
Ricco di famiglia,1 appena aveva potuto si era sbarazzato di tutti i suoi beni, ce-
dendoli alla propaganda ed ai poveri e abbandonati gli studi universitari per meglio
&lt; &lt;«andare al popolo&gt; &gt;» (come si diceva al 1870, sull'esempio dei rivoluzionari
russi), aveva per vivere voluto imparare un mestiere. Da allora fu sempre povero
in canna. Si era fatto meccanico, nella bottega del suo amico internazionalista
Line 1 657 ⟶ 1 635:
e febbrile per permettergli di raccogliersi in una attività puramente intellettuale.
 
Vi furono periodi in cui, se non fosse stato il bisogno di lavorare man-manualmente al suo mestiere, egli avrebbe potuto godere della relativa tranquillità
 
ualmente al suo mestiere, egli avrebbe potuto godere della relativa tranquillità
necessaria ad una attività culturale, specialmente nel tempo passato a Londra
nelle soste piuttosto lunghe fra l'una e l'altra sua corsa nel continente europeo od
Line 1 668 ⟶ 1 644:
botteguccia nel quartiere di Islington o lo costringeva a girare per Londra con la
sua gerla di arnesi in spalla per recarsi dove era chiamato ad aggiustare apparec-
chi elettrici o a gas, cucine economiche, ecc.: e &lt; &lt;«doveva spesso collocare tubi
di gas e installazioni elettriche, o ripararle, in locali freddi ed esposto alle correnti
d'aria, a volte steso per terra sul pavimento gelato e sulla dura pietra&gt; &gt;».
 
Pietro Gori mi raccontava che una volta, durante il suo esilio a Londra
Line 1 681 ⟶ 1 657:
 
<hr>
ciale. Kropotkin nel vederlo aveva esclamato: &lt; &lt;«Che uomo ammirevole!&gt; &gt;». E
Gori gli aveva risposto: &lt; &lt;«Sì, Malatesta e' ammirevole; ma che tristo mondo e'
questo, che costringe una così alta intelligenza a spender tempo, energia e salute
in un lavoro come questo, che tanti altri saprebbero fare, impedendogli così di
fare quello che solo lui saprebbe! e che gran torto e' quello del nostro movi-movimento di non trovare il modo di permettere a quest'uomo di fare quel lavoro utile
all'umanità di cui sarebbe tanto capace!» Che Gori avesse non poca ragione lo
mento di non trovare il modo di permettere a quest'uomo di fare quel lavoro utile
all'umanità di cui sarebbe tanto capace!&gt; &gt; Che Gori avesse non poca ragione lo
sentii anche io dentro di me, quando nel dicembre 1906 fui a Londra e passai sette
giorni di vita comune con lui nella casa in cui abitava, presso i coniugi Defendi.
Line 1 756 ⟶ 1 731:
ed avendo anzi sempre l'impressione di far troppo poco. Negli ultimi giorni ne
scriveva in termini di amarezza a me ed a Bertoni, e forse anche ad altri. Avrebbe
voluto vivere ancora &lt; &lt;«per fare qualche cosa di buono&gt; &gt;», lui che aveva fatto
tanto e tanti sacrifici aveva durati senza stancarsi mai, forse appunto perche' egli
non li considerava tali. E di questi, non il minore fu certa - quello della rin-
Line 1 883 ⟶ 1 858:
anarchici, o della stragrande maggioranza di essi. Egli stesso lo ha esposto più
volte, all'inizio dei vari periodici da lui redatti, e più completamente in una lunga
&lt; &lt;«Dichiarazione di principi&gt; &gt;» che nel 1920 presentò in Bologna al II Congresso
dell'Unione Anarchica Italiana, il quale lo approvò all'unanimità. 1
 
Le idee di Malatesta sono in sostanza quelle dell'anarchismo comunista
 
rivoluzionario internazionale. Secondo la definizione sua &lt; &lt;«il programma comunista-
anarchico rivoluzionario, che già da 50 anni fu sostenuto in Italia in seno alla I
Internazionale sotto nome di programma socialista, che più tardi si distinse con
nome di socialista-anarchico, e che poi, in seguito e per reazione alla crescente
degenerazione autoritaria e parlamentare del movimento socialista, si disse sem-
plicemente anarchico&gt; &gt;» (pag. 3 del Programma suddetto) egli lo sintetizzava
brevemente, nello stesso scritto, nei termini seguenti (pag. 5 e 6):
 
&lt; &lt;1 - Abolizione della proprietà privata della terra, delle materie prime e
 
degli strumenti di lavoro, perche' nessuno abbia il mezzo di vivere sfruttando il la-
voro altrui, e tutti, avendo garantiti i mezzi per produrre e vivere, siano veramente
Line 1 903 ⟶ 1 877:
conformemente alle proprie simpatie.
 
&lt; &lt;2 - Abolizione del governo e di ogni potere che faccia la legge e la im-
 
ponga agli altri: quindi abolizione di monarchie, repubbliche, parlamenti, eserciti,
polizie, magistrature, ed ogni qualsiasi istituzione dotata di mezzi coercitivi.
 
&lt; &lt;3 - Organizzazione della vita sociale per opera di libere associazioni e
 
federazioni di produttori e di consumatori, fatte e modificate secondo la volontà
dei componenti, guidati dalla scienza e dall'esperienza, e liberi da ogni impo-
Line 1 915 ⟶ 1 887:
stesso della necessita ineluttabile, volontariamente si sottomette.
 
&lt; &lt;4 - Garantiti i mezzi di vita, di sviluppo, di benessere ai fanciulli, ed a
 
tutti coloro che sono impotenti a provvedere a loro stessi.
 
&lt; &lt;5 - Guerra alle religioni ed a tutte le menzogne, anche se si nascondono
 
sotto il manto della scienza. Istruzione scientifica per tutti e fino ai suoi gradi più
 
Line 1 928 ⟶ 1 898:
elevati.
 
&lt; &lt;6 - Guerra alle rivalità ed ai pregiudizi patriottici. Abolizione delle
 
frontiere, fratellanza fra tutti i popoli.
 
&lt; &lt;7 - Ricostruzione della famiglia, in quel modo che risulterà dalla pratica
 
dell'amore, libero da ogni vincolo legale, da ogni oppressione economica o fisica,
da ogni pregiudizio religioso&gt; &gt;.
 
Con quali vie e mezzi si potrà arrivare a questo scopo? Non certo con
 
la sola propaganda che, pur restando necessarissima, presto esaurirebbe il suo
compito con convertire tutti coloro che nell'ambiente attuale sono suscettibili di
comprendere e accettare le idee anarchiche, bensì anche con l'azione. &lt; &lt;«Noi
dobbiamo cercare il popolo, nella sua totalità o nelle sue varie frazioni, pretenda,
imponga, prenda da se' tutti i miglioramenti, tutte le libertà che desidera, mano
Line 1 947 ⟶ 1 914:
tutto intero il nostro programma e lottando sempre per la sua attuazione integrale,
dobbiamo spingere il popolo a pretendere ed imporre sempre più fino a che non
ha raggiunto l'emancipazione completa&gt; &gt;» (pag. 12).
 
Di qui la necessità della lotta economica e della politica. La prima deve
Line 1 981 ⟶ 1 948:
e 22).
 
&lt; &lt;«Noi dovremo spingere il popolo ad espropriare i proprietari e mettere
 
in comune la roba, ed organizzare la vita sociale da se stesso, mediante associ-
azioni liberamente costituite, senza aspettare gli ordini di nessuno e rifiutando di
Line 1 990 ⟶ 1 956:
volontà.
 
&lt; &lt;«E se la massa del popolo non risponderà all'appello nostro, noi dovremo
 
- in nome del diritto che abbiamo di essere liberi anche se gli altri vogliono restare
schiavi, e per l'efficacia dell'esempio - attuare da noi quanto più potremo delle
Line 1 999 ⟶ 1 964:
stabiliscano libere relazioni con le altre località e pretendano vivere a modo loro.
 
&lt; &lt;«Noi dovremo, sopratutto, opporci con tutti i mezzi alla ricostituzione
 
della polizia e dell'esercito, e profittare dell'occasione propizia per eccitare i lavo-
ratori delle località non anarchiche a profittare della mancanza di forza repressiva
per imporre quelle maggiori pretese che a noi riesca d'indurli ad avere.
 
&lt; &lt;«E comunque vadano le cose, continuare sempre a lottare, senza un is-
 
tante di interruzione, contro i proprietari e contro i governanti, avendo sempre
in vista l'emancipazione completa, economica, politica e morale, di tutta quanta
l'umanità&gt; &gt;».
 
Qui e' inutile diffondersi sui particolari della propaganda e dell'azione
 
pratica che Malatesta ebbe in comune con tutti gli anarchici: difesa e rivendi-
cazione della libertà per tutti in tutti i campi, opposizione intransigente a tutti i
Line 2 021 ⟶ 1 983:
 
Egli aveva bensì dei criteri suoi propri sui modi e le forme con cui con-
 
durre la lotta: ne propugnava alcune da altri anarchici non approvate, altre da altri
preferite le respingeva in tutto o in parte, altre ancora le accettava in comune con
Line 2 040 ⟶ 2 001:
per raggiungerli, del tutto indipendente da qualsiasi apriorismo dottrinario, sia sci-
entifico che filosofico. Egli non subordinava cioè l'anarchismo a nessuno dei sis-
temi o teorie scientifiche e filosofiche. L'anarchia per lui e' semplicemente &lt; &lt;«un
modo di vita individuale e sociale da realizzare per il maggior bene di tutti&gt; &gt;»1
non una teoria scientifica o un sistema filosofico.
 
Line 2 048 ⟶ 2 009:
idee quasi esclusivamente sulla base delle conclusioni scientifiche raggiunte fino
a poco dopo i tre quarti del secolo scorso e delle ipotesi che ne scatturivano, egli
respingeva tanto il &lt; &lt;«giusnaturalismo&gt; &gt;» del settecento quanto lo &lt; &lt;«scientificismo&gt; &gt;»
dell'ottocento,2 non per negare i progressi che le loro constatazioni ed ipotesi
permisero di realizzare, me per utilizzarli spregiudicatamente e superarli, senza
Line 2 062 ⟶ 2 023:
volontarista dell'anarchia e della rivoluzione, del tutto diversa e in gran parte con-
trastante con quella determinista , la quale ultima invece concepisce la rivoluzione
e l'anarchia come qualcosa di fatale e d'&lt; &lt;«inevitabile&gt; &gt;» (Kropotkin) determinata
automaticamente da una supposta legge naturale del progresso e della scienza.
L'anarchia e' realizzabile solo in quanto e nella misura che gli uomini vorranno
Line 2 069 ⟶ 2 030:
chica, vi agirà dentro come forza di propulsione e sforzo di realizzazione.
 
&lt; &lt;«L'esistenza di una volontà capace di produrre effetti nuovi, indipen-indipendenti dalle leggi meccaniche della natura e' un presupposto necessario per chi
sostiene la necessità di riformare la società».1 Per produrre effetti anarchici
 
denti dalle leggi meccaniche della natura e' un presupposto necessario per chi
sostiene la necessità di riformare la società&gt; &gt;.1 Per produrre effetti anarchici
e' quindi necessaria una volontà anarchica; e a formare questa volontà tende la
propaganda, che con la diffusione delle idee e l'esempio dei fatti determina con-
Line 2 094 ⟶ 2 053:
Ho raccontato altre volte come l'occasione per me di conoscere Malat-
 
esta, nel 1897, fu determinata da un mio articolo sull'&lt; &lt;«Armonia naturale&gt; &gt;»
mandato all'Agitazione di Ancona, redatta da lui. In quell'articolo, basandomi
specialmente su citazioni di Kropotkin e da Bovio, io sostenevo appunto che in
Line 2 105 ⟶ 2 064:
 
Malatesta negava radicalmente, in un paio di articoli posteriori, quella mia
tesi. «Anche distrutto lo stato e la proprietà individuale, l'armonia non nasce
 
tesi. &lt; &lt;Anche distrutto lo stato e la proprietà individuale, l'armonia non nasce
spontaneamente, come se la natura si occupasse del bene e del male degli uomini,
ma bisogna che gli uomini stessi la creino&gt; &gt;».1 Anzitutto non e' vero che nella
stessa natura tutto sia armonia, nel senso da noi dato a questa parola: vi sono
catastrofi cosmiche, cristalli contorti o mancati, terremoti, malattie, aborti, ecc. Ed
in ogni modo quell'armonia che c'è nella natura non e' armonia che vorrebbero
gli uomini o che ad essi basterebbe. &lt; &lt;«Carlo Fourier,per dire di quanto la natura
e' superiore all'arte, si serve di un paragone divenuto classico a forza d'esser
ripetuto. Mettete (egli diceva) in un vaso tanti sassolini di vario colore, agitateli,
Line 2 118 ⟶ 2 076:
nessun pittore sarebbe riuscito a trovarla. E può anche darsi... Ma una madonna
del Tiziano non l'avrete di certo; non avrete quello che vorreste voi, fosse anche
una cosa brutta: e questo e' l'essenziale&gt; &gt;».2 &lt; &lt;«L'armonia fra gli uomini non e'
l'opera spontanea della natura, essa si deve conseguire e mantenere per l'opera
cosciente e voluta degli uomini; vale a dire che e' un fatto contingente che può
Line 2 127 ⟶ 2 085:
essere o non essere secondo che gli uomini regolano in un modo o nell'altro i
loro rapporti, non e' un fatto necessario (una legge) indipendente dalla volontà
umana&gt; &gt;».1
 
&lt; &lt;Noi diciamo che bisogna fare la rivoluzione, che vogliamo fare la rivoluzione;
 
«Noi diciamo che bisogna fare la rivoluzione, che vogliamo fare la rivoluzione;
e ci sforziamo di suscitare e riunire le volontà intente a tale scopo. Ma un'obiezione
fondamentale ci si oppone. La rivoluzione, ci si dice, non si fa per capriccio degli
Line 2 140 ⟶ 2 097:
non conviene... Ma poi quando una cosa interessa e piace, si dimenticano tutte le
teorie, si fa lo sforzo necessario e, se si ha bisogno del concorso degli altri, si fa
appello alla loro buona volontà e della volontà si esalta la potenza&gt; &gt;».2
 
Malatesta non negava il principio di causalità, anzi affermava che esso
«risponde ammirevolmente a certi bisogni del nostro intelletto ed e' guida sicura
 
nello studio del mondo fisico-chimico» e riconosceva che «il libero arbitrio as-
&lt; &lt;risponde ammirevolmente a certi bisogni del nostro intelletto ed e' guida sicura
soluto degli spiritualisti e' contraddetto dai fatti e ripugna al nostro intelletto»;
nello studio del mondo fisico-chimico&gt; &gt; e riconosceva che &lt; &lt;il libero arbitrio as-
ciò non ostante osservava che applicando secondo la logica il principio determinista ai rapporti umani si arriva «a negare la volontà e far apparire risibile ogni
soluto degli spiritualisti e' contraddetto dai fatti e ripugna al nostro intelletto&gt; &gt;;
sforzo per uno scopo qualsiasi», la qual cosa «ripugna ai nostri sentimenti».
ciò non ostante osservava che applicando secondo la logica il principio determin-
«E intelletto e sentimenti sono parti costituenti del nostro io, che non sapremmo
ista ai rapporti umani si arriva &lt; &lt;a negare la volontà e far apparire risibile ogni
sottomettere l'una all'altra». Però su questa apparente contraddizione sovrasta,
sforzo per uno scopo qualsiasi&gt; &gt;, la qual cosa &lt; &lt;ripugna ai nostri sentimenti&gt; &gt;.
secondo Malatesta, un fatto innegabile: che «noi dobbiamo vivere, e vivere da
&lt; &lt;E intelletto e sentimenti sono parti costituenti del nostro io, che non sapremmo
sottomettere l'una all'altra&gt; &gt;. Però su questa apparente contraddizione sovrasta,
secondo Malatesta, un fatto innegabile: che &lt; &lt;noi dobbiamo vivere, e vivere da
uomini che vogliono cavar della vita il massimo di soddisfazione possibile. 1
 
&lt; &lt;«Che cosa e' la volontà nella sua essenza? (si domandava). Non lo sappi-sappiamo. Ma sappiamo forse che cosa sono nella loro essenza la materia e l'energia?...
 
amo. Ma sappiamo forse che cosa sono nella loro essenza la materia e l'energia?...
Ignoriamo: questa ci pare la parola ultima che possa dire, almeno per ora, una
saggia filosofia. Ma noi vogliamo vivere una vita cosciente e fattrice; ed una tale
Line 2 163 ⟶ 2 116:
sono essere incoscienti, ma sono sempre nell'animo di tutti. Ed il primo di questi
presupposti e' l'efficacia della volontà. Tutto quello che si può cercare sono le
condizioni che della volontà limitano o aumentano la potenza&gt; &gt;».2
 
Ed ancora:
 
&lt; &lt;«Non si e' anarchici, non si e' socialisti, non si e' uomini che s'adoperano
 
per un fine qualsiasi, se non con questo presupposto, cosciente o no, confessato
o no, della efficacia della volontà umana. Certamente, questa volontà non e'
Line 2 180 ⟶ 2 132:
gli dà la potenza reale. E siccome non v'è un uomo solo al mondo... la volontà
di ciascuno e' più o meno efficace a seconda che le volontà degli altri secondino
o contrastino la volontà sua&gt; &gt;».... Quindi &lt; &lt;«compito delle scienze sociali (e
solamente assolvendo questo compito esse sono vere scienze) e' quello di sco-
prire, di determinare quali sono i fatti necessari, le leggi fatali che risultano dalla
convivenza degli uomini nelle diverse circostanze in cui possono trovarsi; e così
impedire gli sforzi vani, e far sì che le volontà dei varii uomini, invece di paral-
izzarsi a vicenda, concorrano tutte ad uno scopo comune, utile a tutti&gt; &gt;».1
 
Ma la scienza, anche quella sociale, non e' l'unica; in realtà ciascuno fa dire
Line 2 199 ⟶ 2 151:
 
una verità scientifica dimostrabile a tutti come tale col semplice ragionamento,
Malatesta diceva: &lt; &lt;«Ma andate a persuadere che gli anarchici hanno ragione
qualcuno che sia insensibile ai mali altrui, che ami vivere del lavoro degli altri,
che trovi la soddisfazione nel vedersi circondato da schiavi obbedienti! Un ra-
Line 2 210 ⟶ 2 162:
dire che un sentimento sia migliore dell'altro. E la redenzione umana non può es-
sere che un'opera di volontà: la volontà di coloro che questa redenzione desider-
ano&gt; &gt;».2
 
Nello spiegare, in fine dell'articolo precedentemente citato, il perche' egli
 
avesse scelto pel periodico da lui redatto in Ancona il titolo Volontà, Malatesta
concludeva: &lt; &lt;«Noi abbiamo voluto affermare la potenza della volontà contro
tutte le teorie essenzialmente fatalistiche, che, o restano vane teorie senza effetto
pratico, ed allora sono uno sconcio logico che infirma di continuo ogni ragiona-
Line 2 224 ⟶ 2 176:
mento, o sono logicamente seguite, ed allora tendono a spegnere ogni entusiasmo
e a paralizzare ogni attività. Di più, ci e' parso che, anche indipendentemente
dal punto di vista filosofico, questa parola &lt; &lt;«volontà&gt; &gt;» sintetizza bene il con-
cetto di una società anarchica, la quale non può essere che una società di uomini
&lt; &lt;«volontariamente cooperanti al bene di tutti&gt; &gt;». 1
 
La scienza e' sul terreno della lotta sociale utile e indispensabile - sec-
 
ondoLa Malatestascienza e' sul terreno della lotta sociale utile e indispensabile - &lt;secondo Malatesta - &lt;«per stabilire i limiti dove finisce la necessità e comincia la
libertà&gt; &gt;»; ma &lt; &lt;«perche' gli uomini abbiano la fiducia o almeno la speranza di
poter fare opera utile, bisogna ammettere una forza creatrice, indipendente dal
mondo fisico e dalle leggi meccaniche, e questa forza e' quella che chiamiamo
&lt; &lt;«volontà&gt; &gt;». I materialisti, deterministi e meccanicisti negano tutto ciò, pen-
sano che tutto e' sottoposto alla stessa legge meccanica, tutto e' predeterminato
dagli antecedenti fisico-chimici: così il corso degli astri, come lo svolgersi della
Line 2 240 ⟶ 2 190:
per conciliare il sistema con la vita e con il sentimento morale, non vi resta posto,
ne' piccolo ne' grande, ne' condizionato ne' incondizionato, per la volontà e per
la libertà&gt; &gt;». 2
 
Se fosse vero, come sostengono i materialisti, e non pochi anarchici con essi,
 
che si debba applicare anche ai fatti morali e sociali della vita umana la interpre-
tazione meccanica dei fenomeni come in fisica, chimica, fisiologica, astronomia,
Line 2 251 ⟶ 2 200:
intensità e di velocità.1
 
&lt; &lt;«In tale concezione&gt; &gt;» - si domanda Malatesta - &lt; &lt;«che significato pos-possono avere le parole volontà, libertà, responsabilità? Se non si può modificare
 
sono avere le parole volontà, libertà, responsabilità? Se non si può modificare
il corso predestinato degli avvenimenti umani, come non si può modificare il
corso degli astri o la crescenza di un fiore, a che servirebbe l'educazione, le pro-
paganda, la ribellione?&gt; &gt;».2 L'anarchismo verrebbe a mancare della sua principale
funzione di propulsore del movimento sociale e della rivoluzione; e si toglierebbe
alla lotta anarchica la principale ragion d'essere del suo sentimento di rivolta con-
tro gli oppressori.
 
Malatesta ricordava a tal proposito la bella e notissima autodifesa di Gior-Giorgio Etievant nel 1892 avanti al tribunale della Senna, per cogliervi appunto il
 
gio Etievant nel 1892 avanti al tribunale della Senna, per cogliervi appunto il
lato debole del determinismo degli anarchici. Etievant sosteneva che, se delitto
aveva commesso (si trattava d'un furto di dinamite a scopo rivoluzionario), egli
Line 2 273 ⟶ 2 218:
ista, volle dimostrare che non lo si poteva dichiarare responsabile e condannarlo,
perche' egli non era un libero agente, visto che in natura tutto e' necessario e
predestinato. E Malatesta osserva che &lt; &lt;«un giudice di cattivo cuore, ma di spir-
ito sveglio, avrebbe potuto rispondergli: Avete ragione, io non posso giustamente
punirvi e nemmeno biasimarvi per le ragioni che così bene avete esposte; ma per
le stesse ragioni non e' responsabile il prete che vi ha ingannato, il padrone che vi
ha affamato, il birro che vi ha torturato, - e non sono responsabile io che vi mando
in galera o alla ghigliottina. Tutto quello che avviene deve avvenire&gt; &gt;».
 
In conseguenza di questa valutazione del fattore &lt; &lt;«volontà&gt; &gt;» Malatesta
 
si opponeva a qualsiasi concezione fatalista, ottimista o pessimista che fosse, del
divenire sociale. Egli respingeva il fatalismo marxista secondo cui la rivoluzione
sarebbe conseguenza inevitabile della &lt; &lt;«miseria crescente&gt; &gt;» o della &lt; &lt;«concentrazione
capitalistica&gt; &gt;»; o secondo cui la rivoluzione non si prepara, ma avviene o &lt; &lt;«diviene&gt; &gt;»
come per una legge naturale dell'evoluzione e come fatto spontaneo delle grandi
masse. Non v'è legge naturale che obblighi l'evoluzione in un senso progres-
sivo invece che regressivo: nella natura vi sono progressi e regressi, ed e' solo
lo sforzo cosciente della volontà umana che, vincendo la natura e utilizzandola,
può dare all'evoluzione una data direttiva. &lt; &lt;«L'evoluzione cammina nel senso
in cui la sospinge la volontà degli uomini&gt; &gt;».2 In quanto alle grandi masse,
esse tendono in generale ad adattarsi all'ambiente e al fatto compiuto; lasciare
quindi alla loro tendenza spontanea, sono piuttosto una forza statica, che può di-
Line 2 297 ⟶ 2 242:
che ricevono dalla volontà cosciente di minoranze attive.
 
&lt; &lt;«Io credo che la nostra rivoluzione non si può fare senza le masse, ma
bisogna incominciare col prendere le masse così come sono». Si son viste le
 
bisogna incominciare col prendere le masse così come sono&gt; &gt;. Si son viste le
masse applaudire freneticamente i rivoluzionari, disposte a gettarsi allo sbaraglio
con questi, e poi sei mesi dopo, mutate le circostanze, lasciarsi trascinare da
un'ondata reazionaria dietro i peggiori nemici della libertà, oppure subire passi-
vamente le peggiori prepotenze controrivoluzionarie. &lt; &lt;«Le folle sono mobili&gt; &gt;»;
ma se esse a un dato momento ci abbandonano &lt; &lt;«le ritroveremo quando le cir-circostanze ci saranno propizie». L'importante e' che vi sia una volontà rivoluzionaria
costanze ci saranno propizie&gt; &gt;. L'importante e' che vi sia una volontà rivoluzionaria
nelle minoranze più capaci di reagire e ribellarsi col proprio sforzo contro l'ambiente.
&lt; &lt;«L'importante e' di formare nuclei, il più numerosi che si può, d'accordo, ma
di gente cosciente, sicura e devota, che a suo tempo sapranno muovere le folle&gt; &gt;».
1 Il successo rivoluzionario di queste minoranze dipende, oltre che dalla forza nu-
merica che avran saputo raggiungere, anche e forse più dalla consapevolezza e
Line 2 318 ⟶ 2 261:
<hr>
Tutto ciò non significa che anche le masse, così come sono, non siano
 
suscettibili d'una certa preparazione, e questa la si debba trascurare. Al contrario!
Senza di essa, le minoranze volitive non avranno mai una influenza bastante a
muovere nelle migliori occasioni le grandi masse. Bisogna quindi in tempi nor-normali curare «il lavoro lungo e paziente di preparazione e organizzazione popolare» e non cadere nella «illusione della rivoluzione a breve scadenza fattibile
solo per iniziativa di pochi senza sufficiente preparazione nelle masse». 2 A
mali curare &lt; &lt;il lavoro lungo e paziente di preparazione e organizzazione popo-
lare&gt; &gt; e non cadere nella &lt; &lt;illusione della rivoluzione a breve scadenza fattibile
solo per iniziativa di pochi senza sufficiente preparazione nelle masse&gt; &gt;. 2 A
questa preparazione, per quel tanto che' possibile conseguirla in un ambiente
avverso, mirano fra l'altro la propaganda, l'agitazione e l'organizzazione tra le
Line 2 330 ⟶ 2 270:
 
Purche' però non si cada nell'errore contrario del rinviare di continuo
 
l'iniziativa rivoluzionaria a quando le masse siano convinte e preparate completa-
mente. La preparazione delle masse e' sempre aleatoria e non può andare al di
là della misura assai limitata consentita dall'ambiente ostile, che ha su di quelle
abitualmente una influenza preponderante. &lt; &lt;«L'organizzazione rivoluzionaria dei
lavoratori, utile e necessaria finche' si vuole, non può estendersi e durare indefini-
tamente; arrivata ad un certo punto, se non sbocca nell'azione rivoluzionaria, o il
governo la strozza, o essa da se stessa si corrompe e si sfascia - e bisogna ricom-
inciare da capo&gt; &gt;».1 Finche' quindi le minoranze rivoluzionarie, profittando di
circostanze fortunate e delle disposizioni occasionalmente favorevoli delle masse,
non avranno determinato col proprio sforzo un mutamento sufficiente dell'ambiente,
Line 2 353 ⟶ 2 292:
fidino fatalisticamente, con soverchio ottimismo, ad una immediata e spontanea
capacità delle masse di rifare la propria esistenza collettiva su basi di libertà e
di uguaglianza. E' un errore secondo lui, &lt; &lt;«attribuire al popolo, alla massa dei
lavoratori tutte le virtù e tutte le capacità&gt; &gt;». La massa non perderà d'un tratto,
solo per la vittoria materiale dell'insurrezione, tutte le cattive tendenze acquisite
durante secoli di servitù. Si può utilmente contare su &lt; &lt;«l'influenza moraliz-moralizzatrice del lavoro», ma bisogna anche tener presenti «gli effetti deprimenti e
corruttori della miseria e della soggezione». Sarebbe disastroso basarsi unica-
zatrice del lavoro&gt; &gt;, ma bisogna anche tener presenti &lt; &lt;gli effetti deprimenti e
corruttori della miseria e della soggezione&gt; &gt;. Sarebbe disastroso basarsi unica-
 
50
 
<hr>
mente sulla supposizione che &lt; &lt;«basterebbe abolire i privilegi dei capitalisti ed il
potere dei governanti perche' tutti gli uomini cominciassero immediatamente ad
amarsi come fratelli ed a badare agli interessi altrui come ai propri&gt; &gt;». 1
 
Questo non vuol dire che, nel pensiero di Malatesta, la massa, il popolo,
Line 2 381 ⟶ 2 319:
nella situazione di maggior debolezza, in modo che al popolo sia conservata
la facoltà di far da se' e secondo la volontà propria quanto più e' possibile.
&lt; &lt;«L'anarchia non può venire che gradualmente, a misura che la massa arriva a
concepirla e desiderarla; ma non verrebbe mai se mancasse la spinta di una mi-
noranza più o meno coscientemente anarchica, che agisce in modo da preparare
l'ambiente necessario&gt; &gt;». 2 E questa preparazione dell'ambiente non consiste
solo nell'abbattimento necessario del vecchio regime, ma nel dare anche contem-
poraneamente, fin dai primi giorni, l'esempio pratico di come si può fare da se'
organizzandosi anarchicamente, sia pure in minoranza, e organizzando attorno a
se' quante più forme di vita libera possibili. Di qui la necessità per la minoranza
anarchica di sapere per tempo &lt; &lt; «quello che vuol fare&gt; &gt;».
 
Vedremo più ampiamente, meritando l'argomento una esposizione a parte,
Line 2 410 ⟶ 2 348:
 
<hr>
La scienza, come &lt; &lt;«ricerca della verità con metodo positivo, razionale
e sperimentale, che non si illude mai di aver trovato la verità assoluta e si contenta di avvicinarvisi faticosamente, scoprendo delle verità parziali, che considera sempre come provvisorie e rivedibili» e' certamente gran fattore del pro-
 
gresso umano. Ma vero scienziato, secondo Malatesta e' solo colui che «esamina
e sperimentale, che non si illude mai di aver trovato la verità assoluta e si con-
tenta di avvicinarvisi faticosamente, scoprendo delle verità parziali, che consid-
era sempre come provvisorie e rivedibili&gt; &gt; e' certamente gran fattore del pro-
gresso umano. Ma vero scienziato, secondo Malatesta e' solo colui che &lt; &lt;esamina
i fatti e ne trova le logiche conseguenze quali che esse siano, in opposizione a col-
oro che si foggiano un sistema e poi ne cercano la conferma nei fatti e, per trovarla,
Line 2 424 ⟶ 2 359:
pigliando, a forza di servirsene, per verità dimostrate le sue supposizioni e gen-
eralizzando ed elevando a legge, con arbitraria induzione, ogni particolare che
convenga alla sua tesi&gt; &gt;».1
 
Grave errore, quindi, &lt; &lt;e' l'accettare come verità definitive, come dommi,
 
Grave errore, quindi, «e' l'accettare come verità definitive, come dommi,
ogni scoperta parziale; e' errore il confondere la Scienza con la Morale, la Forza
nel senso meccanico della parola, che e' una entità definibile e misurabile, con
Line 2 434 ⟶ 2 368:
trasto con l'iniziativa rivoluzionaria e con l'anarchismo.
 
&lt; &lt;«La scienza e' la raccolta e la sistemazione di ciò che si sa, o si crede
 
di sapere: dice il fatto e cerca di scoprire la legge del fatto, cioè le condizioni
nelle quali il fatto necessariamente avviene e si ripete. Essa soddisfa certi bisogni
Line 2 444 ⟶ 2 377:
azione come per l'oppressione.
 
&lt; &lt;«La filosofia può essere una spiegazione ipotetica di quello che si sa, o un
 
tentativo d'indovinare quello che non si sa. Essa pone i problemi che sfuggono,
almeno finora, alla competenza della scienza ed immagina delle soluzioni che per
Line 2 453 ⟶ 2 385:
non e' la scienza.
 
&lt; &lt;«L'anarchia invece e' un'aspirazione umana, che non e' fondata sopra
 
nessuna vera o supposta necessità naturale, e che potrà realizzarsi o non realiz-
 
Line 2 467 ⟶ 2 398:
sistema filosofico.
 
&lt; &lt;«Si può essere anarchici qualunque sia il sistema filosofico che si preferisce.
 
Vi sono anarchici materialisti come ve ne sono di spiritualisti, ve ne sono di
monisti e di pluralisti, ve ne sono di agnostici e vi sono quelli, come me, che senza
nulla pregiudicare sui possibili sviluppi futuri dell'intelletto umano, preferiscono
dichiararsi semplicemente ignoranti&gt; &gt;». 1
 
&lt; &lt;L'anarchismo nella sua genesi, nelle sue aspirazioni nei suoi metodi
 
«L'anarchismo nella sua genesi, nelle sue aspirazioni nei suoi metodi
di lotta non ha nessun legame necessario con un qualsiasi sistema filosofico.
L'anarchismo e' nato dalla rivolta morale contro le ingiustizie sociali. Quando
Line 2 485 ⟶ 2 415:
per opera umana - allora fu aperta la via che doveva condurre all'anarchismo.
 
&lt; &lt;«Bisognava ricercare le cause specifiche dei mali sociali ed i mezzi atti a
 
distruggerle. E quando alcuni han veduto che la causa fondamentale del male era
la lotta tra gli uomini col conseguente dominio dei vincitori e l'oppressione e lo
Line 2 494 ⟶ 2 423:
l'anarchismo era nato.
 
&lt; &lt;«.... I più colti fra gli anarchici adottano o si foggiano una filosofia per
 
il bisogno dell'intelletto umano di sistemare e unificare il pensiero; ma ciò che
importa, ciò che li fa anarchici e' il sentimento, e' l'aspirazione alla libertà, al
benessere per tutti, all'amore fra tutti&gt; &gt;».1
 
Ho già incidentalmente toccato in qualche punto i contrasti d'idee fra
 
Malatesta e Kropotkin. Una delle differenze più forti era appunto questa sui
rapporti (o non rapporti) fra scienza, filosofia ed anarchia, pur non avendo essa
Line 2 511 ⟶ 2 438:
 
<hr>
l'anarchia come una filosofia scientifica; sosteneva che &lt; &lt;«l'anarchia e' una con-
cezione dell'universo basata sull'interpretazione meccanica dei fenomeni che ab-
braccia la Natura, compresa la vita delle società&gt; &gt;»; e credeva di trovare nella
scienza la dimostrazione che l'anarchia e' l'ordine naturale, per cui l'armonia
dovrebbe regnare in tutte le cose, comprese le società umane. Si vede subito
quale contrasto fondamentale v'è fra questa concezione e quella di Malatesta, il
quale dichiarava di &lt; &lt;«non essere mai riuscito a comprendere ciò che può sig-significare» la suddetta definizione kropotkiniana e per il quale invece l'anarchia e'
semplicemente un programma elaborato dalla volontà umana in «lotta contro
nificare&gt; &gt; la suddetta definizione kropotkiniana e per il quale invece l'anarchia e'
le disarmonie della natura». Kropotkin sembrava a piuttosto un «poeta della
semplicemente un programma elaborato dalla volontà umana in &lt; &lt;lotta contro
scienza», nel quale, più che lo scienziato, era l'anarchico l'uomo di grandis-
le disarmonie della natura&gt; &gt;. Kropotkin sembrava a piuttosto un &lt; &lt;poeta della
scienza&gt; &gt;, nel quale, più che lo scienziato, era l'anarchico l'uomo di grandis-
sima bontà.
 
E' avvenuto spesso a Malatesta di esprimersi in modo piuttosto irriver-irriverente sui filosofi e sulla filosofia; e gli e' accaduto più di una volta di rispondere
 
ente sui filosofi e sulla filosofia; e gli e' accaduto più di una volta di rispondere
a qualche contradditore, che lo combatteva appellandosi all'autorità di questo
o quel filosofo: &lt; &lt;«io di filosofia non me ne intendo!&gt; &gt;». Infondo era questa
in lui una forma di reazione al mal vezzo dei molti dilettanti di filosofia che
s'incontrano nel campo rivoluzionario - i quali se ne intendono spesso e davvero
Line 2 534 ⟶ 2 458:
scientifici. Ma la sua, piuttosto che avversione alla filosofia, era fastidio del lin-
guaggio astruso, del gergo speciale filosofico, o sedicente tale, incomprensibile ai
più: &lt; &lt;«e' nebbia!&gt; &gt;» soleva egli dire - era sopratutto repulsione al sistema, di al-
cuni di trasportare tale linguaggio nel campo della propaganda e delle discussioni
di partito.
 
In realtà però Malatesta &lt; &lt;«se ne intendeva&gt; &gt;» assai più di quel ch'egli
 
dicesse, non solo per le vaste e sempre fresche cognizioni ch'egli aveva in propos-
ito, ma anche e sopratutto perche', se si prende la parola &lt; &lt;«filosofia&gt; &gt;» non in
un senso strettamente scolastico ma in quello più umano e più largamente intel-
lettuale, egli fu certo un filosofo assai più di tanti che passano per tali - benche'
Line 2 616 ⟶ 2 540:
ero tutto infatuato delle teorie materialiste di Buchner e di Molescott e facevo, per
esempio, dipendere dall'inesistenza di Dio l'abolizione d'ogni autorità terrena.
Una volta mi chiese: &lt; &lt;«Se per caso un giorno o l'altro una scoperta qualsiasi ren-
desse l'ipotesi di Dio più verosimile di quella che lo nega, cesseresti tu d'essere
anarchico?&gt; &gt;» Imbarazzato, gli risposi con la semplice domanda: &lt; &lt;«E tu?&gt; &gt;»
 
- &lt; &lt;Ma niente affatto! (mi replicò). Io resterei anarchico, perche' le ragioni
 
- «Ma niente affatto! (mi replicò). Io resterei anarchico, perche' le ragioni
per cui sono anarchico non hanno nulla a che fare con l'esistenza o inesistenza di
Dio. Io sono anarchico perche' voglio la libertà ed il benessere per me e per gli
Line 2 627 ⟶ 2 550:
tanti altri progressi dell'umanità fino ad oggi benche' la questione divina non
sia stata ancora risolta definitivamente per tutti; e progressi se ne ebbero anche
quando e dove nessuno pensava a negare Dio&gt; &gt;».
 
Malatesta era ateo. &lt; &lt;«Io non credo in Dio perche' la sua esistenza mi pare
 
inconcepibile e assurda&gt; &gt;» egli diceva, ma non dava a questa sua &lt; &lt;«opinione&gt; &gt;»,
certamente per lui assai più probabile dell'opinione opposta, il valore di un al-
tro &lt; &lt;«credo&gt; &gt;» dei deisti. E sopratutto si rifiutava a mettere la sua opinione
di ateo a base della dottrina anarchica. Egli combatteva &lt; &lt;«l'assurda pretesa di
far dipendere l'anarchia da una qualsiasi ipotesi sull'origine e sulla costituzione
dell'universo&gt; &gt;» e spiegava: &lt; &lt;«Io non credo in Dio; ma non già perche' se ci
fosse dio i padroni e i tiranni avrebbero ragione&gt; &gt;» (quest'ultima, era all'incirca
l'opinione di Bakunin)... &lt; &lt;«Anche se credessi in Dio, vorrei che i tiranni mi
mostrassero i documenti autentici coi quali Dio ha comunicato loro la sua volontà
ed ha dato loro il diritto di tiranneggiare. E sarebbe molto facile predicare la
eguaglianza in nome di Dio, padre comune di tutti gli uomini, com'è stato tante
volte fatto con successo in mezzo a popolazioni fanatiche&gt; &gt;». E ad un compagno,
che si affermava spiritualista e deista, il quale gli domandò una volta se nonos-
tante ciò poteva dichiararsi anarchico dal momento ch'ei voleva praticamente
tutto quello che vogliono gli anarchici, Malatesta gli rispondeva affermativamente.
Secondo lui la questione di Dio, dello spiritualismo o materialismo, ecc. &lt; &lt;«non
ha nulla da vedere con l'anarchia&gt; &gt;». Se l'amico Fiordaliso non crede nelle reli-
gioni, la cui essenza e' quella di sottomettere gli uomini alle pretese ingiunzioni
 
Line 2 656 ⟶ 2 579:
e vuole l'integrale libertà per tutti e il benessere per tutti, e l'amore fra tutti gli
umani, egli, secondo me, può essere e dirsi anarchico in tutta tranquillità di co-
scienza&gt; &gt;». 1
 
Insomma, se l'anarchia non ha alcun bisogno dell'ipotesi di Dio o spiritual-
 
ista, neppure l'ipotesi contraria le e' indispensabile. Ciò ch'è indispensabile e'
odiare l'oppressione e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, che e' cosa tangibile
Line 2 667 ⟶ 2 589:
dipendentemente dal fatto che Dio sul serio esista o non esista. Di fatto ci sono e
ci sono stati sempre molti atei dichiarati fra gli oppressori e sfruttatori del popolo
e perfino qualche prete ateo. Certi borghesi atei han detto che &lt; &lt;«la religione ci
vuole per il popolo&gt; &gt;» ed un papa vantava cinicamente l'utilità della &lt; &lt;«favoletta
di Cristo&gt; &gt;» - come non mancano dei deisti (non cattolici, si capisce, ne' seguaci
di una chiesa determinata) perfino fra gli anarchici. Inutile dire che pei nemici del
popolo, fossero pur atei e magari mangiapreti, Malatesta sentiva la stessa profonda
Line 2 678 ⟶ 2 600:
 
Di fronte a queste questioni - alle quali del resto egli non ammetteva molta
 
importanza, non gli piaceva di mescolarle alle cose di propaganda, e se n'è oc-
cupato di rado, &lt; &lt;«en passant&gt; &gt;», solo quando vi era tirato bei capelli - quella di
Malatesta era una posizione di dubbio, e preferiva confessarsi ignorante. &lt; &lt;«Io
non credo appunto perche' non so; ma ho un vantaggio sopra tanti, ed e' che io
sono un ignorante che sa di esserlo e che lo dice... Io dubito...&gt; &gt;».1 Quello che
egli, nella sua modestia, non diceva era di essere però assai meno ignorante di
quelli che credono di saper tutto.
Line 2 702 ⟶ 2 623:
<hr>
Questa posizione mentale di Malatesta di fronte agli aspetti più astratti
 
del problema religioso - di cui le chiese e le religioni rivelate non costituiscono
che lo sfruttamento pratico e la materializzazione più assurda nelle più assurde
superstizioni - non lo rendeva affatto più indulgente verso le stesse chiese e reli-
gioni e meno nemico loro. &lt; &lt;«Noi siamo nemici di tutte le religioni in genere e
della cristiana in specie, per il sentimento di rinuncia e di rassegnazione che esse
ispirano nel cuore degli oppressi; siamo nemici delle religioni perche' sono armi
Line 2 713 ⟶ 2 633:
in un'altra vita, consolidano quello stato di cose che con il solo appoggio della
forza brutale non potrebbe reggersi a lungo. Siamo nemici della religione, come
siamo nemici dell'economia politica borghese, che ai &lt; &lt;«credenti di Dio&gt; &gt;» sosti-
tuisce le &lt; &lt;«leggi naturali&gt; &gt;», e tende, con un altro ordine di ragionamenti assurdi
e di false allegazioni, allo scopo stesso cui tende la religione: la giustificazione
ed il consolidamento della dominazione e dello sfruttamento dell'uomo da parte
dell'uomo&gt; &gt;». 1
 
La lotta anarchica contro le religioni non esclude affatto (al contrario!)
 
l'appello alla ragione umana contro tutte le forme concrete di superstizione di
cui le chiese si servono per fuorviare le menti e i cuori; e le conclusioni vera-
Line 2 727 ⟶ 2 646:
trascinare sul terreno astratto e metafisico dove i più non ci seguirebbero,dove alle
ipotesi indimostrabili non potremmo opporre che ipotesi altrettanto indimostrabili
e dove finiremmo solo col fare accettare un &lt; &lt;«credo&gt; &gt;» in sostituzione di un'altro.
Praticamente ciò sarebbe inconcludente e non colpirebbe nel bersaglio perche',
per esempio, vi possono sempre essere di quelli che &lt; &lt;«dall'idea di Dio tirano
l'eguaglianza e la fratellanza umana, e gli altri il dovere dell'ubbidienza ai supe-
riori e della rassegnazione; così come dall'ipotesi darviniana, gli uni cavano la
giustificazione del regime borghese e gli altri la giustificazione del socialismo&gt; &gt;».
2
 
Inoltre bisogna tener presente che &lt; &lt;«la propaganda teorica contro la reli-religione e' poco efficace in mezzo alle masse misere ed ignoranti... Ad alcuni nostri
 
gione e' poco efficace in mezzo alle masse misere ed ignoranti... Ad alcuni nostri
amici pare di avere ottenuto un gran risultato se riescono a convincere un con-
tadino dell'assurdità di qualche racconto biblico; noi ci sentiamo ben contenti
ed incoraggiati quando vediamo i contadini alzar la testa e guardare in faccia ai
padroni.... anche se continuano a credere in Dio&gt; &gt;». Gli e' che, come Bakunin
dimostrava agli anticlericali non socialisti al Congresso per la pace e la libertà
 
Line 2 747 ⟶ 2 664:
 
<hr>
in Berna nel 1868, &lt; &lt;« chi e' ad un certo grado oppresso economicamente, e non
può mangiare quando ha fame e coprirsi quando ha freddo, non può emanciparsi
intellettualmente, e chi non ha alcuna consolazione in questa terra ha bisogno di
crearsene una ideale nel cielo... Con ciò noi non facciamo che ripetere l'abbici
del socialismo e del positivismo, affermando che la questione dei mezzi materiali
di esistenza e di sviluppo precede tutte le questioni morali ed intellettuali&gt; &gt;». Per
ciò, a chi gli diceva &lt; &lt;«che prima di fare l'anarchico uno bisogna farlo ateo&gt; &gt;»,
Malatesta rispondeva: &lt; &lt;«noi, avvalorati da una certa esperienza, crediamo com-completamente inutile discutere sul domma con chi muore di fame, e preferiamo fargli
pletamente inutile discutere sul domma con chi muore di fame, e preferiamo fargli
vedere come il prete, ministro della religione, e' il difensore degli affamatori ed
affamatore egli stesso&gt; &gt;». 1
 
Tutto questo non significa che, dove la propaganda teorica può utilmente
 
farsi, specie fra gli elementi che vi siano più preparati dalla propria situazione
materiale e intellettuale, essa debba escludersi. Ma pure allora &lt; &lt; «quel che mag-
giormente c'interessa, anche dal punto di vista teorico, nella questione religiosa
e' la questione morale, e' il metodo di vita che la religione predica, inculca e,
quando può impone; la dommatica ci lascia freddi&gt; &gt;».2 Ed anche questa propa-
ganda, per restare libertaria e riuscire efficace, deve evitare le affermazioni as-
siomatiche astratte, che possono diventare un modo di coercizione spirituale,ma
Line 2 780 ⟶ 2 695:
il suo su certi problemi religiosi, filosofici e scientifici, potesse scaturire una irres-
olutezza d'idee e di azione come anarchici e come rivoluzionari, Malatesta rispon-
deva: &lt; &lt;«Si, io dubito, dubito di tutto. Ma questo mio dubbio, utile alla ricerca,
utile per tenere la mente sempre aperta per ricevere nuove verità, non paralizza
la mia capacità di azione, perche' la mia volontà non e' mossa da convinzioni
scientifiche, sempre incerte e mutabili, ma da un desiderio, da un sentimento, che
e' la parte migliore e permanente dell'essere mio. Io ho la fede che fa muovere le
montagne &gt; &gt;»... Ma non &lt; &lt;«la fede di coloro che han bisogno di credere più che di
comprendere, quella che fa prendere i fantasmi per realtà e fa piegare la volontà
innanzi al fantasma&gt; &gt;», la quale fede &lt; &lt;«non serve a formare rivoluzionari cosci-
enti, bensi' prepara il gregge per i furbi pastori...&gt;» &gt; &lt; &lt;«La fede&gt; &gt;» - nel nostro
 
59
 
<hr>
caso - &lt; &lt;«non e' credenza cieca: essa e' il risultato di una ferma volontà unita ad
una forte speranza&gt; &gt;». 1
 
==Liberta' per tutti==
 
MALATESTA soleva dire che l'anarchia potrebbe sintetizzarsi nella formula
«libertà per tutti»: non una libertà semplicemente teorica o giuridica, ma
 
&lt; &lt;libertà per tutti&gt; &gt;: non una libertà semplicemente teorica o giuridica, ma
la libertà di fatto - che consiste nell'assenza di qualsiasi coercizione violenta
dell'uomo sull'uomo, e nella presenza di tutte le condizioni materiali possibili,
Line 2 807 ⟶ 2 721:
 
V'è in ciò non soltanto un ideale di realizzazione futura, ma anche una
 
norma di condotta ed un metodo di lotta, validi fin da oggi, nella stessa società
nella quale viviamo: praticare la libertà quanto più le circostanze, l'ambiente
Line 2 815 ⟶ 2 728:
 
Quest'ultimo aspetto, più contingente, dell'anarchismo - pur essendo stato
 
sempre insito nell'anarchismo stesso - viene perduto facilmente di vista da molti
anarchici, per essere più implicito che esplicito nella propaganda corrente ed abit-
Line 2 845 ⟶ 2 757:
terreno dei fatti! Il corrispondente de L'Agitazione, il periodico anarchico che
allora era redatto in Ancona da Malatesta, scrisse la notizia del fatto al giornale,
compiacendosene come di un trionfo &lt; &lt;«liberale&gt; &gt;». Ma ecco come Malatesta lo
commentò:
 
&lt; &lt;«Che i liberali facciano di questa roba, si capisce. Ormai un'esperienza
 
secolare ha mostrato all'evidenza che cosa intende per libertà la classe che ha
trionfato con la rivoluzione del 1789. Essa cominciò il suo regno massacrando i
Line 2 858 ⟶ 2 769:
anche gli anarchici - e questo ci riempie di vergogna e di sdegno.
 
&lt; &lt;«Veramente saremmo poco sinceri se affettassimo una eccessiva merav-
 
iglia. Sappiamo purtroppo che, malgrado le affermazioni scritte nei programmi, lo
spirito di violenza e di dominazione, la tendenza ad abusare della forza, la libidine
di imporre agli altri le proprie idee sono ancora vivaci nell'animo di tanti, che pur
si professano amanti della libertà completa integrale, magari &lt; &lt;«assoluta&gt; &gt;». Ma
e' tempo di reagire contro questo grosso avanzo di autoritarismo che ancora esiste
in mezzo a noi - e gridare forte sempre che non e' anarchico chi non rispetta negli
Line 2 870 ⟶ 2 780:
forza e gliene capita l'occasione.
 
&lt; &lt;«Noi non siamo teneri dei clericali, che consideriamo come i peggiori
 
nemici del popolo; ne' pigliamo sul serio i loro elogi della libertà, perche' sap-
piamo quel che hanno fatto quando erano i più forti, e quello che farebbero se
Line 2 880 ⟶ 2 789:
aguzzini?
 
&lt; &lt;«...Se il prete ha fatto tanto male, se resta sempre il grande pericolo
 
dell'avvenire, non e' già perche' ha e propaga delle credenze assurde, ma perche'
quella credenza ha imposto e vorrebbe ancora imporre con la forza; non e' già
Line 2 897 ⟶ 2 805:
altri?
 
&lt; &lt;«Anarchici, sappiate essere uomini di libertà. Alla violenza fisica op-
 
ponete, poiche' e' necessario, la resistenza fisica; ma alla propaganda opponete
la propaganda, niente altro che la propaganda. Altrimenti la gente crederà, e
Line 2 904 ⟶ 2 811:
l'anarchia resterà una parola vana, come e' restata vana la parola libertà, di cui
i borghesi, prima del trionfo, si dicevano i difensori. - Combattiamo il prete, ma
non con armi da prete&gt; &gt;». 1
 
Queste opinioni di Malatesta non avevano per lui valore soltanto per il
 
momento, ne' si riferivano solo alla lotta contro il clericalismo. Infatti, due anni
dopo, mentre durava ancora in Francia l'entusiasmo per l'agitazione ormai vitto-
Line 2 915 ⟶ 2 821:
ai propri nemici tutte le libertà e tutti i diritti, Malatesta commentava:
 
&lt; &lt;«...Non possiamo fare a meno di protestare altamente contro questa teo-
 
ria reazionaria, autoritaria, liberticida, che afferma la libertà come un principio
buono per una futura società e lo rinnega per il presente. E' in nome di questa teo-
Line 2 930 ⟶ 2 835:
nifica - e' perfino ridicolo il doverlo dire - che ammettiamo e vogliamo rispettare
la libertà di sfruttare , di opprimere, di comandare, che e' oppressione e non già
libertà&gt; &gt;». 1
 
Ne', a quattordici anni di distanza, era diverso il suo linguaggio. Basti
Line 2 936 ⟶ 2 841:
riportare quest'altro breve trafiletto:
 
&lt; &lt;«Ci sono segnalati dei casi in cui dei compagni nostri avrebbero, colla
 
violenza diretta o provocando dei disordini, impedito ad altri di dire liberamente il
Line 2 948 ⟶ 2 853:
conduce da anarchico chi quella libertà non riconosce e rispetta.
 
&lt; &lt;«L'avversario può essere nell'errore, può avere tutti i torti immaginabili,
 
la sua propaganda può esser dannosa: egli ha diritto lo stesso alla libertà più
completa. Che' altrimenti chi giudicherebbe quale e' la verità permessa e quale
Line 2 958 ⟶ 2 862:
e la prova dei fatti.
 
&lt; &lt;«D'altra parte, noi che siamo piccola minoranza fra la massa arretrata e
 
contro tutti i partiti che sfruttano ed ingannano la massa, perderemmo il diritto di
reclamare la libertà per noi se violassimo quella degli altri quando per avventura
in certi luoghi e certi momenti, ci troviamo in maggioranza&gt; &gt;».2
 
Su queste idee Malatesta ha continuato sempre ad insistere, fino all'ultimo.
 
Valga un altro ricordo, che non posso suffragare con una citazione perche'
 
non rammento in che occasione disse quel che riferisco. Mentre più infuriava
il Italia la violenza liberticida fascista, gli fu chiesto: &lt; &lt;«riconoscete dunque la
libertà anche ai fascisti?&gt; &gt;». Egli rispose &lt; &lt;«certamente, a patto che per libertà
s'intenda la libertà vera, quella medesima che reclamiamo per noi e per tutti
(di stampa, parola, riunione, associazione, ecc.) e non la sedicente libertà di
Line 2 976 ⟶ 2 878:
prepotenza e violazione di tutte le libertà. Il necessario non è mai di levare
agli altri la liberta', bensì di conquistarla ed esercitarla noi, e saperne usare per
opporre alla violenza liberticida altrui una vittoriosa resistenza liberatrice&gt; &gt;».
 
Ed a coloro che accusano gli anarchici di restar sulle nuvole col volere
«la libertà assoluta», rispondeva: «Non c'è niente di assoluto nelle nostre
 
&lt; &lt;la libertà assoluta&gt; &gt;, rispondeva: &lt; &lt;Non c'è niente di assoluto nelle nostre
concezioni, poiche' siamo profondamente convinti della relatività di tutte le cose,
almeno per quanto gli uomini possono concepirle. Noi non reclamiamo una lib-
Line 2 988 ⟶ 2 889:
per tutti, un'eguaglianza di condizioni tale che permetta a tutti di fare il proprio
volere col suo limite imposto dalle ineluttabili necessità naturali e dalla eguale
libertà degli altri&gt; &gt;».1
 
63
Line 2 994 ⟶ 2 895:
<hr>
Non sono queste certamente cose nuove, ne' dette dal solo Malatesta,
 
poiche' sono le idee di tutti gli anarchici più consapevoli e conseguenti ai loro
fini; ma non mi pare vi sia chi le abbia dette in un modo più chiaro e preciso, da
non prestarsi ad equivoci. Esse si riallacciano a quella concezione libertaria della
rivoluzione, che già Bakunin aveva magnificamente delineata intorno al 1870,
in opposizione alle concezioni autoritarie della &lt; &lt;«democrazia sociale&gt; &gt;» e della
&lt;«dittatura proletaria&gt; &gt;».
 
==Anarchismo relativista e realizzatore==
 
UNA DELLE CARATTERISTICHE del pensiero e della propaganda di
Malatesta e' stata quella di tener sempre presente quella «relatività di tutte le
 
cose» cui si appellava nell'articolo più sopra citato e per la quale egli ha sem-
Malatesta e' stata quella di tener sempre presente quella &lt; &lt;relatività di tutte le
cose&gt; &gt; cui si appellava nell'articolo più sopra citato e per la quale egli ha sem-
pre evitato di rinchiudersi in formule troppo secche ed aride, o in limiti troppo
angusti. La sua mente aborriva ad ogni irrigidimento. Per quanto ottima fosse una
Line 3 016 ⟶ 2 915:
consigliarla. Malatesta non si rendeva schiavo neppure di se stesso, pur essendo
d'una coerenza rettilinea che Mussolini, mutevole come una banderuola, credette
forse di insultare chiamandola &lt; &lt;«mostruosa&gt; &gt;» non ricordo in quale occasione.
 
Gli e' che il pensiero di lui era come liquido, nel senso che restando sempre
Line 3 115 ⟶ 3 014:
attuale.
 
Secondo Malatesta e' grave errore - attribuito agli anarchici dagli avveravversari, ma in cui cade davvero qualche anarchico poco avveduto - il ritenere «che
 
sari, ma in cui cade davvero qualche anarchico poco avveduto - il ritenere &lt; &lt;che
l'anarchia debba venire di un colpo solo, come conseguenza immediata d'una
insurrezione, la quale abbattuta violentemente tutto ciò che esiste e vi sostitu-
Line 3 127 ⟶ 3 024:
l'anarchia debbono combattere.
 
&lt; &lt;«ora e' certo che l'anarchia non può essere l'effetto di un miracolo e non
 
può avvenire in contraddizione con la legge generale, assiomatica, dell'evoluzione,
che niente avviene senza causa sufficiente, che nulla si può fare senza avere
Line 3 139 ⟶ 3 035:
sempre.
 
&lt; &lt;«...Ogni colpo portato alle istituzioni della proprietà e del governo,
 
ogni elevamento della coscienza popolare, ogni eguagliamento di condizioni, ogni
 
Line 3 150 ⟶ 3 045:
Ogni indebolimento dell'autorità, ogni aumento di libertà sarà un progresso
verso l'anarchia, sempre che e' conquistato e non mendicato, sempre che serva a
darci maggior lena nella lotta... &gt; &gt;» A patto cioè di &lt; &lt; «non confondere i progressi
veri con quelle ipocrite riforme, che col pretesto dei miglioramenti immediati ten-
dono a distrarre il popolo dalla lotta contro l'autorità e contro il capitalismo, a
paralizzare la sua azione ed a fargli sperare che qualche cosa si puo' ottenere dalla
bontà dei padroni e dei governi&gt; &gt;». A patto &lt; &lt;«sempre che ci ricordiamo bene che
la diminuzione dei mali prodotti dal governo consiste nella diminuzione delle sue
attribuzioni e della sua forza, e non già nell'aumentare il numero dei governanti
e nel farli scegliere dagli stessi governati&gt; &gt;».1
 
&lt; &lt;Si può concepire l'anarchia come la perfezione assoluta, ed e' bene
 
«Si può concepire l'anarchia come la perfezione assoluta, ed e' bene
che questa concezione resti sempre presente alla nostra mente, quale faro ideale
che guida i nostri passi&gt; &gt;». Ma, lasciando da parte la considerazione obiettiva
che la perfezione assoluta e' qualcosa cui possiamo sempre più avvicinarci senza
illuderci di poterla raggiungere mai nel senso completo delle parole, certo e' che
&lt; &lt;«tutto nella natura e nella vita procede a gradi e che l'anarchia non può venire
che poco a poco&gt; &gt;»; e quindi non e' da credere &lt; &lt;«che per fare l'anarchia bisogni
aspettare che tutti siano anarchici.
 
&lt; &lt;«Io credo al contrario - e perciò sono rivoluzionario - che nelle condizioni
 
attuali solo una piccola minoranza favorita da circostanze speciali possa arrivare
a concepire l'anarchia, e che sarebbe una chimera lo sperare nella conversione
Line 3 182 ⟶ 3 075:
di vita e per l'interesse della propaganda, bisogna cercare il modo di realizzare
quanto più di anarchia e' possibile in mezzo a gente che non e' anarchica o lo e'
in gradi diversi&gt; &gt;».1
 
Da tutto ciò Malatesta derivava una concezione, altrettanto relativista e
 
insieme realizzatrice, sia della rivoluzione sia della condotta anarchica in seno ad
essa. Partendo dal presupposto che &lt; &lt;«la rivoluzione non la possiamo fare noi
soli anarchici, ne' sarebbe desiderabile il farla da soli&gt; &gt;» e che &lt; &lt;«gli anarchici,
 
67
Line 3 195 ⟶ 3 087:
non vogliono nulla imporre salvo il rispetto della libertà, e contano per la realiz-
zazione dei loro ideali sulla persuasione e sui vantaggi sperimentati della libera co-
operazione&gt; &gt;», giungeva alla conclusione che per la rivoluzione &lt; &lt;«bisognerebbe
agire di conserva con tutte le forze progressiste esistenti, con tutti i partiti d'avanguardia;
ed attirare nel movimento e sommuovere e interessare le grandi masse, lasciando
Line 3 210 ⟶ 3 102:
di cui dispone l'umanità - facendo, questo s'intende, il più che possiamo, con
lo studio, il lavoro, la propaganda, per affrettare l'evoluzione verso ideali sempre
più alti&gt; &gt;».2
 
Anche in uno dei suoi scritti ultimi, recentissimo, Malatesta insisteva in
questo concetto che «la rivoluzione deve attuare subito ciò che si può, ma non
 
più di quello che si può»: 1 cioè non quello per la cui attuazione bisognerebbe
questo concetto che &lt; &lt;la rivoluzione deve attuare subito ciò che si può, ma non
più di quello che si può&gt; &gt;: 1 cioè non quello per la cui attuazione bisognerebbe
ricorrere al mezzo autoritario di costringere con la forza gli altri a fare quello che
vorremmo noi.
Line 3 235 ⟶ 3 126:
 
E' risaputo che prima del 1880 la generalità degli anarchici militanti erano
e si dicevano «collettivisti» come Bakunin: socializzazione della proprietà e
 
e si dicevano &lt; &lt;collettivisti&gt; &gt; come Bakunin: socializzazione della proprietà e
 
68
 
<hr>
distribuzione &lt; &lt;«a ciascuno secondo il suo lavoro&gt; &gt;» o &lt; &lt;«a ciascuno il prodotto
del suo lavoro&gt; &gt;». Il collettivimo anarchico continuò poi ad essere difeso, per
altri dieci o quindici anni, da gran parte degli anarchici spagnuoli, finche' anche
tra questi il nome ne andò in disuso, attenuanndosi a poco a poco ogni dissenso
Line 3 300 ⟶ 3 190:
bile, Malatesta non cadde mai in quella specie di dogmatismo. Pur difendendo
la concezione comunista dell'anarchia, egli preferì per gran tempo, fino a dopo
il 1900, dirsi più genericamente &lt; &lt;«Socialista-anarchico&gt; &gt;» e poi semplicemente
&lt; &lt;«anarchico&gt; &gt;», sia per considerazioni di tattica contingente, sia per non circo-
scrivere in una formula esclusivista il principio dell'anarchia.
 
Line 3 310 ⟶ 3 200:
cittadinanza dei primi in seno al partito anarchico non solo per amore di con-
cordia rivoluzionaria, ma anche perche' egli vedeva nei collettivisti dei compagni
come gli altri &lt; &lt;«dall'esperimento dei quali non v'è nulla da paventare, e che anzi
può, in certe circostanze ed in certi paesi, aiutare a superare (nella rivoluzione) le
difficoltà dei primi momenti&gt; &gt;».1 E più tardi, quando sorsero e si affermarono
le diverse tendenze individualiste ed anti-organizzatrici nell'anarchismo italiano,
Malatesta s'è sforzato, meno che in un primo periodo - pur sostenendo rigida-
mente le sue idee contrarie a quelle tendenze - di mantenere con i loro seguaci i
migliori rapporti di cooperazione rivoluzionaria, nell'opinione che con la mag-
gior parte di essi il dissenso e' più di parole che di sostanza.1 &lt; &lt;«Rientrano
nell'anarchismo tutti, e solamente, quei modi di vita che rispettano la libertà e
riconoscono in ciascuno l'eguale diritto a godere dei beni naturali e dei prodotti
della propria attività&gt; &gt;».2 &lt; &lt;«E' pacifico che l'essere qualche cosa di superiore
di cui l'individuo sia lo strumento e lo schiavo, non deve essere che l'unione di
uomini associati per il maggior bene di ciascuno. E da questo punto di vista si
Line 3 331 ⟶ 3 221:
 
<hr>
soffrire dei mali altrui, non sentirsi felici se si sa che altri sono infelici&gt; &gt;». Di qui
la necessità dello sforzo &lt; &lt;«di trovare ai problemi pratici della vita le soluzioni
che meglio rispettano la volontà e meglio soddisfano i sentimenti d'amore e di
solidarietà&gt; &gt;». E poiche' egli era convinto &lt; &lt;«fino a prova in contrario, che più
gli uomini sono affratellati e più intima e' la cooperazione dei loro sforzi a favore
di tutti gli associati, più grande e' il benessere e la libertà di cui ciascuno può
godere&gt; &gt;», Malatesta arrivava alla concezione comunista-anarchica che meglio ar-
monizza l'indipendenza individuale col benessere comune. Ma poiche' si rendeva
pur conto delle immense difficoltà per praticare, prima di un lungo periodo di
evoluzione, quel volontario comunismo universale considerato l'ideale supremo
dell'umanità, giungeva alla conclusione che, secondo lui, potrebbe esprimersi
con la formula: &lt; &lt;«Quanto più comunismo e' possibile per realizzare il più pos-
sibile d'individualismo, vale a dire il massimo di solidarietà per godere il mas-
simo di libertà&gt; &gt;».1
 
A questo punto mi par necessario ricordare che, posteriormente al 1897
 
- com'egli mi diceva in una lettera di cui ho riprodotto un passaggio incidental-
mente più addietro - la posizione mentale di Malatesta di fronte al comunismo
si modificò alquanto, non sul principio in se' ma sulle sue possibilità pratiche
in rapporto al tempo ed ai mezzi materiali per realizzarlo. &lt; &lt;«Nel 1897 (al tempo
dell'Agitazione di Ancona) il comunismo mi sembrava una soluzione più sem-
plice e più facile di quello che mi sembra ora&gt; &gt;».2 Per ciò negli scritti posteriori
troviamo più accentuato il relativismo di Malatesta sull'argomento, subordinando
egli il comunismo ancor più di prima, non solo alla volontà dei lavoratori asso-
Line 3 362 ⟶ 3 251:
comunismo.
 
&lt; &lt;«Il comunismo e' un ideale. Esso sarebbe un regime, un modo di con-
 
vivenza sociale in cui la produzione e' organizzata nell'interesse di tutti, nella
maniera che meglio utilizza il lavoro umano per dare a tutti il maggior benessere e
Line 3 369 ⟶ 3 257:
cuno la massima soddisfazione, il massimo sviluppo possibile materiale, morale
ed intellettuale. In comunismo, secondo la formula classica, ciascuno dà sec-
ondo le sue capacità e ciascuno riceve secondo i suoi bisogni&gt; &gt;».... Un tal regime
economico non potrebbe mai essere applicato autoritariamente, da un governo
qualsiasi; tutt'al più un governo non potrebbe realizzare che un falso comunismo
Line 3 377 ⟶ 3 265:
<hr>
da caserma in cui nessuno sarebbe soddisfatto e l'uguaglianza sarebbe formale,
apparente, mascherante le più esose disuguaglianze. &lt; &lt;«Non e' possibile una so-
cietà comunistica se essa non sorge spontanea dal libero accordo, se essa non e'
varia e variabile come la vogliono e la determinano le circostanze esteriori ed i
desideri, le volontà di ciascuno&gt; &gt;». Insomma il vero comunismo non e' possibile
che in anarchia. &lt; &lt;«La formula classica che abbiamo citata può sussistere solo
se s'interpreta con l'altra: ciascuno dà e prende ciò che vuole. E ciò suppone
l'abbondanza e l'amore&gt; &gt;».1 quindi una realizzazione sufficiente del comunismo
anarchico e' subordinata al raggiungimento di un determinato progresso materiale
nella produzione e morale nei rapporti umani - progresso che trova oggi un osta-
Line 3 389 ⟶ 3 277:
aprirà la strada.
 
&lt; &lt;«Io mi dico comunista - scriveva Malatesta nel 1929 - perche' il comu-
 
nismo mi pare l'ideale al quale l'umanità si accosterà a misura che crescerà
l'amore tra gli uomini e l'abbondanza della produzione li libererà dalla paura
della fame e distruggerà così l'ostacolo principale al loro affratellamento&gt; &gt;».
Ma, affermato ciò, Malatesta si chiedeva quale potrebbe essere, in attesa che
l'evoluzione maturi l'ideale, la forma pratica di organizzazione della proprietà
in seno alla rivoluzione. &lt; &lt;«Quali le forme che prenderanno la produzione e lo
scambio? Trionferà il comunismo (produzione associata e consumo libero a
tutti), o il collettivismo (produzione in comune e ripartizione dei prodotti sec-
Line 3 405 ⟶ 3 292:
tizione dei prodotti saranno sperimentati contemporaneamente, nelle stesse o in
diverse località, e s'intrecceranno e contempereranno in vario modo, fino a che
la pratica avrà insegnato quale e' la forma o quali sono le forme migliori&gt; &gt;».1
 
Nello scritto da cui ho tolto quest'ultima citazione - che e' fra i suoi più
Line 3 417 ⟶ 3 304:
in un primo periodo transitorio. E, malgrado le sue preferenze pel comunismo,
Malatesta si decide pel metodo sperimentale che lasci a ciascuna tendenza di ci-
mentarsi liberamente nei fatti, perche' &lt; &lt;«le società umane debbono essere il
 
72
Line 3 425 ⟶ 3 312:
membri che, provando e riprovando, trovano le istituzioni che in un dato momento
sono le migliori possibili, e le sviluppano e cambiano a misura che cambiano le
circostanze e le volontà&gt; &gt;».2
 
Intanto, nella rivoluzione e dopo, &lt; &lt;la necessità di non interrompere la
 
Intanto, nella rivoluzione e dopo, «la necessità di non interrompere la
produzione e l'impossibilità di sospendere il consumo delle cose indispensabili
faranno si che, man mano che si procederà all'espropriazione, si prenderanno
Line 3 439 ⟶ 3 325:
unico ed infallibile... e che si debba far trionfare altrimenti che con la persuasione
che viene dall'esperienza dei fatti. L'importante, l'indispensabile, il punto dal
quale bisogna partire e' di assicurare a tutti i mezzi per essere liberi&gt; &gt;».1
 
Come si vede, i leitmotiv di Malatesta, la bussola che lo ha guidato fino
Line 3 482 ⟶ 3 368:
per anarchismo dei fatti esclusivamente insurrezionali, Malatesta mi scriveva (30
luglio di quell'anno) una lettera in cui prendeva chiaramente posizione contro la
sedicente &lt; &lt;«dittatura del proletariato&gt; &gt;»: &lt; &lt;«Anarchia significa non governo e
quindi a maggior ragione non dittatura, che e' governo assoluto senza controllo
e senza limiti costituzionali.... Il proletariato naturalmente c'entra come c'entra
Line 3 491 ⟶ 3 377:
ma che servirà domani per imporre ai lavoratori la volontà dei dittatori, arrestare
la rivoluzione, consolidare i nuovi interessi che si vanno costituendo e difendere
contro la massa una nuova classe privilegiata&gt; &gt;».1
 
La volontà rivoluzionaria di Malatesta e' ben nota. &lt; &lt;Noi vogliamo fare la
 
La volontà rivoluzionaria di Malatesta e' ben nota. «Noi vogliamo fare la
rivoluzione al più presto possibile, profittando di tutte le occasioni possibili che si
possono presentare... Gli anarchici sono tutti d'accordo in questo desiderio&gt; &gt;».2
Ma in che consiste la rivoluzione, secondo Malatesta?
 
&lt; &lt;«La rivoluzione che vogliamo noi consiste nel togliere il potere e la ric-
 
chezza agli attuali detentori, e nel mettere la terra, gli strumenti di lavoro e tutti
i beni esistenti a disposizione dei lavoratori - cioè di tutti, perche' tutti se non
Line 3 514 ⟶ 3 398:
contro la violenza che opprime opporremmo la violenza che libera....
 
&lt; &lt;«Che se poi un popolo armato, in possesso della terra, delle fabbriche,
 
della ricchezza tutta, fosse incapace di difendersi e si lasciasse di nuovo sottomet-
tere al giogo, vorrebbe dire che quel popolo e' ancora incapace di libertà. La
Line 3 530 ⟶ 3 413:
saranno invece strumento di reazione e distruggeranno la stessa opera loro se vor-
ranno servire ad imporre un dato tipo di organizzazione sociale, il programma
speciale di un dato partito&gt; &gt;».1
 
Con tutto ciò, Malatesta non subordinava affatto la rivoluzione alla con-
 
dizione ch'essa sia anarchia e debba scaturirne a forza l'anarchia. Al contrario.
La rivoluzione, egli diceva, sarà quale potrà essere; e siccome l'anarchia non
Line 3 540 ⟶ 3 422:
queste grandi masse non e' possibile si convertano all'anarchia finche' durano le
attuali condizioni economiche e politiche, e' bensì necessaria la rivoluzione che
cambi violentemente tali condizioni, ma questa rivoluzione &lt; &lt;«non può esser fatta
per attuare direttamente ed immediatamente l'anarchia, ma piuttosto per cercare
le condizioni che rendano possibile una rapida evoluzione verso l'anarchia.... La
Line 3 547 ⟶ 3 429:
libera evoluzione. Ed alla libertà dell'evoluzione, continuamente minacciata fino
a che esisterà negli uomini sete di dominio e di privilegi, gli anarchici debbono
vegliare&gt; &gt;».1
 
L'azione anarchica, destinata a restare azione di minoranza finche' le grandi
 
masse non siano evolute e capaci di organizzare anarchicamente, ha il compito
di abbattere in seno alla rivoluzione gli organismi e istituti d'oppressione e di
Line 3 561 ⟶ 3 442:
 
All'esempio, alla propaganda coi fatti, Malatesta dava la maggiore impor-
 
tanza, e perciò egli pensava che nella rivoluzione gli anarchici debbano organiz-
zare più forme di vita libera che sarà loro possibile, profittando della libertà che
ne avranno acquistata abbattendo il potere capitalistico e statale. &lt; &lt;«Poiche' non
 
75
Line 3 576 ⟶ 3 456:
ertà di organizzare (nei limiti delle possibilità materiali che avremo) una nos-
tra vita sociale rispondente ai nostri ideali.... E questa libertà siamo disposti a
difendere, potendo, anche con le armi.&gt; &gt;».1
 
Ma per poter esplicare efficacemente questa loro funzione, non soltanto
 
distruttrice, ma anche realizzatrice, durante la rivoluzione e dopo, bisogna che gli
anarchici si preoccupino anche prima di essa, fin da oggi, di ciò che dovranno fare
Line 3 591 ⟶ 3 470:
consentito dalla realtà, sulle tendenze naturali anarchiche del popolo, così mag-
nificate da Bakunin, e sopra una abbondanza di prodotti e mezzi necessari alla
vita in caso di rivoluzione, tali da consentire la &lt; &lt;«presa nel mucchio&gt; &gt;», secondo
la concezione di Kropotkin al tempo de &lt; &lt;«La Conquista del Pane&gt; &gt;», e di Reclus
di quando furono scritti (nel 1884-87) i notissimi opuscoli di propaganda &lt; &lt;«I
prodotti della terra&gt; &gt;» e &lt; &lt;«I prodotti dell'industria&gt; &gt;».2
 
E' verissimo che nel popolo, cioè in tutti gli uomini, vi sono delle tendenze
 
anarchiche (ma occorre non confondere queste col semplice spirito di rivolta),
cioè insofferenza del giogo e desiderio di libertà, ma vi sono anche, e forti,
Line 3 603 ⟶ 3 481:
finche' sono soltanto istintive, non bastano a neutralizzare le seconde. Bisogna
dunque vincere queste ultime, e per vincerle in misura sufficiente e' necessario
&lt; &lt;«organizzare&gt; &gt;» razionalmente una società che favorisca le tendenze di libertà
e non alimenti le tendenze opposte. In quanto poi all'abbondanza dei prodotti,
essa e' completamente inesistente; e se in tempo di rivoluzione non si pensasse a
Line 3 615 ⟶ 3 493:
<hr>
Da questa correzione del primitivo ottimismo eccessivo degli anarchici,
 
Malatesta derivava la sua preoccupazione di una preparazione, prima della rivoluzione,
per affrontare le difficoltà e non trovarsi un giorno messi con le spalle al muro
dai fatti, senza aver pensato prima a ciò che praticamente si può fare per orga-
nizzare la vita sociale senza padroni e senza governi. Non si tratta d'architettare
arbitrari progetti obbligatorii, &lt; &lt;«non si tratta d'imporre niente ai nepoti. E' da
sperare che essi faranno meglio di noi: ma noi dobbiamo fare oggi quel che sap-
piamo e possiamo, per vivere noi, e per lasciare ai nepoti qualche cosa di più che
belle parole e vaporose aspirazioni....&gt; &gt;». Dobbiamo quindi &lt; &lt;«pensare a quel che
bisogna fare perche' una insurrezione non resti uno sterile atto di violenza, a cui
poi verrebbe a rispondere un altro atto di violenza reazionaria.... O alla riorganiz-
Line 3 631 ⟶ 3 508:
governo, che farà quello che han fatto sempre i governi, cioè farà pagare alla
massa gli scarsi e cattivi servigi che rende, togliendole la libertà e lasciandola
sfruttare da parassiti e privilegiati di tutte le specie&gt; &gt;».1
 
&lt; &lt;Io dico che per abolire.... le istituzioni sociali malefiche bisogna saper
 
«Io dico che per abolire.... le istituzioni sociali malefiche bisogna saper
che cosa vogliamo sostituirvi, non in un domani più o meno lontano, ma subito, il
giorno stesso della demolizione. Non si distrugge, realmente e permanentemente,
Line 3 642 ⟶ 3 518:
con altri nomi ma certo con la stessa sostanza....
 
&lt; &lt;«L'importante, l'immediatamente urgente e' l'organizzazione della vita
 
materiale, la soddisfazione cioè dei bisogni primordiali ed il lavoro che a quei
bisogni deve provvedere. Poiche' quello che non riusciremo a fare ed a far fare con
metodi nostri sarà fatto necessariamente da altri con metodi autoritarii. L'anarchia
non si realizzerà se non quando si saprà vivere senza autorità, ed in quelle pro-
porzioni in cui si riuscirà a far a meno dell'autorità&gt; &gt;».2
 
Anche su ciò che riguarda la distruzione, bisogna intendersi; e non si può
Line 3 654 ⟶ 3 529:
pretendere che gli anarchici debbano essere i soli a ricostruire.
 
&lt; &lt;«Distruggere le istituzioni, i meccanismi, le organizzazioni sociali es-
 
istenti? Certamente, se si tratta di istituzioni repressive; ma esse in fondo non sono
che piccola cosa nella complessità della vita sociale. Polizia, esercito, carcere,
Line 3 667 ⟶ 3 541:
truggere se non sostituendole con qualche cosa di meglio.
 
&lt; &lt;«Lo scambio delle materie e dei prodotti, la distribuzione delle sostanze
 
alimentari, le ferrovie, le poste, tutti i servizii pubblici eserciti dallo Stato o dai
privati, sono stati organizzati in modo da servire interessi monopolistici e capi-
Line 3 678 ⟶ 3 551:
con criteri diversi dai nostri.
 
&lt; &lt;«La vita sociale non ammette interruzioni, e la gente vuol vivere il giorno
 
della rivoluzione, il giorno dopo, e sempre. Guai a noi, guai all'avvenire delle nos-
tre idee, se noi dovessimo assumere la responsabilità di una distruzione insensata
che compromettesse la continuità della vita&gt; &gt;».1
 
Ma la condizione indispensabile perche' la vita sociale possa riorganizzarsi
 
in modo da provvedere ai bisogni di tutti i membri della società, senza dar lu-
ogo al riformarsi di altri organismi di sfruttamento e di oppressione, vale a dire
Line 3 720 ⟶ 3 591:
 
Malatesta però, come tutti gli anarchici, non aveva aspettato l'esperimento
 
bolscevico russo per comprendere una cosa oggi tanto evidente. Le idee sovra
esposte erano già tutte negli scritti di Malatesta anteriori al 1900, specialmente
Line 3 728 ⟶ 3 598:
tramuterebbe spontaneamente in semplice organo amministrativo.
 
&lt; &lt;«I governanti costituiscono essi stessi una classe, e tra loro si sviluppa una
 
solidarietà di classe ben più potente di quella che esiste nelle classi fondate sui
privilegi economici.... E' vero che oggi il Governo e' servo della borghesia, ma,
Line 3 743 ⟶ 3 612:
ricostituiranno il governo.
 
&lt; &lt;«Quando Federico EgelsEngels, forse per parare la critica anarchica, diceva che
 
sparite le classi lo Stato propriamente detto non ha più ragione di esistere e si
trasforma da governo degli uomini in amministrazione delle cose, non faceva che
Line 3 752 ⟶ 3 620:
secondo i liberi patti degli interessati, e allora e' l'anarchia; o esse sono amminis-
trate secondo la legge fatta dagli amministratori, e allora e' il governo, e' lo Stato,
e fatalmente riesce tirannico&gt; &gt;».1
 
Ricordo in proposito una lunga discussione fra compagni (era presente
Line 3 776 ⟶ 3 644:
 
Quanto al compito specifico degli anarchici come tali nella rivoluzione, nella
 
ipotesi più che probabile che dalla rivoluzione risulti uno stato di cose ancora
molto lontano dalla anarchia, Malatesta esclude ogni adesione a regimi autoritari,
Line 3 782 ⟶ 3 649:
bolscevichi della dittatura. Pur riconoscendo obiettivamente che i primi sarebbero
meno nocivi dei secondi, egli trova che gli anarchici fortunatamente hanno a loro
disposizione un altro mezzo, il proprio, che e' &lt; &lt;«l'azione diretta delle masse&gt; &gt;»:
 
&lt; &lt;Noi dobbiamo fare, ed indurre le masse a fare, senza aspettare che
 
«Noi dobbiamo fare, ed indurre le masse a fare, senza aspettare che
vengano gli ordini da un potere e da un centro qualsiasi. Prima di tutto prop-
ugnare l'armamento generale, lo armamento di tutti...&gt; &gt;» Evitare in ogni modo
&lt; &lt;«la costituzione di corpi armati al servizio del partito dominante... Il migliore
e forse il solo modo di evitare, o diminuire, l'uso delle armi e le offese alla lib-
ertà e' quello di armare tutti, e mettere ciascuno nella possibilità di difendere,
Line 3 799 ⟶ 3 665:
esistenti o che si costituirebbero per i bisogni immediati.
 
&lt; &lt;«Riunione di assemblee rionali, comunali, intercomunali, regionali, nazion-
 
ali, che prenderebbero le iniziative necessarie, le concorderebbero con le iniziative
degli altri e le attuerebbero, senza la pretesa di far la legge per tutti ed imporla con
Line 3 812 ⟶ 3 677:
armata per farla rispettare.
 
&lt; &lt;«Del resto, lasciar fare agli altri tutto ciò che noi non possiamo fare
 
meglio di loro: fortunatissimi anzi che vi sia chi se ne incarichi, se si tratta di cose
necessarie o utili, e pronti a dare quando occorra il nostro concorso volontario.
Line 3 822 ⟶ 3 686:
abbia i mezzi di obbligare altri a lavorare per lui ed a lasciarsi sfruttare.
 
&lt; &lt;«Con tutto questo faremo l'anarchia? Allo stato attuale delle forze nostre e
 
del livello morale della popolazione, probabilmente no. Probabilmente si metterà
capo ancora una volta ad una costituzione sociale infetta dall'autoritarismo e dal
Line 3 830 ⟶ 3 693:
e larghe le realizzazioni attuate prima che venga la nuova legge, e meno oppressiva
sarà la residua autorità, meno pesante il residuo di privilegio. E più larga e più
facile la via dell'avvenire&gt; &gt;».1
 
Naturalmente bisogna prendere questi suggerimenti sommari - che MalatMalatesta stesso presentava come semplice suo «contributo alla discussione», invitando i compagni a sviscerare ancor più l'argomento - non come qualche cosa
 
esta stesso presentava come semplice suo &lt; &lt;contributo alla discussione&gt; &gt;, invi-
tando i compagni a sviscerare ancor più l'argomento - non come qualche cosa
di definitivo o invariabile, ma come indicazione d'indirizzo, come bussola di di-
rezione pratica, per sapere fin da ora per quale via mettersi per camminare più
Line 3 841 ⟶ 3 701:
 
Come si vede, la concezione della rivoluzione di Malatesta entrava nel
 
pieno della condotta e della realizzazione pratica, e superava la solita e vecchia
discussione teorica sui rapporti fra &lt; &lt;«evoluzione&gt; &gt;» e &lt; &lt;«rivoluzione&gt; &gt;», cui egli
non annetteva troppa importanza. Il contrasto che tanti vedono fra le due cose,
egli lo attribuiva più che altro all'equivoco prodotto dal vario significato che si
può dare alle due parole. In sostanza i due termini sono inscindibili, potendosi
dire che la rivoluzione e' una fase dell'evoluzione, e questa e' la preparazione e
la continuazione di quella. In fondo &lt; &lt;«la rivoluzione e' l'evoluzione stessa, che
convertendosi da incosciente in cosciente irrompe con tutti gli impedimenti, con-
tro tutti gli ostacoli che le si oppongono ed entra ad un tratto nello sviluppo libero
e spontaneo della società&gt; &gt;».1 L'evoluzione, se si prende in senso generico e si
afferma con tale parola un fatto generale della natura e della storia, la si può dis-
cutere sul terreno delle scienze naturali, ma non e' messa in dubbio da nessuno nel
Line 3 859 ⟶ 3 718:
 
<hr>
essere sempre e a forza un progresso, che &lt; &lt;«debba fatalmente metter capo alla
libertà piuttosto che alla divisione della società in dominatori e dominati&gt; &gt;»,2
poiche' di fatto, come si e' detto già, &lt; &lt;«l'evoluzione umana cammina nel senso
in cui la sospinge la volontà degli uomini&gt; &gt;»; e quando prevale la volontà di
uomini autoritari, non e' la libertà che trionfa. Si ha regresso e non progresso.
 
&lt; &lt;«E' certamente vero che la società e' in continua, lenta evoluzione; ma
 
evoluzione in fondo non e' che cambiamento, e se alcuni cambiamenti sono in
quella che per noi e' la buona via, favoriscono cioè l'elevazione dell'uomo verso
un ideale superiore di fratellanza e di libertà, altri invece rinforzano le istituzioni
vigenti o respingono indietro ed annullano i progressi già realizzati&gt; &gt;».1 Si noti
come quest'ultimo fenomeno, che Malatesta segnalava come probabile nel 1920,
in un momento di grandi speranze rivoluzionarie, si e' avverato in Italia e mi-
Line 3 876 ⟶ 3 734:
sviluppo. La rivoluzione e' quindi una necessità perche' l'evoluzione significhi
progresso; e la rivoluzione e' sempre un progresso, anche se raggiunge pochi dei
risultati che i rivoluzionari si propongono, perche' &lt; &lt;«dopo una rivoluzione le cose
non ritornano mai esattamente come prima&gt; &gt;» ed un qualche progresso generale,
per quanto relativo, ne resta sempre acquisito.
 
Coloro che prendono &lt; &lt;«la parola evoluzione nel senso di cambiamento
 
lento, graduale, regolato da leggi fisse nel tempo e nello spazio, che esclude ogni
salto, ogni catastrofe, ogni possibilità di essere affrettato o ritardato e sopratutto
di essere violentato e diretto dalla volontà umana in un senso o nell'altro&gt; &gt;», sono
di fatto degli antirivoluzionari che danno all'evoluzione cotesto significato &lt; &lt;«per
giustificare teoricamente i loro precedenti propositi&gt; &gt;», per &lt; &lt;«contrapporlo alla
parola ed alla idea di rivoluzione&gt; &gt;».2 Malatesta, che aveva fiducia nell'intervento
della volontà umana, non solo sapeva che nella storia come nella natura vi sono
pure salti e catastrofi - e quindi anche rivoluzioni - ma la rivoluzione stessa con-
Line 3 895 ⟶ 3 752:
 
Egli però, per essere più chiaro, per evitare le confusioni generate dalle
diverse interpretazioni delle parole - e sopratutto per «distinguere bene tra col-
 
diverse interpretazioni delle parole - e sopratutto per &lt; &lt;distinguere bene tra col-
oro che la rivoluzione la vogliono fare oggi, domani, il più presto possibile in-
somma... e quelli che, predicando che la rivoluzione la dovran fare i nostri figli
o i nostri nipoti, inducono la gente a non pensarvi e quindi a trovarsi impreparati
quando capitano le occasioni&gt; &gt;» - invece di contrapporre teoricamente rivoluzione
ad evoluzione, come si era fatto da altri, preferiva porre la questione in modo più
pratico e parlare di &lt; &lt;«evoluzione e insurrezione&gt; &gt;».1
 
82
Line 3 910 ⟶ 3 766:
 
LA RIVOLUZIONE e' stata la preoccupazione costante e l'ardente deside-
 
rio di Malatesta per tutta la sua vita. In ogni modo ed in ogni manifestazione
del suo pensiero l'idea della rivoluzione fu sempre presente, dichiarata o chiara-
Line 3 918 ⟶ 3 773:
costituiti dalle vigenti istituzioni statali e capitalistiche. Ma quando egli faceva
propaganda rivoluzionaria, insisteva sopratutto sul significato storico e popolare
insieme della parola &lt; &lt;«rivoluzione&gt; &gt;», sul significato cioè di un fatto preciso (o
serie di fatti) che rompa l'equilibrio attuale e spezzi l'involucro giuridico, politico
ed economico che comprime nelle sue strettoie l'evoluzione sociale, del quale
fatto storico e' condizione sine qua non la &lt; &lt;«insurrezione&gt; &gt;».
 
Naturalmente egli non respingeva affatto la rivoluzione nel suo senso più
 
ampio e profondo di rinnovazione e riforma continua, che integra il concetto di
evoluzione e si confonde con esso fino a farne una cosa sola, e nel senso di cambi-
Line 3 930 ⟶ 3 784:
nell'ideale stesso dell'anarchia da non aver bisogno di alcuna dimostrazione. Ma
questo solo per lui non era sufficiente, pur essendo il presupposto indispensabile di
ogni idea rivoluzionaria. &lt; &lt;«In quel senso però, tutti possono dirsi rivoluzionari,
solo che usino la prudenza di rimandare a tempi lontanissimi (a tempi maturi,
come dicono) l'attuazione dei cambiamenti auspicati. Ma perche' la rivoluzione
sia realmente tale, per gli uomini che vogliono realizzarla col proprio concorso
attivo e cosciente, e' indispensabile che essa sia intesa anche - ed in questo senso
soltanto acquista nel campo pratico la sua importanza - &lt; &lt;«nel senso di cambi-
amento violento, fatto per forza contro le forze conservatrici, ed allora implica
lotta materiale, insurrezione armata, con il corteggio di barricate, bande armate,
sequestro dei beni della classe contro cui si combatte, sabotaggio dei mezzi di co-
municazione, ecc.&gt; &gt;».1 Insomma: abbattimento per mezzo dell'insurrezione degli
istituti governativi e proprietaristi delle caste e classi privilegiate.
 
L'insurrezione e' il fatto necessario e imprescindibile di ogni rivoluzione,
 
il fatto concreto attraverso il quale questa diventa una realtà per tutti. Di qui
l'avversione di Malatesta per tutte le teorie e i metodi tendenti, direttamente o in-
direttamente, a screditarla, a stornare da essa l'attenzione delle masse e l'attività
dei rivoluzionari, a sostituirla con mezzi apparentemente più comodi e pacifici.
Così egli insorse contro il marxismo &lt; &lt;«che ha cullato i malcontenti ed i ribelli
coll'idea che il sistema capitalista portava con se' i germi di morte e menava fa-
 
Line 3 954 ⟶ 3 807:
 
<hr>
talmente alla trasformazione sociale&gt; &gt;»; contro l'educazionismo che sosteneva
che &lt; &lt;«a forza di propagar l'istruzione, di predicare il libero pensiero, la scienza
positiva, ecc. si possa rendere incapace di reggersi il regime che mira a distrug-
gere&gt; &gt;»; contro il sindacalismo &lt; &lt;«il quale pretende che l'organizzazione operaia
conduca per virtù propria, automaticamente, alla distruzione del salariato e dello
Stato&gt; &gt;».2
 
Certamente egli non negava affatto l'utilità del mostrare le contraddizioni
 
e illogicità insite nel sistema capitalistico, ne' quella dell'educare fin da ora più
che e' possibile le masse, ne' dell'organizzare i proletari sul terreno di classe.
Line 3 975 ⟶ 3 827:
 
Vi sono quelli che, pur dicendosi rivoluzionari a parole, respingono sempre
ogni idea d'insurrezione nel momento in cui parlano perche' «i tempi non sono
 
maturi». Ma v'è un criterio sicuro per giudicare della maturità dei tempi? E i
ogni idea d'insurrezione nel momento in cui parlano perche' &lt; &lt;i tempi non sono
maturi&gt; &gt;. Ma v'è un criterio sicuro per giudicare della maturità dei tempi? E i
tentativi insurrezionali non possono anch'essi giovare alla maturazione dei tempi,
ed essere il modo migliore per accertarsi se essa vi sia? D'altra parte &lt; &lt;«i giudizi
sulla situazione politico-sociale di un dato momento sono la cosa più incerta
di questo mondo, poiche', malgrado tutte le pretese di essere obiettivi ed anche
tutti gli sforzi per riuscire ad esserlo, essi riflettono sempre lo stato d'animo di
chi li emette. Il desiderio, dice un proverbio inglese, e' padre del pensiero&gt; &gt;»....
Se &lt; &lt;«le condizioni in cui si trovano le masse impediscono che l'educazione e
la propaganda possano penetrarle e trasformarle profondamente prima che esse
condizioni siano cambiate per mezzo di una rivoluzione.... e' necessaria una in-
Line 3 992 ⟶ 3 843:
trascinare le masse all'assalto dell'ordine esistente.
 
&lt; &lt;«Se il momento presente non e' favorevole, ebbene, lavoriamo per renrenderlo favorevole. Cerchiamo le cause - deficienze nostre o fatti indipendenti da noi
 
derlo favorevole. Cerchiamo le cause - deficienze nostre o fatti indipendenti da noi
- che rendono difficile l'insurrezione, e lavoriamo per correggerle o distruggerle.
Cerchiamo i mezzi per acquistare la forza ad agire e per predisporre le masse
Line 4 006 ⟶ 3 855:
l'insurrezione possibile domani; altri possono crederla più difficile e più lon-
tana: l'importante e' che tutti lavoriamo a facilitarla ed avvicinarla il più che sia
possibile&gt; &gt;».1
 
Sia essa possibile oggi, domani o poi, certo e' &lt; &lt;che l'insurrezione e'
 
Sia essa possibile oggi, domani o poi, certo e' «che l'insurrezione e'
necessaria e non può essere sostituita dall'evoluzione; che bisogna infondere
nell'animo di quanta più gente e' possibile la coscienza della sua necessità e
della sua possibilità, e raccomandare ai nostri compagni di tenersi pronti per tutte
le evenienze&gt; &gt;».2
 
A tal uopo bisogna tener presente &lt; &lt;che il nostro nemico immediato, il
 
A tal uopo bisogna tener presente «che il nostro nemico immediato, il
nemico a cui dobbiamo dare il nostro primo assalto, e' lo Stato, il governo. Noi
consideriamo la lotta contro lo Stato di una importanza pratica superiore alla stessa
Line 4 024 ⟶ 3 871:
lo Stato a difesa di esso privilegio; ma perche' crediamo che se il governo fosse
disfatto, basterebbero le forze attuali del proletariato cosciente a regolare i conti
con i padroni&gt; &gt;».3
 
&lt; &lt;Fortunatamente, l'esame della vita sociale e tutta quanta l'esperienza
 
«Fortunatamente, l'esame della vita sociale e tutta quanta l'esperienza
storica mostrano che tutte le rivoluzioni, tutti i progressi, sono sempre stati l'opera
di minoranze coscienti ed attive, spesso piccolissime di numero, e che le masse
Line 4 035 ⟶ 3 881:
care con la propaganda e coll'organizzazione di diventare quanto più e' possibile
numerose e forti), spetta, dico, alle minoranze coscienti di tenersi pronte per prof-
ittare del momento in cui l'onda popolare si volge favorevole ai loro scopi&gt; &gt;».1
 
Sarebbe quindi grave errore il rimandare l'insurrezione &lt; &lt;«a quando le masse
siano preparate». Senza rinunciare a predisporre con la propaganda e l'esempio
 
siano preparate&gt; &gt;. Senza rinunciare a predisporre con la propaganda e l'esempio
le grandi masse in nostro favore, cosa sempre utile e necessaria, bisogna ricordare
che la loro educazione su di una scala sufficientemente larga sarà più una con-
Line 4 062 ⟶ 3 907:
 
Come s'è già detto, Malatesta non subordinava la partecipazione degli
 
anarchici nella rivoluzione alla possibilità o meno del suo svolgersi in senso an-
archico. Respingeva recisamente la formula di alcuni anarchici &lt; &lt;«la rivoluzione
sarà anarchica o non sarà&gt; &gt;», se questa dovesse significare indifferenza per una
rivoluzione solo perche' se ne prevedano risultati non anarchici. Il dovere degli
anarchici e' sempre d'essere in mezzo al popolo in rivolta, anche se le aspirazioni
Line 4 073 ⟶ 3 917:
essere.
 
Che' poi, soleva dire Malatesta , &lt; &lt;«da cosa nasce cosa&gt; &gt;». La nostra asten-
sione sarebbe cecità imperdonabile, un «suicidio morale». Prima di tutto
 
sione sarebbe cecità imperdonabile, un &lt; &lt;suicidio morale&gt; &gt;. Prima di tutto
l'insurrezione senza il concorso delle nostre forze avrebbe meno probabilità di
vincere e quindi per causa nostra trionferebbe la reazione governativa, che pre-
cluderebbe poi la via alla nostra stessa propaganda ed a qualsiasi progresso. &lt; &lt;«Di
più, facendosi il movimento senza il nostro concorso, noi non potremmo cavar
nulla dalle occasioni che si presentano sempre nel periodo di transizione tra un
Line 4 084 ⟶ 3 927:
per lunghi anni fare alcuna cosa d'importanza.... Invece, pigliando parte all'insurrezione,
e pigliandovi la parte più grande possibile, noi avremo la simpatia del popolo in-
sorto, e potremo spingere le cose più avanti che si può&gt; &gt;».
 
Non dovremmo disinteressarci dell'insurrezione neppure se vi partecipano
frazioni della borghesia o da esse ne sia stata presa l'iniziativa, «perche' in un
 
frazioni della borghesia o da esse ne sia stata presa l'iniziativa, &lt; &lt;perche' in un
movimento insurrezionale la forza, per lo meno materiale, e' sempre il popolo
che la dà, e se noi non siamo nel movimento, dividendo coi combattenti i peri-
Line 4 097 ⟶ 3 939:
 
<hr>
dominarlo&gt; &gt;».1
 
Malatesta era altresì favorevole a stabilire determinate intese con elementi
 
d'azione di vari partiti od idee avanzati per preparare l'insurrezione. Tutti ricor-
dano come egli nel 1919-20 fosse propugnatore di un &lt; &lt;«fronte unico&gt; &gt;» rivoluzionario
in tal senso. Lo era poi in modo speciale per quei paesi, come l'Italia, dove i
regimi politici più reazionarie tirannici rendono più forte e diffuso il bisogno di
conquistare almeno i diritti più elementari della vita civile. Più volte in Italia
- nel 1891, 1898-99, 1914, per non risalire più indietro - partecipò a tentativi
del genere o se ne fece iniziatore. Nel 1899 pubblicò a Londra un &lt; &lt;«Appello a
tutti gli uomini di progresso contro la monarchia&gt; &gt;» in cui proponeva un progetto
di accordo ed un piano generale di azione rivoluzionaria. Vale la pena citarne
qualche brano:
 
&lt; &lt;«Si tratta di opporre la forza alla forza: e l'insurrezione popolare si pre-
 
senta di nuovo come mezzo necessario per abbattere la tirannia. Ma non basta in-
sorgere: bisogna vincere&gt; &gt;». Occorre quindi un accordo, &lt; &lt;«unirsi per sbarazzarsi
della monarchia che impedisce qualsiasi progresso, qualsiasi miglioramento...
Resti ciascuno quello che e' e faccia pure la propaganda con le proprie idee e
Line 4 135 ⟶ 3 975:
Se no, la caduta della Monarchia significherà comunque la soppressione del peg-
giore dei nemici - e la lotta ricomincerà, ma in condizioni più umane e più
civili&gt; &gt;».1
 
Tutti questi propositi e queste ragioni consiglianti l'intesa insurrezionale fra
 
rivoluzionari dei vari partiti non volevano però agli occhi di Malatesta il pericolo
che gli anarchici siano portati ad abdicare ai propri principi per confondersi con
Line 4 147 ⟶ 3 986:
gli altri. In altro scritto dello stesso anno, (1899), che può considerarsi come
un complemento del precedente (già citato poco prima di questo), egli spiegava:
&lt; &lt;«... Altri compagni vorrebbero che noi lasciassimo da parte per il momento
la propaganda anarchica e ci occupassimo solo della lotta contro la monarchia,
per poi ad insurrezione vinta ricominciare il nostro lavoro speciale di anarchici.
Line 4 162 ⟶ 4 001:
nell'azione militare. Così solo possiamo avere, nei prossimi avvenimenti, tutti i
vantaggi di un'alleanza cogli altri partiti antimonarchici senza rinunziare a nes-
suna parte del nostro programma&gt; &gt;».1
 
Quando alle forme d'azione nell'insurrezione egli diceva: &lt; &lt;bisogna colpire
 
Quando alle forme d'azione nell'insurrezione egli diceva: «bisogna colpire
di consenso, con forza e decisione. Bisogna che, prima che le autorità siano rin-
venute dalla sorpresa, il popolo, o per parlare più propriamente, i gruppi prece-
Line 4 178 ⟶ 4 016:
attirare le truppe in luoghi diversi da quelli in cui s'intende agire; bisogna ai fu-
cili a tiro rapido ed ai cannoni opporre bombe, mine, incendii; bisogna insomma
ai mezzi di guerra dei nemici opporre mezzi adeguati&gt; &gt;»... All'organizzazione
preventiva spetta il compito di accordarsi per mettere in pratica questi propositi,
procurarsi le armi, studiare &lt; &lt;«il modo per impossessarsene per forza e di sorpresa,
distribuirsi le parti per erigere le barricate, applicare il fuoco dove occorre&gt; &gt;», dis-
porre, &lt; &lt;«previo accordo dei gruppi d'azione in comunicazione fra loro, la simul-
taneità dell'insurrezione nei vari punti, o almeno un espandersi del movimento
 
Line 4 189 ⟶ 4 027:
<hr>
tanto rapido da impedire al governo di concentrare le truppe e soffocare uno ad
uno i vari centri d'insurrezione&gt; &gt;»; e così via.1
 
Si comprende bene che tutti questi erano consigli riassuntivi, appena ac-
 
cennati, che l'iniziativa rivoluzionaria dovrà sviluppare a momento opportuno,
modificare nell'applicazione pratica, ampliare, ecc. a seconda dei luoghi, delle
Line 4 209 ⟶ 4 046:
 
L'IDEA DELLA RIVOLUZIONE in Malatesta non si scompagnava mai
 
dall'idea umana dell'anarchia; per ciò egli non si lasciò mai trasportare dalla
foga rivoluzionaria a dimenticare lo scopo umano della Rivoluzione. Egli ha sem-
Line 4 216 ⟶ 4 052:
con la violenza.
 
&lt; &lt;«... Invece e' risaputo che l'anarchia e' la negazione della violenza ... la
 
negazione della forza fisica impiegata dall'uomo sull'uomo, come fattore d'ordine
e di evoluzione sociale... E negli scritti e negli atti di qualche anarchico, esso
Line 4 224 ⟶ 4 059:
resistere... Molto spesso contro la violenza non vi e' altro modo di difendersi che
con la violenza; ma anche allora il violento non e' chi si difende, ma chi costringe
altri a doversi difendere&gt; &gt;».1
 
L'oppressione statale e lo sfruttamento capitalistico sono le forme tipiche
 
di violenza a danno dei sudditi, dei salariati e dei diseredati in generale; questi
ultimi per ciò si trovano, di fronte a quelli nella posizione di violentati, e quando
si ribellano, individualmente o collettivamente, non fanno che esercitare il loro
diritto di legittima difesa. Atti e fatti di legittima difesa sono dunque la rivolta,
l'insurrezione, la rivoluzione. Poiche' i privilegiati sostengono &lt; &lt;«con la forza
un ordine di cose che produce il martirio, l'abbruttimento e la morte per stenti a
 
Line 4 239 ⟶ 4 073:
<hr>
milioni di creature umane, noi siamo nella necessità; siamo nel dovere di opporre
la forza alla forza&gt; &gt;».1
 
Sull'uso della forza, della violenza rivoluzionaria, Malatesta aveva scritto
 
parecchio, fin dal 1892, al tempo degli attentati anarchici in Francia così clam-
orosi in quegli anni e precisamente al tempo di Ravachol. Sui fatti d'allora lo
Line 4 252 ⟶ 4 085:
lungo illustrato la necessità in cui si trovano i rivoluzionari di opporre alla vio-
lenza che opprime, la violenza che libera, avvertiva che per gli anarchici, o almeno
per quegli anarchici che la pensavano come lui, &lt; &lt;«ogni atto di propaganda e di
realizzazione, con la parola e coi fatti, individuale o collettivo, e' buono quando
serve ad avvicinare e facilitare la rivoluzione, quando assicura ad essa il concorso
Line 4 259 ⟶ 4 092:
desideriamo...
 
&lt; &lt;«Conosciamo abbastanza le condizioni strazianti, materiali e morali in cui
 
si trova il proletariato, per spiegarci gli atti di odio, vendetta ed anche ferocia che
potranno prodursi... Può accadere che nella febbre della battaglia, nature origi-
Line 4 276 ⟶ 4 108:
nostro ideale potrà realizzarsi.
 
&lt; &lt;«La rivoluzione brutale avverrà certamente e potrà servire, anzi, a dare
 
il colpo di spalla, l'ultima spinta che dovrà atterrare il sistema attuale; ma se
essa non troverà il contrappeso nei rivoluzionari che agiscono per un ideale, una
Line 4 289 ⟶ 4 120:
anarchica, come si chiamano liberali i governanti di oggi, ma che non sarebbe
meno per questo una oppressione e non mancherebbe di produrre gli effetti che
produce ogni oppressione&gt; &gt;».1
 
Cinque anni dopo, ad un compagno sconosciuto che gli chiedeva la sua
 
opinione più specialmente a proposito degli attentati ed atti di rivolta individuali,
rispondeva: &lt; &lt;«Un atto non e' ne buono o cattivo per la sola ragione che e' stato
commesso da uno, da pochi, o da molti individui. Degli individui isolati possono
commettere, ed hanno infatti commesso atti sublimi di eroismo e di abnegazione,
Line 4 302 ⟶ 4 132:
i loro pregiudizi o hanno semplicemente avuto il torto di farsi vincere.
 
&lt; &lt;«Ciò che fa giudicare un atto più o meno buono e' il suo maggiore
 
o minore approssimarsi a quelle regole di condotta che sono l'ideale di colui che
giudica. Così per noi e' buono ogni atto che s'ispira ai setimenti di amore, di gius-
tizia, di solidarietà umana, e tende alla realizzazione della società armonica che
vagheggiamo; come e' cattivo ogni atto che e' ispirato dall'odio, dalla vendetta,
dalla rivalità e tende a perpetuare lo stato di lotta che oggi strazia l'umanità&gt; &gt;».
Per ciò &lt; &lt;«non basta che un atto sia commesso da uno che si dice anarchico, e
rivendicato in nome dell'anarchia, perche' si debba approvarlo&gt; &gt;»... Per esempio,
&lt; &lt;«non fa opera buona e utile colui che, oppresso, invece di ribellarsi contro gli
oppressori e coi mezzi che meglio servono a distruggere l'oppressione, colpisce
alla cieca, senza guardare a rei o innocenti e senza curarsi se l'atto commesso
avvicina o allontana il trionfo della causa...
 
&lt; &lt;«Vi sono degli atti buoni ed utili, come ve ne sono dei cattivi e dannosi,
 
tanto fra gli atti individuali, quanto fra i collettivi. Ma generalmente parlando, noi
che vogliamo l'emancipazione integrale di tutti gli esseri umani e non abbiamo
nessuno scopo di dominazione, dobbiamo mirare sempre e per quanto e' possibile
all'azione collettiva, nella quale le masse si abituano a lottare direttamente...&gt; &gt;».1
 
Bisogna avvertire a questo punto che gli scritti sopra citati risalgono a
Line 4 342 ⟶ 4 170:
 
Più tardi ancora, in una polemica a proposito dei fatti della banda Bonnot
 
di Parigi, nel 1913, Malatesta reagiva contro la tendenza che hanno molti anar-
chici &lt; &lt;«a trasformare i fatti, idealizzarli, e finire col credere ch'essi sono quali si
desidera che fossero&gt; &gt;», contro &lt; &lt;«la tendenza a scambiare per ribellione libera-
trice degli atti di violenza che sono in realtà forma di oppressione, non sanzionata
dalla legge solo perche' i loro autori non sono abbastanza forti per poter fare la
legge...
 
&lt; &lt;«I miei critici inneggiano alla ribellione ed alla violenza. D'accordo...
 
ma con criterio. Non bisognerebbe che il fatto che la ribellione contro le leggi
e' condizione prima dell'emancipazione e che la violenza e' necessaria per dis-
Line 4 363 ⟶ 4 189:
e' necessaria in una società fondata sulla violenza. Ma se non v'è un'idea su-
periore di solidarietà umana, la ribellione resta sterile, la violenza e' origine di
oppressione&gt; &gt;».1
 
Malatesta vedeva una degenerazione dello spirito rivoluzionario (derivata
 
dalla corruzione borghese che s'infiltra anche fra i nemici della borghesia) nelle
forme di ribellione e di violenza determinate da scopi d'interesse personale, non
solo dalla fame, il che sarebbe giustificabilissimo - &lt; &lt;«la necessità di rubare può
in certe circostanze non solo costituire un diritto, ma anche un dovere&gt; &gt;» - ma
sopratutto dalla voglia di vivere senza lavorare e godersi la vita a spese degli altri:
&lt; &lt;«Vi sono stati dei circoli che si dicevano anarchici, i quali affermavano che
l'individuo non deve curarsi che di se stesso e sfruttare gli altri più che può&gt; &gt;».
Si riferiva con ciò alla pratica del furto, della &lt; &lt;«reprise individuelle&gt; &gt;» come
si diceva in Francia nei suddetti circoli, teorizzandola. Egli combatteva questa
 
Line 4 380 ⟶ 4 205:
 
<hr>
&lt; &lt;«corrente d'idee, considerata a torto come anarchia, che serve a dare apparenza
di ragione a coloro che qualificano anarchici dei fatti che sono in contrasto colle
idee anarchiche, e ripugnano ai sentimenti degli anarchici&gt; &gt;».2
 
In altra occasione, Malatesta aveva detto già sullo stesso argomento.
 
&lt; &lt;«Partigiani dell'espropriazione fatta dal popolo a profitto di tutti, non possiamo
come anarchici, aver nulla di comune con una operazione in cui non si tratta che
di far passare la ricchezza dalle mani di un proprietario in quelle di un altro... Le
Line 4 398 ⟶ 4 223:
ventano ladri, come ve ne sono che diventano commercianti o industriali; ma in
tal caso gli uni e gli altri agiscono non a causa delle loro idee anarchiche, ma
malgrado queste idee&gt; &gt;».1
 
Quando poi questi ladri, come ve ne sono stati talvolta, pur dicendosi anar-
chici, e atteggiandosi a superuomini, «non s'imbarazzano di scrupoli, vogliono
 
chici, e atteggiandosi a superuomini, &lt; &lt;non s'imbarazzano di scrupoli, vogliono
vivere la loro vita, irridono alla rivoluzione e ad ogni aspirazione avvenieristica,
vogliono godere oggi a qualunque costo e a costo di chiunque siasi&gt;--(XXX &gt;lost punctuation?) allora essi
sono dei ribelli, ma non sono anarchici; essi hanno la mentalità, i sentimenti
dei borghesi mancati... Noi possiamo qualche volta, nelle vicende della lotta,
trovarceli a lato; ma non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo confonderci con
loro&gt; &gt;».2
 
Pur giungendo lo stesso a conclusioni praticamente negative, diverso era
 
il giudizio morale di Malatesta sul furto a scopo rivoluzionario e di propaganda.
&lt; &lt;«Affermo recisamente che l'espropriazione, il furto, per chiamare le cose col
loro nome, a scopo rivoluzionario e' un atto di guerra cui nulla si può opporre dal
punto di vista dell'opportunità e della tattica&gt; &gt;».3
 
&lt; &lt;Teoricamente non pare che vi possa esser dubbio sul diritto di adop-
 
«Teoricamente non pare che vi possa esser dubbio sul diritto di adop-
erare, in una guerra giusta, tutti i mezzi atti a facilitare ed assicurare la vittoria
senza ledere il sentimento di umanità. Ma bisogna poi vedere se un mezzo e' poi
realmente utile, se ciò che e' moralmente permesso e' praticamente consigliabile.
 
&lt; &lt;«Il metodo (il furto per la propaganda) e' stato in varii paesi ed in varie
 
epoche predicato e praticato da speciali gruppi anarchici; ma ha dato sempre frutti
disastrosi. Il denaro corrompe, e corrompe pure la necessità di nascondere il
Line 4 441 ⟶ 4 262:
propaganda, i principii e si diventa un ladro volgare...
 
&lt; &lt;«I migliori, quelli che riescono a salvarsi dalla peggiore decadenza morale,
 
son quelli che si lascian cogliere all'inizio della carriera e vanno in galera prima di
essersi completamente corrotti. Vi possono essere delle eccezioni individuali: io
Line 4 452 ⟶ 4 272:
all'opera comune, anziche', per la speranza quasi sempre illusoria della grossa
somma, correre il rischio di veder corrompersi e sparire alcuni tra i compagni più
energici e più intraprendenti&gt; &gt;».1
 
Per tornare alla violenza propriamente detta, Malatesta era avverso anche al
terrore esercitato durante la rivoluzione dal popolo o in nome del popolo. «Vano,
 
terrore esercitato durante la rivoluzione dal popolo o in nome del popolo. &lt; &lt;Vano,
e peggio che vano, micidiale, il cosiddetto terrore rivoluzionario. Certo e' tanto
grande l'odio, il giusto odio, che gli oppressi covano nell'animo loro, sono tante le
Line 4 470 ⟶ 4 289:
istinti e soddisfare sordidi interessi.
 
&lt; &lt;«E questo se si tratta del terrore popolare esercitato direttamente dalle
 
masse contro i loro oppressori diretti. Che' se poi il terrore dovesse essere orga-
nizzato da un centro, fatto per ordine di governo, per mezzo della polizia e dei
Line 4 486 ⟶ 4 304:
rispettando la libertà di tutti e levando a chiunque non solo il diritto, ma la pos-
sibilità di sfruttare il lavoro altrui... Mettendo tutti, tutti gli uomini validi, nella
impossibilità di vivere senza lavorare&gt; &gt;».1
 
&lt; &lt;L'odio ed il desiderio di vendetta sono sentimenti irrefrenabili che
 
«L'odio ed il desiderio di vendetta sono sentimenti irrefrenabili che
l'oppressione naturalmente risveglia ed alimenta; ma se essi possono rappresentare
una forza utile a scuotere il giogo, sono poi una forza negativa quando si tratta di
Line 4 499 ⟶ 4 316:
occorresse metterle un freno che si tradurrebbe in una nuova tirannia - ma ricor-
diamoci sempre che noi anarchici non possiamo essere ne' dei vendicatori, ne' dei
&lt; &lt;«giustizieri&gt; &gt;». Noi vogliamo essere dei liberatori e dobbiamo agire come tali
per mezzo della predicazione e dell'esempio&gt; &gt;». La fiducia nel terrore &lt; &lt;«e' un
pregiudizio corrente in certi ambienti rivoluzionari, che ha origine dalla retorica
e dalle falsificazioni storiche degli apologisti della Grande Rivoluzione francese e
che e' stato rinvigorito in questi ultimi anni dalla propaganda dei bolscevichi. Ma
la verità e' proprio l'opposto: il terrore e' sempre stato strumento di tirannia&gt; &gt;»...
&lt; &lt;«Coloro che credono nella ferocia hanno la stessa mentalità arretrata dei giuristi
i quali credono che si possa evitare il delitto e moralizzare il mondo per mezzo di
pene severe. Il terrore, come la guerra, risveglia i sentimenti atavici belluini ancora
Line 4 511 ⟶ 4 328:
della popolazione. E piuttosto che servire a difendere la rivoluzione serve a dis-
creditarla, a renderla odiosa alle masse e, dopo un periodo di lotte feroci, mette
capo necessariamente a quello che oggi chiamerebbero &lt; &lt;«normalizzazione&gt; &gt;»,
cioè alla legalizzazione e perpetuazione della tirannia. Vinca una parte o l'altra,
si arriva sempre alla costituzione di un governo forte, il quale assicura agli uni la
pace a spese della libertà e agli altri il dominio senza troppi pericoli&gt; &gt;».1
 
==La morale anarchica==
 
E' EVIDENTE NELLA LORO stessa enunciazione, che tutte queste idee,
 
costituenti in certo modo la concezione della pratica anarchica nella lotta e nella
 
Line 4 527 ⟶ 4 343:
rivoluzione, hanno in Malatesta un substrato morale, come del resto tutto quanto
il suo modo di pensare e di agire. Egli non s'è curato mai di formulare una
&lt; &lt;«morale anarchica&gt; &gt;», ma questa e' implicita in tutta la sua attività intellet-
tuale e pratica. Le sue idee in proposito ha avuto più volte occasione di esporle
più o meno incidentalmente, sopratutto quando si e' trovato a polemizzare con
qualche anarchico che si atteggiava a negatore della morale (&lt; &lt;«amoralista&gt; &gt;»).
Egli ne combatteva le affermazioni paradossali con molta energia, pur rilevando
che spesso certi paradossi hanno intenzioni prevalentemente letterarie e nascon-
Line 4 536 ⟶ 4 352:
 
Malatesta era d'accordo con la maggior parte dei suoi compagni pei quali
«la negazione della morale e' un semplice modo di dire per significare che, dal
 
&lt; &lt;la negazione della morale e' un semplice modo di dire per significare che, dal
punto di vista teorico (gli anarchici), non ammettono una morale assoluta, eterna,
immutabile, e che nella pratica, si ribellano contro la morale borghese...&gt; &gt;». Ma
reagiva contro coloro che &lt; &lt;«prendono la figura retorica per l'espressione esatta
della verità&gt; &gt;»; e ad essi rammenta che &lt; &lt;«nella morale corrente, oltre le regole
inculcate dai preti e dai padroni... si trovano pure... anche quelle regole che sono
la conseguenza e la condizione di ogni coesistenza sociale... Il ribellarsi contro
Line 4 547 ⟶ 4 362:
morale e ad ogni sentimento di obbligazione verso gli altri... Per combattere ra-
gionevolmente una morale, bisogna opporle, in teoria ed in pratica, una morale
superiore&gt; &gt;». Senza di che alcuni possono, &lt; &lt;«per poco che il temperamento e
le circostanze aiutino, finire col divenire immorali nel senso assoluto della parola,
cioè, uomini senza regola di condotta, senza criterio per guidarsi nelle loro azioni,
che cedono passivamente all'impulso del momento.
 
&lt; &lt;«La morale e' la regola di condotta che ciascun uomo considera buona.
 
si può trovare cattiva la morale dominante in una data epoca, in un dato paese,
in una data società, e noi infatti troviamo pessima la morale borghese; ma non si
Line 4 564 ⟶ 4 378:
uomini...
 
&lt; &lt;«Dannosa affermazione inoltre e' quella che l'ambiente sociale non per-
 
mette di essere morali; e che per conseguenza e' inutile fare sforzi che non pos-
sono riuscire, ed il meglio e' di cavare il più che si può per se stesso dalle
Line 4 578 ⟶ 4 391:
ale contro la forza dell'ambiente sociale. Ma e' ugualmente certo che senza la
ribellione dell'individuo, che si associa agli altri individui ribelli per resistere
all'ambiente e cercare di trasformarlo, questo ambiente non cambierebbe mai&gt; &gt;».1
 
Questa concezione della morale umana dell'amore e della solidarietà la si
 
ritrova come guida costante in tutti gli scritti di Malatesta, dai primissimi intorno
al 1870, fino agli ultimi alla vigilia della morte - come il lettore avrà potuto notare
Line 4 588 ⟶ 4 400:
pito del cuore e vibrazione del cervello. Il suo battagliero amore dell'umanità lo
teneva alla stessa distanza dai partigiani del terrorismo e da quelli del tolstoismo:
&lt; &lt;«Non retrocediamo innanzi alle dure necessità [della violenza nella lotta e nella
rivoluzione] e prepariamoci ad usarne [della forza fisica] vittoriosamente. Ma non
facciamo vittime inutili, nemmeno tra i nemici. Lo scopo stesso per cui lottiamo
ci astringe ad essere buoni ed umani anche nel furore della battaglia; anzi non si
capisce come potremmo voler lottare per uno scopo quale e' il nostro, se buoni ed
umani non fossimo&gt; &gt;».1
 
Ed a chi dinanzi ad affermazioni come queste credeva di vedere in Malatesta
un tolstoiano (ciò e' avvenuto parecchie volte), egli rispondeva: «No, secondo
 
un tolstoiano (ciò e' avvenuto parecchie volte), egli rispondeva: &lt; &lt;No, secondo
me la dottrina tolstoiana, per quanto appaia sublilmente altruista, e' in realtà la
negazione dell'istinto e dei doveri sociali. Un uomo, se e' molto... cristiano, può
Line 4 611 ⟶ 4 422:
sori contro la paura della ribellione, e quindi tradire la causa degli oppressi.
 
&lt; &lt;«E' curioso osservare come i terroristi ed i tolstoisti, appunto perche' sono
 
gli uni e gli altri dei mistici, arrivano a conseguenze pratiche presso che uguali.
Quelli non esiterebbero a distruggere mezza umanità pur di far trionfare l'idea;
Line 4 623 ⟶ 4 433:
del mondo pur di salvare un uomo; il che sarebbe poi infatti rispettare il principio,
poiche', secondo me, tutti i principii morali e sociologici si riducono a questo
solo: il bene degli uomini, di tutti gli uomini&gt; &gt;».1
 
La base morale dell'anarchismo malatestiano e' tutta qui. Ad un individualista
 
che voleva dimostrargli che l'anarchico e' colui che afferma la sua personalità e
vive libera e piena la propria vita &lt; &lt;«senza curarsi degli altri&gt; &gt;», Malatesta op-
poneva: &lt; &lt;«Bisogna cercare la garanzia di libertà e di sviluppo del proprio io
nella solidarietà con tutti gli esseri umani... Poiche', se noi ci siamo preoccupati
della questione sociale, di cui crediamo vedere la soluzione nell'abolizione del
Line 4 638 ⟶ 4 447:
uomini. E questo amore si sente o non si sente: non lo dà la scienza, non lo dà la
filosofia. Spesso però e' un sentimento latente, che può essere evocato e messo
in attività: ed e' questo lo scopo principale della propaganda&gt; &gt;».2
 
&lt; &lt;L'insofferenza della oppressione, il desiderio di essere libero o di poter
 
«L'insofferenza della oppressione, il desiderio di essere libero o di poter
espandere la propria personalità in tutta la sua potenza non basta a fare un anar-
chico; quell'aspirazione all'illimitata libertà, se non e' contemperata dall'amore
degli uomini e dal desiderio che tutti gli altri abbiano eguale libertà, può far dei
ribelli, ma non basta a fare degli anarchici&gt; &gt;». L'anarchico per esser tale deve
avere scelto &lt; &lt;«tra l'odio e l'amore, tra la lotta fratricida e la cooperazione fra-
terna, fra l'egoismo e l'altruismo&gt; &gt;»,1 ed aver scelto, naturalmente, l'altruismo, la
cooperazione fraterna e l'amore.
 
E a chi gli obbiettava il solito sofisma pseudofilosofico che l'altruismo
 
non esiste, perche' in realtà ognuno e' mosso sempre da spirito egoistico, an-
che quando fa il bene e si sacrifica per giovare agli altri, Malatesta replicava:
&lt; &lt;«Questo dibattito ormai secolare tra egoisti e altruisti non e' in fondo che una
miserevole questione di parole. E' cosa evidente, ammessa da tutti, che tutto ciò
che si fa volontariamente lo si fa perche' il farlo soddisfa i nostri sensi, o i nostri
Line 4 670 ⟶ 4 477:
più o meno elevato si preoccupa anche degli interessi degli altri e fa quel che può
per giovar loro. Insomma l'egoista sarebbe l'egoista cattivo, e l'altruista sarebbe
l'egoista buono: questione di parole&gt; &gt;».2
 
Questo altruismo, od egoismo buono, e' ed e' stato sempre in sostanza
la molla più forte del progresso morale dell'umanità. «Malgrado i fiumi di
 
la molla più forte del progresso morale dell'umanità. &lt; &lt;Malgrado i fiumi di
sangue sparso, malgrado lo sfruttamento e la tirannia a danno dei più deboli...
malgrado insomma la lotta e tutte le sue conseguenze, quello che forma l'elevamento
Line 4 687 ⟶ 4 493:
verso cui l'umanità cammina.
 
&lt; &lt;«Questa morale è mutevole e relativa; essa varia da epoca a epoca, da
 
popolo a popolo, da classe a classe, da individuo a individuo, ed e' da ciascuno
adoperata per i proprii interessi e quelli della sua famiglia, della sua classe, del
Line 4 697 ⟶ 4 502:
giustificare la loro posizione, che e' il risultato della forza brutale, con una specie
qualunque di morale, e' già una prova che il privilegio non si sente sicuro di se'
e che e' destinato a sparire&gt; &gt;».1
 
&lt; &lt;«Gli anarchici, al pari degli altri, hanno la loro morale: non averla sig-significherebbe non aver criterio alcuno per giudicare il bene ed il male, condursi
 
nificherebbe non aver criterio alcuno per giudicare il bene ed il male, condursi
in modo incoerente e incosciente, ed accettare passivamente, indifferentemente,
tutto ciò che gli altri fanno. Cosa assurda!... E' quella degli anarchici una Morale
superiore a tutte le altre perche' basata sul rispetto della libertà e sul desiderio
del bene di tutti, ma non si potrebbe chiamare altrimenti che Morale&gt; &gt;»... Però
&lt; &lt;«la Morale anarchica oggi non può essere che un'aspirazione, un ideale. Nes-
suno oggi può vivere veramente da anarchico&gt; &gt;» perche' l'ambiente sociale, che
abbiamo trovato e non siamo riusciti ancora a trasformare, ci obbliga per vivere a
mille transazii e mille adattamenti. &lt; &lt;«Ma l'ambiente non e' tutto: che' altrimenti
 
99
Line 4 721 ⟶ 4 524:
influenze e più si lotta per modificare l'ambiente malefico.
 
&lt; &lt;«Naturalmente si tratta di più o meno, perche' nessuno può mettersi
 
completamente fuori e contro dell'ambiente: ma chi con la scusa dell'ambiente fa
tutto il male che l'ambiente comporta e non fa nessuno sforzo per migliorarsi e
Line 4 733 ⟶ 4 535:
perfetti (che' noi stessi siamo ben lontani dalla perfezione); ma nemmeno l'idea
assurda di aprir le braccia a tutti e far dell'anarchismo la sentina di tutti i rifiuti e
la bandiera che serve a coprire ogni merce avariata&gt; &gt;»1
 
In conclusione, la morale anarchica in azione potrebbe venir definita, nella
concezione di Malatesta, «la rivolta contro il male, per la dignità, la libertà e
 
la fratellanza umana».2
concezione di Malatesta, &lt; &lt;la rivolta contro il male, per la dignità, la libertà e
la fratellanza umana&gt; &gt;.2
 
==Guerra patria militarismo==
 
COME TUTTI GLI ANARCHICI, Malatesta era nemico della guerra, del
 
nazionalismo e del militarismo. Sarebbe inutile qui ripetere gli argomenti su
queste questioni, così comuni nella propaganda anarchica, socialista e in gen-
Line 4 751 ⟶ 4 551:
 
Malatesta negava che la guerra potesse procurare vantaggi materiali ad un
 
paese, all'infuori che ad un piccolo numero di accaparratori e fornitori militari;
ma non dava importanza a questa questione, perche' quei vantaggi in ogni modo
Line 4 757 ⟶ 4 556:
care l'assassinio per furto con l'argomento che la vittima designata è più de-
bole, ha molti quattrini e c'è modo di ammazzarla e derubarla senza troppi peri-
coli. Altrettanto cinico e spregevole è il presentare la guerra come &lt; &lt;«igiene
del mondo&gt; &gt;» come fanno i nazionalisti. Questi dicono. &lt; &lt;«La vita e' energia,
 
100
 
<hr>
e' forza, e' azione, e' lotta, e noi vogliamo vivere&gt; &gt;». E Malatesta rispondeva:
&lt; &lt;«Sta benissimo. Ma poiche' siamo uomini e non bestie brute e la vita che
vogliam vivere e' vita umana, bisognerà pure che l'energia da spiegare abbia
delle qualificazioni. e' forse l'energia della bestia da preda quella a cui si as-
Line 4 778 ⟶ 4 577:
giore benessere... Non e' la guerra che può dare energia e volontà di progredire,
come non dà energia a chi non sa e non vuol lavorare il mettersi a vivere di furto
e di prostituzione&gt; &gt;».1
 
Pretesto bugiardo e' quello che &lt; &lt;«con la guerra si propaga la civiltà&gt; &gt;».
 
&lt; &lt;«Se fosse vero, dovremmo prima conquistar per noi la libertà e il possesso
della ricchezza, dovremmo far sparire di mezzo a noi la miseria, l'ignoranza,
l'oppressione, l'alcoolismo, la prostituzione, e poi portare agli altri i benefizi che
Line 4 793 ⟶ 4 592:
non vi e' violenza giusta se non quella che respinge la violenza.
 
&lt; &lt;«La civiltà si propaga con la propaganda, l'esempio, i benefizii; e se
 
un giorno i lavoratori emancipati di Europa dovran portare le armi fra i popoli
arretrati, non sarà per opprimerli, non per imporre loro sistemi di vita ch'essi non
Line 4 801 ⟶ 4 599:
bestiame, medicine, strumenti da lavoro. Allora sì che la civiltà sarà accettata
e si espanderà per tutto il mondo, a far libera, ricca, gaja, sapiente tutta quanta
l'umanità&gt; &gt;».1
 
Vi sono di quelli che giustificano la guerra col patriottismo. &lt; &lt;Ma in
 
Vi sono di quelli che giustificano la guerra col patriottismo. «Ma in
che consiste propriamente il patriottismo? L'amore del loco natio, o piuttosto
 
Line 4 828 ⟶ 4 625:
sate: cosa che creerebbe un grave pericolo per il pacifico progredire della civiltà.
 
&lt; &lt;«Ma non e' solo da questo sentimento che e' alimentato il così detto
 
patriottismo. Nell'antichità l'oppressione dell'uomo sull'uomo si compieva prin-
cipalmente a mezzo della guerra e della conquista. Era lo straniero vincitore che
Line 4 845 ⟶ 4 641:
affratellare i popoli tutti nella lotta per il bene comune.
 
&lt; &lt;«Noi siamo internazionalisti, vale a dire che, come dalla patria minuscola
 
che si raccoglieva intorno ad una tenda o ad un campanile e viveva in guerra colle
tribù e coi comuni circostanti si e' passasto alla più grande patria regionale e
Line 4 860 ⟶ 4 655:
coloro che lottano per l'emancipazione umana - e sono nemici tutti gli oppressori,
tutti coloro che il proprio bene fondano nel male altrui, dovunque essi sian nati e
qualunque sia la lingua che parlano&gt; &gt;».1
 
Posteriormente Malatesta aggiungeva sullo stesso argomento queste altre considerazioni:
«Il sentimento patriottico, quando non e' una semplice montatura fatta nell'interesse
 
&lt; &lt;Il sentimento patriottico, quando non e' una semplice montatura fatta nell'interesse
 
di una classe ed esiste realmente nell'animo popolare, e' buono allorche' serve ad
Line 4 878 ⟶ 4 672:
istinti di rapina e di dominio.
 
&lt; &lt;«I governi e le classi dominanti si servono del sentimento patriottico (come
 
di quell'altro difetto umano che e' il sentimento religioso) per far meglio accettare
dal popolo il loro potere e per trascinare il popolo in guerre ed imprese coloniali
Line 4 892 ⟶ 4 685:
enti alle sofferenze dei loro connazionali.
 
&lt; &lt;«Però fosse pur vero - e qualche volta lo è, come avviene anche nei
 
rapporti tra le diverse provincie di uno Stato o tra le diverse categorie di lavora-
tori - fosse pur vero che dal saccheggio e dallo sfruttamento successivo ne venga
Line 4 905 ⟶ 4 697:
<hr>
interessi duraturi del proletariato stesso che per un momento può profittarne, ma
poi paga il delitto in moneta di servitù&gt; &gt;».1
 
Quando, nel giugno 1924, una banda di fascisti assassinò in Roma il depu-deputato Giacomo Matteotti, Malatesta commentando il fatto lamentava che il popolo
italiano sopportasse il regime fascista e disse di farlo «non senza un senso di
 
vergogna quale uomini e quale italiani». Quel «quale italiani» gli procurò
tato Giacomo Matteotti, Malatesta commentando il fatto lamentava che il popolo
italiano sopportasse il regime fascista e disse di farlo &lt; &lt;non senza un senso di
vergogna quale uomini e quale italiani&gt; &gt;. Quel &lt; &lt;quale italiani&gt; &gt; gli procurò
delle obiezioni da parte di un compagno che ci vide come un residuo di nazion-
alismo: &lt; &lt;«O che c'è bisogno di essere italiani?, non basta essere uomini per
sentire orrore di un atroce delitto?&gt; &gt;». A cui Malatesta rispose: &lt; &lt;« Basta per
l'orrore, non basta per la vergogna, che e' sentimento di responsabilità.
 
&lt; &lt;«... Noi siamo e restiamo internazionalisti, meglio cosmopoliti.2 Noi
 
ci stimiamo cittadini del mondo; noi amiamo tutti qualunque sia il loro paese
natio, la loro nazionalità, la loro razza. Tutto ciò che e' umano ci riguarda;
ogni grandezza umana ci inorgoglisce, ogni umana vergogna ci umilia. E nel
caso malaugurato di un conflitto tra popoli noi parteggeremo non per &lt; &lt;«la nostra
patria&gt; &gt;», ma per chi ci sembrerebbe aver ragione: il nemico non sarebbe chi e'
nato al di là dei confini, non chi parla una lingua diversa dalla nostra, ma chi ha
torto, chi volesse violare la libertà e l'indipendenza degli altri. Ma noi siamo stati
Line 4 934 ⟶ 4 723:
e non potremmo non sentirne vergogna.
 
&lt; &lt;«Ma v'ha di più. Ciascuno di noi esercita intorno a se' una certa influenza
 
per il bene e per il male. La esercitano tutti gli uomini in generale; e tanto più
dovremmo cercare di esercitarla noi che siamo uomini di parte, noi che abbiamo
Line 4 946 ⟶ 4 734:
si commettono e si subiscono, per esempio, in Cina. Ma sarebbe sciocco negare
che una parte di responsabilità spetta a noi per le infamie che si commettono e si
subiscono in Italia&gt; &gt;».1
 
104
Line 4 952 ⟶ 4 740:
<hr>
In tutto quanto precede mi sembra ve ne sia più che a sufficienza per lumeg-
 
giare la posizione di Malatesta di fronte alla guerra e al patriottismo. Quella di
fronte al militarismo ne deriva così strettamente, e del resto e' così comune
Line 4 963 ⟶ 4 750:
sempre di star disposti e preparati a battersi armata mano contro l'esercito.
 
&lt; &lt;«La rivoluzione si dovrà fare contro l'esercito, e considero come la più
 
nefasta delle illusioni la speranza che l'esercito abbia a mettersi con noi, se prima
non gli diamo una buona... lezione. Naturalmente bisogna con la propaganda
Line 4 976 ⟶ 4 762:
due paure, allora si sbanda, o volta bandiera, e determina il trionfo degli insorti.
Spetta perciò ai rivoluzionari a pensare, come vi han pensato tutti i rivoluzionari
del passato, ai mezzi con cui affrontare vantaggiosamente i soldati&gt; &gt;».1
 
Un'altra questione particolare, su cui Malatesta si e' trovato in dissenso con
 
una opinione molto diffusa anche oggi tra rivoluzionari e anarchici, e' quella del
rapporto intercorrente fra guerra e rivoluzione. Non sono pochi quelli che pensano
alla guerra come ad una felice ed augurale occasione di rivoluzione. Malatesta ha
sempre combattuto tale opinione. &lt; &lt;«è vero che la guerra, scuotendo la com-
pagine dello Stato e distruggendo, nel paese vinto, il prestigio dell'esercito e del
governo, può in certe circostanze essere occasione propizia per radicali trasfor-
Line 4 997 ⟶ 4 782:
<hr>
difficile, ed anche avvenendo, facilmente degenera in puro movimento politico e
nazionalista&gt; &gt;».1 Per queste ragioni e' sempre interesse maggiore del proletariato
e dei rivoluzionari l'impedire per quanto e' loro possibile la guerra.
 
&lt; &lt;«Non bisognerebbe abituarsi a considerare la guerra come una condizione
 
necessaria, o addirittura utile, per una insurrezione popolare... La guerra, incomin-
ciata o semplicemente attesa, e' la peggiore occasione che si possa immaginare per
Line 5 014 ⟶ 4 798:
non permetterebbe in tempi ordinari.
 
&lt; &lt;«Ciò e' così ben risaputo da coloro stessi che si fanno una specialità
 
di predicare l'insurrezione in caso di guerra, ch'essi contano sopratutto sulla sper-
anza d'una sconfitta. Ma anche allora le condizioni sarebbero assai sfavorevoli,
Line 5 026 ⟶ 4 809:
che vedrebbe una specie di tradimento nell'insurrezione in presenza del nemico.
 
&lt; &lt;«Se la guerra potesse essere una buona occasione per insorgere e tentare,
 
con probabilità di successo, la trasformazione sociale, i rivoluzionari lungi dal
cercare d'impedirla dovrebbero fate tutto il possibile per farla scoppiare. Ma sic-
come ciò non e' , noi siamo contro la guerra; ciò che non toglie che se essa
scoppiasse, bisognerà fate tutto ciò che si potrà per profittarne, malgrado le
circostanze sfavorevoli, nell'interesse della rivoluzione sociale&gt; &gt;».1 Se la minac-
cia d'insurrezione può giovare ad impedire la guerra, tanto meglio; e meglio
ancora di più, se l'insurrezione avviene: con essa si potrà nel tempo stesso im-
pedire la guerra e iniziare la rivoluzione sociale, poiche' &lt; &lt;«noi non minacciamo
l'insurrezione solo per impedire la guerra; noi vogliamo l'insurrezione perche'
essa ci pare il mezzo indispensabile per mettere fine alla miseria e all'oppressione,
Line 5 045 ⟶ 4 827:
<hr>
produzione e di vita, ed aprire così, la via alla costituzione di un ordine basato
sulla libertà ed il benessere di tutti e di ciascuno&gt; &gt;».2
 
Da queste idee, era impossibile che Malatesta nel 1914 cadesse nel tranello
sentimentale della «guerra rivoluzionaria» - come veniva presentata dai gior-
 
sentimentale della &lt; &lt;guerra rivoluzionaria&gt; &gt; - come veniva presentata dai gior-
nali di sinistra nei paesi dell'Intesa anglo-franco-russa, la guerra contro la Germa-
nia e l'Austria - ed infatti egli, in contrasto con altri anarchici (pochissimi, ma fra
Line 5 060 ⟶ 4 841:
 
Malatesta ai partigiani della guerra dell'Intesa, i quali invocavano la civiltà
 
da salvare dal militarismo tedesco opponeva che invece quella guerra non aveva
&lt; &lt;«nulla in comune con l'emancipazione umana&gt; &gt;», che &lt; &lt;«la missione di col-
oro che augurarono la fine di ogni oppressione e di ogni sfruttamento dell'uomo a
danno di altri uomini&gt; &gt;» restava &lt; &lt;«quella di svegliare la coscienza dell'antagonismo
fra dominatori e dominati, tra sfruttatori e sfruttati&gt; &gt;» e che &lt; &lt;«la guerra lungi dal
diminuire tale verità, la avvalorava ancora di più&gt; &gt;». Per ciò era &lt; &lt;«dovere dei
socialisti, e specialmente degli anarchici, fare tutto quanto possono per indebolire
lo Stato e le classi capitalistiche, e prendere ad unica norma della loro condotta gli
Line 5 072 ⟶ 4 852:
ficacemente a pro della propria causa, di rifiutare ogni volontario aiuto alla causa
del nemico, e tenersi in disparte per salvare almeno i propri principii - vale a dire
per salvare l'avvenire&gt; &gt;». Aveva egli bensì l'impressione che la sconfitta della
Germania vi avrebbe provocata la rivoluzione, e per questo, - ma solo per questo
- si augurava la sconfitta; ma l'augurio non gli impediva di prevedere che la pace
, qualunque pace venisse poi stipulata avrebbe &lt; &lt;«lasciate aperte tutte le ques-
tioni e preparato così una nuova guerra più micidiale&gt; &gt;». Di qui la necessità
di &lt; &lt;«tenersi fuori di ogni e qualunque compromesso coi governi e con le classi
dominanti, per poter approfittare di ogni favorevole evenienza, e in ogni caso poter
riprendere la nostra preparazione e la nostra propaganda rivoluzionaria&gt; &gt;».1
 
In una lettera a Benito Mussolini - che, diventato d'un tratto partigiano della
 
guerra, si afferrava all'augurio di Malatesta d'una sconfitta germanica, per avval-
orare la sua tesi della &lt; &lt;«guerra rivoluzionaria&gt; &gt;» - Malatesta replicava che &lt; &lt;«non
e' detto che sia sempre utile concorrere a produrre ciò che uno si augura, poiche'
spesso una cosa giova solo a condizione che non costi nulla, al più, che costi,
Line 5 091 ⟶ 4 870:
 
<hr>
materialmente e moralmente, meno di quel che vale&gt; &gt;». L'interventismo, invece,
in cambio di vantaggi del tutto problematici e sproporzionati al disastro enorme
che ne sarebbe derivato, avrebbe costato al proletariato e alla libertà il sacrificio
di tutto il loro avvenire. &lt; &lt;«Per fare la rivoluzione... ci vogliono i rivoluzionari; e
se questi incominciano col mettere da parte le loro idee e gl'interessi specifici che
rappresentano, se si solidarizzano colla causa delle classi dominanti nel loro paese
Line 5 101 ⟶ 4 880:
o subito dopo la guerra, ma mostrano di ritenere essi stessi utopistico ed assurdo
il programma che predicavano prima, e quindi si precludono la via ad ogni ef-
ficace azione avvenire&gt; &gt;». Perciò &lt; &lt;«coloro che mettono al di sopra di tutto la
causa della libertà, della giustizia e della fratellanza umana... debbono più che
mai invocare la pace tra gli oppressi e la guerra agli oppressori, ed evitare ogni
transazione, ogni dedizione ai propri avversari&gt; &gt;».1
 
A coloro che, durante la guerra, immaginavano che, dopo la vittoria dell'Intesa,
 
un congresso internazionale dei vincitori avrebbe dato all'Europa un assetto più
conforme alle aspirazioni dei popoli, con la sparizione o almeno una forte dimin-
uzione del militarismo in una pace internazionale assicurata per sempre o per
lunghissimo tempo, Malatesta rispondeva: &lt; &lt;«Generosa, ma sciocca illusione! Il
prossimo congresso della pace sarà, come furono tutti i congressi del genere, un
mercato in cui i potenti disporranno dei popoli come di armenti. Vinca l'una o
l'altra parte, il risultato totale sarà un aumento di tirannia, un maggiore sviluppo
del militarismo, un risveglio di tutte le forze reazionarie&gt; &gt;».1 E quando nel 1916 vi
fu il gruppo di anarchici interventisti summentovato che pubblicò il noto &lt; &lt;«Manifesto
dei Sedici&gt; &gt;» per deprecare la pace che allora si sperava, solo perche' non ci si
vedeva una probabile vittoria sufficiente dell'Intesa, e per patrocinare la guerra a
fondo fino allo schiacciamento completo della Germania, Malatesta molto logi-
camente osservava: &lt; &lt;«Se oggi e' necessario lavorare in armonia coi governi e i
capitalisti per difenderci contro la minaccia tedesca, ciò sarà altrettanto neces-
sario dopo la guerra che durante questa. Per quanto grande possa essere la disfatta
Line 5 129 ⟶ 4 907:
tuzione permanente in tutti i paesi...
 
&lt; &lt;«La linea di condotta degli anarchici e' chiaramente tracciata dalla log-logica stessa delle loro aspirazioni. La guerra avrebbe dovuto essere impedita dalla
 
ica stessa delle loro aspirazioni. La guerra avrebbe dovuto essere impedita dalla
 
108
Line 5 142 ⟶ 4 918:
criminale fare qualsiasi cosa che tenda a prolungare la guerra, questo massacro di
uomini, che distrugge la ricchezza collettiva e paralizza ogni ripresa della lotta per
l'emancipazione. Mi sembra che predicare &lt; &lt;«la guerra a fondo&gt; &gt;» e' fare real-
mente il gioco dei dirigenti tedeschi, che ingannano il loro popolo e l'eccitano a
combattere col mostrargli che i loro avversari vogliono schiacciare ed asservire il
popolo tedesco. Oggi, come sempre, questa sia la nostra parola d'ordine: Abbasso
i capitalisti ed i governi, tutti i capitalisti e tutti i governi. Vivano i popoli, tutti i
popoli!&gt; &gt;».1
 
==Individualismo==
 
SONO STATO in forse se dedicare un capitoletto a parte alla questione
 
dell'individualismo. Per molte ragioni. Un po' in omaggio alla riluttanza che
aveva lo stesso Malatesta, negli ultimi anni, ad occuparsene. In una lettera, di cui
ho citato già qualche altro passo (dell'11 luglio 1913), mi diceva scherzosamente:
&lt; &lt;«Per ciò che riguarda l'individualismo e' una bestia che preferisco nominare il
meno possibile, perche' si danno a quella parola tanti significati diversi, che ogni
volta che si pronuncia bisognerebbe aggiungere un capitolo di spiegazioni. In un
certo senso siamo tutti individualisti, anzi direi che siamo noi i veri individualisti,
ed in un altro senso l'individualismo e' il borghesismo spinto all'eccesso - e tra
i due estremi si trovano tutte le gradazioni e tutti i miscugli possibili&gt; &gt;». Inoltre,
l'occuparmi di questo argomento in particolare e' un rischio per me di cadere in
soverchie ripetizioni, poiche' una gran quantità delle idee di Malatesta che ho
Line 5 197 ⟶ 4 972:
metodi.
 
Vediamo dunque di presentare il più brevemente possibile il pensiero con-concreto di Malatesta sull'individualismo.
 
creto di Malatesta sull'individualismo.
 
&lt; &lt;V'è chi si dice individualista, per intendere che l'individuo ha diritto al
 
«V'è chi si dice individualista, per intendere che l'individuo ha diritto al
suo completo sviluppo fisico,
 
morale ed intellettuale e che deve trovare nella società un aiuto, e non già
 
un'ostacolo, per raggiungere il massimo di felicità possibile. Ma in tal senso
siamo individualisti tutti e non sarebbe questione che di una parola in più; e noi
Line 5 217 ⟶ 4 987:
gli individui viventi.
 
&lt; &lt;«Qualche volta dunque si tratta di una semplice questione di parole...
 
Ma spesso una importante differenza di idee tra quelli che professano e quelli che
ripudiano l'individualismo v'è realmente, ed importa determinarla... Esaminando
Line 5 226 ⟶ 4 995:
spesso anche nelle idee di molti anarchici che individualisti non soglion chiamarsi.
 
&lt; &lt;«La prima di queste idee consiste nel considerare la società come un
 
aggregato d'individui autonomi, completi in se stessi e capaci di bastare a se stessi,
 
Line 5 247 ⟶ 5 015:
supremo, la regola unica della condotta.
 
&lt; &lt;«Ma d'altra parte, ammesso l'individuo autonomo e la sua assoluta, illim-
 
itata libertà, ne deriva che non appena gli interessi si trovano in antagonismo e le
volontà divariano, sorge la lotta, e nella lotta gli uni restano vincitori e gli altri
Line 5 260 ⟶ 5 027:
andranno naturalmente d'accordo... e non vi sarà bisogno ne' di regole ne' di patti
perche', facendo ognuno quello che vuole si troverà aver fatto, senza saperlo ne'
volerlo, proprio precisamente quello che volevano gli altri&gt; &gt;».1
 
Orbene, secondo Malatesta, questi due principii fondamentali dell'individualismo
 
anarchico (che sono accettati, malgrado l'apparente contradizione dei termini, an-
che da molti che professano il comunismo) sono completamente erronei.
 
&lt; &lt;«L'individuo umano non e' un essere indipendente dalla società, ma ne e'
 
il prodotto. Senza società esso non avrebbe potuto uscire dalle sfere dell'umanità
brutale e diventare veramente uomo, e fuori della società non potrebbe che ri-
Line 5 285 ⟶ 5 050:
azione cosciente e voluta. Anche distrutto lo Stato e la proprietà individuale,
l'armonia non nasce spontaneamente, come se la natura si occupasse del bene e
del male degli uomini, ma bisogna che gli uomini stessi la creino&gt; &gt;».1
 
Qualche lettore noterà che le poche parole ultime - &lt; &lt;«anche distrutto lo
Stato, ecc.» sono la ripetizione d'una citazione già fatta quando s'è parlato
 
Stato, ecc.&gt; &gt; sono la ripetizione d'una citazione già fatta quando s'è parlato
della concezione volontarista dell'anarchismo e del divenire sociale in genere,
propria di Malatesta. Gli e' che questa concezione e' la negazione di quella specie
Line 5 298 ⟶ 5 062:
ora.
 
;&lt; &lt;«Lo Stato e la Proprietà individuale sono certamente la causa oggi dei
 
più gravi antagonismi sociali; ma quelle istituzioni non possono essere state
Line 5 309 ⟶ 5 073:
mogliasse in un cervello umano...
 
&lt; &lt;«Non bisogna contentarsi di vane parole. Quando si dice che la libertà
 
dell'uno non trova il limite ma il completamento nella libertà degli altri, si es-
prime in forma affermativa un ideale sublime, il più perfetto che possa assegnarsi
all'evoluzione sociale; ma se si intende affermare un fatto positivo, attuale, o che
sarebbe attuato col solo distruggere le istituzioni presenti, si scambia semplice-
mente la realtà obiettiva con le concezioni ideali del nostro cervello&gt; &gt;». Nella re-
altà vera la nostra libertà trova di continuo in molte e molte cose piccole e grandi
un limite nella libertà degli altri, e ve lo troverebbe anche senza l'oppressione che
sopportiamo oggi come sfruttati e come governati. &lt; &lt;«I conflitti si producono nat-
uralmente anche nella soddisfazione dei bisogni essenziali, e spetta agli uomini di
eliminarli o comporli per il maggior bene di tutti... Si potrà provvedere perche'
Line 5 332 ⟶ 5 095:
gli altri.
 
&lt; &lt;«Così è il lavoro in genere. Si dice che tutti lavoreranno perche' il la-
 
voro è esercizio igienico e bisogno organico di esplicare le proprie facoltà; ed
è vero. Ma quello che non è vero si è che questo bisogno di esercizio cor-
Line 5 351 ⟶ 5 113:
soddisfare ai desideri di tutti... e' come rimettersi nelle mani di Dio!
 
&lt; &lt;«In conclusione l'uomo ha bisogno di vivere in società; e per vivere ha
 
bisogno di accordarsi con gli altri uomini e cooperare con loro. O questa cooper-
azione sarà raggiunta volontariamente, per liberi patti, e sarà a vantaggio di tutti;
o sarà raggiunta per forza, per l'imposizione d'alcuni, e sarà sfruttata a beneficio
particolare di coloro che l'avranno imposta. La cooperazione libera, volontaria, a
beneficio principale di certe date classi e' il regime autoritario&gt; &gt;».1
 
Questa critica e confutazione dell'individualismo anarchico non era rivolta
Line 5 381 ⟶ 5 142:
munismo, che infine abbandonarono. Un loro gruppo fece specialmente parlare
di se'; ebbe vita piuttosto lunga (dal 1889 al 1897 circa), prima a Parigi e poi a
Londra, sotto il nome di &lt; &lt;«Intransigenti&gt; &gt;», poi &lt; &lt;«Gruppo dell'anonimato&gt; &gt;»,
poi &lt; &lt;«Individualisti&gt; &gt;»; faceva propaganda per mezzo di manifesti con titoli im-
pressionanti, come Il Pugnale, e simili. L'ultimo dei suoi manifesti, Ai camorristi
del Comunismo, del 1897, attaccava violentemente Merlino, Malatesta, Cipriani,
Line 5 388 ⟶ 5 149:
 
A proposito di quest'ultimo manifesto, Malatesta così sintetizzava le at-
 
tività di quel gruppo, mentre si rallegrava che finalmente smettesse di dirsi co-
munista e si mettesse &lt; &lt;«a combattere apertamente il comunismo e noi che siamo
comunisti, con tutti gli argomenti degli economisti borghesi&gt; &gt;»: &lt; &lt;«Insultavano e
calunniavano qualunque compagno desse prova di attività - e dicevano di farlo per
spingere tutti ad agire liberamente e coscientemente ed impedire che sorgessero
Line 5 412 ⟶ 5 172:
li bollavano per fatti anarchici. Sostenevano ogni assurdità, che balordaggine
d'incosciente o malignità di nemico avesse mai attribuito agli anarchici - e dice-
vano che quella era l'anarchia pura&gt; &gt;».1
 
Prescindendo dal tono acre di questo scritto, ch'era risposta ad altro incom-
 
parabilmente più violento, e da qualche generalizzazione forse eccessiva, esso
però riepiloga abbastanza bene certi atteggiamenti e posizioni mentali che con-
Line 5 432 ⟶ 5 191:
comprensione reciproca - da parte di Malatesta in special modo.
 
Molti anni più tardi, discutendo l'&lt; &lt;«individualismo amoralista&gt; &gt;» di un
 
anarchico italiano - che ostentava in un suo articolo odio e disprezzo per i de-
boli, per i vinti che aspirano ad unirsi, aiutarsi e rafforzarsi reciprocamente, che
affermano l'eguaglianza, ecc., ed opponeva loro il tipo del dominatore, uomo
animale da preda e solitario, irritato e turbato dall'organizzazione - Malatesta
diceva: &lt; &lt;«Quello che mi offende non e' che quel compagno amoralista non
ammette morale; ma e' il fatto ch'egli in realtà ammette e predica la morale
degli oppressori, e' il fatto che egli vorrebbe privare gli oppressi del solo mezzo
di emancipazione che hanno, persuadendo loro al disprezzo della solidarietà e
dell'associazione&gt; &gt;»... E poiche' l'individualista amoralista diceva che sono i
servi che hanno escogitato ed imposto la morale, il codice di condotta, per cui
la servitù permane, Malatesta gli osservava: &lt; &lt;«Gli e' come dire che sono i deru-
bati che hanno inventato e santificato il diritto dei ladri a derubarli! A me pare
più ragionevole invece il credere che siano i vincitori che dopo avere, colla forza,
asserviti i vinti, si sono poi ingegnati coll'astuzia, e profittando delle speranze e
dei timori d'oltre tomba, degli odii di razza, dell'ignoranza dei fenomeni naturali,
ecc., di far loro accettare la morale del rispetto e della soggezione ai padroni&gt; &gt;».1
 
Per le idee che Malatesta opponeva a quelle degli individualisti (di tutta una
 
categoria d'individualisti), per lo meno su questa questione della morale, ho già
detto e riferito abbastanza antecedentemente, appunto nella parte di questo lavoro
dedicata alla morale anarchica. Rimanendo per ciò i lettori a quelle pagine. Per
mostrare quanto fosse intransigente su questo argomento, ricordo che avendo egli
pubblicato in Umanità Nova di Roma (nel 1922) &lt; &lt;«per eccesso di tolleranza&gt; &gt;»
L'articolo di un altro individualista sempre nello stesso senso (al di là del bene
e del male, sprezzo del gregge umano, schiacciamento dei deboli, ecc.), egli vi
faceva seguire una nota in cui diceva che se quello scritto fosse stato &lt; &lt;«veramente
l'espressione del pensiero e dei sentimenti dell'Autore, e non già una posa letter-
aria di dubbio gusto, il suo anarchismo non avrebbe proprio nulla di comune col
nostro; se anarchico e' lui non lo siamo noi, o viceversa&gt; &gt;».2
 
Una prova che talvolta certo individualismo, che ostenta di disprezzare
Line 5 470 ⟶ 5 227:
 
<hr>
&lt; &lt;«la vaga umanità&gt; &gt;», e' davvero più posa letteraria che sentimento reale, la
trovava Malatesta nel linguaggio stesso di qualcuno dei suoi predicatori. Una
volta a Roma, nel 1913, ebbe una lunga discussione con un individualista amoral-
ista ed egoarca, che gli espose la solita teoria del diritto del più forte a infischiarsi
dei diritti degli altri. Ma alla fine, raccontava Malatesta nel riferire il colloquio:
&lt; &lt;«il mio contradditore, che a udirlo sembrava un flagello per la povera umanità,
mostrò che in realtà egli si preoccupa degli effetti che le azioni dei singoli pos-
sono produrre sulle condizioni degli altri e che s'interessa egli pure alla causa gen-
Line 5 481 ⟶ 5 238:
come Bonot! Come sarebbe più possibile l'oppressione?
 
&lt; &lt;«In quella esclamazione vi e' la chiave dell'errore in cui sono gl'individualisti,
 
o almeno tutti quelli pei quali l'individualismo.... e' un metodo che si propone
l'emancipazione integrale di tutti gl'individui. Essi credono che l'amore e la sol-
Line 5 490 ⟶ 5 246:
altri.
 
&lt; &lt;«Ora, durante tutta quanta la vita dell'umanità, gli egoismi sono stati in
 
contrasto, e i singoli hanno lottato, come le loro forze permettevano, per i propri
interessi, indifferenti o avversi agli interessi altrui. E quello che ne e' derivato e'
Line 5 503 ⟶ 5 258:
contro gli oppressori nell'interesse di tutti... Dalla lotta fatta per conto individuale
non può derivare che la vittoria degli uni e quindi la sconfitta e la sottomissione
degli altri&gt; &gt;».1
 
Per concludere su questo speciale aspetto dell'individualismo, poiche' non
 
di rado si e' magnificata in giornali anarchici la figura del Dott. Stockmann del
Nemico del Popolo di Ibsen e specialmente la sua frase famosa &lt; &lt;«l'uomo isolato
e' il più forte di tutti&gt; &gt;», più volte Malatesta e' insorto contro chi voleva vedere
in ciò una manifestazione di anarchismo: &lt; &lt;«Il Dott. Stockmann... che irritato
dal non essere compreso e seguito dal pubblico esclamava l'uomo più forte e'
quello che e' più solo, e che e' stato preso per un anarchico mentre non era che
Line 5 520 ⟶ 5 274:
più degli altri poteva, era perche' più degli altri aveva vissuto in comunicazione
intellettuale con gli uomini presenti e passati, perche' più degli altri aveva prof-
ittato della società - e perciò più degli altri doveva alla società&gt; &gt;».1 &lt; &lt;« Tutta
la scienza e tutto lo zelo del dottor Stockmann riuscirono inutili, perche' egli non
trovò l'appoggio di un numero sufficiente di uomini che lo comprendessero e
Line 5 533 ⟶ 5 287:
lazioni, più numerose amicizie e quindi un campo più largo per scegliere i suoi
collaboratori immediati; l'uomo più sviluppato e' quello che meglio può e sa
utilizzare il retaggio comune dell'umanità e l'opera dei suoi contemporanei&gt; &gt;».2
 
In quanto all'individualismo, nel significato che gli si dà di sistema eco-
 
nomico della proprietà individuale, inutile dire perche' Malatesta ne fosse avver-
sario, poiche' le sue son le stesse ragioni di tutti gli anarchici e socialisti in genere.
A coloro che preferiscono l'individualismo perche' temono nel socialismo o nel
comunismo una uniformità ledente la libertà individuale, egli rispondeva che in-
vece proprio &lt; &lt;«in una società individualistica, basata cioè sulla lotta e sulla con-
correnza, si tende necessariamente all'uniformità, poiche' i vincitori nella lotta
sociale sottopongono gli altri e gl'impongono, direttamente o indirettamente, una
determinata maniera di vivere&gt; &gt;».1 E se egli preferiva, anche se eliminata la lotta
e la concorrenza, il criterio comunista di organizzazione economica a quello indi-
vidualista, e' perche' vedeva nel primo il mezzo migliore &lt; &lt;«di dare a ciascuno i
mezzi per poter esplicare la propria volontà e di trovare modo che la libertà di
uno non offenda la libertà di un'altro... Poiche' vogliamo tutti siano liberi, noi
dobbiamo volere che tutti siano proprietari... Ma se si vuole far tutti proprietari
non vi e' che un mezzo: far tutti comproprietari di tutto ciò che esiste&gt; &gt;».2
 
Qui s'entra di nuovo nell'argomento dei rapporti fra anarchia e comunismo,
Line 5 602 ⟶ 5 355:
i più attivi agitatori del Bolognese e della Romagna.
 
Molto prima che questa parola &lt; &lt;«sindacalismo&gt; &gt;» diventasse di moda nel
mondo operaio, Malatesta ne propugnò la pratica associativa dell'«azione di-
 
retta», dello «sciopero generale» e della solidarietà di classe al di sopra
mondo operaio, Malatesta ne propugnò la pratica associativa dell'&lt; &lt;azione di-
retta&gt; &gt;, dello &lt; &lt;sciopero generale&gt; &gt; e della solidarietà di classe al di sopra
d'ogni divisione ideologica e di partito. Fin dal 1890, all'indomani del 1o mag-
gio, egli deplorava l'impotenza degli anarchici come partito di azione, perche'
Line 5 612 ⟶ 5 364:
 
<hr>
troppo discosti dalla massa operaia: &lt; &lt;«Noi dovremmo avere una influenza diretta
sulle masse, e l'avremmo, se vivessimo con loro, se facessimo loro una propa-
ganda chiara, semplice, terra-terra, se si vuole, invece di darci l'aria di filosofi, di
voler ad ogni costo far trasecolare il mondo e di restare poi fra noi a discutere di
bagatelle, a fare i coraggiosi col dire cose terribili, che poi... non si fanno&gt; &gt;».1
 
E continuò sempre ad incitare i compagni a stare in mezzo alla classe la-lavoratrice, per «spingere gli operai a far da se' i loro interessi, allontanarli dalla
 
voratrice, per &lt; &lt;spingere gli operai a far da se' i loro interessi, allontanarli dalla
politica e convincerli che non possono emanciparsi che con l'espropriazione e
l'abolizione del potere politico... Noi non ci contentiamo del godimento aristo-
cratico di conoscere o credere di conoscere la verità. Vogliamo la rivoluzione
fatta dal popolo e per il popolo...&gt; &gt;» e quindi &lt; &lt;«per quanto e' possibile oggidì,
vogliamo conquistare le masse alle nostre idee, e perciò dobbiamo restar sem-
pre tra le masse, lottare e soffrire con loro e per loro... entrare nelle associazioni
Line 5 631 ⟶ 5 381:
Ma fuori dei nostri gruppi cercare di penetrare dovunque e servirci di tutti i mezzi
di organizzare le masse, educarle alla rivolta... e alla resistenza contro il capitale e
il governo...&gt; &gt;». &lt; &lt;«Noi crediamo che l'accordo, l'associazione, l'organizzazione
sono la legge della vita e il segreto della forza, oggi come dopo la rivoluzione&gt; &gt;».
E a chi credeva di trovare nuovo tale linguaggio, rispondeva che fin dai tempi
dell'Internazionale egli non aveva &lt; &lt;«mai pensato ne' detto differentemente&gt; &gt;».1
 
Due anni dopo, in un appello agli anarchici italiani in cui constatava malin-
 
conicamente che i compagni non si erano mostrati all'altezza della situazione du-
rante i moti di popolo del 1893-94 in Italia, ne vedeva la causa nel loro isolamento
e tornava a dire: &lt; &lt;«Andiamo tra il popolo, questa e' l'unica via della salvezza...
Entriamo in tutte le associazioni di lavoratori, fondiamone più che possiamo,
provochiamo federazioni sempre più vaste, sosteniamo e organizziamo scioperi,
Line 5 649 ⟶ 5 398:
voratori e' possibile, accettandoli quali essi sono e sforzandoci di farli progredire
il più che si può. Come lavoratori noi dobbiamo essere sempre e dappertutto coi
nostri compagni di fatica e di miseria&gt; &gt;».2
 
Dopo appena altri tre anni e mezzo Malatesta poteva costatare come le
 
sue idee, 1 si eran fatte strada tra i compagni francesi, quando al congresso delle
 
Line 5 664 ⟶ 5 412:
in quel tempo era in Italia e redigeva in Ancona L'Agitazione, dove aveva ricom-
inciato, fra l'altro anche la sua propaganda per l'organizzazione sindacale - allora
si diceva &lt; &lt;«di resistenza operaia&gt; &gt;» - per gli scioperi, ecc. Ecco come egli delin-
eava la funzione dello sciopero e del sindacato (in Italia &lt; &lt;«lega di resistenza&gt; &gt;»):
&lt; &lt;«Lo sciopero e' un buon mezzo per mantenere l'operaio in un certo grado, pur
sempre infimo, di benessere - e in tutti i casi, e' una necessità della vita del prole-
tario, se questi non vuole scendere ad una condizione di vita sempre più bassa e
Line 5 677 ⟶ 5 425:
di resistenza, mentre combattono la battaglia quotidiana della resistenza operaia,
debbono mirare a qualche cosa di più alto e di più generale: la trasformazione
del sistema di proprietà e di produzione&gt; &gt;».1
 
Quando si seppe in Italia dell'importante affermazione dell'anarchismo
 
francese nel suaccennato congresso sindacale di Tolosa, Malatesta vi dedicò quasi
un numero completo del suo giornale, dette un esteso resoconto, ripubblicò il rap-
porto di Desealle, facendo precedere a tutto ciò un suo scritto, più volte ripub-
blicato in seguito, per eccitare gli anarchici italiani a seguire l'esempio di quelli
francesi: &lt; &lt;«Il congresso di Tolosa fu una vittoria importante delle tendenze e
della tattica socialista-anarchica... Certamente esso non e' stato un congresso an-
archico - ed e' bene che non lo sia stato... Noi non intendiamo imporre il nostro
Line 5 698 ⟶ 5 445:
per tutti la necessità di rimedi radicali ed organici.
 
&lt; &lt;«Il congresso di Tolosa ci ha mostrato che la parte cosciente del proletari-
 
120
Line 5 711 ⟶ 5 458:
stabilendo nel mondo l'eguaglianza, la giustizia, la libertà per tutti...
 
&lt; &lt;«Qualche amico nostro troverà che questi (sabotaggio, boicottaggio, ecc.
 
approvati dal congresso di Tolosa), sono piccoli mezzi... Questione di retorica di
cui non ci siamo ancora completamente sbarazzati! Noi siamo cresciuti, come
Line 5 724 ⟶ 5 470:
coli mezzi, quando non si possono impiegare i grandi, e restando nell'inerzia con
la scusa di voler fare solo delle grandi cose, si finisce col diventare impotenti ed
incapaci a fare il molto ed il poco&gt; &gt;».1
 
Un forte numero di anarchici italiani non fu sordo all'appello, e a poco
 
a poco, dal 1904 in poi, la loro presenza nel movimento operaio si fece notare
sempre più, fino a divenire preponderante nella sua ala sinistra rappresentata dalla
&lt; &lt;«Unione Sindacale Italiana&gt; &gt;», specie dal 1914 in poi. Il successo divenne poi
travolgente e più rapido in Francia, dove per qualche anno - dal 1902 al 1911
circa - si può dire che il sindacalismo ebbe un vero carattere rivoluzionario, con
Line 5 736 ⟶ 5 481:
 
Ma Malatesta nell'ora del successo non era già più completamente d'accordo
 
con tanti compagni, che pure si erano gettati nel movimento sindacale anche
perche' spronati dalla sua propaganda. Ho già citato un brano di lettera sua in
Line 5 756 ⟶ 5 500:
 
Pure nel 1906 Malatesta sperava ancora che dal movimento sindacale
 
francese potesse scatturire la scintilla rivoluzionaria. Alla vigilia del 1o mag-
gio di quell'anno, in cui era in previsione qualche cosa di grosso, si recò (come
s'è detto) a Parigi. &lt; &lt;«Il grande avvenimento - scriveva egli allora - e' che i
lavoratori francesi tentano uno sforzo organizzato per conquistare la giornata di
otto ore per azione diretta e si propongono di affrontare e vincere la resistenza
dei padroni mediante lo sciopero generale&gt; &gt;». Il fatto era importante, o almeno
egli sperava che diventasse importante, non per la riforma delle otto ore in se',
che &lt; &lt;«al pari di tutte le altre&gt; &gt;» avrebbe lasciato &lt; &lt;«intatte le basi della società
capitalistica&gt; &gt;», ma per lo spirito che animava il movimento e poteva spingere
il proletariato &lt; &lt;«finalmente a rompere le sue catene e ad inaugurare l'era nuova
di benessere e di libertà per tutti&gt; &gt;».1 Il movimento in realtà non ebbe l'esito
sperato; ed all'incirca da allora il sindacalismo francese entrò in un periodo di in-
voluzione dottrinaria e tattica all'inizio inavvertita, che doveva condurlo più tardi
Line 5 789 ⟶ 5 532:
come dottrina avvenieristica, sia dell'insurrezione come mezzo rivoluzionario.
 
&lt; &lt;«Ammetto tutta l'utilità, la necessità anzi della partecipazione attiva
 
degli anarchici al movimento operaio... Ma essa non e' utile che alla condizione
Line 5 814 ⟶ 5 557:
con la forza, la coscienza dei loro interessi particolari....
 
&lt; &lt;«è solo in vista d'una trasformazione completa della società che l'operaio
 
può sentirsi solidale con l'operaio, l'oppresso solidale con l'oppresso; ed e' fun-
Line 5 822 ⟶ 5 565:
piccoli vantaggi che può ottenere oggi qualche frazione della classe operaia, van-
taggi ottenuti d'altronde quasi sempre a danno di altri lavoratori e del pubblico
consumatore&gt; &gt;».1
 
&lt; &lt;«Il sindacato deve restar neutro, per poter restare aperto a tutti&gt; &gt;»; ma
gli anarchici debbono nel suo seno lavorare «con criteri propri, perche' esso
 
gli anarchici debbono nel suo seno lavorare &lt; &lt;con criteri propri, perche' esso
diventi di fatto sempre più rivoluzionario, sempre più socialista, sempre più an-
archico&gt; &gt;». Il grave errore del sindacalismo come dottrina consiste nel sostenere
che &lt; &lt;«il fatto solo del sindacato operaio ha una virtù speciale che deve auto-
maticamente, quasi senza la coscienza e la volontà degli operai associati, portare
all'emancipazione dal gioco capitalistico ed alla costituzione di una nuova soci-
Line 5 836 ⟶ 5 578:
indipendentemente dalle influenze esterne ed extra-economiche, essa e' piuttosto
quella di dividere la massa in corporazioni chiuse, lottanti per interessi particolari
in opposizione agli interessi della generalità&gt; &gt;».1 Intorno a queste idee Malatesta
sostenne ripetute polemiche nel 1913-14 con James Guillaume, Armando Borghi,
Livio Ciardi, Biteli, ecc. difendendo il suo punto di vista.
Line 5 843 ⟶ 5 585:
 
<hr>
Egli vedeva, fra l'altro, una deviazione particolarmente pericolosa del sinda-sindacalismo nella tendenza a fare dello sciopero generale un sostitutivo dell'insurrezione,
 
calismo nella tendenza a fare dello sciopero generale un sostitutivo dell'insurrezione,
a intenderlo come il mezzo delle braccia incrociate sufficiente a costringere la
borghesia alla resa per fame. Lo sciopero generale e' bensì, secondo Malatesta,
&lt; &lt;«un mezzo per tirare in piazza le masse, per provocare, per lanciare l'insurrezione
e facilitarne il successo... e' il mezzo migliore non solo perche' esso impegna
grandi masse di popolo su tutti i punti del paese e costringere il governo a dis-
Line 5 854 ⟶ 5 594:
perche' mette fin dal principio sul tappeto la questione economica, ed impedisce
che il moto abbia ad esaurirsi con un semplice cambiamento politico. Ma bisogna
ch'esso sia fatto allo scopo insurrezionale, che diventi subito insurrezione&gt; &gt;».2
La lotta armata e' la cosa più importante, che non deve essere subordinata al
fatto materiale dell'astensione del lavoro; la quale astensione deve essere intesa
Line 5 861 ⟶ 5 601:
 
Nel 1922 tornava Malatesta a mettere in guardia gli operai, specialmente
gli anarchici, contro «l'ubriacatura sindacalista» perche' «non prendessero
 
gli anarchici, contro &lt; &lt;l'ubriacatura sindacalista&gt; &gt; perche' &lt; &lt;non prendessero
per un mezzo unico e sicuro di rivoluzione, una forma di lotta che ha in se' molta
potenzialità rivoluzionaria, ma può anche, se abbandonata alle sue naturali ten-
denze, divenire uno strumento di conservazione del privilegio e di adattamento
delle masse più evolute alle presenti istituzioni sociali&gt; &gt;». &lt; &lt;«Il sindacalismo,
che vuol essere una dottrina ed una pratica a se', e pretende che l'organizzazione
operaia, fatta a scopo di resistenza e di lotta attuale pei miglioramenti attual-
mente conseguibili, porti naturalmente, col suo crescere ed alargarsi, alla com-
pleta trasformazione delle istituzioni sociali, e sia condizione e garanzia di una
società ugualitaria e libertaria &lt; &lt;«è completamente in errore&gt; &gt;». Al contrario
&lt; &lt;«il sindacalismo operaio e' per sua natura riformista e non già rivoluzionario;
il rivoluzionarismo vi deve essere immesso, sviluppato e mantenuto per l'opera
costante dei rivoluzionari che agiscono fuori e dentro del suo senso, ma non può
essere la esplicazione naturale e normale della sua funzione...
 
&lt; &lt;«Gli interessi attuali ed immediati degli operai associati... sono molto
 
spesso in opposizione colle aspirazioni ideali ed avvenieristiche... Ed in pratica
avviene sovente che, malgrado la conclamata solidarietà proletaria, gli interessi
Line 5 899 ⟶ 5 637:
rivoluzionario. Ma e' un mezzo che ha i suoi inconvenienti e i suoi pericoli. E
noi anarchici dobbiamo adoperarci per neutralizzare gli inconvenienti, parere i
pericoli, ed utilizzare più che si può il movimento ai fini nostri&gt; &gt;».1
 
A Malatesta &lt; &lt;sembra un errore l'idea dei sindacalisti, che pretendono che
 
A Malatesta «sembra un errore l'idea dei sindacalisti, che pretendono che
l'organizzazione operaia di oggi servirà di quadro alla società futura... I quadri
dell'organizzazione operaia attuale corrispondono alle condizioni odierne della
Line 5 908 ⟶ 5 645:
italistica. E la nuova società non può realizzarsi, se non rompendo quei quadri
e creando organismi nuovi, corrispondenti alle nuove condizioni ed ai nuovi fini
sociali&gt; &gt;».2
 
Però egli ammetteva che i sindacati possano essere utilizzati come organi
 
per lo meno provvisori, atti a continuare in qualche modo l'organizzazione della
produzione e della distribuzione, che non potranno subire interruzioni anche in
Line 5 918 ⟶ 5 654:
sindacati, ma anche per le cooperative; però insisteva nel sostener che la loro
utilità può essere neutralizzata da un ideale rivoluzionario e libertario superiore
agli interessi immediati. &lt; &lt;«Possono cioè (sindacati e cooperativa)) essere organi,
oggi, di conservazione o trasformazione sociale, servire domani la relazione o la
rivoluzione, secondo che si limitino alla loro funzione propria di diffusori degli
interessi attuali dei soci, o siano animati e travagliati dallo spirito anarchico, che
fa loro dimenticare gli interessi in omaggio agli ideali&gt; &gt;»... Insomma &lt; &lt;«i sinda-
cati saranno utilissimi nel periodo rivoluzionario, ma a condizione di essere... il
meno sindacalisti possibile&gt; &gt;».3
 
A proposito di certe tendenze di anarchici a costituire organizzazioni sinda-
 
cali con programma od etichetta anarchica, - anarcosindacaliste russe e tedesche
e sindacali anarchiche sud americane - Malatesta vi si dichiarò sempre con-
trario. Come abbiam visto egli parlava sempre di sindacati &lt; &lt;«aperti a tutti&gt; &gt;».
&lt; &lt;«Perche' il sindacato possa servire al suo proprio scopo di difendere gli inter-
 
125
Line 5 943 ⟶ 5 678:
movimento anarchico e rivoluzionario ed il movimento sindacalista finisce, o col
rendere il sindacato impotente al suo scopo specifico, o con l'attenuare, falsare,
spegnere lo spirito anarchico&gt; &gt;».1
 
==Organizzazione anarchica==
 
ANCHE SULLA QUESTIONE dell'organizzazione degli anarchici per
 
gli scopi della propaganda e della lotta, Malatesta s'è trovato a polemizzare di
continuo con gli anarchici avversari dell'organizzazione stessa.1 Spesso questa
Line 5 963 ⟶ 5 697:
quasi sempre.
 
&lt; &lt;«Vi sono degli anarchici i quali, pur ammettendo che gli uomini debbono
 
organizzarsi per la difesa delle loro idee, e dei loro interessi, veggono sempre
nell'organizzazione un'autorità; e perciò l'accettano a malincuore... e sperano
Line 5 974 ⟶ 5 707:
tradizione tra l'idea anarchica e l'idea di organizzazione, l'anarchia non possa
esistere, non possa concepirsi se non come l'organizzazione libera, fatta dagli in-
teressati stessi, di tutti gli interessi comuni&gt; &gt;».1 Queste sue parole spiegano il
perchè dell'insistenza di Malatesta a propagare l'organizzazione come idea e
come metodo e a combattere in mezzo agli anarchici tanto la differenza di chi
Line 5 985 ⟶ 5 718:
 
Questa avversione e diffidenza di una notevole parte di anarchici per l'organizzazione,
 
risale al periodo immediatamente susseguente alla fine della Ia Internazionale, in-
torno al 1880. Essa si manifestò chiaramente al Congresso Internazionale di
Line 5 996 ⟶ 5 728:
 
Secondo Malatesta l'avversione per l'organizzazione di tanti anarchici si
 
spiega storicamente con gli errori di autoritarismo in cui era caduta la Ia Inter-
nazionale, anche nel suo ramo bacuniano. Fu da allora che &lt; &lt;«s'incominciò a
predicare e sperimentare la disorganizzazione, e si volle levare a principio l'isolamento,
il disprezzo degli impegni presi e l'insolidarietà, quasi fossero una conseguenza
del programma anarchico, mentre invece ne sono la più completa negazione&gt; &gt;».1
(In quel primo tempo, di individualismo non si parlava ancora e gli antiorganizza-
tori solevano chiamarsi &lt; &lt;«autonomisti&gt; &gt;»). &lt; &lt;«La necessità della organizzazione
nella vita sociale, e quasi direi la sinonimia tra organizzazione e società, e' cosa
tanto evidente che si stenta a credere come la si sia potuto negare&gt; &gt;». Pure il
fenomeno ha la sua spiegazione nella funzione specifica e caratteristica del movi-
mento anarchico di opposizione radicale all'organizzazione sociale attuale e nel
fatto che &lt; &lt;«gli uomini e i partiti sono soggetti a lasciarsi assorbire dalla ques-
tione che più direttamente li riguarda, dimenticando tutte le questioni connesse,
a guardare più la forma che la sostanza, infine a vedere le cose da un lato solo e
perdere così la giusta nozione della realtà.
 
&lt; &lt; «Il movimento anarchico cominciò come reazione contro lo spirito di
 
autorità, dominante nella società civile, nonchè in tutti i partiti e tutte le orga-
nizzazioni operaie, e si e' andato ingrossando man mano di tutte le rivolte soll-
Line 6 031 ⟶ 5 761:
meno informarsi di quello che fa l'altro, tutto si sarebbe spontaneamente armoniz-
zato; che anarchia significa che ogni uomo deve bastare a se stesso e farsi da sè
tutto quello che gli occorre senza scambio e senza lavoro associato...&gt; &gt;». Questi
errori sono poi stati aggravati dall'esagerato spirito di coloro che, una volta ac-
cettate certe premesse sbagliate, &lt; &lt;«ne tirano le conseguenze fino all'ultimo e, se
così vuole la logica, arrivano senza scomporsi alle più grandi assurdità, alla
negazione dei fatti più evidenti&gt; &gt;». E la premessa sbagliata, &lt; &lt;«l'errore fonda-
mentale degli anarchici avversari dell'organizzazione e' il credere che non sia pos-
sibile organizzazione senza autorità - ed il preferire, ammessa quella ipotesi, pi-
uttosto di rinunziare a qualsiasi organizzazione che accettare la minima autorità.
 
&lt; &lt;«Ora, che l'organizzazione, vale a dire l'associazione per uno scopo de-
 
terminato e con le forme ed i mezzi necessari a conseguire quel fine, sia una cosa
necessaria alla vita sociale ci pare evidente. L'uomo isolato non può vivere nem-
Line 6 055 ⟶ 5 784:
utilizzano i mezzi che la società mette a loro disposizione...
 
&lt; &lt;«Anarchia significa società organizzata senza autorità, intendendosi per
 
autorità la facoltà di imporre la propria volontà e non già il fatto inevitabile e
benefico che chi meglio intende e sa fare una cosa riesce più facilmente a far ac-
Line 6 066 ⟶ 5 794:
essere organizzazione senza autorità, noi saremmo autoritari, perchè preferiamo
ancora l'autorità, che inceppa ed addolora la vita, alla disorganizzazione che la
rende impossibile&gt; &gt;».1
 
Tutto questo per ciò che riguarda l'organizzazione in generale nella soci-società e l'idea di una futura organizzazione sociale anarchica. Però questi concetti
si applicano al caso specifico dell'organizzazione anarchica, «politica» o di
 
età e l'idea di una futura organizzazione sociale anarchica. Però questi concetti
si applicano al caso specifico dell'organizzazione anarchica, &lt; &lt;politica&gt; &gt; o di
 
128
 
<hr>
&lt; &lt;«partito&gt; &gt;» (come e' stata chiamata talvolta anche da Malatesta), nella lotta e
nella propaganda in seno e contro la società attuale. Bisogna però avvertire che
Malatesta dava a queste parole &lt; &lt;«politica&gt; &gt;» e &lt; &lt;«partito&gt; &gt;» un senso che non
deve confondersi con quello dato dai politicanti e dagli autoritari. &lt; &lt;«Politica,
secondo lui, e' ogni attività che ha per oggetto particolarmente gli organismi
politici e soprattutto lo Stato, sia pure per negarli o combatterli, la lotta contro il
Line 6 085 ⟶ 5 811:
l'insurrezione, gli attentati contro i capi del governo, e così via; e la parola e' ad-
operata più che altro per distinguere certi fatti da altri di carattere economico, o
religioso, o scientifico, ecc. &lt; &lt;«Partito&gt; &gt;» e' semplicemente l'insieme di tutti col-
oro che combattono per un dato scopo politico-sociale, con gli stessi intendimenti
e criteri, indipendentemente dalle loro forme specifiche di organizzazione, ed an-
Line 6 091 ⟶ 5 817:
questioni di parole; e non esitava a lasciar da parte una data terminologia, quando
si accorgeva che essa poteva dar luogo ad equivoci. Per esempio, mentre prima
del 1900 soleva spesso parlare del &lt; &lt;«partito anarchico&gt; &gt;»,2 in seguito preferiva
parlare dell'anarchismo, come fatto generale, oppure di unione, federazione, ecc.,
nel caso di organizzazioni anarchiche determinate.
 
Ma nella sostanza le sue idee sull'argomento non variarono. &lt; &lt;«Ammessa
 
possibile l'esistenza di una collettività organizzata senza autorità, cioè senza
coazione - e per gli anarchici e' necessario ammetterlo, perchèaltrimenti l'anarchia
non avrebbe senso&gt; &gt;» - anche l'organizzazione anarchica ci sembra &lt; &lt;«utile e nec-
essaria. Se partito significa l'insieme d'individui che hanno uno scopo comune e
si sforzano di raggiungere questo scopo, e' naturale ch'essi s'intendano, uniscano
Line 6 107 ⟶ 5 832:
deboli forze dei singoli, significa condannarsi all'impotenza, sciupare la propria
energia in piccoli atti senza efficacia e ben presto perdere la fede nella meta e
cadere nella completa inazione&gt; &gt;».1
 
Alcuni anarchici sogliono dire che non sono un partito, e che non hanno
programma. Un tal linguaggio sarebbe comprensibile «se si trattasse di studiosi
 
programma. Un tal linguaggio sarebbe comprensibile &lt; &lt;se si trattasse di studiosi
che cercano il vero senza curarsi delle applicazioni pratiche... : essi (gli studiosi)
vogliono conoscere, non vogliono fare qualche cosa. Ma anarchia e socialismo
Line 6 122 ⟶ 5 846:
<hr>
quelli che vogliono concorrere ad attuare l'anarchia, e che perciò han bisogno di
fissarsi uno scopo da raggiungere ed una via da percorrere...&gt; &gt;».2 Dunque gli an-
archici sono un partito ed hanno un programma, anche per quelli cui queste parole
dispiacciono.
 
Ma la ragione addotta da quegli anarchici che sono avversi all'organizzazione,
e' che questa crea dei capi, delle autorità. «Se e' vero, se e' vero cioè che
 
e' che questa crea dei capi, delle autorità. &lt; &lt;Se e' vero, se e' vero cioè che
gli anarchici sono incapaci di riunirsi ed accordarsi tra loro senza sottoporsi ad
un'autorità ciò vuol dire che essi sono ancora molto poco anarchici e che prima
di pensare a stabilire l'anarchia nel mondo debbono pensare a rendersi capaci
essi stessi di vivere anarchicamente&gt; &gt;»... Ma anche allora il rimedio sta &lt; &lt;«nella
cresciuta coscienza dei singoli membri, e non nella non organizzazione. Al con-
trario, nelle piccole come nelle grandi comunità, a parte la forza brutale di cui non
Line 6 150 ⟶ 5 873:
sibilità di fare una cosa: questo e' vero tra noi, come nella società in generale.
E' nella cooperazione degli altri uomini che l'uomo trova i mezzi per esplicare la
sua attività, la sua potenza d'iniziativa&gt; &gt;»1.
 
&lt; &lt;La differenza tra l'organizzazione anarchica e quella statale... e' che
 
«La differenza tra l'organizzazione anarchica e quella statale... e' che
l'organizzazione anarchica e' volontaria, fatta liberamente dagli interessati per gli
scopi loro e quindi sempre adattabile al cambiamento degli interessi e delle opin-
Line 6 168 ⟶ 5 890:
<hr>
stessi scopi suoi, per trovare nell'associazione la potenza che gli mancherebbe se
restasse isolato&gt; &gt;».1
 
In quanto alle forme di organizzazione anarchica, essa non può che pren-
dere quelle che le circostanze consigliano e impongono. Possono essere «diversi
 
dere quelle che le circostanze consigliano e impongono. Possono essere &lt; &lt;diversi
i criteri con cui si formeranno i gruppi di propaganda e quelli di azione: vi saranno
gruppi isolati, cui la natura dei fatti che compiono non permette di comunicare i
Line 6 180 ⟶ 5 901:
permanenti e gruppi transitorii, che si sciolgono appena compiuto l'atto per cui si
formano; e così di seguito per tutte quelle forme di aggruppamento che si creder-
anno convenienti&gt; &gt;».2 Non si vuole quindi un'organizzazione unica, &lt; &lt;«una sola
mastodontica associazione&gt; &gt;»... bensì molteplici &lt; &lt;«aggruppamenti modificabili
a seconda del modificarsi delle idee e degli interessi; aggruppamenti minuscoli
quando si tratta di uno scopo comune a pochi individui, transitorii quando si
tratta di interessi transitorii; ma tanto più vasti e duraturi quanto più gli scopi
da raggiungere sono comuni a gran numero di persone ed hanno bisogno del con-
corso di molti e sono di carattere permanente. &lt; &lt;La preparazione materiale per
l'insurrezione domanda forse altro genere di organizzazione&gt; &gt;».1
 
Ad un compagno che gli obiettava di volere bensì la solidarietà e la cooper-
azione, ma di voler praticarle «senza organizzazione» per mezzo dell'associazione,
 
Malatesta rispondeva: Questione di parole! «Il nome non fa nulla alla cosa.
azione, ma di voler praticarle &lt; &lt;senza organizzazione&gt; &gt; per mezzo dell'associazione,
Malatesta rispondeva: Questione di parole! &lt; &lt;Il nome non fa nulla alla cosa.
Si chiami organizzazione, associazione, unione, partito, o come si voglia, ogni
aggruppamento di persone riunite per uno scopo comune cade sotto il dominio
Line 6 199 ⟶ 5 919:
In realtà organizzazione e asociazione sono sinonimi o quasi. Forse, se v'è dif-
ferenza, essa e' che l'associazione e' il concetto astratto e l'organizzazione e'
l'associazione realizzata&gt; &gt;».2
 
Malatesta annetteva molta importanza all'organizzazione &lt; &lt;«vasta e du-duratura», con criteri organici e forme determinate, per la propaganda e l'agitazione
 
ratura&gt; &gt;, con criteri organici e forme determinate, per la propaganda e l'agitazione
pubblica. Egli la concepiva secondo la vecchia formula dell'individuo libero nel
gruppo, del gruppo libero nella federazione, della federazione libera nella Inter-
Line 6 221 ⟶ 5 939:
e magari senza rendersene conto, hanno in qualche occasione proposto metodi
ed idee di organizzazione in cui egli scorgeva difetti, errori o germi di autori-
tarismo. Leggere, per esempio, la sua critica ad un progetto di &lt; &lt;«piattaforma
d'organizzazione&gt; &gt;» di un gruppo di compagni russi esiliati propostaci a Parigi
nel 1926-27.1
 
L'importante perchè una organizzazione di anarchici riesca quanto più e'
 
possibile anarchica, e' che tutti i suoi componenti partecipino alla sua attività
direttamente, e che l'organizzazione sia attiva e risponda a un bisogno reale.
&lt; &lt; «L'esperienza c'insegna che le organizzazioni che si fanno per iniziativa di
pochi e senza che il bisogno sentito da molti lo imponga, con la speranza che
poi s'ingrandiranno e troveranno il da fare, o restano sterili e muoiono, oppure
confondono il mezzo col fine, diventano fine a loro stesse e consumano le loro
forze in inutili formalità e riescono ostacolo anzichè aiuto al movimento&gt; &gt;». Per
ciò pessimo sistema e' quello di certi compagni che sorgono a un tratto a pro-
porre vaste federazioni e magari internazionali, senza essersi curati prima del più
importante; e l'importante e' &lt; &lt;«di continuare a formare gruppi, moltiplicare le
relazioni fra questi gruppi e riunirli in federazioni locali, provinciali e regionali.
Se poi le necessità reali del lavoro domandassero veramente la costituzione for-
male di una federazione nazionale allora la domanda sorgerebbe da mille parti e
sarebbe giustificato ed utile il farlo&gt; &gt;».2
 
&lt; &lt;Desideriamo che gli aggruppamenti anarchici si moltiplichino e si al-
 
«Desideriamo che gli aggruppamenti anarchici si moltiplichino e si al-
larghino. Si faccia una federazione, se ne facciano due, se ne facciano cento:
l'importante e' che ciascuno trovi l'ambiente che gli conviene, che ciascuno possa
Line 6 261 ⟶ 5 977:
la nostra disciplina non e' ubbidienza al volere di minoranze o maggioranze, ma
e' volontario rispetto delle convinzioni affermate, e' coerenza logica e morale con
noi stessi&gt; &gt;».1
 
&lt; &lt;Deploriamo che vi sia, anche in mezzo a noi, chi non pensa con la
 
«Deploriamo che vi sia, anche in mezzo a noi, chi non pensa con la
propria testa ed aspetta l'opinione di Tizio e di Caio quando la logica delle idee
professate dovrebbe bastare a deciderlo; e riconosciamo il pericolo sempre pre-
Line 6 273 ⟶ 5 988:
in autorità effettiva e nefasta. Dopo tutto la base di tutto e' sempre la coscienza
dell'individuo, di ciascun individuo; e questa coscienza tanto più si sviluppa e si
eleva quanti più sono i contatti, le discussioni, le cose fatte in comune&gt; &gt;».2
 
Combattendo le idee degli antiorganizzatori anarchici, Malatesta era però
 
convinto che questi siano in realtà meno avversari dell'organizzazione di quello
ch'essi stessi dicono, almeno nella pratica. &lt; &lt;«Così noi vediamo sovente gli an-
tiorganizzatori meglio organizzati di coloro che predicano sempre l'organizzazione;
come d'altra parte, vediamo sovente più residui autoritari nei gruppi proclamanti
la libertà assoluta dell'individuo, che negli altri accusati d'avere tendenze autori-
tarie, perchè si dicono partigiani dell'organizzazione&gt; &gt;».1
 
Insomma, quando si tratta di gente che vuol fare e non di chi non fa nulla,
 
o fa solo le rare cose cui bastano le forze dell'individuo isolato, il dissenso e'
piuttosto frutto di equivoci e di reciproca incomprensione: questione di parole, in-
Line 6 297 ⟶ 6 010:
 
Anche per l'organizzazione, come per l'anarchia in generale, ciò che in-
 
teressava a Malatesta era lo spirito più che la lettera, la convinzione cosciente
più che le forme appariscenti. Se nelle forme esteriori o nella fredda lettera
l'organizzazione riusciva difficile, o durava poco, ma non c'era da perdersi d'animo:
&lt; &lt;«Noi siamo neppure riusciti a fare la rivoluzione.... eppure il non aver vinto an-
cora non basta per farci cessare dal combattere.... Del resto, più che l'organizzazione
effettiva, regolare, la quale trova enormi difficoltà nelle condizioni dell'oggi -
Line 6 316 ⟶ 6 028:
un'organizzazione può disfarsi mille volte, per difficoltà interne o per violenze
esterne; ma il lavoro fatto durante il tempo in cui e' esistita non e' mai perduto, e
tosto riprende più forte di prima&gt; &gt;».1
 
Questo, Malatesta scriveva nel 1899. Quando, al suo ritorno ultimo in
 
Italia nel 1919 l'organizzazione anarchica era già possibile e si era concretata
nella &lt; &lt;«Unione Anarchica Italiana&gt; &gt;», egli vi partecipò con entusiasmo e tutta
l'attività possibile.2 Ma anche più tardi, quando la reazione fascista di nuovo
schiantò ogni forma di vita libera, ed anche l'organizzazione anarchica si rese im-
possibile - almeno nelle sue estrinsecazioni palesi e pubbliche - tornò a ripetere,
quasi con le stesse parole, ciò che aveva detto trent'anni prima: &lt; &lt;«Per conto
mio, più che alle organizzazioni ed alle associazioni, che si fanno e si disfanno,
dò importanza allo spirito di associazione, od organizzazione che dir si voglia.
Quando questo spirito c'è, l'organizzazione, o associazione, sorge appena v'è il
bisogno e la possibilità&gt; &gt;».1
 
==Revisionismo anarchico==
 
NEGLI ULTIMI ANNI della vita di Malatesta aveva cominciato a serpeg-
 
giare in mezzo al movimento anarchico un senso d'incertezza e quasi di smarri-
mento, attraverso tendenze vaghe e imprecise a rimettere in discussione i principii
Line 6 344 ⟶ 6 054:
degli anarchici, siano secondo loro errate e che cosa ad esse di concreto vor-
rebbero sostituire, l'impressione che faceva il loro linguaggio è che nel fondo
i &lt; &lt;«revisionisti&gt; &gt;» - come molti di loro amavano chiamarsi - non si sentissero
più anarchici come gli altri e fossero presi da una specie di nostalgia autoritaria,
da cui erano portati a patrocinare metodi di lotta e criteri di condotta in contrasto
Line 6 350 ⟶ 6 060:
 
A Malatesta, già prigioniero della coercizione fascista, non sfuggivano
 
questi sintomi, poiche' gli amici riuscivano a fargli pervenire ogni tanto giornali
 
Line 6 357 ⟶ 6 066:
<hr>
o ritagli di articoli in cui quelle tendenze si manifestavano. Egli se ne è occupato
spesso ed a lungo, combattendole. Non che il &lt; &lt;«rivedere&gt; &gt;» le proprie idee fosse
ripugnante allo spirito malatestiano. Al contrario, egli era stato un &lt; &lt;«revisore&gt; &gt;»
per tutta la vita, da quando nel 1876 &lt; &lt;«rivedeva&gt; &gt;» il collettivismo bakuniano,
e poi man mano l'individualismo, il fatalismo marxista e quello kropotkiniano,
il sindacalismo, ecc. Ma il suo era stato sempre un revisionismo nel senso an-
Line 6 374 ⟶ 6 083:
 
Già fin dal 1913, a proposito di un compagno che proponeva di rivedere
il programma anarchico in senso educazionista, abbandonando «il vecchio motivo insurrezionistico» - la discussione dell'argomento qui non importa, poiche'
 
il programma anarchico in senso educazionista, abbandonando &lt; &lt;il vecchio mo-
tivo insurrezionistico&gt; &gt; - la discussione dell'argomento qui non importa, poiche'
delle idee sull'insurrezione di Malatesta s'è parlato abbastanza - egli osservava:
&lt; &lt;«Di tanto in tanto vien fuori, anche nel campo nostro, qualcuno che, pur prote-
stando che conserva sempre le stesse idee ed è sempre disposto a combattere per
il loro trionfo, annunzia a suon di gran cassa la necessità di una revisione tat-
Line 6 392 ⟶ 6 099:
disti, noi miriamo ad essere un partito di azione e non un'accademia di indagatori.
 
&lt; &lt;«Il giorno in cui noi dubitassimo della nostra via ci ritrarremo della lotta
 
per sottomettere a rigoroso esame il nostro pensiero e la nostra coscienza, e non
ritorneremmo in campo se non quando ci fossimo rifatti una nuova convinzione,
Line 6 406 ⟶ 6 112:
che restano o diventano anarchici e rivoluzionari, per invitare le masse a fare certe
determinate cose in vista di certi determinati fini, e non già per proporre loro dei
problemi da risolvere&gt; &gt;».1
 
Ma una vera e propria polemica sul revisionismo cominciò verso il 1924,
 
quando, passate le fuggevoli prime illusioni sul bolscevismo russo, ma restate
nel fondo di alcuni compagni delle innegabili tendenze autoritarie, questi ultimi
Line 6 417 ⟶ 6 122:
rivoluzione.
 
Ad un compagno di Roma che sosteneva ciò, Malatesta obiettava: &lt; &lt;«Siccome
 
anarchia significa libertà, imporre l'anarchia vorrebbe dire costringere la gente ad
essere libera! Chi non vede l'assurdità della contraddizione?&gt; &gt;». Per obbligare
la gente per forza &lt; &lt;«occorrerebbe un governo (lo si chiami pure come si vuole)
fondato su di una burocrazia... e su di una forza militare, reclutata come sia, ma
ubbidiente agli ordini dei governanti...&gt; &gt;». Il fatto che i governanti si dicessero
anarchici non cambierebbe nulla alla cosa. &lt; &lt;«O si crede che noi, solo perche'
ci diciamo anarchici, siamo di tanto migliori degli altri? Ed anche dato e non
concesso che noi fossimo incorruttibili ed omniscienti per eccellenza, si crede che
Line 6 432 ⟶ 6 136:
care le iniziative dei singoli sostituendo la volontà nostra a quella degli altri?
Camminare verso l'anarchia non può significare il rinnegamento dell'anarchismo
mediante la costituzione d'un governo di sedicenti anarchici&gt; &gt;».1
 
Caso curioso, vi fu in quel tempo qualcuno che, atteggiandosi a &lt; &lt;«puro&gt; &gt;»
dell'anarchismo, volle vedere proprio in Malatesta un «revisionista» meno-
 
dell'anarchismo, volle vedere proprio in Malatesta un &lt; &lt;revisionista&gt; &gt; meno-
mante i principii anarchici. In realtà nell'articolo che aveva dato occasione a
quelle critiche, Malatesta, accennato brevemente a certe esagerazioni o errori di
ottimismo e facilonismo in cui incorre talvolta certa propaganda anarchica, non
aveva fatto che ripetere quello che aveva detto sempre, sulla necessità di &lt; &lt;«un
programma pratico attuabile l'indomani stesso della insurrezione vittoriosa, tale
che senza violare la libertà di nessuno permettesse a noi di attuare, o cominciare
l'attuazione delle nostre idee, ed attirasse a noi le masse con l'esempio e con la
prova della superiorità dei nostri metodi&gt; &gt;». &lt; &lt;«Bisogna tendere a quel che si
 
136
 
<hr>
vuole, facendo quel che si può&gt; &gt;»;2 ma non facendo il contrario di quel che si
vuole, non realizzare per realizzare a qualunque costo, anche violando la libertà
altrui. Qui è la differenza essenziale del revisionismo libertario, insito nelle idee
Line 6 455 ⟶ 6 158:
toritario o inficiato da tendenze autoritarie.
 
&lt; &lt;«Non è di revisione che si tratta, ma di sviluppo delle idee e della loro
 
applicazione... Che fare dunque? Provocare, se ci è possibile, noi stessi il movi-
mento, parteciparvi in ogni modo con tutte le nostre forze, imprimervi il carattere
Line 6 462 ⟶ 6 164:
di progresso, difendere il meglio quando non si può raggiungere l'ottimo; ma
conservare sempre ben distinto il nostro carattere di anarchici che non vogliono il
potere e mal sopportano che altri lo prenda&gt; &gt;».1 è altresì &lt; &lt;«tempo di finirla con
quella rettorica che voleva compendiare tutto il programma anarchico nel famoso
demoliamo&gt; &gt;»; demoliamo, sì, ogni tirannia ed ogni privilegio, ma &lt; &lt;«per abolirli
non occorre rinunciare a nessuno dei portati dell'ingegno e del lavoro umano... ed
intanto lavorare in tutti i rami per migliorarci e migliorare... Prepararsi intellettual-
mente e materialmente alla funzione pratica spettante agli anarchici&gt; &gt;», cercando
fin da ora la soluzione &lt; &lt;«adattabile alle varie circostanze che possono presentarsi
nello svolgersi della vita sociale prima, durante e dopo la rivoluzione&gt; &gt;». &lt; &lt;«Per
conto mio, io credo che non vi sia una soluzione ai problemi sociali, ma mille
soluzioni diverse e variabili, come è diversa e variabile, nel tempo e nello spazio,
la vita sociale&gt; &gt;».2
 
Ho già accennato, esponendo le idee di Malatesta sull'organizzazione,
 
alle critiche di questi ad un progetto o piattaforma di organizzazione anarchica di
un gruppo di compagni russi emigrati a Parigi (1926). Si trattava di una specie
di revisionismo&gt; &gt;» che, senza dirsi tale, applicava le sue tendenze autoritarie
alla tattica anarchica nel movimento e nella lotta. Come Malatesta intendeva
l'organizzazione degli anarchici è stato già detto ed è inutile ripetere. Ciò
ch'egli criticava nei &lt; &lt;«piattaformisti&gt; &gt;» (come vennero chiamati allora i pro-
ponenti della &lt; &lt;«piattaforma&gt; &gt;» e quelli che li seguivano) era &lt; &lt;«l'idea di riu-
nire tutti gli anarchici in una sola colletività rivoluzionaria attiva&gt; &gt;», perche'
praticamente &lt; &lt;«irrealizzabile&gt; &gt;», e se realizzabile , col risultato di &lt; &lt;«mettere
fuori dell'anarchismo&gt; &gt;», di &lt; &lt;«scomunicare&gt; &gt;» tutti gli anarchici che non ac-
cettassero il programma dell'organizzazione. Criticava la struttura della proposta
organizzazione, consistente in tante organizzazioni parziali con segretariati che
ne dirigerebbero ideologicamente l'opera politica e tecnica, tutte a loro volta
dirette da un &lt; &lt;«comitato esecutivo dell'Unione&gt; &gt;», incaricato della esecuzione
delle decisioni prese e &lt; &lt;«della condotta ideologica e organizzativa delle organiz-
 
137
 
<hr>
zazioni&gt; &gt;». Ciò, secondo Malatesta, era &lt; &lt;«un governo ed una chiesa&gt; &gt;», non una
cosa anarchica. Ben lungi dal facilitare il trionfo dell'anarchismo, non poteva che
falsare lo spirito anarchico e portare a conseguenze contrarie a quelle volute dagli
anarchici.
 
Poiche' i &lt; &lt;«piattaformisti&gt; &gt;» giustificavano i loro criteri autoritari di tattica
col «principio della responsabilità collettiva», che essi le davano come base,
 
secondo cui «tutta l'Unione comunista anarchica sarà responsabile dell'attività
col &lt; &lt;principio della responsabilità collettiva&gt; &gt;, che essi le davano come base,
rivoluzionaria e politica dell'Unione» - Malatesta notava e dimostrava che tale
secondo cui &lt; &lt;tutta l'Unione comunista anarchica sarà responsabile dell'attività
principio «è la negazione assoluta di ogni indipendenza individuale e di ogni
rivoluzionaria e politica dell'Unione&gt; &gt; - Malatesta notava e dimostrava che tale
libertà d'iniziativa e di azione».1 In una replica più tardi insisteva: «La re-
principio &lt; &lt;è la negazione assoluta di ogni indipendenza individuale e di ogni
libertà d'iniziativa e di azione&gt; &gt;.1 In una replica più tardi insisteva: &lt; &lt;La re-
sponsabilità collettiva, se non è la cieca sottomissione di tutti alla volontà di
alcuni, è una assurdità morale in teoria, e, in pratica la irresponsabilità gen-
Line 6 513 ⟶ 6 213:
dominazione, nelle sue diverse manifestazioni politiche, militari, ecclesiastiche,
ecc. ha potuto ritenere responsabili gli uomini di ciò che questi non hanno fatto
volontariamente&gt; &gt;».2
 
Ma l'errore principale che, pur se dissimulato, fa capolino in quasi tutti
 
gli scritti dei revisionisti è quello che crede utile una qualche autorità gover-
nativa nella rivoluzione e s'illude che si possa educare la gente alla libertà per
mezzo della coercizione, mentre è vero proprio il contrario. E quelli che sosten-
gono questo errore son proprio coloro che si atteggiano a &lt; &lt;«gente pratica&gt; &gt;»!
Ma, &lt; &lt;«come avviene spessissimo, quelli che più si vantano di essere pratici e
di non perdersi nei sogni, sono poi quelli che più sognano cose impossibili. In-
fatti, è chiaro che per impossessarsi del governo e non esporci ad un fiasco si-
Line 6 529 ⟶ 6 228:
forti, noi potremmo facilmente mettere la gente sulla buona via per mezzo della
propaganda e dell'esempio, e sviluppare e difendere la rivoluzione con metodo
perfettamente anarchico&gt; &gt;».1
 
A un certo momento di questa polemica Malatesta trovava necessario di
richiamare i suoi contraddittori a non cavillare sulla parola «governo»; a non
 
presentarla nel suo significato troppo generico come «le regole per ben con-
richiamare i suoi contraddittori a non cavillare sulla parola &lt; &lt;governo&gt; &gt;; a non
durre una casa o un'impresa», ecc., ma in quello specifico, «nel senso storico
presentarla nel suo significato troppo generico come &lt; &lt;le regole per ben con-
durre una casa o un'impresa&gt; &gt;, ecc., ma in quello specifico, &lt; &lt;nel senso storico
e politico della parola, quale è generalmente compreso e accettato, vale a dire di
un individuo o gruppo di individui che detiene il monopolio ed il comando di una
forza armata e se ne serve per imporre al popolo la sua volontà&gt; &gt;». E quindi, ricer-
 
138
 
<hr>
cando &lt; &lt;«la causa per la quale alcuni compagni... sono indotti a rimettere in dis-
cussione le basi stesse dell'anarchismo&gt; &gt;», trovava che &lt; &lt;«fenomeni simili si pro-
ducono in tutti i partiti all'indomani di una sconfitta&gt; &gt;». &lt; &lt;«Ma a me pare che, nel
caso nostro, questa ricerca affannosa di vie novelle, piuttosto che la conseguenza
di nuove e più ardite e più vere concezioni, sia l'effetto della persistenza di vec-
Line 6 554 ⟶ 6 252:
ancora impreparata, cadono nell'assurdo di volerla preparare coi metodi autori-
tari... essi vorrebbero fare il comunismo rimandando la libertà a più tardi, e vor-
rebbero educare il popolo alla libertà per mezzo della tirannia&gt; &gt;»... Ma &lt; &lt;«allora
essi, invece di spingere verso l'anarchia colla propaganda e con l'esempio, con-
tribuirebbero, volenti o nolenti, a strappare al popolo quelle conquiste ch'esso
avrebbe fatte nel periodo insurrezionale; farebbero insomma quello che han fatto
sempre tutti i governi&gt; &gt;».1
 
Ad un compagno che, pur protestando le intenzioni le più anarchiche, pro-
 
poneva di profittare della tendenza del popolo a voler fare un nuovo governo ap-
pena abbattuto il precedente, col dargli un governo di anarchici che non fosse gov-
erno, o lo fosse solo nelle apparenze, Malatesta obiettava: &lt; &lt;«Ma questo popolo,
accettando un governo aspetta che esso governi, cioè che emani ordini e decreti e
mandi dappertutto i suoi funzionari per farli eseguire&gt; &gt;». E se gli ordini non ven-
gono, e il governo non governa, allora il popolo ne crea o accetta un altro che gov-
erni davvero. Non si può educare il popolo a far senza del governo ed a fare per
quanto è possibile come se esso non ci fosse&gt;»(XXX &gt;punct). Volendo invece far &lt; &lt;«credere
al popolo che v'è un governo quando governo non vi fosse, non si riuscirebbe
che a paralizzarne l'azione... Facendo credere agli altri che sono condotti quando
invece camminano da soli&gt; &gt;» si darebbe l'educazione contraria a quella libertaria,
cioè un'educazione &lt; &lt;«che servirebbe a formare dei sudditi e non degli uomini
liberi, dei pappagalli e non degli uomini intelligenti&gt; &gt;».1
 
L'ansia della ricerca di vie sempre più pratiche e realizzatrici per gli an-
 
archici nella rivoluzione era pienamente condivisa da Malatesta; era stata anzi
una delle preoccupazioni più vive di tutta la sua vita di militante e di propa-
Line 6 584 ⟶ 6 280:
Bisogna studiare i problemi della condotta e della ricostruzione rivoluzionaria con
spirito di libertà e per risolverli nel senso della libertà. Ecco, fra l'altro, quat-
tro problemi che, secondo Malatesta, erano &lt; &lt;«per gli anarchici di tutti i paesi i
 
139
Line 6 598 ⟶ 6 294:
tutta la popolazione, cosa indispensabile perche', se qualcuno (individuo, partito
o classe) avesse il monopolio della forza armata, egli sarebbe in fin dei conti il
dominatore di tutto e di tutti&gt; &gt;».2
 
Nell'ultimo scritto di Malatesta, poco prima che il male gli fermasse la
mano per sempre, sullo stesso argomento d'un ipotetico «governo libertario»
 
che dovrebbe preparare ed educare le masse alla libertà, egli insisteva: «se è
mano per sempre, sullo stesso argomento d'un ipotetico &lt; &lt;governo libertario&gt; &gt;
che dovrebbe preparare ed educare le masse alla libertà, egli insisteva: &lt; &lt;se è
vero che si può e deve educare il popolo alla libertà ed al pieno godimento dei
suoi diritti, obbligandolo a fare quello che vogliono alcuni uomini che dispongono
Line 6 620 ⟶ 6 315:
s'intende, cioè quella che suppone il possesso dei mezzi per essere liberi.
 
&lt; &lt;«è una pericolosa illusione questa di voler creare un simulacro di un gov-governo per facilitare il trionfo dell'anarchia. Gli anarchici che potranno e dovranno,
 
erno per facilitare il trionfo dell'anarchia. Gli anarchici che potranno e dovranno,
nei prossimi rivolgimenti, esercitare in mezzo alle masse un'azione potente in fa-
vore della integrale emancipazione, non potrebbero, anche se ne avessero la forza
Line 6 628 ⟶ 6 321:
in questo caso sarebbero un governo come gli altri, forse peggiore degli altri.
 
&lt; &lt;«Disgraziatamente i revisionisti di cui si tratta qui, non sono i soli anar-
 
chici che, per illusione di essere pratici e di far presto, cadono nell'autoritarismo.
Io ebbi ad occuparmi altra volta dei piattaformisti russi; ora sento certe tendenze,
Line 6 639 ⟶ 6 331:
progetti anarco-sindacalisti che menerebbero alla più opprimente burocrazia. Sti-
amo in guardia contro le deviazioni, e non dimentichiamo il criterio fondamentale
dell'anarchismo: arrivare alla libertà per mezzo della libertà&gt; &gt;».1
 
=Parte terza: atteggiamenti=
Line 6 646 ⟶ 6 338:
 
QUANDO MALATESTA, nei primi mesi del 1920, ripeteva come un ritor-
 
nello ammonitore in quasi tutte le sue conferenze attraverso l'Italia, che bisognava
affrettare la rivoluzione, chè altrimenti si sarebbe pagata a lacrime di sangue
Line 6 656 ⟶ 6 347:
 
L'atteggiamento di Malatesta di fronte al fascismo, e come se ne sia vendi-
 
cato il fascismo dopo il trionfo, è noto. Qui mi limiterò a riassumere le opinioni
di Malatesta sul successivo svolgersi del fenomeno fascista dal primo affermarsi
Line 6 663 ⟶ 6 353:
 
Allorche' nell'ottobre 1920, Malatesta fu arrestato a Milano e chiuso in
 
carcere, dove doveva restare nove mesi e mezzo, il fascismo era ancora una cosa
tanto meschina che egli non aveva quasi avuto occasione alcuna d'occuparsene.
Aveva bensì destato contro di se' il sordo rancore di Mussolini, quando, appena
arrivato in Italia, avendogli questi rivolto degli opportunistici elogi dalle colonne
de Il Popolo d'Italia, egli rispose seccamente: &lt; &lt;«Chè se poi qualche giornale
borghese - borghese anche se si dice socialista - per iscopi suoi mi copre di fiori,
io non so che farci; mi conforta la coscienza di non meritare quegli elogi&gt; &gt;».1
Ma, all'infuori di un altro sdegnoso trafiletto contro &lt; &lt;«i signori fascisti, impu-
denti e manigoldi&gt; &gt;» del Comitato Centrale dei Fasci italiani di Combattimento,1
che lo avevano ingiuriato con un loro manifestino, per tutto quell'anno 1920 egli
non trovò necessario di scriver nulla contro il fascismo in particolare, poiche' la
Line 6 679 ⟶ 6 368:
 
Però durante la sua prigionia (ottobre 1920-luglio 1921) il fascismo aveva
 
avuto modo di svilupparsi, e al tempo del processo di Milano (27-29 luglio 1921)
era già padrone incontrastato di parecchie province, che teneva sotto un terrore
Line 6 697 ⟶ 6 385:
i fatti si sarebbero incaricati di far svanire.
 
&lt; &lt;«Questa lotta civile ripugna tutti - diss'egli tra l'altro. Ripugna a tutti
 
per sentimento elementare di comune umanità, e poi non giova a nessuno... Non
giova ai capitalisti... non ai proletari... non ai conservatori... Non giova a noi
che mal sapremo fondare sull'odio una società armonica, una società di liberi
di cui deve essere condizione e garanzia la tolleranza, il rispetto di tutte le opin-
ioni&gt; &gt;».2 Per lo meno era assai dubbio che le violenze fasciste, sia pure a caro
prezzo, potessero &lt; &lt;«non giovare&gt; &gt;» ai padroni ed ai reazionari; e solo era vero,
e Malatesta aveva tremendamente ragione, che nuocevano a noi e preparavano
un avvenire terribile al proletariato e a tutti gli uomini di liberi sensi. Sopratutto
Line 6 714 ⟶ 6 401:
assicuravan loro l'impunità, ai circoli di Corte di cui la regina-madre Margherita
di Savoia, all'incirca in quel tempo, esprimeva cinicamente il sentimento brutale
ad un capo delle bande nere (il De Vecchi) con le parole: &lt; &lt;«Non dovrei dirvelo,
ma fate bene a fare quel che fate&gt; &gt;».
 
Qualche traccia di quella prima impressione si trova ancora in uno o due
 
dei primi articoli di Malatesta in Umanità Nova a pochi giorni dall'uscita dal
carcere; ma già in essi si fa strada la chiara visione del combattente. Se &lt; &lt;«i
professionisti della violenza sicuri dell'impunità e di un congruo compenso, si
sono abbandonati a tutti gli eccessi e a tutti i delitti&gt; &gt;» gli è che han profittato
&lt; &lt;«delle paure di certi gruppi di agrari e d'industriali, dell'acquiscenza del gov-
erno e, purtroppo, dello smarrimento delle masse che, educate a votare e a lasciar
fare,non han potuto opporre resistenza adeguata&gt; &gt;». Vedeva che sarebbe stato in-
teresse del proletariato o della libertà la cessazione di quel genere di lotta feroce
per poter &lt; &lt;«ricominciare a combattere una lotta chiara che abbia uno scopo con-
 
142
 
<hr>
fessato e che possa menare a qualche soluzione&gt; &gt;»1 e quindi indirizzava la sua
propaganda, con sano criterio di opportunità, in quel senso, guardandosi bene dal
dire al nemico, sull'esempio dei freddi dottrinari della lotta di classe: quello che
Line 6 739 ⟶ 6 425:
 
Ma il miglior mezzo per far terminare una mischia così feroce, era, secondo
 
Malatesta, l'opporre con la massima energia la forza alla forza; l'organizzare la
resistenza al fascismo sul terreno dei fatti. &lt; &lt;«Per far finire l'avventura fascista
importa innanzi tutto saper opporre una resistenza organizzata. In realtà il fas-
cismo si è imposto perche' gli altri sono scappati. Lo stesso governo non avrebbe
tollerato benignamente gli attentati fascisti, se avesse sentito che quegli attentati
potevano mettere in moto le masse lavoratrici e sboccare senza volerlo in uno svol-
gimento generale&gt; &gt;».1 Di fatto poi, Malatesta non fece fin da allora che incitare
l'azione; tentò ad ogni occasione di suscitarla, tanto la individuale che la collet-
tiva, di spingere all'intesa tra le forze rivoluzionarie ed operaie e di determinare la
Line 6 753 ⟶ 6 438:
 
Ma lo preoccupava il fatto che la lotta contro il fascismo facesse dimenti-
care quella contro il regime monarchico e borghese... «Noi vogliamo lottare per
 
care quella contro il regime monarchico e borghese... &lt; &lt;Noi vogliamo lottare per
uno scopo chiaro contro il governo e contro i capitalisti, e per ciò abbiamo fretta
che finisca questa zuffa selvaggia, la quale tra gli altri danni produce anche quello
d'indurre dei sovversivi ad invocare il dominio della legge, proprio di quella legge
ch'è la causa prima del male di quella legge che ci disarma, ci lega e ci lascia in-
difesi ai colpi dei nemici&gt; &gt;». Ma per farla finita occorre &lt; &lt;«la resistenza energica,
metodica, organizzata contro la violenza avversaria&gt; &gt;» e respingere i sedicenti
tentativi di pacificazioni ufficiali, &lt; &lt;«tanto più che coloro i quali funzionano da
rappresentanti avversari in queste trattative diplomatiche di pace o di tregua sono
proprio coloro coi quali non vorremmo ne' pace ne' tregua&gt; &gt;».2
 
è tempo, gran tempo, (scriveva al principio del 1922, dopo uno scate-
 
«È tempo, gran tempo, (scriveva al principio del 1922, dopo uno scate-
narsi più feroce di violenze squadriste) di farla finita, noi facciamo appello a
tutti gli uomini di buona volontà, a tutti gli uomini di coraggio a tutti quelli che
Line 6 772 ⟶ 6 455:
così come possono, al di fuori ed al di sopra dei partiti costituiti e delle organiz-
zazioni ufficiali, e rispondano immediatamente, in tutti i modi possibili ad ogni
attacco fascista, senza aspettare gli ordini di chicchessia&gt; &gt;».1 E metteva in guardia
tutti contro l'illusione, che sotto la spinta della disperazione faceva vedere a molti
la salvezza nel sostituirsi della reazione legale governativa alla reazione illegale
Line 6 779 ⟶ 6 462:
 
<hr>
fascista: &lt; &lt;«Comprendiamo lo stato d'animo di quelli... che considerano come il
bisogno più urgente del momento la distruzione del fascismo ed il ritorno alla
normalità... Nessuno vorrà sospettarci di indugenza per il fascismo, milizia ir-
Line 6 791 ⟶ 6 474:
tato ed indebolito... Voler sopprimere il fascismo per mezzo del governo sarebbe
come combattere un sintomo di una malattia aggravando le cause che producono
la malattia stessa&gt; &gt;».2
 
Sulla necessità d'unione delle varie forze proletarie e di libertà contro
 
il fascismo scriveva Malatesta poco più d'un mese prima dello sciopero gen-
erale del 1922. &lt; &lt;«La situazione è grave e minacciosa... Da soli non possiamo
abbattere il fascismo e anche meno abbattere le istituzioni. Dunque, o unirsi a
coloro che, pur non essendo anarchici, hanno comuni con noi gli scopi imme-
Line 6 802 ⟶ 6 484:
neggiare l'Italia, e che la monarchia regni indisturbata. Ma (si dice) nelle alleanze
rivoluzionarie si è sempre traditi. è possibile; ma noi preferiamo rischiare di
essere traditi dagli altri, anziche' tradirci da noi spegnendoci nell'inazione...&gt; &gt;».1
 
E dopo lo sciopero generale, soffocato nel sangue dalla polizia e dal fas-
 
cismoE dopo lo sciopero generale, soffocato nel sangue dalla polizia e dal fascismo alleati, senza indugiarsi in recriminazioni o nella ricerca di errori o colpe
altrui, non pensava che al da fare per una sollecita riscossa: &lt; &lt;«Lasciamo che
ciascuno faccia quello che può e vuole. Chi crede nei fatti individuali (vi cre-
diamo anche noi se sono fatti con giudizio) li faccia e sarà più utile che se si
Line 6 824 ⟶ 6 504:
 
<hr>
questo o quell'altro, se non si profitta della lezione&gt; &gt;».2
 
Quando poi il fascismo trionfò definitivamente, con la famigerata &lt; &lt;«marcia
su Roma», devastati gli uffici del giornale anarchico, non appena fu possibile a
 
Malatesta farne uscire un altro numero in altra tipografia, egli commentava: «A
su Roma&gt; &gt;, devastati gli uffici del giornale anarchico, non appena fu possibile a
Malatesta farne uscire un altro numero in altra tipografia, egli commentava: &lt; &lt;A
coronamento di una lunga serie di delitti, il Fascismo si è infine insediato al Gov-
erno. E Mussolini, il duce, tanto per distinguersi, ha cominciato col trattare i
Line 6 836 ⟶ 6 515:
sua misura. Questo ci lascia perfettamente indifferenti. Tra un gradasso che vitu-
pera e minaccia perche' si sente al sicuro, ed una accolta di vili che pare si delizi
nella sua abbiezione, noi non abbiamo da scegliere&gt; &gt;». Col fascismo si è ripetuta
&lt; &lt;«la vecchia storia del brigante che diventa gendarme!&gt; &gt;». E poiche' v'eran di
quelli che, abbagliati dal successo del fascismo, dicevano che &lt; &lt;«i fascisti hanno
insegnato come si fa la rivoluzione&gt; &gt;», egli protestava: &lt; &lt;«No, i fascisti non ci
hanno insegnato proprio nulla... Tradire i propri amici, rinnegare ogni giorno
le idee professate ieri, mettersi al servizio dei padroni, assicurarsi l'acquiscenza
Line 6 853 ⟶ 6 532:
Parlamento, ne sarebbero cacciati a calci nel sedere!
 
&lt; &lt;«... In quanto a noi, non abbiamo che da continuare la nostra battaglia,
 
sempre pieni di fede, pieni di entusiasmo. Noi sappiamo che la nostra via è
seminata di triboli, ma la scegliemmo coscientemente e volontariamente, e non
abbiamo ragione per abbandonarla. Così sappiano tutti coloro i quali han senso di
dignità e pietà umana e vogliono consacrarsi alla lotta per il bene di tutti, che essi
debbono essere preparati a tutti i disinganni, a tutti i dolori, a tutti i sacrifizii&gt; &gt;».1
 
In queste ultime parole v'è come una specie di traccia della via che
 
Malatesta segnava per se' e i suoi compagni sotto la torturante tirannia che s'era
impiantata in Italia. Spezzatagli in mano la penna con la soppressione di Umanità
Nova, ecco che cosa scriveva due o tre mesi dopo in un numero unico a favore
delle vittime politiche: &lt; &lt;«Sono questi tempi tristi per noi. Il lavoro nostro di tanti
anni sembra distrutto. Tanti nostri compagni languono nelle carceri e nelle galere,
 
Line 6 886 ⟶ 6 563:
guerra e la sovreccitazione rivoluzionaria degli ultimi anni.
 
&lt; &lt;è«È incredibile lo strazio che si è fatto della libertà, della vita, della dig-
 
nità di esseri umani... Ed è umiliante per chi sente la comune umanità che lega
insieme tutti gli uomini, buoni e cattivi, il pensare che tutte le infamie commesse
Line 6 901 ⟶ 6 577:
come fatto politico ed economico, ma anche e sopratutto come fenomeno di crim-
inalità, come l'esplosione di un bubbone purulento che era andato formandosi e
maturando nel corpo ammalato dell'organismo sociale&gt; &gt;».1
 
&lt; &lt;La forza materiale può prevalere sulla forza morale, può anche distrug-
 
«La forza materiale può prevalere sulla forza morale, può anche distrug-
gere la più raffinata civiltà... Ogni bestia feroce può sbranare un galantuomo,
fosse anche un genio, un Galileo od un Leonardo, se questi è tanto ingenuo da
Line 6 913 ⟶ 6 588:
se anche impotenti a debellarla, ne rifuggono come da cosa immonda e ripug-
nante. Il fascismo, che compendia in se' tutta la reazione e richiama in vita tutta
l'addormentata ferocia atavica&gt; &gt;» ha vinto come fenomeno di sopraffazione di
 
146
 
<hr>
classe e politica, &lt; &lt;«ma sopratutto ha vinto perche' le sue violenze ed i suoi delitti
hanno bensì provocato l'odio e lo spirito di vendetta degli offesi, ma non hanno
suscitato quella generale riprovazione, quella indignazione, quell'orrore mortale
che ci sembrava dovesse nascere spontaneamente in ogni animo gentile...
 
&lt; &lt;«Diciamolo francamente... Fascisti ve ne sono anche fuori del partito
 
fascista in tutte le classi ed in tutti i partiti: vi sono cioè dappertutto delle per-
sone che pur non essendo fascisti, pur essendo antifascisti, hanno però l'animo
Line 6 936 ⟶ 6 610:
che potranno provocare la rivolta morale, il senso di schifo che ucciderà il fas-
cismo... E purtroppo non vi potrà essere riscossa materiale se prima non v'è
rivolta morale&gt; &gt;».1
 
Questa predicazione fu continuata da Malatesta anche negli altri tre anni,
 
1924-1926, in cui nel primo periodo della dominazione fascista, che ancora si
copriva d'un manto relativamente costituzionale, pote' redigere in Roma la sua
nuova rivista Pensiero e Volontà. Già nella circolare di presentazione egli con-
statava che si andava &lt; &lt;«verso un cataclisma generale&gt; &gt;», di cui il fascismo era una
anticipazione; e pensava che gli anarchici debbano prepararvisi ad agire perche'
il risultato ultimo ne sia &lt; &lt;«l'inizio di una civiltà superiore&gt; &gt;» e non &lt; &lt;«il naufra-
gio di quella qualsiasi civiltà che, attraverso lavoro, lotte e sacrifici secolari,
l'umanità aveva raggiunto&gt; &gt;». E precisava di nuovo la loro posizione: &lt; &lt;«Anarchici,
noi restiamo anarchici malgrado tutto e malgrado tutti. Noi siamo stati vinti... Ma
non sarà una sconfitta, del resto prevedibile, che ci farà rinunziare alla lotta...
Non vi rinunzieremo nemmeno per cento, per mille sconfitte, poiche' sappiamo
che nei progressi umani è stato sempre a forza di perdere che s'è finito col vin-
cere&gt; &gt;».1
 
Quando, dopo l'assassinio di Matteotti, la censura fascista sequestrò per
la prima volta la rivista di Malatesta, questi serenamente osservava: «Noi ci
 
la prima volta la rivista di Malatesta, questi serenamente osservava: &lt; &lt;Noi ci
sforziamo di formare degli uomini che abbiano coscienza chiara di quello che
vogliono e dei mezzi migliori per tradurre in pratica gl'ideali vagheggiati - perchè
Line 6 976 ⟶ 6 648:
tanto più feroce contro i dominatori del giorno quanto meno sarà illuminata e
cosciente. Ma queste cose i poliziotti, alti e bassi, non le hanno mai capite e non
le capiranno mai. Tiriamo avanti&gt; &gt;».2
 
Nell'autunno del 1924 si tenne a Livorno un congresso dei liberali monar-
 
chici costituzionalisti, il cui risultato suonava opposizione, sia pure timida e con-
dizionata, al governo di Mussolini. Comparve allora nel quotidiano fascista Il
Popolo d'Italia di Milano un iroso articolo (che si attribuiva al Mussolini stesso) in
cui si diceva fra l'altro: &lt; &lt;«si è finalmente concluso l'anello Malatesta-Albertini;1
dall'anarchia allo Statuto, o viceversa&gt; &gt;». Malatesta insorse contro l'insinuazione
confusionista dell'organo fascista nei termini più energici: &lt; &lt;«...Questo com-
prendere in un solo anello antifascista tutti i partiti, dai più conservatori ai più
rivoluzionari, dimostra che i fascisti stessi sentono quanto essi siano isolati nel
Line 6 993 ⟶ 6 664:
il potere, diversi ed opposti sono i motivi e gli scopi delle varie opposizioni...
 
&lt; &lt;«V'è differenza tra i conservatori del genere Albertini e i fascisti. Quelli
 
sono reazionari di razza, difensori coscienti e intelligenti dell'ordine borghese vi-
gente, che non vogliono toccare, se non per consolidarlo, ad un organismo statale
Line 7 001 ⟶ 6 671:
alieni da certi eccessi che riescono dannosi alla causa loro. Sono generalmente,
nella vita ordinaria, persone educate e cortesi, e possono essere anche soggettiva-
mente onesti&gt; &gt;».
 
&lt; &lt;I fascisti invece, salvo le debite eccezioni individuali, fedifraghi di tutti
 
«I fascisti invece, salvo le debite eccezioni individuali, fedifraghi di tutti
i partiti, traditori sempre pronti al tradimento, spostati che la visione di un po' di
danaro ubriaca. Non frenati da nessuno scrupolo morale e da nessuna esigenza in-
Line 7 015 ⟶ 6 684:
della nostra storia.
 
&lt; &lt;«Ma pur constatando le differenze morali e intellettuali che vi sono fra cos-
 
tituzionali e fascisti, politicamente parlando, cioè considerati dal punto di vista
della loro azione sociale, dobbiamo dire che essi appartengono allo stesso campo...
Line 7 027 ⟶ 6 695:
il nostro concorso a chiunque voglia abbattere il fascismo, ma restando sempre
noi stessi, senza entrare in nessuna specie di anello coi costituzionali, mirando
sempre agli scopi nostri&gt; &gt;».1
 
L'ultimo scritto contro il fascismo di Malatesta in Italia - stampato ma non
 
pubblicato, perche' il numero della rivista che lo conteneva venne sequestrato e la
rivista soppressa per sempre - fu un articolo contro la pena di morte che il governo
di Mussolini aveva allora annunziato di voler ristabilire, dopo il noto attentato di
Anteo Zamboni a Bologna. Malatesta trovò naturale la cosa: &lt; &lt;«Ognuno, indi-
viduo o collettività si difende come sa e può. Chi non riesce ad assicurare la sua
esistenza e la sua libertà di sviluppo conquistando il consenso, la cooperazione,
Line 7 045 ⟶ 6 712:
non è sicuro di se' è sempre, pur nello sfolgorio della sua apparente potenza,
tormentato dalla paura, è fatalmente condannato a tremare, e perciò è violento
e feroce&gt; &gt;». (Si noti l'allusione diretta ed evidentissima a Mussolini). Dopo aver
dette alcune delle ragioni generali contro la pena di morte, previa premessa che
&lt; &lt;«gli argomenti classici contro di essa ci paion menzogne, quando li sentiamo
sostenere da chi è poi partigiano dell'ergastolo ed altri disumani surrogati della
pena di morte&gt; &gt;», concludeva: &lt; &lt;«Ecco. Noi siamo internazionalisti, cosmopoliti,
noi amiamo tutti i paesi del mondo come amiamo l'Italia... - e per questo siamo
considerati anti-patrioti ed anti-nazionali. Eppure, forse per atavismo, forse per la
Line 7 059 ⟶ 6 726:
<hr>
poter dire: in terra d'Italia non alligna il boia. Dovremo rinunziare anche a questa
illusione? a questo residuo orgoglio nazionale?&gt; &gt;».2
 
Dopo la soppressione d'ogni libertà di stampa in Italia, negli altri non
 
pochi scritti inviati da Malatesta a periodici anarchici all'estero non mancano
accenni diretti o indiretti al fascismo. Mi limito a riprodurne uno, in cui al-
lude chiaramente al carattere che potrebbe avere una rivoluzione italiana contro
il fascismo: &lt; &lt;«Ma tutta questa discussione - (una discussione sulla necessità di
un piano di ricostruzione anarchica per dopo la rivoluzione), non saprebbe forse
alquanto di accademia se nel caso concreto si trattasse di un paese in cui la lib-
Line 7 077 ⟶ 6 743:
in tutto il senso ampio e profondo che noi diamo alla parola? Non sembra che
oggi il possibile e l'urgente sia piuttosto la riconquista delle condizioni necessarie
alla propaganda e all'organizzazione?&gt; &gt;».1 Bisogna, a ben comprendere queste
considerazioni così piene di buon senso, non dimenticare però, che Malatesta
aveva in orrore gli apriorismi assoluti e pensava che nelle lotte parziali come nella
Line 7 087 ⟶ 6 753:
 
SI DEVE SEMPRE tener presente che l'anarchismo per Malatesta è una
 
corrente del socialismo. Fino al 1910 circa egli soleva dirsi socialista anarchico, e
fin verso il 1900 gli accadeva spesso di dire &lt; &lt;«noi socialisti&gt; &gt;», indifferentemente
come &lt; &lt;«noi anarchici&gt; &gt;».
 
Secondo lui &lt; &lt;spetta il nome di socialisti a tutti coloro che vogliono che la
 
Secondo lui «spetta il nome di socialisti a tutti coloro che vogliono che la
ricchezza sociale serva a tutti gli uomini, e vogliamo che non vi siano più propi-
etari e proletari, ricchi e poveri, padroni e sottoposti&gt; &gt;»,1 e quindi spetterebbe
anche agli anarchici, anzi soprattutto ad essi.
 
Il parlamentarismo, l'autoritarismo ed il legalitarismo hanno però fatto de-
viare dalla retta via gran parte di coloro che si dicono socialisti; sicche' «l'evoluzione
 
viare dalla retta via gran parte di coloro che si dicono socialisti; sicche' &lt; &lt;l'evoluzione
delle idee e dei fatti, la logica del metodo, l'influenza determinante che i mezzi
adoperati esercitano sul fine da raggiungersi, hanno fatto sì che ormai di vero
Line 7 108 ⟶ 6 771:
 
<hr>
lamentare e rivoluzionario&gt; &gt;». Gli anarchici hanno con l'andar del tempo abban-
donato a poco a poco il nome di &lt; &lt;«socialisti&gt; &gt;» perche' nell'opinione generale era
venuto a significare una cosa sempre più lontana dal loro pensiero. Ma Malatesta
fu degli ultimi a rassegnarvisi, poiche' per lui il socialismo vero era sempre quello
originale, dei tempi della Ia Internazionale, di quando &lt; &lt;«esso era una promessa
di civiltà superiore; la ribellione contro ogni prepotenza, contr'ogni ingiustizia;
l'abolizione dell'odio, della concorrenza, della guerra; il trionfo dell'amore, della
Line 7 122 ⟶ 6 785:
partito ad un altro o di una classe ad un'altra, non l'avvenimento al potere ed alla
ricchezza di un nuovo stato sociale (il quarto stato), ma l'abolizione delle classi, la
solidarizzazione di tutti gli esseri umani nel lavoro e nel godimento comuni&gt; &gt;».2
 
==Libero amore==
 
SI DAVA UN TEMPO grande importanza alla predicazione dell'amore
 
libero, in mezzo agli anarchici; e in alcuni ambienti gli si dà ancora. Malat-
esta trovava che l'argomento, pur avendo la sua importanza, non è certo dei più
Line 7 136 ⟶ 6 798:
completamente e per tutti.
 
In regime di libertà e di benessere le donne, come gli uomini &lt; &lt;«faranno
 
quel che vorranno, e siccome esse hanno al pari degli uomini bisogno di vivere in
società, è certo che vorranno accordarsi con i loro simili, maschi e femmine, per
Line 7 143 ⟶ 6 804:
tutti i mezzi e tutta la libertà di sviluppo e ne risulterà quel che può risultarne;
se essa sarà uguale all'uomo, o se sarà più o meno intelligente di lui si vedrà
dai fatti&gt; &gt;». Le possibili disuguaglianze naturali però non costituiscono disug-
uaglianza di diritti: &lt; &lt;«noi reclamiamo per tutti (uomini e donne) l'eguaglianza
sociale&gt; &gt;». In quanto all'amore, è inconcepibile un amore schiavo. Nella società
attuale &lt; &lt;«esisterà la coabitazione forzata, l'amore finto per forza, per interesse
o per convenienza sociale... per convinzione religiosa o morale; ma l'amore vero
non può esistere, non si concepisce se non perfettamente libero&gt; &gt;». In quanto
all'avvenire, &lt; &lt;«finora le relazioni sessuali hanno subito tanto la pressione della
 
151
Line 7 161 ⟶ 6 822:
saranno rispettate, non per legge, ma per la convinzione, fondata sull'esperienza,
che esse soddisfano al bene proprio e delle specie. Ma questo non può essere che
l'effetto della libertà&gt; &gt;».1
 
Bisogna confessare che &lt; &lt;noi non abbiamo soluzione per rimediare ai mali
 
Bisogna confessare che «noi non abbiamo soluzione per rimediare ai mali
che possono venire all'uomo dall'amore, perche' essi non si possono distruggere
con riforme sociali e nemmeno con un cambiamento di costumi. Essi dipendono
Line 7 175 ⟶ 6 835:
per essere sodisfatto ha bisogno di due libertà che s'accordino, e che invece
molto spesso non si accordano affatto... Alcuni dicono che il rimedio sarebbe
l'abolizione radicale della famiglia, della coppia sessuale più o meno stabile&gt; &gt;»
sostituita dalla &lt; &lt;«molteplicità, varietà e contemporaneità degli affetti... Ma è
possibile? è desiderabile?&gt; &gt;». Non bisogna ignorare &lt; &lt;«che, malgrado il regime
di menzogna e di oppressione che ha prevalso sempre, e tuttora prevale, nella
famiglia, questa è stata e resta ancora il più grande fattore di sviluppo umano,
poiche' essa è il solo luogo dove l'uomo normalmente si sacrifica per l'uomo e fa
il bene per il bene, senza desiderare altro compenso che l'amore del coniuge e dei
figli... &lt; &lt;«Del resto l'amore è quello che è... una passione per se stessa genera-
trice di tragedie; tragedie che certamente non si tradurrebbero più in atti violenti
e brutali, quando l'uomo avesse il senso del rispetto che si deve alla libertà altrui,
quando esso avesse abbastanza controllo sopra se stesso... ma resterebbero sem-
pre tragedie dolorosissime&gt; &gt;». Ma questa non è una ragione per non accettare
le idee anarchiche, per rinunciare ad eliminare tutti quei mali sociali (compresi
quelli derivanti dall'attuale costituzione giuridica ed economica della famiglia)
che sono eliminabili allo stato attuale di cose con l'abbattimento dei regimi autori-
tari. &lt; &lt;«Eliminiamo l'oppressione dell'uomo sull'uomo, combattiamo la brutale
pretesa del maschio a credersi padrone della femmina, combattiamo i pregiudizi
religiosi, sociali e sessuali, assicuriamo a tutti, maschi e femmine, uomini e fan-
Line 7 201 ⟶ 6 861:
infedeli in amore potranno rifarsi con altre gioie, poiche' allora non sarebbe più
come oggi, che l'amore insieme all'alcool è la sola consolazione della più gran
parte dell'umanità&gt; &gt;».1
 
==Neo-maltusianismo==
 
UNA VOLTA, alle obiezioni di alcuni individualisti che in difesa del diritto
 
di proprietà e della concorrenza nella lotta per la vita, ne sostenevano la neces-
sità a causa della scarsità dei prodotti che in avvenire deriverebbe dall'aumento
crescente della popolazione, Malatesta rispondeva: &lt; &lt;«Il pericolo che un giorno
gli uomini si troveranno troppo numerosi, non sarebbe una ragione per star male
oggi che vi sarebbe modo di star bene tutti. Ma esiste poi questo pericolo? E se
Line 7 219 ⟶ 6 878:
dei suoi atti e dominare e regolare gli impulsi naturali? Non vediamo forse che
l'aumento della popolazione si arresta in quei paesi, come per esempio molte parti
della Francia, dove la gente crede utile non aver molti figliuoli?&gt; &gt;».1
 
Anche fin da oggi egli non era affatto contrario alla limitazione delle nascite
 
o, meglio, alla procreazione cosciente; ma reagiva però contro coloro che di sem-
plici misure d'igiene sessuale e di economia domestica pretendevano fare un sis-
tema per risolvere la questione sociale e sostituire la rivoluzione. &lt; &lt;«Si è arrivati
ad esagerazioni grottesche. La limitazione della prole è certo un'ottima misura
d'igiene individuale e collettiva; ma ecco dei neo-maltusiani che pretendono ri-
solvere la questione sociale a forza di diminuire il numero dei nati... e quando noi
parliamo di fucili ci oppongono il cappuccetto di gomma elastica&gt; &gt;».2
 
==Colonie anarchiche==
 
A VARIE RIPRESE nel campo anarchico vi son stati di quelli che si sono in-
teressati alla fondazione di «colonie anarchiche sperimentali», e ciò generava
 
teressati alla fondazione di &lt; &lt;colonie anarchiche sperimentali&gt; &gt;, e ciò generava
ogni tanto illusioni e disillusioni dannose alla propaganda ed al movimento. Nel
1897 mi feci prendere anche io da eccessivo entusiasmo per uno di tali tentativi,
Line 7 242 ⟶ 6 899:
Malatesta gittò subito un secchio d'acqua fresca sul mio entursiasmo.
 
&lt; &lt;«Il compagno Fabbri ci ha parlato nel numero passato della Colonia anarchica
di Clauden Hill in Inghilterra e ce l'ha presentata come una prova che l'anarchia
 
Line 7 254 ⟶ 6 911:
fratellanza...; ma neghiamo ch'essa abbia il valore sperimentale che crede l'amico
Fabbri... E ciò intendiamo dirlo di tutte le colonie in cui varie scuole sociali
han tentato o tentano di applicare i loro ideali&gt; &gt;». Qualche decina di compagni
scelti, simpatizzanti fra loro, non solo per le idee ma anche per i temperamenti e
caratteri personali, possono riuscire facilmente ad andare d'accordo e anche rag-
Line 7 260 ⟶ 6 917:
a conseguirsi lavorando sotto un padrone; ma allora la loro impresa cooperativa li
pone in una situazione di privilegio, come quella degli altri privilegiati, di fronte
a tutto il mondo esteriore&gt; &gt;». I coloni &lt; &lt;«non si sfruttano tra di loro, non sfruttano
nessuno direttamente, ma sfruttano involontariamente tutta la gran massa dei la-
voratori proletari, sia negli scambi, sia profittando dei servizi pubblici e di tutti i
Line 7 283 ⟶ 6 940:
all'altro per forza, e lavorino insieme sopra un fondo indiviso. Si può ammettere
come un modo di dire, ma non come una prova che la società umana possa vi-
vere e prosperare senza proprietà individuale e senza governo...&gt; &gt;». La colonia
non sarà in sostanza &lt; &lt;«altra cosa che la proprietà privata di un'associazione&gt; &gt;»
come ce ne sono tante altre nel mondo. &lt; &lt;«Noi comprendiamo che ciascuno cer-
chi fin da oggi di migliorare la propria situazione, e fra i vari modi, che si può
tentare per riuscirvi, preferiamo di gran lunga la cooperazione egualitaria; e per-
Line 7 293 ⟶ 6 950:
<hr>
ciò ci rallegriamo cordialmente dei successi dei compagni di Clauden Hill. Ma
l'anarchia... è un'altra cosa&gt; &gt;».1
 
Molti anni dopo, in una occasione consimile, confermava: &lt; &lt;Noi non
 
Molti anni dopo, in una occasione consimile, confermava: «Noi non
abbiamo niente da obiettare al fatto che alcuni compagni cerchino di organizzare
la loro vita nel modo che la intendono e trarre il miglior partito che possono dalle
Line 7 302 ⟶ 6 958:
sono e non possono essere che degli adattamenti al sistema attuale, si vogliono
presentare come cose anarchiche e, peggio ancora, come mezzi per trasformare la
società senza ricorrere alla rivoluzione&gt; &gt;».1
 
==Educazionismo==
 
TUTTI RICORDANO come poco prima della guerra 1914-18, fu in voga tra
gli anarchici l'idea della «scuola moderna» (scuola libera, per iniziativa di uo-
 
gli anarchici l'idea della &lt; &lt;scuola moderna&gt; &gt; (scuola libera, per iniziativa di uo-
mini liberi, sopratutto anarchici, con indirizzo razionalista e libertario), in specie
dopo che il martirio di Francisco Ferrer la illuminò di tante simpatie generali.
Line 7 316 ⟶ 6 971:
altre iniziative assai più urgenti di propaganda e di preparazione rivoluzionaria.
 
&lt; &lt;è«È una questione di misura... Chi è che può mettere in dubbio l'utilità
 
dell'istruzione e dell'educazione, liberate dai pregiudizi religiosi e dalle sugges-
tioni autoritarie? Ma chi può credere che nelle condizioni attuali, quando così
Line 7 330 ⟶ 6 984:
di tempo e di forza, quando ce ne avanza - ma a condizione che non si pretenda
con l'attività pedagogica tarpare le ali allo slancio rivoluzionario e levare forza al
movimento più immediatamente necessario&gt; &gt;».1
 
Alle insistenze e obiezioni rivoltegli da varie parti, egli replicava: &lt; &lt;Sarebbe
 
Alle insistenze e obiezioni rivoltegli da varie parti, egli replicava: «Sarebbe
assurdo il credermi avverso o indifferente all'educazione delle masse. Io stesso
non faccio che far propaganda, vale a dire mi sforzo di educare e di dare agli altri il
Line 7 350 ⟶ 7 003:
mazione non potrà avvenire se non quando tutti, o quasi, saranno educati...
 
&lt; &lt;«Gli educazionisti a giusta ragione vantano i grandi benefici che potreb-
 
bero dare le scuole moderne, la grande opera rivoluzionaria che potrebbero com-
Line 7 360 ⟶ 7 013:
ite ristrettissimo; e la società, o resterebbe qual'è, o si modificherebbe sotto
l'influenza di forze indipendenti da noi ed in un senso contrario agli scopi nos-
tri&gt; &gt;».1
 
Lo stesso che per le scuole moderne, lo stesso che pel neo-mutualismo, di
 
cui s'è parlato prima, Malatesta opinava per tante altre minori forme di attività,
che tutte più o meno si riallacciano al presupposto educazionista. &lt; &lt;«Tutto serve,
ma serve in una certa misura... è una grande aspirazione (per esempio) quella
di una lingua universale; ed è bene che vi sia della gente che prepari il materiale
Line 7 373 ⟶ 7 025:
ridursi alla propaganda contro l'alcool o contro il tabacco; chi vuol risolvere la
questione col vegetarianismo, o col ritorno alla vita semplice, o col far rinascere
l'arte greca, ecc. ecc.&gt; &gt;».2 Guardiamoci dalle esagerazioni!
 
==Funzionarismo sindacale==
 
IN RAPPORTO alle idee di Malatesta sul sindacalismo, vale la pena di
 
accennare (poiche' non ne ho parlato nel capitolo dedicato a questo argomento),
all'avversione di Malatesta pel fatto che gli anarchici assumano nelle organiz-
zazioni sindacali dei posti ufficiali di responsabilità direttiva, specie se stipen-
diati. &lt; &lt;«Per poter compiere nei sindacati la loro funzione d'elementi propulsori,
bisogna che gli anarchici rinuncino ad occuparvi dei posti e sopratutto dei posti
pagati. Un anarchico funzionario permanente e stipendiato d'un sindacato è un
Line 7 398 ⟶ 7 049:
ed in breve perde il suo posto od è causa della dissoluzione del sindacato; se,
invece, compie la missione per la quale è stato eletto seconda la volontà della
maggioranza, allora addio anarchismo&gt; &gt;».1
 
Questo egli diceva nel 1907, al congresso anarchico di Amsterdam. Però
 
più tardi, nel 1920 e dopo, la sua avversione mi parve alquanto attenuata, forse
perche' vide in Italia qualche esempio di anarchici, dirigenti di sindacati, che non
solo restavano anarchici, ma rendevano servizi notevoli dal posto che occupavano
alla causa rivoluzionaria anarchica. Però non divenne lo stesso favorevole alla
cosa. Al contrario. &lt; &lt;«In quanto a sollecitare ed accettare noi stessi il posto di
dirigenti, credo che in linea generale ed in tempi calmi è meglio evitarlo. Però
credo che il danno e il pericolo non stia tanto nel fatto di occupare un posto diret-
Line 7 414 ⟶ 7 064:
ratori alle funzioni amministrative, sia per impedire che il lavoro di organizzatore
diventi un mestiere ed induca quelli che lo compiono a portare nelle lotte operaie
la preoccupazione di non perdere l'impiego&gt; &gt;».1
 
==Polemiche personali==
Line 7 447 ⟶ 7 097:
consigli che in fondo si possono applicare a tutte le polemiche del genere.
 
&lt; &lt;«è doloroso che quando sarebbe più necessario la concordia e l'unione,
 
o almeno la reciproca tolleranza, degli uomoini che in fondo combattono per la
stessa causa, sciupino le loro forze attaccandosi l'un l'altro nel modo più scon-
Line 7 464 ⟶ 7 113:
poi un miserando spettacolo d'intestine discordie?
 
&lt; &lt;«Ed anche scendendo dalle alte sfere dell'ideale giù nelle bassure dei
 
meschini amor proprii individuali, è chiaro che in quelle diatribe va compro-
messa la serietà e la reputazione così degli uni come degli altri... Quando un
Line 7 478 ⟶ 7 126:
per soddisfare gli odii, le gelosie e la vanità di questo o di quello. Pretendano
dunque che si faccia la propaganda e niente altro che la propaganda. Ne hanno il
diritto e ne hanno il mezzo&gt; &gt;».1
 
158
Line 7 540 ⟶ 7 188:
Nel 1896 s'iscrive in Legge all'Universita' di Macerata. Attivo lavoro di
 
propaganda. Nel 1897 comincia a collaborare a &lt; &lt;«L'Agitazione&gt; &gt;» di Ancona e
conosce Malatesta, che gli passa la compilazione del giornale nel 1898, durante
la sua detenzione. Nel 1898-900 ancora carcere e poi domicilio coatto a Ponza e
Line 7 547 ⟶ 7 195:
Nel 1900 si stabilisce a Roma, dove ritenta l'avvio di studi universitari
 
(in Farmacia). Collaboratore dapprima e poi compilatore de &lt; &lt;«L'Agitazione&gt; &gt;»
di Roma. Frequenta i circoli letterari e giornalistici. Fonda nel 1903 &lt; &lt;«Il Pen-Pensiero», insieme a P. Gori.
siero&gt; &gt;, insieme a P. Gori.
 
Nel 1904 pubblica &lt; &lt;«PISACANE&gt; &gt;»; nel 1905 le &lt;«Lettere &ltad una Donna»;LETTERE ADcollabora frattanto a «La questione sociale» di Patterson, N.J., UNAe
ad altri giornali anarchici, oltre alla collaborazione professionale al «Messaggero»
 
ed all'«Avanti!» di Roma.
DONNA&gt; &gt;; collabora frattanto a &lt; &lt;La questione sociale&gt; &gt; di Patterson, N.J., e
ad altri giornali anarchici, oltre alla collaborazione professionale al &lt; &lt;Messaggero&gt; &gt;
ed all'&lt; &lt;Avanti!&gt; &gt; di Roma.
 
Nel 1907 sposa la cugina Bianca; nel 1908 si trasferisce a Jesi; nel 1909
Line 7 563 ⟶ 7 208:
trasferisce a Fabriano, dove ha avuto un posto regolare d'insegnante.
 
Collabora a &lt; &lt;«Volontà&gt; &gt;» che Malatesta dirige ad Ancona. Partecipa attivamente ai moti della Settimana Rossa. Ripara in Svizzera durante la susseguente
repressione, e poi torna alla sua scuola, riprendendo col lavoro per il pane anche il
lavoro per le idee. S'incarica della redazione di &lt; &lt;«Volonta'&gt; &gt;» di Ancona, e con-
duce nel 1914-15 una intensissima campagna contro l'intervento in guerra, che gli
vale l'arresto a guerra dichiarata.
Line 7 571 ⟶ 7 216:
Nel 1915 ottiene un posto d'insegnante a Corticella (Bologna), e fino al
1918, strettamente sorvegliato, fa quanto puo' per mantenere un insieme di rapporti che consenta la ripresa a guerra finita. E' in questo periodo il suo lavoro
clandestino contro la guerra, e la sua risposta al &lt; &lt;«Manifesto dei Sedici&gt; &gt;».
 
Dal 1918 al 1922 lavora intensissimamente alla elaborazione delle esperienze in corso, specialmente della rivoluzione russa. Ripresa di &lt; &lt;«Volonta'&gt; &gt;» in
Ancona, redatta da lui. Collaborazione quotidiana a &lt; &lt;«Umanità Nova&gt;». &gt;Fondazione della «Unione Sindacale Italiana». FonPubblicazione di «Dittatura e Rivoluzione» la sua opera forse migliore. Implicato nel processone con-
tro il gruppo di «U. N.», ed aggredito dai fascisti.
dazione della &lt; &lt;Unione Sindacale Italiana&gt; &gt;. Pubblicazione di &lt; &lt;DITTATURA
E RIVOLUZIONE&gt; &gt; la sua opera forse migliore. Implicato nel processone con-
tro il gruppo di &lt; &lt;U. N.&gt; &gt;, ed aggredito dai fascisti.
 
Nel 1923 pubblica &lt;«Controrivoluzione &lt;CONTRORIVOLUZIONE PREVENTIVA&gt; &gt;Preventiva», inter-
pretazione del fascismo di cui tuttora e' notevole la validità. Seconda aggressione
 
Line 7 587 ⟶ 7 230:
dei fascisti. E' trasferito ad insegnare a Bologna città.
 
Nel 1924-26, dopo aver partecipato alla fondazione di &lt; &lt;«Pensiero e Volontà&gt; &gt;»,
vi collabora attivamente. Scrive anche per &lt; &lt;«Fede&gt; &gt;», &lt; &lt;«Libero accordo&gt; &gt;» ed
altre pubblicazioni italiane, nonche' per &lt; &lt;«La Protesta&gt; &gt;» di Buenos Aires e la
&lt; &lt;«Revista Blanca&gt; &gt;» di Barcellona.
 
Nell'agosto 1926, rifiutato il giuramento di fedeltà come maestro, perde
Line 7 596 ⟶ 7 239:
Francia, a Montbe'liard, dove invano cerca di ottenere un posto di operaio.
 
Dal 1927 al 29 risiede a Parigi, dove fonda il giornale &lt; &lt;«Lotta Umana&gt; &gt;»,
riuscendo ad assicurarsi il pane con collaborazioni giornalistiche a quotidiani (tra
cui a &lt; &lt;«La protesta&gt; &gt;» di Buenos Aires). Discussioni con i &lt; &lt;«piattaformisti&gt; &gt;»
russi.
 
Nel 1929 l'Ambasciata italiana riesce al fine a farlo espellere dalla Francia,
insieme a quasi tutti i redattori di &lt; &lt;«Lotta umana&gt; &gt;». Dopo una breve residenza
in Belgio, da dove viene pure espulso, va a Montevideo, in Uruguay.
 
A Montevideo, dal 1929 al 1935, riprende il suo lavoro. Fonda &lt; &lt;«Studi sociali» di Buenos Aires e poi di Montevideo. Il colpo di stato di Uriburu in Ar-
 
sociali&gt; &gt; di Buenos Aires e poi di Montevideo. Il colpo di stato di Uriburu in Ar-
gentina fa affluire a Montevideo numerosi rifugiati, rinforzandovi il movimento
anarchico: ed egli vi partecipa in pieno, mantenendo una fittissima corrispon-
denza, collaborando inoltre a giornali anarchici di Francia, di Spagna e del Nord
America, partecipando a riunioni locali. Discussioni con i &lt; &lt;«revisionisti&gt; &gt;». E
inizio del lavoro per &lt; &lt;MALATESTA«Malatesta, VITA EVita PENSIERO&gt;e &gt;Pensiero».
 
Maestro, e poi direttore, della Scuola italiana di Montevideo: impiego
Line 7 625 ⟶ 7 266:
doveva condurlo alla tomba.
 
Conclude &lt; &lt;MALATESTA&gt; &gt;«Malatesta». La rivista &lt; &lt;«Studi sociali&gt; &gt;» esce ad inter-intervalli via via maggiori.
valli via via maggiori.
 
Muore il 24 giugno 1935 a Montevideo.