Canti (Leopardi - Donati)/XL. Dal greco di Simonide: differenze tra le versioni

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|NomePaginaOpera=Canti
|AnnoPubblicazione=1818
|TitoloSezione=XL<br />Dal greco di Simonide
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|CapitoloPrecedente=XXXIX - Spento il diurno raggio
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|CapitoloSuccessivo=XLI - Dello stesso
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Ogni mondano evento
È di Giove in poter, di Giove, o figlio,
Che giusta suo talento
Ogni cosa dispone.
{{R|5}}Ma di lunga stagione
Nostro cieco pensier s'affanna e cura,
Benché l'umana etate,
Come destina il ciel nostra ventura,
Di giorno in giorno dura.
{{R|10}}La bella speme tutti ci nutrica
Di sembianze beate,
Onde ciascuno indarno s'affatica:
Altri l'aurora amica,
Altri l'etade aspetta;
{{R|15}}E nullo in terra vive
Cui nell'anno avvenir facili e pii
Con Pluto gli altri iddii
La mente non prometta.
Ecco pria che la speme in porto arrive,
{{R|20}}Qual da vecchiezza è giunto
E qual da morbi al bruno Lete addutto;
Questo il rigido Marte, e quello il flutto
Del pelago rapisce; altri consunto
Da negre cure, o tristo nodo al collo
{{R|25}}Circondando, sotterra si rifugge.
Così di mille mali
I miseri mortali
Volgo fiero e diverso agita e strugge.
Ma per sentenza mia,
{{R|30}}Uom saggio e sciolto dal comune errore,
Patir non sosterria,
Né porrebbe al dolore
Ed al mal proprio suo cotanto amore.
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