Pagina:L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu/68: differenze tra le versioni
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Il museo del Collegio Romano conta ora quattordici assi di queste quattro serie: e noi li riputiamo bastevoli a darci una giusta idea del peso generale di questa moneta latina, senza aver bisogno di ricorrere perciò alle parti minori dell’asse. Due di questi toccano quasi le tredici oncie e due le dodici: tre stanno al di sopra delle undici ed uno le eguaglia: gli altri sei stanno tra le nove e mezzo e le dieci. La conseguenza che quindi ne discende si è, sono che probabilmente, anche per questo maggior peso, anteriori di origine alle romane, e che come nelle romane della prima età non v’è una evidente prova di diminuzione di peso, cosi non v’è neppure in queste. |
Il museo del Collegio Romano conta ora quattordici assi di queste quattro serie: e noi li riputiamo bastevoli a darci una giusta idea del peso generale di questa moneta latina, senza aver bisogno di ricorrere perciò alle parti minori dell’asse. Due di questi toccano quasi le tredici oncie e due le dodici: tre stanno al di sopra delle undici ed uno le eguaglia: gli altri sei stanno tra le nove e mezzo e le dieci. La conseguenza che quindi ne discende si è, sono che probabilmente, anche per questo maggior peso, anteriori di origine alle romane, e che come nelle romane della prima età non v’è una evidente prova di diminuzione di peso, cosi non v’è neppure in queste. |
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L’enorme differenza per cui qui Roma distinguesi dal Lazio consiste tutta nella diminuzione. Roma scende dalla moneta fusa alla coniata per diversi gradi: i latini non hanno di proprio che quella prima grandezza. La moneta ne è buon testimonio del fatto: la storia ce ne dichiara la ragione, con insegnarci, che Roma nel giro di poco oltre a due secoli e mezzo ebbe spogliato d’ogni nazionalità questo sfortunato popolo, e se l’ebbe quasi fatto servo. Che questo assoggettamento si traesse dietro la soppressione della moneta, non ce lo raccontano gli antichi scrittori; celo dimostra l’esperienza; e non pure rispetto al Lazio antico, ma in generale per tutte quelle genti e città che ne’ secoli posteriori furono fatte suddite a Roma, singolarmente entro i confini d^ Italia. Contuttociò il silenzio degli scrittori antichi non è tale, che non si possa anche da loro ricavare un certo argomento di questa romana prepotenza. Nell’anno 220 della città Tarquinio il superbo chiamò i latini a parlamento nell’usato luogo. {{AutoreCitato|Tito Livio}} (Lib. 1. c. 52.) narra tra le particolarità di quella funesta assemblea gli artifizj adoperati dal tiranno per provedere, ch’eglino d’allora in poi non potessero far mostra |
L’enorme differenza per cui qui Roma distinguesi dal Lazio consiste tutta nella diminuzione. Roma scende dalla moneta fusa alla coniata per diversi gradi: i latini non hanno di proprio che quella prima grandezza. La moneta ne è buon testimonio del fatto: la storia ce ne dichiara la ragione, con insegnarci, che Roma nel giro di poco oltre a due secoli e mezzo ebbe spogliato d’ogni nazionalità questo sfortunato popolo, e se l’ebbe quasi fatto servo. Che questo assoggettamento si traesse dietro la soppressione della moneta, non ce lo raccontano gli antichi scrittori; celo dimostra l’esperienza; e non pure rispetto al Lazio antico, ma in generale per tutte quelle genti e città che ne’ secoli posteriori furono fatte suddite a Roma, singolarmente entro i confini d^ Italia. Contuttociò il silenzio degli scrittori antichi non è tale, che non si possa anche da loro ricavare un certo argomento di questa romana prepotenza. Nell’anno 220 della città Tarquinio il superbo chiamò i latini a parlamento nell’usato luogo. {{AutoreCitato|Tito Livio|Tito Livio}} (Lib. 1. c. 52.) narra tra le particolarità di quella funesta assemblea gli artifizj adoperati dal tiranno per provedere, ch’eglino d’allora in poi non potessero far mostra |
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d’insegne proprie, ''ne propria signa haberent''. E ancorché si volesse credere, che quel provedimento non avesse una diuturna efficacia |
d’insegne proprie, ''ne propria signa haberent''. E ancorché si volesse credere, che quel provedimento non avesse una diuturna efficacia |
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