Il dottor Antonio/X: differenze tra le versioni

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<center>CAPITOLO X.</center>
 
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— «Che mai può essere?» domandò Lucy. Poi guardandolo fissa, parve leggesse sulla faccia di lui; perchè fattasi color di rosa, tosto disse: «Ho da alzarmi?»
 
— «Brava!» gridò Antonio, «indovinato alla prima: ''La lingua batte ove il dente duole''. Sì, dovete alzarvi; ma a patto di sottomettervi a una quantità di seccanti cautele, avvisi e restrizioni. Non vi si permette di camminare, nemmeno di porre il piede per terra: esso ha bisogno di un’altra quindicina di giorni di riposo assoluto. Vi
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dovrete alzare solo per giacervi quietamente su quella lunga sedia, che Speranza e Rosa vi portano; e siete pregata di abbandonarvi passivamente ad esse e a miss Hutchins, la quale vi vestirà. Alla fin fine non siete delusa, n’è vero?» chiese ansiosamente, notando che il rosso nelle belle guance di lei era sparito; e che gli angoli della bocca espressiva cominciavano ad abbassarsi. «Vorrei potervi conceder di più, ma non ''oso''.»
 
Avrebbe dovuto aver Lucy un cuor più duro di quello che aveva per resistere alla premura e al tono affettuoso e all’aspetto dell’Italiano. La leggier nube di fastidio mutossi in uno splendido sorriso. — «Sono ingrata davvero,» ella disse; «perdonatemi.» E gli porse la mano — una manina così incantevole, ch’egli sentì una terribile inclinazione di baciarla; ma la ritenne solo per un minuto secondo nella sua. Un’ora dopo, coll’ajuto di sir John in gran festa, per la porta invetriata dell’anticamera, Lucy veniva fatta scorrere sulle rotelle della poltrona nella loggia da noi già tante volte menzionata in questa verace istoria, e dove una tenda era stata spiegata per proteggerla dal sole.
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— «Che colore orientale danno alla collina di Bordighera quelle palme ondeggianti! Si potrebbe credere di essere nell’Asia Minore,» disse Lucy.
 
Ed era davvero una bella scena. Sta dinanzi l’immensità del mare liscio come uno specchio, e splendido delle tinte cangianti di un collo di colomba, il verde lucente, il porporino scuro, il soave oltremare, l’azzurro cupo di una lama di brunito acciajo; — talora scintillante al sole come diamanti; talora ripiegantesi a mo’ di nastro in rete di nivea spuma. Distaccansi fortemente su questo splendido fondo un gruppo di pescatori dalle rosse cappe e dalle rosse cinture, che tirano lo loro reti a terra; e accompagnano
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ciascuna tirata con un grido simile a lamento, che l’eco della montagna ripercuote addolcito. Sulla diritta, verso ponente, l’argentea striscia della strada ondulata fra case sparse qua e là, o tra chiuse di aranci e di palme, conduce l’occhio al promontorio di Bordighera: un masso enorme di smeraldo, che chiude l’orizzonte, tagliato in forma di balena coricata colla sua larga coda sepolta nelle acque. Ivi in piccolo spazio — vista veramente rinfrescante, vi si presenta ogni gradazione di verde che può rallegrar l’occhio: dal pallido grigio dell’olivo alle scure foglie del cipresso; uno de’ quali, di tratto in tratto, come isolata sentinella, si stacca elevato di mezzo al rimanente. Gruppi di piumate palme, colla cima illuminata dal sole e il resto nell’ombra, stendono i loro larghi rami come creste di guerrieri sulla cima; ove lo snello profilo della guglia torreggiante della chiesa si disegna spiccato sul cielo purissimo.
 
La costa a levante si addentra nella terra in curva graziosa; poi con gentile sporto a mezzogiorno si perde nel mare lontano lontano. Tre capi sorgono da questa mezzaluna, che sì amabilmente riceve in seno l’ampio spazio delle lente acque; tre capi di diverso aspetto e colore giacenti l’un dietro l’altro. Il più prossimo è un nudo scoglio rossiccio, tanto abbagliante al sole che l’occhio vi si ferma a stento; il secondo, riccamente boschivo, porta quasi mural corona un lungo villaggio sulla sua cresta; il terzo pare in distanza nebbia azzurra con una bianca macchia. Due bianche vele girano intorno a questo capo. Tutto il complesso di coste, immerso nella luce, fuorchè dove un macigno sporgente projetta la sua grigia ombra trasparente, si vede riflesso capovolto con una grazia di tinte sbiadite nello specchio delle acque soggette. Terra, mare e cielo, mescolano i lor diversi colori; e dalle loro varietà, come dalle note di una ricca e piena arpa, sorge una grandiosa armonia. Atomi d’oro galleggiano nell’aria trasparente; e un’aureola color madreperla corona i taglienti contorni delle montagne.
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— «Ma ne godo di già al presente,» affermò Lucy.
 
— «Ma fra poco ne godrete ancor meglio,» persistette Antonio. «La percezione del bello non è rivelazione istantanea, ma sì graduata; non solo richiede tempo, ma anche
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un po’ di studio. Accade di un paesaggio come questo, quello che di un pezzo di musica: per esempio, una sinfonia. Possiamo coglierne alla prima molte bellezze minute, ma il nesso fra i varii passaggi, la relazione che hanno fra loro e col tutto; in una parola, ciò che ne costituisce l''’insieme'', non ci penetra in mente se non sentito ripetute volte, e con attenzione.»
 
— «Avete ragione,» disse Lucy, che in genere credeva giuste le parole di Antonio. «Mi maraviglio,» proseguì, «come ogni cosa che abbia apparenza orientale s’impadronisca sempre della nostra fantasia. Non posso levar l’occhio da quelle palme; mi ricordano le crociate e i cavalieri, e seco loro le storie della Sacra Scrittura.»
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— «Qual nome singolare, Spedaletti! Significa piccolo spedalo, n’è vero?»
 
— «Sì. Uno de’ miei amici, che pregiasi di essere un po’ antiquario, pretende di avere accertata l’origine del nome. Egli dice che una nave appartenente ai Cavalieri di Rodi (alcuni di quelli a’ quali stavate pensando, poco fa), mentr’era in crociera nel Mediterraneo, non mi rammento in qual secolo, sbarcò parecchi uomini malati di contagio in questo luogo. Vi furono erette alcune baracche per ricoverarli; e quelli stessi edifizii, a quel che dice il mio amico, servirono di primo nucleo al paesetto attuale, il quale, secondo il suo asserto, ha ritenuto naturalmente il nome del suo
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primo officio. Per dar peso all’opinione del mio amico, a poca distanza da lì ci sono le ruine di una cappella chiamata la «Ruota,» che può forse essere corruzione di Rodi (Rhodes.)»
 
— «E ci sono ancora ospedali?» domandò Lucy.
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— «Quasi tutti. La Madonna è la gran passione del nostro popolo. Per me, lo confesso schietto, mi commuove profondamente questa..., dite pure superstizione, se vi piace, questa apoteosi della donna; che ne fa il canale per cui la misericordia e la grazia scende dall’alto sui miseri mortali. È il miglior complimento che siasi fatto alla vostra natura più nobile della nostra.»
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— «Pensate davvero che siano le donne migliori degli uomini?»
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— «Ma, mia cara,» rispose piuttosto stizzito il Baronetto, che non amava si facessero tante opposizioni ai suoi progetti: «desidero che conosciate un poco Parigi; è giusto e conveniente. L’anno passato la traversammo in fretta; voi stavate allora molto male, e difficilmente ve ne siete potuta formare un’idea.» Dopo una certa meditazione, quasi discutendo fra sè e sè qualche punto, egli aggiunse: «Benchè di gran lunga inferiore a Londra, Parigi è pur tuttavia un luogo da spendervi alcune settimane piacevolmente. In Parigi sono cose da vedersi: i Campi Elisi, ad esempio, quantunque non possano paragonarsi ad Hyde-Park.»
 
Questo primo di maggio era destinato ad essere un giorno ''
Questo primo di maggio era destinato ad essere un giorno ''albo signanda lapillo'' per sir John. Il risultato della somma da lui fatta dei meriti comparativi delle due città gli fu impossibile esporlo tutto, venendo interrotto dal suo servitore John, il quale annunciava un uomo che aspettava a basso chiedendo di vedere sir John. Da dove veniva egli? L’uomo aveva menzionato il nome del dottor Antonio, e aveva l’aria di un mercante di cavalli. — «Un mercante di cavalli!» esclamò il Baronetto, e discese precipitoso le scale con tale alacrità, che avrebbe fatto onore a gambe più giovanili delle sue.
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Questo primo di maggio era destinato ad essere un giorno ''albo signanda lapillo'' per sir John. Il risultato della somma da lui fatta dei meriti comparativi delle due città gli fu impossibile esporlo tutto, venendo interrotto dal suo servitore John, il quale annunciava un uomo che aspettava a basso chiedendo di vedere sir John. Da dove veniva egli? L’uomo aveva menzionato il nome del dottor Antonio, e aveva l’aria di un mercante di cavalli. — «Un mercante di cavalli!» esclamò il Baronetto, e discese precipitoso le scale con tale alacrità, che avrebbe fatto onore a gambe più giovanili delle sue.
 
Chiunque nella condizione di sir John, chiunque vogliamo dire, abituato a una quotidiana cavalcata, sia privo del suo favorito esercizio da quasi un mese, intenderà facilmente che il solo sentire parlare di un mercante di cavalli suonasse all’orecchio di sir John come il mormorìo delle acque all’orecchio di un assetato viaggiatore. Gli erano stati mandati da Nizza successivamente due cavalli; ma l’uno si era tosto scoperto zoppo, e l’altro vizioso, da non potersi maneggiare: e la condizione era stata che egli per disperazione aveva rinunziato al cavalcare.
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— «Spero sia realmente quieto,» sclamò Lucy, piuttosto inquieta alla vivace manovra del padre.
 
— «Potrebbe cavalcarlo un bambino,» rispose sir John, che da un anno o due sentiva la necessità di evitare di caracollare su cavalli focosi. «Lucy, guardate come è delicato di bocca: obbedisce al più lieve tocco.» E accompagnando le parole coll’atto, il Baronetto incantato fece girare
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e rigirare il cavallino, finchè Lucy esclamò: «Papà, papà, così farete venire a voi e alla povera bestia le vertigini.»
 
Mentre questo succedeva, un giovane in giacchetta di postiglione, col cappello in mano, entrò furtivamente per la porta del giardino, e si appressò a sir John, il quale immediatamente si drizzò sulle staffe. Era Prospero. Co’ suoi umili modi veniva a contribuire il suo obolo al contento del Baronetto in quel dì memorabile. I cordiali ringraziamenti di Prospero furono espressi in un gergo, che per le orecchie di sir John non aveva alcun significato; ma eravi tanto sentimento nella voce e nell’aspetto del povero giovane, da trasmettere alla mente del gentiluomo inglese una idea chiara di quello che diceva e intendeva dire l’Italiano, forse quasi avesse parlato inglese come John. L’aspetto pallido e il corpo smunto erano un accompagnamento enfatico della sua eloquenza. Sir John ne fu commosso e per nascondere la sua commozione, cominciò immediatamente, il tono elevato, a dare al giovanotto una lezione sui doveri dei postiglioni verso i viaggiatori in generale, e segnatamente verso una certa specie di viaggiatori. Questa arringa, priva di quell’espressiva pantomima di sguardi e gesti che avrebbe fatto intendere a chiunque il discorso del giovane, piombò duramente sulle orecchie di Prospero, che non ne capiva nulla; ed egli facendo girare il suo cappello, cogli occhi fissi al suolo, aveva l’aria di un colpevole quale sir John voleva dimostrare accuratamente.
 
In questa crisi, proprio mentre il Baronetto, sempre sul suo cavallo, cominciava a sentirsi imbrogliato del modo con cui concludere dignitosamente la scena; il suo occhio scoprì il dottor Antonio, che era venuto verso l’osteria per vedere la compera di cui già era informato tutto il paese. «Mio caro Dottore,» esclamò sir John con voce cordiale, «sono veramente contento di vedervi, vi sono infinitamente obbligato.» Il dottore Antonio esser chiamato «mio caro Dottore!» in quel modo franco e aperto da sir John Davenne! era la prima volta; non è dunque da maravigliarsi che Antonio desse peso alle parole. Pregò sir John a non parlare di obbigazioni, e si congratulò caldamente con lui della felice circostanza, per la quale aveva potuto procurarsi un così buon cavallo, John sopravvenne in questo punto, e annunziò che la stalla ove solea tener gli altri due cavalli, per non so quali ragioni, non potevasi avere per una settimana almeno: — notizia che depresse alquanto la contentezza
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del buon vecchio gentiluomo. Ma ciò vedendo il cortese Dottore, trasse da parte quell’aria pentita di Prospero; e dopo un minuto di discorso, si rivolse al Baronetto dicendogli che nella casa ove il giovane abitava, vi era una stalla passabilmente buona, e che forse sarebbe stata di convenienza a sir John; e che era certo un atto caritatevole per parte sua, di confidar la cura del cavallo a Prospero; il quale, appena fosse stato in forza per riprendere il suo ufficio di postiglione, aveva un fratello più giovane che avrebbe fatto di mozzo in sua vece. Il Baronetto accettò la proposta; e Prospero, non poco sollevato a questo tiro di buona fortuna, ajutò a smontare il suo nuovo «signor padrone,» il quale consegnando alle sue cure il cavallo, gli fece gl’ingiunzione si trovasse ogni mattina alle sette all’osteria, per ricevere gli ordini della giornata.
 
Lucy, dalla loggia, udiva e vedeva quanto accadeva disotto; e aveva seguito tutti gl’incidenti di questo piccolo episodio con una intensità di premura, che a un osservatore indifferente sarebbe potuto sembrare fuor di luogo. Ma quando sir John ebbe chiamato Antonio «mio caro Dottore,» una rosea tinta di compiacenza erasi sparsa sulle sue bianche gote, e il suo sorriso si era fatto più soave e più dolce. Insomma, dotata di un cuor gentile, era naturale che le desse piacere il miglior accordo che vedeva cresciuto fra suo padre e il suo medico.
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— «E la poltrona e la tenda, per una capricciosa ragazza che mostrava solo la sua gratitudine coll’essere inquieta e impaziente, vennero qui a caso anch’esse?»
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— «Eccoci di nuovo,» disse Antonio tirando indietro il capo con un movimento che era usato fare quando s’infastidiva. «Cose tanto comuni non valgon la pena di menarne scalpore. A questo conto, se starnuto e un vicino dice: salute, io gli dovrò essere obbligato tutta la vita?»
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— «Mio fratello non può tornare a casa prima di quattro mesi; e così papà non si cruccierà più per il nostro dimorar qui. Poi, io sono tanto contenta del cavallo, e di potermi seder quivi, e di godere di questa bella veduta! Non ho forse ragione di sentirmi felice?»
 
— «Certamente,» disse Antonio piuttosto grave e strofinandosi
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la barba, «certamente!» Che gli era mancato nell’enumerazione delle cagioni di felicità di Lucy?
 
Seguì una corta pausa, durante la quale il Dottore e l’inferma parvero tutt’altro che a lor agio. «Intanto,» disse l’Italiano riscuotendosi, «io non ho veduto il vostro disegno. Volete mostrarmelo?»
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— «Se realmente desiderate un maestro, ve ne troverò uno.»
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— «Potete davvero? Allora lo desidero.»
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Lucy arrossì, perchè quanto diceva Antonio le pareva proprio il rovescio del carattere ch’era abituata a udire attribuito agli Italiani.
 
— «Dimenticate le idee preconcette, o piuttosto,» continuò Antonio, «richiamatele tutte alla memoria, e paragonate le cose sentite a dire, con quello che voi stessa osservate. I fatti sono argomenti difficili a confutare, miss Davenne: e l’osservazione de’ fatti vi mostrerà che qui fra noi v’è appena esempio di mogli e figlie che portino segni della brutalità dei loro mariti e de’ padri; che l’ubbriachezza è cosa molto rara; e così pure il delitto; che vi sono intere provincie — quella di San Remo, per esempio — nelle quali non un assassinio è stato commesso a memoria di uomo. La proprietà è divisa: e i due estremi, di grandi ricchezze e grande povertà, sono quasi sconosciuti, e così pure per buona sorte la maggior parte de’ mali che ne derivano. — per esempio, l’accattoneria. Naturalmente non parlo delle grandi città; ma dei distretti di campagna.
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ne’ quali quasi ogni persona possiede del suo un piccolo appezzamento di terra, e lo coltiva meglio che può. Il piccolo proprietario a tempo avanzato lavora a giornata pel suo vicino, che ha bisogno di braccia, possedendo più terra; ma giornaliero e proprietario trattano fra loro su basi di perfetta eguaglianza. Il giornaliero non si crede inferiore al proprietario che gli dà lavoro, per un po’ di moneta che riceve; come il proprietario non si crede superiore del bracciante, perchè lo paga.»
 
— «Voi mi descrivete una vera Arcadia.»
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— «Questo è troppo gran male,» disse Lucy; «e i preti conoscono queste azioni, e non cercano di prevenirle o di porvi rimedio?»
 
— «Certo, essi non usano l’autorità loro quanto sarebbe necessario per curare il male. Temono di perdere la loro influenza, se si conducono, non vo’ dir con severità, ma solo con fermezza verso il loro greggie. Pare vi sia un tacito accordo fra pastori e pecorelle. Accordateci tutto in quanto alla forma, dicon quelli. Sì, dicon queste, ma non esigete troppo da noi in quanto alla sostanza. Così la lettera uccide lo spirito. Purchè le chiese siano frequentate, i confessionali assediati, le elemosine abbondanti, i biglietti di comunione numerosi, i nostri ''Reverendi'' pare si curino poco se la moralità rimane stazionaria, e anco indietreggia. Il Curato, che è sotto molti rapporti quello che voi chiamate ''Vicar'' in Inghilterra, predica dal pulpito che la bugia è un abito peccaminoso, e che un operajo deve lavorar bene la sua giornata per una buona giornata di paga... E perchè non si emendano? Perchè in
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pratica i confessori non sostengono quel che si predica; sono troppo concilianti, e non osano, testualmente, non osano rifiutare l’assoluzione a quei penitenti che sono in recidiva. Non osano, perchè, essi dicono, «non vogliamo perdere i nostri penitenti;» e questo accadrebbe di certo se mostrassero un grado conveniente di severità. Dovete sapere che è mira e ambizione dei confessori di avere un gran numero di penitenti; e gareggiano l’un coll’altro a chi di loro sarà più in voga. Gli abitanti conoscono questa debolezza, e se ne approfittano. M’è accaduto più d’una volta a sentir dire: «Se il mio confessore non mi dà l’assoluzione, andrò dal tal di tale che ha «maniche larghe;» intendendo dire che è più indulgente.»
 
— «Queste sono davvero brutte ombre alla vostra bella pittura,» disse sospirando Lucy.
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— «E il Curato ce l’ha con voi?» disse Lucy con faccia alquanto grave.
 
— «Sì, ma tiene in sè la sua ira. Egli e i suoi reverendi
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confratelli mi reputano un medico passabile — almeno tanto buono quanto potevasi sperare per questo paese. Ma non è soltanto la loro fede nella mia medica abilità che li mantiene civili verso di me. La pubblica opinione si è altamente dichiarata in mio favore; e anche qui, e a dispetto di tutto, l’opinione pubblica ha il suo peso. E poi la mia barba,» continuò Antonio lisciandola in aria di scherzo, «non è una delle più forti prove possibili del favore che io godo presso il nostro Pascià-a-tre-code, il comandante di San Remo?»
 
— «Come sarebbe?» domandò Lucy.
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— «Bene, lasciateli radersi; de’ gusti non c’è che dire,» osservò Antonio in aria di rassegnazione.
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— «Mi prometteste un giorno dirmi il motivo per cui siete tanto in favore presso il Comandante. Ditemi un poco, comanda egli a tutta la Riviera?»