Pagina:Carlo Rosmini Ragionamento degli Scrittori Trentini 1792.djvu/9: differenze tra le versioni

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{{Pt|der|pretender}} quello d’esser giudici dell’opere letterarie, dal qual ufficio le allontanna e il loro istituto, e l’educazion loro: da questo numero però eccettuandosi quelle, che alla loro amabilità e alle loro conquiste alcun poco detraggono, per attender seriamente alle lettere. Ora se conceduto ci venga quest’universale languor negli studj, e quest’anarchia di stili, che l’esclusione d’un gusto dominante già ci manifestano, potrem francamente asserire, doversi assai più compiangere per rispetto alle lettere il secolo in cui viviamo, che non lo trascorso, come che a ragione da tante penne infamato. E lasciam pure che in quanto alle scienze il XVII. fu il secolo forse più glorioso di tutti all’Italia, essendo fioriti in esso i {{AutoreCitato|Galileo Galilei|Galilei}}, i {{AutoreCitato|Evangelista Torricelli|Torricelli}}, i {{AutoreIgnoto|Borelli}}, i {{AutoreCitato|Giovanni Cassini|Cassini}}, i {{AutoreCitato|Vincenzo Viviani|Viviani}}, e molt’altri; anche per ciò che s’aspetta alle lettere, comparvero in esso prestantissimi ingegni, che scrissero opere esimie, e che non si lasciaron vincer cogli altri al torrente della corruzione, perciocchè alla poesia sola restringendoci, la qual pare che fosse maltrattata in allora, si distinsero pure, anzi s’immortalarono in essa i {{AutoreCitato|Gabriello Chiabrera|Chiabrera}}, i {{AutoreCitato|Alessandro Tassoni|Tassoni}}, i {{AutoreCitato|Vincenzo da Filicaja|Filicaia}}, i {{AutoreCitato|Alessandro Guidi}}, i {{AutoreCitato|Francesco Redi|Redi}}, i {{AutoreCitato|Fulvio Testi|Testi}}, i {{AutoreCitato|Giovanni Marchetti|Marchetti}}, a’ quali se perdonar si vogliano alcune piccole macchie, formano ancor la delizia, e l’ammirazione de’ più sobrj e sensati. Ma de’ corrotti e guasti scrittori {{Pt|par-|}}
{{Pt|der|pretender}} quello d’esser giudici dell’opere letterarie, dal qual ufficio le allontanna e il loro istituto, e l’educazion loro: da questo numero però eccettuandosi quelle, che alla loro amabilità e alle loro conquiste alcun poco detraggono, per attender seriamente alle lettere. Ora se conceduto ci venga quest’universale languor negli studj, e quest’anarchia di stili, che l’esclusione d’un gusto dominante già ci manifestano, potrem francamente asserire, doversi assai più compiangere per rispetto alle lettere il secolo in cui viviamo, che non lo trascorso, come che a ragione da tante penne infamato. E lasciam pure che in quanto alle scienze il XVII. fu il secolo forse più glorioso di tutti all’Italia, essendo fioriti in esso i {{AutoreCitato|Galileo Galilei|Galilei}}, i {{AutoreCitato|Evangelista Torricelli|Torricelli}}, i {{AutoreIgnoto|Borelli}}, i {{AutoreCitato|Giovanni Cassini|Cassini}}, i {{AutoreCitato|Vincenzo Viviani|Viviani}}, e molt’altri; anche per ciò che s’aspetta alle lettere, comparvero in esso prestantissimi ingegni, che scrissero opere esimie, e che non si lasciaron vincer cogli altri al torrente della corruzione, perciocchè alla poesia sola restringendoci, la qual pare che fosse maltrattata in allora, si distinsero pure, anzi s’immortalarono in essa i {{AutoreCitato|Gabriello Chiabrera|Chiabrera}}, i {{AutoreCitato|Alessandro Tassoni|Tassoni}}, i {{AutoreCitato|Vincenzo da Filicaja|Filicaia}}, i {{AutoreCitato|Alessandro Guidi|Alessandro Guidi}}, i {{AutoreCitato|Francesco Redi|Redi}}, i {{AutoreCitato|Fulvio Testi|Testi}}, i {{AutoreCitato|Giovanni Marchetti|Marchetti}}, a’ quali se perdonar si vogliano alcune piccole macchie, formano ancor la delizia, e l’ammirazione de’ più sobrj e sensati. Ma de’ corrotti e guasti scrittori {{Pt|par-|}}