Istoria delle guerre gottiche/Libro quarto/Capo XXXIV: differenze tra le versioni
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==__MATCH__:[[Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo III.djvu/583]]==
''La vittoria di Narsete torna fatale al senato ed al popolo romano. — Fellonia, crudeltà a stragi del gotto Ragnari — Teia vanamente implora l'aiuto de' Franchi. Cuma e Centumcelle assediate dai Romani. Ambo gli eserciti metton piede nella Campania.''
I. Di questo tempo ebbero gli uomini evidentissima pruova come le stesse cose tenute prosperitadi volgano a danno quando sien fatti segno della celeste vendetta; e dato pure che aggiungano, imprendendo, a venturosa meta, e sono tuttavia nel bello di lor fortuna e nella maggior certezza di sua lunga durata messi in fondo; non altramente la riportata vittoria incolse funestissima il senato ed il popolo romano, e passo a dirne. I fuggitivi Gotti, fuor d'ogni speranza di tornare al possesso dell'Italia, uccidevano alla rinfusa tutti i nemici cui avventavansi, ed i barbari militanti sotto gl'imperiali vessilli, entrando nimichevolmente nelle città non adoperavano d'altra maniera. Di più, alcuni dei molti individui spettanti al romano senato e da Totila per lo innanzi sbandeggiati nella Campania, all'annunzio che l'esercito imperiale avea occupato Roma, scioltisi dall'esilio vi si recarono di netto; alla qual nuova i barbari a dimora ne luoghi forti della regione corser là da per tutto in traccia di quelli rimasivi e dal primo all'ultimo, non escluso tampoco il Massimo da me ricordato negli antecedenti libri, ne fecero macello. In oltre, quando Totila mosse a battaglia contro Narsete ragunò i figli de' patrizii e sceltine dal numero trecento, i più belli e forti della persona, tenneli seco per istatichi mentendo co'loro genitori di volerli presso di sé come suoi paggi; mandati per tanto di la dal fiume Po, e rinvenutivi ora da Teia furono tutti per comandamento di lui messi a morte.
II. Di quel tempo il gottico Ragnari prefetto della guernigione tarentina, il quale ottenuto avea coll'imperiale consenso un salvocondotto da Pacurio, come altrove ho narrato,
III. Teia poi giudicandosi meno forte di quanto voleavi per misurarsi da solo col romano esercito manda ambasceria e promessa di molto danaro al re de' Franchi Teudeberto invitandolo a confederarsi seco nella presente guerra. Ma costoro studiosissimi, come io penso, de' proprii vantaggi e di guerreggiare sciolti da ogni lega disdegnavano mettere a repentaglio la vita a pro de' Romani o de' Gotti, potendo eglino stessi conquistare l'Italia. Totila, come ho narrato, posto avea in serbo qualche parte del tesoro entro le mura di Ticino, il più tuttavia di esso era guardato in Cuma guernitissimo castello della Campania, il cui presidio obbediva a suo fratello e ad Erodiano. Narsete adunque fermo nel proposito di combattere quel forte invia truppe ad assediarlo, trattenendosi egli in Roma per ordinarvi la repubblica. Commette in pari tempo ad altri militi la espugnazione di Centumcelle. Teia pertanto nella tema non avvenissero sinistri alla cumana guernigione ed al tesoro, né piu sperando negli aiuti dei Franchi si partì colle sue genti quasi avesse in animo di far giornata col nemico. Ma Narsete, scoperto l'inganno, spediscegli contro nella Tuscia Giovanni nipote di Vitaliano e Filemut colle truppe loro, onde impeditogli, quivi stanziati, di procedere nella Campania, agevolassero la caduta di
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