Per lo spiritismo/XXVII: differenze tra le versioni

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Se i morti potessero tornare, tornerebbero tutti o quasi tutti; perchè quasi tutti morendo si lasciano dietro una famiglia, degli amici, dei nemici, degli interessi d’ogni sorta. Un argomento dei più forti (se non logicamente, almeno psicologicamente), contro lo spiritismo, e di quelli che ho udito più volte, è questo: io so che mio padre (o mia madre, ecc., secondo i casi), non mi ha mai dato segno di vita. Già Sant’Agostino (''de cura gerenda pro mortuis'', c. 13) diceva che, se i morti potessero visitare i viventi, certo sua madre Monica avrebbe visitato lui.
 
Se i morti potessero tornare, tornerebbero almeno quelli che hanno promesso. E invece Baranzon, che avea promesso di tornare a La Motte le Vayer (l’amico di Montaigne), non si fece più vivo. E Osborne, che avea promesso a {{AcAutoreCitato|Benjamin Franklin|Beniamino Franklin}} di fargli dopo morte una visita amichevole, per dirgli come stessero le cose di là, non si lasciò più vedere (''Vita di Beniamino Franklin'', trad. di Rotondi, 1869, p. 5o). Un amico a cui proponevo un patto simile, mi rispose che suo padre l’aveva fatto con sua madre, ma non se ne erano più avute notizie. E chi sa quanti sono i casi consimili, (dei quali è naturale che non si sappia nulla), in confronto dei pochi casi favorevoli di {{AcAutoreCitato|Marsilio Ficino|Marsilio Ficino}}, di lord Brougham e alcuni altri!
 
Gli spiritisti rispondono che le comunicazioni sono difficili fra i due mondi, che ci vuole un medio. Ma perchè mai ci vorrà un medio? perchè i morti non possono fare da sè? e perchè non siamo tutti medii?
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Gli atti dei ''revenants'', che appaiono nelle case in cui ci si sente (''maisons hantées, haunted houses''), sembrano spesso prodotti, dice il Myers, da ''sogni incoerenti''. Il lanciar oggetti materiali, la balistica a cui si esercitano, non è da esseri intelligenti. Il comunicare per mezzo dei picchi d’un tavolino sembra addirittura ridicolo. Le comunicazioni, specie quelle per mezzo dei tavolini, sono oscure, scarse, monche, frammentarie. E quello che si capisce non è degno di spiriti; è generalmente al disotto del livello medio dell’ingegno umano. Il Wundt, tornando da una seduta spiritica, diceva che i defunti gli parevano degenerati. Quando le loro risposte non sono scipite, sono almeno volgari e triviali; la filosofia di Socrate diventa veramente, come la diceva Hegel, una filosofia da cucina, e Machiavelli parla come Prudhomme. Non c’è poi originalità; le opinioni degli spiriti sono, come è naturale, il riflesso, l’eco di quella del medio e dell’ambiente. Quindi, siccome a Parigi non si pensa come a Nuova-York, gli spiriti francesi seguono la dottrina di Allan Kardec e ammettono la riincarnazione, mentre gli americani seguono Jackson Davis, e perciò non l’ammettono. Appunto perchè sono d’accordo coll’ambiente, non sono d’accordo fra loro.
 
E poi perchè non ci danno mai dei consigli utili? ci fanno la predica in modo che paiono quel vecchio di Augier, che dava a tutti dei buoni consigli interamente nuovi, perchè non li aveva mai adoperati. Ma non prevengono tante disgrazie che potrebbero evitare quando vedono i pericoli; l’assassinato non vien mai a rivelar l’assassino, cosa che dovrebbe fare, se non per vendicarsi, almeno per impedire che fosse punito un innocente. E se si scusano, dicendo che è loro proibito di intervenire nelle faccende di questo mondo, allora perchè qualche rara volta lo fanno? Se non sono utili alla vita, almeno lo fossero alla scienza; ma, sebbene ci diano sull’altro mondo molte notizie che non possiamo verificare, (perchè nell’altro mondo non possiamo vedere più che nell’incosciente), non ci dicono del nostro che quello che già sappiamo; non ci danno cognizioni scentifiche nuove; gli spiritisti ne raggranellano a stento tre o quattro esempi, come la notizia data nel 1859 al generale Drayson che Marte ha due satelliti, (i quali sarebbero stati scoperti 18 anni dopo); ma da una folla di spiriti fra i quali sono Copernico, {{AcAutoreCitato|Galileo Galilei|Galileo}}, {{AutoreCitato|Giovanni Keplero|Keplero}} e {{AutoreCitato|Isaac Newton|Newton}}, avremmo diritto di aspettarci ben altro. Si è scoperto ultimamente un quinto satellite di Giove, mi diceva un astronomo; ma c’era prima che lo scoprissimo noi: perchè non ce l’hanno detto loro? Mettiamo pure che ci sia qualche ragione perchè non possano darci cognizioni di questo genere; ma almeno la ''storia a cui hanno preso parte'' dovrebbero sapercela raccontare, e non obbligarci ad impazzire negli archivii e sulle epigrafi; Catilina e Pompeo dovrebbero venire a rettificare in buon latino le storie di {{AcAutoreCitato|Gaio Sallustio Crispo|Sallustio}} e di {{AcAutoreCitato|Gaio Giulio Cesare|Cesare}}. Anassimandro, Senofane, Eraclito, dovrebbero darci il testo dei loro libri perduti, dei quali cerchiamo ansiosamente i frammenti, e impedire che un povero filologo passi sei mesi a scervellarsi per capire se il frammento sedicesimo di Melisso sia autentico o no. E le lingue antiche? perchè non si potrebbe avere da un antico etrusco la traduzione di qualcuna di quelle epigrafi che hanno fatto morir di rabbia il Corsen? Ma c’è di peggio; non solo non si ricordano del passato dell’umanità; ma pare che generalmente non si ricordino nemmeno del loro passato individuale, salvo quando lo conosce il medio; allorchè non ci contentiamo di ciò che lo spirito dice spontaneamente, e non stiamo contenti allo ''spiritus flat ubi vult'', e domandiamo delle prove d’identità intellettuale col defunto di cui si dice lo spirito, ossia allorchè domandiamo che dica sul suo passato qualche cosa di verificabile che nè il medio nè alcuno degli astanti possa sapere, generalmente non risponde o dice una bugia. La ''mistificazione'' è uno dei fenomeni più frequenti dello spiritismo. Non credo di poter chiuder meglio questa requisitoria contro lo spiritismo che citando una lettera scritta nell’Agosto 1874 dal Crookes a una distinta signora russa che gli aveva domandato se egli fosse spiritista; lettera che traduco dal Kiesewetter, il quale la cita dal secondo volume del giornale ''Psychische Studien'': «Lo stabilire l’identità di una persona morta è stato lo scopo principale che io abbia avuto davanti agli occhi in questi ultimi tre o quattro anni, e non ho trascurato alcuna occasione favorevole di illuminarmi su questo punto. Io ho avuta per questa ricerca un’opportunità quasi illimitata, forse più che alcun altro uomo in Europa. Per tutto questo tempo io ho seriamente cercato di ottenere quell’unica prova che Ella desidera, cioè la prova che i morti ritornano e possono entrare in comunicazione con noi. ''Ma io non ho ottenuto neppure una volta una prova soddisfacente che la cosa stesse così''. Io ho ricevuto centinaia di comunicazioni, che si dicevano fatte da amici defunti; ma appena cerco di aver la prova che essi sono realmente gli individui che dicono di essere, non reggono più. Neppur uno è stato capace di rispondere alle domande necessarie per dimostrare la sua identità; e il gran problema della vita futura è ancora per me un mistero impenetrabile come pel passato. Tutto ciò di cui sono convinto è, ''che esistono degli esseri invisibili ed intelligenti, i quali dicono di essere gli spiriti di persone defunte''; ma la prova che io domando per crederlo, non l’ho mai avuta, sebbene io sia disposto ad ammettere che ''molti dei miei amici assicurano di aver veramente ottenuto le prove desiderate, ed io stesso sia già stato più volte vicino a questa convinzione''. La massima approssimazione ad una prova soddisfacente, l’ho ottenuta colla medianità privata di una signora che andò sviluppandosi come medio scrivente sotto i miei proprj occhi, e non tenne mai sedute con alcun altro. Da lei ottenni la speranza che i miei dubbj potessero finalmente esser risolti; ma disgraziatamente essa perdette il dono della medianità. Sono quindi molto afflitto di non poterle dare delle assicurazioni più consolanti. Io son passato pel medesimo stato d’animo, e so quanto ardentemente l’anima aspiri a un solo e piccolo segno di vita al di là del sepolcro. - Ho l’onore, ecc. - ».
 
Questa lettera, da parte di un uomo come il Crookes, è il più grave documento ch’io conosca contro lo spiriritismo. E il peggio si è che, avendogli io scritto, mi ha risposto che oggi ancora egli è allo stesso punto. Si dovrebbe dunque dire che è proprio vero che i defunti non vivono più che nella nostra memoria.
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Finalmente, c’è un’altra cosa non incredibile; ed è che a certe comunicazioni ci siano degli ostacoli morali, che certe cose sian loro vietate, o da Dio, o da una migliore cognizione del nostro bene, o da altro. Si capisce perciò che uno spirito mi abbia risposto: Mio caro, le colpe degli altri io non le voglio dire. Si capisce che quando uno li interroga per trovar un tesoro nascosto, gli facciano una burla. Possono esser tutte scuse inventate dalle intelligenze occulte per farci credere che sono i defunti, mentre sono cervelletti che funzionano indipendentemente dai cervelli dei loro proprietarj, ma può esserci del vero. Quando parlano dell’altro mondo, noi non abbiamo il dovere di credere, ma nemmeno il diritto di negare.
 
III. Ma credo che la rarità e la povertà delle buone prove sia da attribuirsi sopratutto a nostra colpa. Se i morti si fanno vedere, si crede ad un’allucinazione e si chiama il medico; se picchiano nelle pareti e suonano i campanelli, si crede a una burla, e si avverte la polizia; se ci par che sia vero, ci spaventiamo. Socrate e gli altri che hanno avuto un genio famigliare si dicono matti. Le streghe si bruciavano. I medj si perseguitano. Negli ''Annales des sciences psychiques'' dello scorso anno c’è la storia di un pastore protestante il quale era riuscito a capire che i colpi nella parete vicina al suo letto erano prodotti da una causa intelligente; ebbe il buon senso di non aver paura; ma cosa fece? lasciò picchiare fin che furono stufi. Ci voleva il buon senso della madre Fox in America, che fu la prima a interrogare, e domandare che si rispondesse sì o no con un certo numero di picchj; e poi d’un altro americano, il quale domandò che i picchi indicassero le lettere dell’alfabeto. Prima cura degli spiriti quando si trovò questo modo di comunicare, fu di dire: voi dovete annunciare al mondo questa verità. Ma l’annuncio non fu bene accolto; la famiglia Fox corse gravi pericoli. Poi, per consiglio degli spiriti, si adottò il tavolino, che era più comodo di un muro; poi al tavolino si adattò una matita; poi la si attaccò ad una ''planchette''; poi si prese in mano. Poi gli spiriti scrissero senza la mano del medio. Poi si materializzarono. Hanno dunque fatto grandi progressi. Sicchè ora sono più numerosi quelli che li interrogano. Ma non sanno interrogare. Gl’interroganti si dividono in due classi opposte: quella degli spiritisti, i quali credono già, e quindi non domandano mai prove, e lasciano che gli spiriti si sbizzarriscano a loro posta; gli altri sono novizj, i quali vogliono far ben capire che non sono così minchioni da credere, come diceva {{AcAutoreCitato|Cesare Lombroso|Lombroso}}, ''all’anima delle poltrone''; e non avendo subito risposte soddisfacenti, si disgustano e se ne vanno. Ci sono perfino di quelli che, più hanno prove, meno credono. Si muovono in questo dilemma: o non ammettono i fatti perchè sono troppo maravigliosi, o non ammettono gli spiriti perchè non fanno abbastanza maraviglie. Rari sono gli sperimentatori che sanno sperimentare senza credere nè negare, adoperando la prima fra le virtù dello scienziato, che è quella di saper dubitare, e dubitare non solo del sì, ma anche del no, e che intanto sperimentano ''come se'' potesse essere, e che hanno costanza di provare e riprovare fin che riescono ad un ''experimentum crucis''. Rari quelli che ammettono che la rarità delle manifestazioni convincenti può derivare dalla difficoltà di manifestarsi. Rari anche quelli che dopo aver osservato con pazienza sanno giudicar bene. Lo spirito si confonde col medio; noi non sappiamo come; certo è che nelle idee, nello stile e nella scrittura della comunicazione medianica c’è sempre poco o tanto che non si deve attribuir al defunto, perchè viene dall’interpretazione del medio; ma non si deve esagerare in senso contrario ed attribuire tutto al medio. La proporzione fra i due elementi è molto variabile. E la separazione di questi due elementi pochi sanno farla, perchè ai più manca una di queste due condizioni: mente osservatrice dei particolari, carattere imparziale fino in fondo all’incosciente. Pochi sono disposti a comprendere che ''può'' esser vero che ci voglia un medio adatto e uno spirito adatto; che per disegnare la facciata della cattedrale di Rouen senza averla veduta (come accadde a un mio conoscente, che tutti dicono persona onestissima), conviene che ci sia un medio disegnatore e uno spirito architetto. Pochi sanno capire, come il Lodge, (''Proceedings'', VI, 448, S.), che lo spirito di Phinuit, medico marsigliese, parlando per bocca di Mrs. Piper, inglese, mentre questa è in ''trance'', non può parlare che un inglese infranciosato. Così il Varley, insigne elettricista, domandava agli spiriti perchè non ci hanno mai dato cognizioni scientifiche nuove; la loro risposta, tutta sensata, ma un pò lunga per esser citata per intero, conclude che per questo ci vorrebbe un medio scienziato che sapesse tradurre con parole intelligibili idee scientifiche; e il Varley fa un calcolo, pur lungo a citare, secondo il quale non si potrebbe, in media, avere un medio scientifico che ogni dieci generazioni. Ma alla sua osservazione bisogna aggiungere che gli scienziati non interrogano mai i medii; così, se l’etrusco non si capisce ancora, può esser anche perchè i filologi non sono spiritisti e gli spiritisti non sono filologi.
 
IV. Le comunicazioni sono scarse anche perchè non è che una quarantina d’anni che gli spiriti sono riusciti a far comprendere che vogliono comunicare con noi. Ma, ho sentito dire, se fosse vero che gli spiriti desiderano stabilir delle comunicazioni fra i due mondi, a ''quest’ora'' sarebbero divenute facili. È una delle ragioni che ritornano più spesso, anche per altre questioni, e che esercitano di più la mia rassegnazione. Quanto è ripetuta, altrettanto è irragionevole. Consiste nel non tener conto che, non solo per la fisica, ma per tutte le scienze, ''una dalle condizioni dei fatti è il tempo''. È vero che, appena una cosa è possibile, per ciò stesso si realizza. Ma il dire, senza condizione di tempo, che se una cosa fosse possibile, si sarebbe già fatta da lungo tempo, è come dire questa assurdità: se una cosa fosse possibile adesso sarebbe stata possibile sempre; e quindi si sarebbe realizzata fin dal principio dei secoli; e con questo argomento si può provare che: o non è possibile ch’io esista, o è necessario ch’io esista dal primo giorno della creazione. Questa è la ragione con cui si sostiene sempre che non succederà nulla di nuovo, nè la sostituzione dello spiritismo al cattolicismo, nè la sostituzione degli arbitrati alla guerra, nè la sostituzione del capitale collettivo all’individuale, nè la sostituzione della libertà economica all’interesse dei produttori e consumatori e costruttori, che si ingannano vicendevolmente e incoscientemente, aprendo delle vie per uscire senza che gli altri possano entrare. Ma colla stessa ragione, nata dall’ignoranza della storia, si può sostenere che abbiamo ancora gli Dei ''falsi e bugiardi'', che esiste ancora la schiavitù, che la polvere e la stampa non sono ancora inventate, che il tempo non si misura che colla meridiana e la clessidra. Ogni cosa diventa possibile ad un momento dato, quando cioè vi sono tutte le sue condizioni; e allora appunto si realizza. Dunque una più facile comunicazione coll’altro mondo è ancora possibile. Ed anzi, per legge d’evoluzione e progresso, è probabile, ''col tempo''.