Pagina:Ardigo - Scritti vari.djvu/31: differenze tra le versioni
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Secondo l’articolista, primo: l’uso della penitenza pubblica, colla confessione relativa, sarebbe invalso nella chiesa poco tempo prima che Nettario l’abolisse: e l’abolì poco dopo il 381; secondo: non sarebbe stata conosciuta nella chiesa primitiva altra confessione dei peccati, che quella che si faceva solennemente dai pubblici penitenti. Falsissimo l’uno e l’altro supposto. |
Secondo l’articolista, primo: l’uso della penitenza pubblica, colla confessione relativa, sarebbe invalso nella chiesa poco tempo prima che Nettario l’abolisse: e l’abolì poco dopo il 381; secondo: non sarebbe stata conosciuta nella chiesa primitiva altra confessione dei peccati, che quella che si faceva solennemente dai pubblici penitenti. Falsissimo l’uno e l’altro supposto. |
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Falsissimo il primo. La penitenza pubblica ha cominciato colla chiesa. Per convincersene basta leggere il libro II delle Costituzioni Apostoliche, attribuite a {{AutoreCitato|Papa Clemente I|S. Clemente papa}}, terzo successore di S. Pietro, e che sono fuori d’ogni dubbio una raccolta degli atti dei tempi primitivi della chiesa. E poichè ci è stato nominato {{AutoreCitato|Sozomeno|Sozomeno}}, riporteremo un passo del libro VII della sua storia ecclesiastica dove, dopo la descrizione delle formalità della penitenza pubblica, fra cui anche della confessione, si conchiude con queste parole: «Ciò osservano i vescovi della città di Roma, dai tempi più antichi (jam inde ab ultima vetustate) fino alla nostra età.<ref>Vedi ''Storie eccl.'' di {{sc|{{AutoreCitato|Socrate|Socrate}}}} e {{sc|{{AutoreCitato|Sozomeno}}}}, Torino 1747, tom. II, pag. 262.</ref>». |
Falsissimo il primo. La penitenza pubblica ha cominciato colla chiesa. Per convincersene basta leggere il libro II delle Costituzioni Apostoliche, attribuite a {{AutoreCitato|Papa Clemente I|S. Clemente papa}}, terzo successore di S. Pietro, e che sono fuori d’ogni dubbio una raccolta degli atti dei tempi primitivi della chiesa. E poichè ci è stato nominato {{AutoreCitato|Sozomeno|Sozomeno}}, riporteremo un passo del libro VII della sua storia ecclesiastica dove, dopo la descrizione delle formalità della penitenza pubblica, fra cui anche della confessione, si conchiude con queste parole: «Ciò osservano i vescovi della città di Roma, dai tempi più antichi (jam inde ab ultima vetustate) fino alla nostra età.<ref>Vedi ''Storie eccl.'' di {{sc|{{AutoreCitato|Socrate|Socrate}}}} e {{sc|{{AutoreCitato|Sozomeno|Sozomeno}}}}, Torino 1747, tom. II, pag. 262.</ref>». |
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Falsissimo il secondo. La confessione pubblica era una semplice prescrizione disciplinare, in aggiunta della segreta e si estendeva soltanto ai peccati più gravi, vale a dire, all’idolatria, all’omicidio e all’adulterio. Il concilio di Elvira p. e. (anno 313) ne’ suoi 81 canoni sulla penitenza non ne ha nemmeno uno, nel quale si ordini una |
Falsissimo il secondo. La confessione pubblica era una semplice prescrizione disciplinare, in aggiunta della segreta e si estendeva soltanto ai peccati più gravi, vale a dire, all’idolatria, all’omicidio e all’adulterio. Il concilio di Elvira p. e. (anno 313) ne’ suoi 81 canoni sulla penitenza non ne ha nemmeno uno, nel quale si ordini una |