Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/267: differenze tra le versioni

Cinnamologus (discussione | contributi)
mNessun oggetto della modifica
Casmiki (discussione | contributi)
Nessun oggetto della modifica
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
6.° Il N. A. dicendo espressamente che niuno de’ Vescovi alzò la voce sopra quell’obbrobrio, direttamente volle pungere ''Epifanio'', allora patriarca di Costantinopoli, il quale, non solo
6.° Il N. A. dicendo espressamente che niuno de’ Vescovi alzò la voce sopra quell’obbrobrio, direttamente volle pungere ''Epifanio'', allora patriarca di Costantinopoli, il quale, non solo impose le mani a ''Giustiniano'' e a ''Teodora'', secondo che comportava l’uso, nella solenne loro inaugurazione all’Imperio, come ''Cirillo'' di Scitopoli spiega; ma é da credere che facesse anche la cerimonia delle nozze.
impose le mani a ''Giustiniano'' e a ''Teodora'', secondo che comportava l’uso, nella solenne loro inaugurazione all’Imperio, come ''Cirillo'' di Scitopoli spiega; ma é da credere che facesse anche la cerimonia delle nozze.


7.° Non posso poi convenire coll’ ''Alemanno'' sul senso, in cui cerca d’intendere le parole di ''Procopio'', ''niuno tra i Vescovi mostrò di rimanere dolente, veggendosi di doverla'' (Teodora) ''chiamare Signora'', quasi quel titolo stesse male in bocca de’ Vescovi, non semplicemente perché si trattasse di darlo a sì abbietta donna, ma assolutamente e in generale, come se mal si addicesse al carattere degli ecclesiastici. Il qual suo pensiero più chiaramente risulta dal fatto che egli loda, di quel ''Leonzio'', vescovo ariano, il quale chiamato dalla imperatrice ''Eusebia'', moglie di ''Costanzo'', con non più udita petulanza le scrisse: ''Se vuoi che io venga da te, verrovvi; ma quando tu voglia ricevermi colla riverenza che si deve ad un Vescovo. Tu adunque al por piede che io faccia sull’uscio della camera, discendendo dall’alto tuo soglio mi verrai incontro riverentemente, e abbasserai sotto le mie mani la testa per ricevere la mia benedizione: indi io sederommi, e tu vereconda ti starai ritta in piedi, né ti sederai se non quando, fattone segno, io tel comanderò. Se queste condizioni ti piacciono, io verrò a te: se altramente, non potrai tu né dare, né fare sperar tanto che c’induca a violare, posposto l’onore conveniente ai Vescovi, l’istituzione divina del sacerdozio''. Si é già da molti osservato, che questi furono i semi, onde in appresso il clero si distaccò dallo Stato. Ma {{AutoreCitato|Papa Gregorio I|''Gregorio Magno''}} non ebbe difficoltà di chiamare costantemente suoi ''Signori Maurizio'' imperadore, e ''Costanza'' Augusta, sua moglie; né fu il solo. A ''Costantino''
7.° Non posso poi convenire coll’''Alemanno'' sul senso, in cui cerca d’intendere le parole di ''Procopio'', ''niuno tra i Vescovi mostrò di rimanere dolente, veggendosi di doverla'' (Teodora) ''chiamare Signora'', quasi quel titolo stesse male in bocca de’ Vescovi, non semplicemente perché si trattasse di darlo a sì abbietta donna, ma assolutamente e in generale, come se mal si addicesse al carattere degli ecclesiastici. Il qual suo pensiero più chiaramente risulta dal fatto che egli loda, di quel ''Leonzio'', vescovo ariano, il quale chiamato dalla imperatrice ''Eusebia'', moglie di ''Costanzo'', con non più udita petulanza le scrisse: ''Se vuoi che io venga da te, verrovvi; ma quando tu voglia ricevermi colla riverenza che si deve ad un Vescovo. Tu adunque al por piede che io faccia sull’uscio della camera, discendendo dall’alto tuo soglio mi verrai incontro riverentemente, e abbasserai sotto le mie mani la testa per ricevere la mia benedizione: indi io sederommi, e tu vereconda ti starai ritta in piedi, né ti sederai se non quando, fattone segno, io tel comanderò. Se queste condizioni ti piacciono, io verrò a te: se altramente, non potrai tu né dare, né fare sperar tanto che c’induca a violare, posposto l’onore conveniente ai Vescovi, l’istituzione divina del sacerdozio''. Si é già da molti osservato, che questi furono i semi, onde in appresso il clero si distaccò dallo Stato. Ma {{AutoreCitato|Papa Gregorio I|''Gregorio Magno''}} non ebbe difficoltà di chiamare costantemente suoi ''Signori Maurizio'' imperadore, e ''Costanza'' Augusta, sua moglie; né fu il solo. A ''Costantino'' Augusto scriveva papa ''Agatone'': ''Vi prego come se fossi personalmente prostrato innanzi a voi, e a vostri piedi steso''. Essi intendevano che nel rispetto politico erano, e dovean mostrarsi i
Augusto scriveva papa ''Agatone'': ''Vi prego come se fossi personalmente prostrato innanzi a voi, e a vostri piedi steso''. Essi intendevano che nel rispetto politico erano, e dovean mostrarsi i