Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/34: differenze tra le versioni
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Sarebbe {{Ec|stato|stata}} ingiustizia, peraltro, se quella curiosità non fosse nata anche in parte da un sentimento di simpatia per i Principi d’Acaja. Dico simpatia, non entusiasmo. Grandi non furono, nè forse potevano essere. La parte principale, in quel fortunato lavorìo diplomatico e guerresco della casa di Savoia, toccava naturalmente ai Conti, loro signori, più forti d’armi e piantati in domini assai più sicuri che non le terre dei principi. Tolto anche il conte Verde e il conte Rosso, che vissero al tempo loro, sarebbe bastata ad oscurar gli Acaja la gloria di Amedeo il Grande che li precedette e la fama d’Amedeo VIII che li seguì. Ma non furono indegni d’ammirazione. Accampati sopra un territorio di dubbie frontiere, circondato da Comuni turbolenti e da Signori il cui unico pensiero era la conquista; posti in una condizione, rispetto ai Conti savoiardi, la quale, se li assicurava d’un valido sostegno nei grandi cimenti, {{Pt|vin-|}} |