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v. 55-63] commento 677 stodibus arcis; e per questo finge l’autore ancora che questo fosse detto da Virgilio. E perchè tutte le sopraddette cose furono fatte da loro con frodolente consiglio in grande danno d’altrui, sì come appare del cavallo che fu destruzione della città, e l’abbandona- mento di Deidamia che fu e moglie d'Achille, e seguitonne la morte di Achille, e del Palladio che fu ancora cagione della destruzione di Troia e della morte delle guardie, peref finge che ne patiscano pena dentro da quelle fiamme; e perchè furono compagni a far quelli mali, però finge che sieno puniti insieme. E qui finisce la prima lezione. S’ei posson dentro ec. Questa seconda lezione contiene lo priego dell’autore, che volle aspettare la fiamma detta di sopra, per avere certezza della loro morte; e come ne fu certificato. E dividesi que¬ sta lezione in sei parti, perchè prima pone come ■priega Virgilio dell’aspettare; nella seconda, come Virgilio esaudisce lo priego suo e dilibera di domandare quelle anime, quivi : La tua pre¬ ghiera ec.; nella terza si pone la domanda che fece Virgilio, quivi: 0 voi, che siete ec.; nella quarta pone la risposta che diede una di quelle due anime, quivi: Lo maggior corno ec.; nella quinta pone come quell’anima nel suo parlare continuando, dimostra uno conforto che diede a suo’ compagni, quivi: 0 frati, dissi, ec.; nella sesta pone come, seguitati lo suo conforto, tutti perirono, quivi: Li miei compagni ec. Divisa la lezione, è da vedere la sentenzia litte- rale la quale è questa. Poi che Virgilio manifestò a Dante che in quella fiamma era Ulisse e Diomede, e per che peccato erano dannati a quella pena, finge l’autore eh’ elli pregasse Virgilio che, se potevano parlare dentro quella fiamma, ch’elli li concedesse d’aspettarli. Et allora Virgilio li rispuose che il suo priego era laudabile e che l’accettava, et ammonillo che stesse cheto e lasciasse parlare a lui, ch’elli s’avea conceputo quel che Dante volea sapere, e coloro erano Greci, sì che forse non avrebbono voluto rispondere a Dante. E poi che la fiam¬ ma che fu approssimata, dice che Virgilio parlò in questa forma, quando li parve tempo e luogo: 0 voi, che siete due dentro da codesto fuoco, state fermi, se io ò meritato punto da voi per lo mio scrivere di voi nel mio poema; ma l’uno di voi parli ove andò a morire, quando si perdette in mare. Allora dice che quel corno, ch’era maggiore di quella fiamma biforcuta, si cominciò a scrol¬ lare (*) et a mormorare, come veggiamo fare spesse volte il fuoco per vento ch’esce della casa (*) arsa ; e movendo la cima della fiamma qua e là come fosse la lingua, cominciò a parlare e disse: Quando mi partii da Circe, maga e incantatrice che mi tenne più d’un (1) C. 3VI. a sgrollare c( a (*) C. M. cosa arsa; 678 INFERNO XXVI. [