Canti (Leopardi - Donati)/XX. Il risorgimento: differenze tra le versioni

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<poem>
 
Credei ch’al tutto fossero
In me, sul fior degli anni,
Mancati i dolci affanni
Della mia prima età:
{{R|5}} I dolci affanni, i teneri
Moti del cor profondo,
Qualunque cosa al mondo
Grato il sentir ci fa.
Quante querele e lacrime
{{R|10}}Sparsi nel novo stato,
Quando al mio cor gelato
Prima il dolor mancò!
Mancàr gli usati palpiti,
L’amor mi venne meno,
{{R|15}}E irrigidito il seno
Di sospirar cessò!
Piansi spogliata, esanime
Fatta per me la vita
La terra inaridita,
{{R|20}}Chiusa in eterno gel;
Deserto il dì; la tacita
Notte più sola e bruna;
Spenta per me la luna,
Spente le stelle in ciel.
{{R|25}} Pur di quel pianto origine
Era l’antico affetto:
Nell’intimo del petto
Ancor viveva il cor.
Chiedea l’usate immagini
{{R|30}}La stanca fantasia;
E la tristezza mia
Era dolore ancor.
Fra poco in me quell’ultimo
Dolore anco fu spento,
{{R|35}}E di più far lamento
Valor non mi restò.
Giacqui: insensato, attonito,
Non dimandai conforto:
Quasi perduto e morto,
{{R|40}}Il cor s’abbandonò.
Qual fui! quanto dissimile
Da quel che tanto ardore,
Che sì beato errore
Nutrii nell’alma un dì!
{{R|45}} La rondinella vigile,
Alle finestre intorno
Cantando al novo giorno,
Il cor non mi ferì:
Non all’autunno pallido
{{R|50}}In solitaria villa,
La vespertina squilla,
Il fuggitivo Sol.
Invan brillare il vespero
Vidi per muto calle,
{{R|55}}Invan sonò la valle
Del flebile usignol.
E voi, pupille tenere,
Sguardi furtivi, erranti,
Voi de’ gentili amanti
{{R|60}}Primo, immortale amor,
Ed alla mano offertami
Candida ignuda mano,
Foste voi pure invano
Al duro mio sopor.
{{R|65}} D’ogni dolcezza vedovo,
Tristo; ma non turbato,
Ma placido il mio stato,
Il volto era seren.
Desiderato il termine
{{R|70}}Avrei del viver mio;
Ma spento era il desio
Nello spossato sen.
Qual dell’età decrepita
L’avanzo ignudo e vile,
{{R|75}}Io conducea l’aprile
Degli anni miei così:
Così quegl’ineffabili
Giorni, o mio cor, traevi,
Che sì fugaci e brevi
{{R|80}}Il cielo a noi sortì.
Chi dalla grave, immemore
Quiete or mi ridesta?
Che virtù nova è questa,
Questa che sento in me?
{{R|85}} Moti soavi, immagini,
Palpiti, error beato,
Per sempre a voi negato
Questo mio cor non è?
Siete pur voi quell’unica
{{R|90}}Luce de’ giorni miei?
Gli affetti ch’io perdei
Nella novella età?
Se al ciel, s’ai verdi margini,
Ovunque il guardo mira,
{{R|95}}Tutto un dolor mi spira,
Tutto un piacer mi dà.
Meco ritorna a vivere
La piaggia, il bosco, il monte;
Parla al mio core il fonte,
{{R|100}}Meco favella il mar.
Chi mi ridona il piangere
Dopo cotanto obblio?
E come al guardo mio
Cangiato il mondo appar?
{{R|105}} Forse la speme, o povero
Mio cor, ti volse un riso?
Ahi della speme il viso
Io non vedrò mai più.
Proprii mi diede i palpiti,
{{R|110}}Natura, e i dolci inganni.
Sopiro in me gli affanni
L’ingenita virtù;
Non l’annullàr: non vinsela
Il fato e la sventura;
{{R|115}}Non con la vista impura
L’infausta verità.
Dalle mie vaghe immagini
So ben ch’ella discorda:
So che natura è sorda,
{{R|120}}Che miserar non sa.
Che non del ben sollecita
Fu, ma dell’esser solo:
Purché ci serbi al duolo,
Or d’altro a lei non cal.
{{R|125}} So che pietà fra gli uomini
Il misero non trova;
Che lui, fuggendo, a prova
Schernisce ogni mortal.
Che ignora il tristo secolo
{{R|130}}Gl’ingegni e le virtudi;
Che manca ai degni studi
L’ignuda gloria ancor.
E voi, pupille tremule,
Voi, raggio sovrumano,
{{R|135}}So che splendete invano,
Che in voi non brilla amor.
Nessuno ignoto ed intimo
Affetto in voi non brilla:
Non chiude una favilla
{{R|140}}Quel bianco petto in sé.
Anzi d’altrui le tenere
Cure suol porre in gioco;
E d’un celeste foco
Disprezzo è la mercè.
{{R|145}} Pur sento in me rivivere
Gl’inganni aperti e noti;
E, de’ suoi proprii moti
Si maraviglia il sen.
Da te, mio cor, quest’ultimo
{{R|150}}Spirto, e l’ardor natio,
Ogni conforto mio
Solo da te mi vien.
Mancano, il sento, all’anima
Alta, gentile e pura,
{{R|155}}La sorte, la natura,
Il mondo e la beltà.
Ma se tu vivi, o misero,
Se non concedi al fato,
Non chiamerò spietato
{{R|160}}Chi lo spirar mi dà.
</poem>
 
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