Pagina:Sotto il velame.djvu/141: differenze tra le versioni

Nessun oggetto della modifica
Alebot (discussione | contributi)
Correzione pagina via bot (from toolserver)
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 1: Riga 1:
<section begin=1 />
<section begin=1 />
{{ms|font=0.7pc}}<poem>D'ogni ''malizia''...
{{ms|font=0.7pc}}<poem>D’ogni ''malizia''...
ingiuria è il fine, ed ogni fin cotale
ingiuria è il fine, ed ogni fin cotale
o con forza o con frode altrui contrista.</poem></div>
o con forza o con frode altrui contrista.</poem></div>


(Dante piange e s'attrista e grida per la lupa, non
(Dante piange e s’attrista e grida per la lupa, non
per la lonza).
per la lonza).
{{ms|font=0.7pc}}<poem>Ma perchè frode è dell'uom proprio ''male''
{{ms|font=0.7pc}}<poem>Ma perchè frode è dell’uom proprio ''male''
più spiace a Dio.</poem></div>
più spiace a Dio.</poem></div>


Riga 15: Riga 15:
{{Centrato|<big>III.</big>}}
{{Centrato|<big>III.</big>}}
Dante, nel ragionamento intorno all'ordine dei peccati nell' inferno<ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto XI#15|Inf. XI 16}} segg.</ref>, ha due autori avanti al pensiero: {{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}, per la divisione della malizia in violenza e frode, {{AutoreCitato|Aristotele|Aristotele}} per la triplice disposizione che il ciel non vuole. Egli le fonde insieme, facendo un po' forza, a dir vero, alla dottrina d'Aristotele; e pareggia la matta bestialità dell'Etica alla malizia, anzi ingiustizia, con forza (''vis'') del ''de Officiis''. Ora questo è il luogo di Cicerone, che Dante poteva leggere ancora nel {{TestoCitato|Il Tesoretto|Tesoro}} di {{AutoreCitato|Brunetto Latini|Brunetto}} e nel ''Moralium dogma''<ref>''De off.'' I 13, 41. Nel ''Moralium dogma'': La truculenza si divide in violenza (''vim'') e frode: la frode par quasi di volpe (''vulpeculae'') etc. Il ''Moralium dogrma'' è nell'ed. italiana del Brunetto Latini del Sundby.</ref>: "Poichè in due modi, cioè o con violenza (''vi'') o con frode, si commette ingiuria, la frode par
Dante, nel ragionamento intorno all’ordine dei peccati nell’ inferno<ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto XI#15|Inf. XI 16}} segg.</ref>, ha due autori avanti al pensiero: {{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}, per la divisione della malizia in violenza e frode, {{AutoreCitato|Aristotele|Aristotele}} per la triplice disposizione che il ciel non vuole. Egli le fonde insieme, facendo un po’ forza, a dir vero, alla dottrina d’Aristotele; e pareggia la matta bestialità dell’Etica alla malizia, anzi ingiustizia, con forza (''vis'') del ''de Officiis''. Ora questo è il luogo di Cicerone, che Dante poteva leggere ancora nel {{TestoCitato|Il Tesoretto|Tesoro}} di {{AutoreCitato|Brunetto Latini|Brunetto}} e nel ''Moralium dogma''<ref>''De off.'' I 13, 41. Nel ''Moralium dogma'': La truculenza si divide in violenza (''vim'') e frode: la frode par quasi di volpe (''vulpeculae'') etc. Il ''Moralium dogrma'' è nell’ed. italiana del Brunetto Latini del Sundby.</ref>: "Poichè in due modi, cioè o con violenza (''vi'') o con frode, si commette ingiuria, la frode par
<section end=2 />
<section end=2 />