Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/75: differenze tra le versioni

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Comincia dall’esporre nettamente la dottrina vera intorno alle ordinazioni episcopali, così dicendo: «È manifesto a tutti quelli che amministrano nella Chiesa di Dio l’uffizio {{Pt|saderdotale|sacerdotale}}, doversi osservare tutte quelle cose che l’autorità dei Sacri Canoni, e la consuetudine ecclesiastica comanda {{Sc|secondo la disposizione della divina legge e la tradizione apostolica}} intorno alle ordinazioni de’ Vescovi, cioè che, defunto il pastore, e resa la sede vacante, uno del Clero di quella, quegli che un comune e concorde consentimento del medesimo clero e di tutta la plebe avrà eletto, o con pubblico decreto designato notoriamente e solennemente, e che sarà consegnato da un legittimo numero di Vescovi, debba giustamente ottenere il luogo del pontefice mancato; non dubitandosi punto, che non debba esser cosa firmata dal giudizio e dispensazione divina ciò che fu celebrato con tant’ordine e legittima osservazione della Chiesa di Dio. Tali sono le cose che si rinvengono stabilite ne’ Concilî de’ Padri, e ne’ decreti de’ Pontefici della Sede apostolica, e dalla Chiesa di Cristo comprovati fin da principio.»
Comincia dall’esporre nettamente la dottrina vera intorno alle ordinazioni episcopali, così dicendo: «È manifesto a tutti quelli che amministrano nella Chiesa di Dio l’uffizio {{Pt|saderdotale|sacerdotale}}, doversi osservare tutte quelle cose che l’autorità dei Sacri Canoni, e la consuetudine ecclesiastica comanda {{Sc|secondo la disposizione della divina legge e la tradizione apostolica}} intorno alle ordinazioni de’ Vescovi, cioè che, defunto il pastore, e resa la sede vacante, uno del Clero di quella, quegli che un comune e concorde consentimento del medesimo clero e di tutta la plebe avrà eletto, o con pubblico decreto designato notoriamente e solennemente, e che sarà consegnato da un legittimo numero di Vescovi, debba giustamente ottenere il luogo del pontefice mancato; non dubitandosi punto, che non debba esser cosa firmata dal giudizio e dispensazione divina ciò che fu celebrato con tant’ordine e legittima osservazione della Chiesa di Dio. Tali sono le cose che si rinvengono stabilite ne’ Concilî de’ Padri, e ne’ decreti de’ Pontefici della Sede apostolica, e dalla Chiesa di Cristo comprovati fin da principio.»


In prova di questa dottrina reca le parole di [[:w:Tascio Cecilio Cipriano|S. Cipriano]], che in una lettera ad Antoniano, parlando dell’elezione di [[:w:Papa Cornelio|S. Cornelio]], scrivea così: «Il Vescovo formarsi dal giudizio di Dio e del suo Cristo, dal testimonio di tutti i chierici, dal suffragio della plebe, e dal consenso degli antichi Sacerdoti, e degli ottimi (''bonorum virorum'').»
In prova di questa dottrina reca le parole di {{W|Tascio Cecilio Cipriano|S. Cipriano}}, che in una lettera ad Antoniano, parlando dell’elezione di {{W|Papa Cornelio|S. Cornelio}}, scrivea così: «Il Vescovo formarsi dal giudizio di Dio e del suo Cristo, dal testimonio di tutti i chierici, dal suffragio della plebe, e dal consenso degli antichi Sacerdoti, e degli ottimi (''bonorum virorum'').»


Dopo di che in tal modo soggiunge: «Secondo queste parole del beato Cipriano apparisce, che dal tempo degli Apostoli, ed appresso per anni quasi quattrocento, tutti i Vescovi delle Chiese di Dio sono stati ordinati, ed hanno legittimamente governato il popolo cristiano, senza alcun consulto della umana potestà. Quando poi cominciarono i principi ad esser cristiani, un manifesto argomento basta a convincerci, che, universalmente parlando, si mantenne nelle ordinazioni de’ Vescovi la libertà della Chiesa. Perocchè non era possibile che tenendo la monarchia di tutto il mondo un solo imperatore, questi potesse conoscere e scegliere tutti i Vescovi che si doveano ordinare in tutte le vastissime parti della terra, in Asia, Europa ed Africa. E tuttavia fu sempre compiuta e valida l’ordinazione che celebrò la santa Chiesa giusta la tradizione degli Apostoli, e la forma di una religiosa osservanza. Che poi in alcuni regni sia invalsa la consuetudine, che l’ordinazione episcopale si faccia consultando il principe; ciò vale ad aumento di fraternità, per aver pace e concordia col mondano potere; ma non a render più vera o autorevole la sacra ordinazione: la quale non già mediante la regia potenza, ma sì bene solo col cenno di Dio, e col consenso de’ fedeli della Chiesa si può conferire a chicchessia. Conciosiacchè l’episcopato non è un ufficio umano, ma un dono dello Spirito Santo... Di che avviene che il principe gravemente pecca se stima poter darsi per suo benefizio quello che solo la divina grazia dispensa: quando, il ministero della sua potestà in tale negozio dee venir dietro aggiungendosi, non andare innanzi preferendosi<ref>— ''Cum ministerium suae potestatis in hujusmodi negotium peragendo adjungere debeat, non praeferre''. Questa è la vera idea di ciò che possono fare i principi in favore della Chiesa, non costituirsi legislatori, ma dar mano perchè le leggi e disposizioni della Chiesa sieno secondo il volere della Chiesa, e non altramente, eseguite.</ref>.»
Dopo di che in tal modo soggiunge: «Secondo queste parole del beato Cipriano apparisce, che dal tempo degli Apostoli, ed appresso per anni quasi quattrocento, tutti i Vescovi delle Chiese di Dio sono stati ordinati, ed hanno legittimamente governato il popolo cristiano, senza alcun consulto della umana potestà. Quando poi cominciarono i principi ad esser cristiani, un manifesto argomento basta a convincerci, che, universalmente parlando, si mantenne nelle ordinazioni de’ Vescovi la libertà della Chiesa. Perocchè non era possibile che tenendo la monarchia di tutto il mondo un solo imperatore, questi potesse conoscere e scegliere tutti i Vescovi che si doveano ordinare in tutte le vastissime parti della terra, in Asia, Europa ed Africa. E tuttavia fu sempre compiuta e valida l’ordinazione che celebrò la santa Chiesa giusta la tradizione degli Apostoli, e la forma di una religiosa osservanza. Che poi in alcuni regni sia invalsa la consuetudine, che l’ordinazione episcopale si faccia consultando il principe; ciò vale ad aumento di fraternità, per aver pace e concordia col mondano potere; ma non a render più vera o autorevole la sacra ordinazione: la quale non già mediante la regia potenza, ma sì bene solo col cenno di Dio, e col consenso de’ fedeli della Chiesa si può conferire a chicchessia. Conciosiacchè l’episcopato non è un ufficio umano, ma un dono dello Spirito Santo... Di che avviene che il principe gravemente pecca se stima poter darsi per suo benefizio quello che solo la divina grazia dispensa: quando, il ministero della sua potestà in tale negozio dee venir dietro aggiungendosi, non andare innanzi preferendosi<ref>— ''Cum ministerium suae potestatis in hujusmodi negotium peragendo adjungere debeat, non praeferre''. Questa è la vera idea di ciò che possono fare i principi in favore della Chiesa, non costituirsi legislatori, ma dar mano perchè le leggi e disposizioni della Chiesa sieno secondo il volere della Chiesa, e non altramente, eseguite.</ref>.»