Il dottor Antonio/IV: differenze tra le versioni

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<center>CAPITOLO IV.</center>
 
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Piuttosto sopra pensiero, ma col suo solito contegno, di buon passo sostenuto, ma non frettoloso, il dottor Antonio la mattina seguente, di buon’ora, si sarebbe potuto vedere scendere giù per la collina di Bordighera nella direzione dell’albergo stradale, ove giaceva la sua giovane malata. Il dottor Antonio non era bello al modo degli eroi da romanzo in generale. Aveva la bocca larga, un naso di forma nè greca, nè romana, zigomi piuttosto sporgenti: in breve uno stampo di fattezze irregolari, e nello stesso tempo un po’ leonine: — tutto quanto poteva dirsi in suo favore consisteva in questo, ch’egli era di viso espressivo e intelligente. Nelle sue tempie prominenti e rotonde, che solea talvolta muovere a mirabile contrazione, appariva forza di volontà e di pensiero. Il suo sorriso, talvolta tinto da un’ombra di cheta ironia, era abitualmente dolce e prevenente. Nel complesso la sua apparenza si faceva notare; e imponeva più il rispetto che non attraesse la simpatia.
 
Il nostro Dottore pertanto, la mattina di buon’ora si avviava verso l’osteria del ''Mattone'', tale essendo il nome dell’umile albergo di strada; e se fosse così chiamato o dal suo rosso color mattone, o dall’essere posto sopra un terreno occupato già da una fornace di mattoni, non abbiam dati per decidere. Che fosse di una apparenza squallida e singolare, nessuno che avesse occhi in capo poteva avventurarsi a negarlo. Ed è un fatto che, quando da prima fu fabbricata la casa, doveva aver volta la fronte al nord, cioè rimpetto alla strada; ma coll’andar del tempo, probabilmente per evitar la polvere, le primitive finestre e l’ingresso erano state chiuse a pietra e a calce, e delle nuove aperte nel lato opposto, cioè dalla parte rivolta a mezzogiorno.
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Glie n’era pertanto derivato un aspetto duplice, contorto, e poco naturale; molto curioso a vedersi. Invece della scala che precedentemente conduceva dal pianterreno al piano disopra, resa inutile dall’attuale mutazione; una doppia branca di massicci scalini di pietra, connessi in cima ad una larga spianata o loggia, era stata aggiunta all’esterno: e saliva dal giardino sino all’altezza della finestra di mezzo del primo piano, tagliata abbasso per servir di porta d’ingresso. Questi scalini, comparativamente enormi, e la loggia anch’essa essendo orridamente sproporzionata per la diminutiva casa alla quale si appoggiavano, accrescevano la stranezza del suo aspetto; e suggerivano l’idea dell’abito di un uomo adulto gittato sulle spalle di un fanciullo di dieci anni.
 
Il dottor Antonio trovò la sua malata in uno stato tutt’altro che soddisfacente. Lucy aveva appena chiuso gli occhi tutta la notte; si lamentava del dolor di testa e di una sete continua; aveva le labbra arse e il polso cattivo, — insomma una gran febbre. — «Vorrei avervi cavato sangue fin da ieri,» disse il Dottore dopo averle sentito il polso: «avete nessuna difficoltà a farvi cavar sangue?»
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— «Avete un gran coraggio, ne son sicuro,» replicò il Dottore un po’ commosso; «ma vi posso assicurare che il vostro stato attuale non richiede per nulla l’esercizio della vostra forza d’animo. Credetemi, voi non avete maggior probabilità di morire adesso di quello che l’abbia io.»
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— «Parola?» chiese Lucy stendendogli la sua manina.
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Sir John si era levato di buon mattino nella deplorabile disposizione d’animo di uno che ha passato una notte tristissima; ed ha per di più qualche picciol foriere di gotta. Sir John aveva già veduta la Hutchins, e ricevuto da lei un rapporto sfavorevole sullo stato di sua figlia; ed aveva perciò perduto ogni speranza di partire in giornata. Sir John avendo chiamato John che gli portasse i rasoi, aveva sentito che non era in casa. La quale sequela di fastidii reagendo necessariamente sui nervi dell’imperioso Baronetto, egli aspettava impaziente il servo per rovesciare nella sua grossa testa rotonda tutto quel cumulo di dispetto, — dispetto, non ira, è la giusta parola — che gli pesava sul cuore. «Ogni cosa va a rovescio in questo maledetto paese!» esclamò il Baronetto come per sollevarsi.
 
Sir John aveva poche nozioni, ma molto assolute intorno agli Italiani. L’Italia, sir John l’ammetteva, era un bel paese, ma appena appena abitabile: una fornace la state, una ghiacciaia l’inverno. Roma un luogo degno d’esser veduto, ma grave! grave! grave! E dichiarava gl’Italiani, popolo rapace,
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dalla parola melliflua, dall’aspetto misero, che non andava mai senza la corona in una saccoccia e lo stiletto nell’altra.
 
Per ogni coppia d’uomini che s’incontrassero in istrada c’era o un cantante o un bandito o un nobile spiantato, che viveva sull’ingegno; che tale era il catalogo degli elementi costitutivi della società italiana: arricchito ultimamente della fresca giunta di cospiratori repubblicani, assetati di sangue, perpetuamente congiurati contro il loro sovrano legittimo, — una nuova varietà della specie italiana, della quale sir John aveva udito parlare assai nella sua ultima dimora in Roma da un giovane principe romano, nipote di un cardinale, che ricercava molto la società degli Inglesi. Affine di studiar meglio il carattere, le abitudini e i costumi italiani, sir John frequentava solo famiglie inglesi: aveva un medico inglese, servi inglesi, e fino il cuoco inglese; mangiava pranzi inglesi, beveva vini sedicenti inglesi, e comprava a botteghe inglesi; — in una parola, sir John avea realizzato in Roma una piccola Londra a suo modo.
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— «Sanguigna! nessuna sanguigna sotto qualsiasi pretesto; per parte mia non voglio sanguigne!»
 
Il dottor Antonio si fece rosso fino al bianco degli occhi: —
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chi sa cosa stava per replicare! — ma ritenendo a grande sforzo la risposta già pronta, disse lentamente e con calma: — «Neppure se vi assicuro che è assolutamente necessaria?»
 
— «Non ammetto questa necessità,» rispose sir John in cagnesco; «e pongo per condizione ''sine qua non'' alla vostra cura di mia figlia, il non cavar sangue.»
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— «Dottor Antonio, siete dunque risoluto a cavar sangue?» esclamò il Baronetto passeggiando per la stanza esasperato.
 
— «Voi sbagliate,» replicò il giovane alteramente; «ho risoluto, in questo caso, di non far altro se non consegnare la signorina in mani migliori. Attenderò
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l’arrivo del mio successore;» e si mosse verso le scale. Sir John si affacciò alla porta di entrata, e disperatamente disse: — «Forse sono stato troppo precipitoso; ma voi potete comprendere i miei sentimenti, signore; — i sentimenti di un padre per un’unica figlia.»
 
V’era angoscia reale nella voce, reale angoscia nell’espressione del volto del Baronetto, come fu ben veduto dal Dottore che si era rivolto verso lui.
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— «Innanzi a tal responsabilità non mi sono mai ritirato, e l’accetto volentieri,» rispose Antonio quasi raggiante; e senza ritardo tornò alla camera di Lucy.
 
Non appena ebbe dato sir John questo sgraziato consenso, che se ne adirò contro sè, e tornò alla sua camera co’ sentimenti di persona profondamente offesa. A capo di un quarto d’ora, questo sentimento risolutamente fomentato e nutrito, erasi accresciuto, espanso e tramutato in chiaro e deciso convincimento di essere stato idegnamente sopraffatto; scoperta immediatamente seguita da intensa commiserazione di sè, il sacrificato; e da uno scoppio di nuova accalorata indignazione contro Antonio, il sacrificatore: — «E così, io sto qui in balìa di costui!» disse fra sè sir John. A quest’idea tutto tutto l’altero sangue dei Davenne si rivoltò nelle sue vene. Corse adirato alla porta d’ingresso, e ordinò a John, il quale stava passeggiando pieno di abbattimento in giardino, di comandare
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immediatamente cavalli di posta per la carrozza, e poi tornare ad avvisarlo. Quindi aperto con atto violento il suo tavolino, il Baronetto cominciò a scrivere; non coll’usata compostezza pomposa, ma in modo affatto teatrale, facendo a dritta e a sinistra sgorbi da stracciar la carta in pezzetti, con un impuntare e stridere di penna da fare allegare i denti a chiunque altro non fosse stato così irritato.
 
Sir John aveva finito e sigillato la sua irosa lettera, quando il servo arrecò la consolante notizia che i cavalli verrebbero immediatamente. — «Attaccate all’istante, appena giunti,» disse il Baronetto, «e andate a Nizza quanto più presto potete con questa lettera a quel console inglese, e consegnatela in sue proprie mani. Gli ho domandato che vi dia il nome e l’indirizzo del primo medico — medico inglese, intendo, della città. Trovatelo e portatelo qui a qualunque costo, e col menomo ritardo possibile. Nessuna fermata per istrada; dovete trovarvi qui di ritorno domattina.»
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È nostro debito dire una parola del messaggiere. John Ducket discendea in retta linea da una generazione di servitori della famiglia Davenne, tutti, com’esso, nati e cresciuti nei domimii, e succedutisi l’uno all’altro nella qualità di dispensieri, con una regolarità che alla fine aveva fatto quell’ufficio ereditario nella lor famiglia. John nacque tuttavia stando il suo padrone in fasce, e sir Aubrey gli aveva dato il nome del suo erede e figlio, l’attuale sir John, in ricognizione dei fedeli servigi dei Ducket. Avendo il tempo adoperato la sua falce, John successe a suo padre e a suo avo, ed era adesso il servo di confidenza di sir John; e in esso il Baronetto riponeva illimitata fiducia e ne faceva spesso il suo capro espiatorio. John era stato avvezzo ad obbedienza passiva sin dálla sua prima gioventù: e aveva sempre continuato a camminar su questa via di obbedienza tutt’altro che a lui molesta, perchè se alcuno pensava più altamente della famiglia Davenne che lo stesso sir John, questi certamente era John Ducket. Egli ne adorava persine il nome; ogni parola che usciva di bocca a sir John, aveva per lui tutta l’autorità dì un oracolo. Se gli avesse sir John ordinato di andare a Nizza a riportare il primo che avesse incontrato per via, in vece del primo medico, John ci si sarebbe avviato colla stessa risoluzione di obbedir letteralmente, e avrebbe creduto perfettamente ragionevole il comando.
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Mentre John sedutosi a suo bell’agio dentro alla carrozza del padrone, fa la parte del Baronetto; e guarda accigliato d’alto in basso i viaggiatori pedestri che lo prendono per un gran personaggio, e gli fan di cappello cedendogli il passo; — mentre sir John conta le ore che scorrono, e pregusta in ispirito la vendetta, questo frutto si dolce anticipatamente, e sì amaro poi ad assaggiare; il dottor Antonio aspetta con grande ma dissimulata ansietà l’effetto della sanguigna mattinale. Nel corso di poche ore egli è di già tornato quattro volte; e la Hutchins continua a dargli la stessa risposta, ch’egli continua a ricevere collo stesso aspetto d’intensa soddisfazione: «Miss Davenne sta quieta e par che dorma.» Siccome non è permesso a nessuno di entrare in camera, per tema di disturbare un riposo tanto aspettato e tanto necessario alla povera giovane, la Hutchins, che la veglia attraverso la porta lasciata aperta fra le due camere, di tempo in tempo va in punta di piedi da sir John, e gli dà un egual bullettino. La casa, grazie all’attenta cura di Rosa e della sua figlia, è tanto quieta che si potrebbe credere disabitata. Le pratiche della domenica di Bordighera sono spietatamente rimandate. Verso sera Lucy chiama la sua cameriera, e domanda se il Dottore era venuto. Egli, che era solo rimasto a sedere sulla loggia, va subito da lei. Lucy si sente meglio, e crede anche di aver dormito. Antonio le tasta il polso, la prega di non parlare, le presenta alle labbra un bicchiere con dentro un blando sonnifero, e le dà la buona notte. Non c’è più dubbio; l’opportuna sanguigna ha dissipato la complicazione da lui temuta; si conosce dalla sua faccia che un gran peso gli si è tolto dall’animo. Il suo passo, mentre si avvia verso casa, è più leggiero che non la mattina, e nell’andare canticchia un’arietta.
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— «Che vi dice esso?» domandò Lucy; «fatemi sentir se ví dice il vero»
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— «Dice,» seguitò Antonio, «primo, che vi siete liberata della febbre; secondo, che desiderate qualcosa per colazione. Ho indovinato bene?»
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« — Ma voi vi dimenticate,» disse Lucy, «che non mi avete ancor detto perchè siete costretto a far voi questo burro.» E mentre parlava le passò per la mente il pensiero: — Che direbbe papà se vedesse ora il Dottore!
 
— «Primieramente,» spiegò il Dottore, «la terra è qui troppo arida per dar buoni pascoli; e questa è la ragione
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per cui i nostri contadini non tengon più di una o due vacche. Ora, una o due vacche non danno crema sufficiente da pagar la pena di far burro ogni due giorni; voi lo sapete bene.»
 
— «No, non me ne intendo affatto,» rispose ridendo la fanciulla, «ma andate innanzi.»
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— «Come farà dunque papà,» domandò ansiosamente Lucy, «ch’è così impaziente di recarsi in Londra?»
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— «Mia cara signorina,» rispose il dottore Antonio quasi per consolarla, «state pur certa che sir John non si cura di niuna cosa maggiormente che della vostra salute; e perciò vi piaccia attendere ora a quel che sto per dirvi. Due legni di posta passano di qui ogni giorno: uno da Genova a Nizza, e l’altro da Nizza a Genova; e per mezzo loro potete ogni giorno esser regolarmente provvista di quanto possa occorrervi dal mercato di una di quelle due città. Vi bisogna soltanto aver qualcuno a Genova o a Nizza, che faccia per voi le compere e le porti all’ufficio delle Diligenze. Ho in ambedue le città degli amici, che vi faranno, se vi piace, questo servigio.»
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Egli uscì un momento, e tornò subito tirandosi dietro tutta reluttante la giovanotta italiana, che colle guance rosse come ciriege per la vergogna pareva più bella che mai. «Vi chieggo scusa, signora,» balbettò ella a Lucy, «io non ebbi intenzione di offendervi, davvero, non l’ebbi.»
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— «Non mi sono mica offesa, cara mia,» disse Lucy in italiano, anch’ella imbarazzata del pari alquanto per parte sua, cosa che produsse un lieve rossore sulla sua pallida faccia; e le due fanciulle facevano un bel quadro. «In verità vi son grata del vivo attaccamento che mostrate per una persona affatto estranea. Se non fossi cristiana, dovrei essere certo un oggetto di pietà per ognuno. Ma son tale, mia buona Speranza, e adoro e prego lo stesso Padre in cielo, che voi pregate e adorate,»
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— «Nessuno si rallegra più sinceramente di me del buon successo del vostro rimedio; e miss Davenne ed io siamo di molto a voi debitori,» rispose sir John non poco imbarazzato, pensando a un tratto esser possibile che il medico inglese arrivasse mentre l’italiano era ancor quivi. Ma proprio, mentre l’apprensione di tale incontro gli occorreva alla mente, il dottor Antonio prendeva il cappello e diceva come temesse di non poter più tornare prima di sera
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— «Mi abbandonate ora che mi sento meglio?» chiese miss Davenne alquanto impermalita all’aspetto.
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Sir John ritenne un’esclamazione di compiacenza, che gli era venuta alle labbra a quella proposta che contentava il paterno orgoglio nella calorosa compassione della figlia, e conciliava le ispirazioni del suo cuore, realmente benigno, con quelle idee stravaganti di dignità, innanzi al cui tribunale ogni soave impulso era una debolezza. Fatto sta che sir John, sia detto a sua lode, sentendo la disgrazia del povero Prospero aveva incominciato a pensare al come adoperarsi per mandargli un po’ di danaro senza mostrarsi proprio lui. Ora la proposta di Lucy era più che meglio egli potesse desiderare. Prospero avrebbe avuto il danaro; e sarebbe stato il fatto di lei, non suo; così, con istudiata noncuranza, rispose: «Voi potete farlo, se volete, mia cara; benchè non gli si debbano grazie, perchè non ci ha rotto il collo. Comunque, questa non è ragione che sua madre debba soffrire. Mandate il danaro alla povera vecchia, che merita certo compassione per avere un figlio così senza cervello.»
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— «Credo, papà, che sarebbe bene che io ne parlassi al dottor Antonio; egli ci dirà cosa sia meglio di fare.»
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Il mare, il cielo, i monti, ogni cosa sorrideva d’intorno, e una brezza soave temperava l’ardore del sole di mezzodì. Mentre ventilato da quell’arietta geniale, sir John passeggiava a suo bell’agio verso Bordighera, un sentimento di materiale benessere se ne impadroniva furtivamente; e sotto l’influenza di quello, tutti gli affetti più buoni del suo naturale si ridestavano. Infatti il suo cuore erasi tanto raddolcito, che se fosse stato richiesto di specificare le sue lagnanze contro il dottor Antonio — mulini a vento che il giorno innanzi aveva presi per giganti — si sarebbe trovato spiacevolmente nell’impossibilità di farlo. Possiamo anco avanzarci fino ad asserire che ci fu un momento nel quale sir John desiderò — propriamente desiderò — o che John non fosse stato da lui spedito a Nizza, o che John tornasse solo.
 
Ma questo buon umore durò poco. Esattamente, perchè sir John era un uomo molto altero, era pur molto sensitivo, e bastava ad infastidirlo anche una sola foglia di rosa piegata trovata nel suo letto. Questa volta la foglia di rosa piegata venne a disturbarlo sotto la forma corporea di un robusto campagnuolo, dal contegno franco e allegro. Sir John aveva già incontrato molte persone, le quali tutte passando gli si erano cavate di cappello; cosa che riputava fatta proprio secondo era debito. La notizia della disgrazia occorsa al signore Inglese e alla sua figlia, la descrizione fatta da Rosa e da Speranza della straordinaria beltà e gentilezza di quest’ultima, erasi sparsa per tutto nel vicinato, e aveva naturalmente eccitato simpatia per gli stranieri. Questo sentimento della buona gente incontrata
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quella mattina da sir John, era espresso, come abbiam detto, col levarsi del cappello al gentiluomo; ma il grosso contadino summenzionato non poteva contentarsi di questa tacita pantomima. Egli si accostò al Baronetto, e gli rivolse un po’ a lungo la parola, terminando col tentativo di una stretta di mano: famigliarità odiata da sir John nelle elezioni e nelle pubbliche feste d’Inghilterra; e che era poco disposto a tollerare in mezzo a una strada in Italia.
 
Il contadinone, che la sua dichiarazione di simpatia e di buon volere aveva espresso in un dialetto affatto inintelligibile al suo ascoltatore, era lontano dal sognarsi di avergli fatto offesa. Ma vide all’improvviso l’Inglese imbarazzato voltargli le spalle, e rifar la strada verso l’Osteria; ove giunse in umore assai differente da quello per il quale eragli paruto piacevole il principio della passeggiata.