Agricoltura biologica: le fondamenta nella scienza, o le radici nella superstizione?: differenze tra le versioni
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I primi impulsi alla creazione di un’agricoltura alternativa a quella fondata sulle conquiste naturalistiche e tecnologiche dell’Ottocento sono gli stimoli alimentati, nel terzo quarto del Novecento, dall’allarme lanciato da voci della scienza sui pericoli incombenti sugli equilibri naturali del Pianeta ove proseguisse lo sfruttamento indiscriminato delle risorse sospinto dall’economia moderna. Le società umane pretendono una crescita incessante delle attività economiche, ma sviluppo incessante significa impiego sempre più intenso di risorse fisiche limitate, significa, soprattutto, immissione nell’ambiente naturale di quantità crescenti di rifiuti, in specie i composti creati dalla chimica sintetizzando molecole prive di analogie in natura, che alterano i processi fisiologici degli organismi viventi, il cui metabolismo non può reagire alle nuove molecole, che i batteri, demandati, in natura, di ridurre i composti organici agli elementi primitivi, non sono, generalmente, in grado di degradare.
La prima tra le voci della scienza che denunciano i rischi di un impiego della chimica realizzato senza valutarne le conseguenze sugli equilibri naturali è quella della biologa americana
La seconda voce a proclamare i pericoli dello sviluppo economico fondato sulla manipolazione, da parte dell’uomo, delle materie prime con la loro trasformazione in composti inesistenti in natura è quella di
La pubblicazione dei volumi della Carson e di Commoner apre la stagione di una pubblicistica che in pochi anni occuperà scaffali interi nelle biblioteche scientifiche. Su quegli scaffali possiamo identificare la terza delle voci che ripropongono l’allarme sul pericolo di alterazione degli equilibri naturali, quello che un vocabolo di successo repentino definisce l’allarme “ecologico”, nel Club di Roma, un sodalizio di personalità della scienza, della politica, della cultura, che incarica il prestigioso
E’ la metafora della crescita di una pianta acquatica che si riproduca raddoppiando di entità ogni giorno, che si stabilisca in un lago dove si sviluppi, progressivamente, nel tempo. Supponendo che non venga assunta alcuna misura per arrestarne la proliferazione quanto tempo resterà per evitare la completa occlusione del lago, chiede lo studioso americano ai lettori, quando la pianta avrà occupato metà della sua superficie? I lettori che abbiano colto la dinamica del fenomeno saranno sorpresi di constatare che non mancherà che un giorno solo. Identificando nella proliferazione della pianta letale l’insieme dei processi che, innescati dall’uomo, stanno alterando gli equilibri del Pianeta, la metafora esprime con efficacia la previsione che quando quei processi avranno prodotto, incontrollati, le proprie alterazioni, superando la soglia delle possibilità del controllo, l’umanità potrebbe non disporre più del tempo per ristabilire una convivenza con le risorse naturali capace di perdurare nel tempo.
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==Saggezza orientale e abbandono alle forze naturali==
Presenta una singolare sineresi di rigetto della scienza sperimentale e di impiego dei canoni della più rigorosa sperimentazione agronomica, in una commistione singolare di scienza e di filosofia, la dottrina di
I mancamenti-illuminazione hanno svolto un ruolo ingente nella storia spirituale e politica dell’umanità: fu a seguito di un oscuramento della presenza cosciente, e di un’escursione nel mondo soprasensibile, che
Per prossimità geografica, nella storia delle estasi decisive per la storia umana quella di Fukuoka fu più vicina a quella di Budda che a quelle degli altri grandi del pensiero e della mistica. Riavutosi dall’obnubilamento, il ricercatore giapponese comprende di avere acquisito una verità capitale: l’uomo sarebbe incapace di comprendere la natura, la scienza sperimentale, una forma di conoscenza tipicamente occidentale, adottata dalla cultura asiatica nonostante l’incompatibilità con la propria tradizione filosofica, non offrirebbe quella chiave di comprensione del mondo naturale che pretenderebbe di assicurare, le pratiche tecnologiche derivate, per sfruttare le risorse naturali, dalla scienza occidentale, costituirebbero violazione imperdonabile dell’ordine del Cosmo. Tornato al podere paterno “ai piedi della montagna” si dedica alla ricerca di metodi di coltivazione in cui siano i vegetali e gli animali a produrre, con il grado minore di interferenze umane, le derrate necessarie ai bisogni alimentari.
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La dottrina agronomica di Garofalo costituisce, sostanzialmente, la riproposizione delle idee che Alfonso Draghetti, direttore della Stazione agraria di Modena tra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta, ha raccolto in un volume che può essere considerato manifesto postumo della rivoluzione agraria moderna, La fisiologia dell’azienda agraria. Nata in Inghilterra, a metà del Seicento, all’affermarsi di una pratica che stabiliva legami indissolubili tra le coltivazioni e gli allevamenti attraverso le colture foraggere, demandate della duplice funzione di migliorare la fertilità dei campi grazie alle peculiari proprietà biologiche e attraverso la disponibilità di letame che assicuravano come sottoprodotto delle derrate zootecniche, la nuova agricoltura fondata su quell’integrazione consentiva un incremento dei rendimenti cerealicoli tale da moltiplicare la produzione di frumento e orzo nonostante i due cereali fossero seminati su superfici minori, assicurava, mediante l’abbondanza di foraggi durante l’intero arco dell’anno, la produzione di derrate animali che l’azienda poteva dirigere ai nuovi mercati urbani, in Inghilterra famelici di burro, di carne di agnello e di maiale.
Sospinta, in Inghilterra, dal contributo di decine di agronomi, ciascuno impegnato a confrontare i risultati di cento esperienze empiriche, l’agricoltura delle rotazioni trovava il proprio alfiere in
Thaer formulava la propria dottrina prima che le conoscenze chimiche permettessero di misurare gli scambi di sostanze fertilizzanti tra la stalla e i campi, le asportazioni delle colture cerealicole, gli apporti di quelle foraggere: maturate, nella prima metà dell’Ottocento, quelle conoscenze, affrontavano l’esame quantitativo di quegli scambi i dioscuri della sperimentazione inglese negli anni del primato economico, manifatturiero e scientifico della Gran Bretagna, Henry Gilbert e John Lawes, i protagonisti dell’epopea sperimentale della Stazione di Rothamsted, sede del più famoso piano di indagini sulle rotazioni della storia dell’agronomia.
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==Tra pseudoscienza e stregoneria==
Tra sette e tribù dei cultori di un’agricoltura alternativa a quella nata dalla scienza moderna una menzione particolare impone quella i cui adepti professano il credo predicato da
Nel proprio lucido, arguto volume sui fondatori delle più stravaganti dottrine pseudoscientifiche degli ultimi cento anni Martin Gardner, matematico e storico della scienza, ha tracciato un profilo di straordinaria penetrazione dell’alfiere di una nuova dottrina scientifica, della logica delle sue elucubrazioni, della premura di circondarsi di una scuola che è insieme setta religiosa e azienda editoriale, impegnata a sfruttare la credulità di quanti siano sedotti da un’idea che annulli le nozioni accumulate dalla conoscenza umana dal tempo di {{AutoreCitato|Eraclito|Eraclito}}. Integra il profilo l’immancabile proclama del profeta della nuova dottrina di essere perseguitato dalla scienza accademica, che lo escluderebbe, per invidia, dai propri ranghi. L’esclusione pare accendere l’estro del genio incompreso, che si rimette al giudizio dei posteri, che non potranno che rigettare le conoscenze accumulate da {{AutoreCitato|Ruggero Bacone|Bacone}} a {{AutoreCitato|Robert Boyle|Boyle}}, da {{AutoreCitato|Louis Pasteur|Pasteur}} ad {{AutoreCitato|Albert Einstein|Einstein}}, per professare la dottrina enunciata dal maestro ignorato dai contemporanei.
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