Pagina:Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (Rosmini).djvu/105: differenze tra le versioni
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Diasi anche questo nuovo portento; egli non basta. Oltre saper le massime inviolabili della ecclesiastica disciplina, e volerle mantenere, egli dovrebbe poterlo. Ma a poterlo, converrebbe ch’egli conoscesse ogni chiesa particolare altrettanto come ogni chiesa particolare conosce sè stessa; dovrebbe trasformarsi egli in ogni chiesa dopo essersi trasformato nella chiesa universale. E chi non sente l’impossibilità di ciò fare? Ma finalmente, senza andare più in lungo, basterà a illuminar la cosa un principio certissimo, confirmato dalla sperienza universale, e risultante dalla natura umana, e da quella delle cose, che è il seguente; «Ogni corpo o persona morale, in generale parlando, è la sola atta a giudicare quello che meglio gli convenga,» perchè è illuminata dal proprio interesse, del quale non si da scorta più sicura e più vigilante. Qualunque eccezione si voglia dare a questa legge, che presiede a tutte le corporazioni, a tutte le società, ella si troverà sempre vera in generale, e più vera che mai parlando della chiesa, l’interesse della quale è spirituale e morale, e però diritto e semplice, coerente a sè stesso, e pieno di luce. Or da ciò risulta, che se le chiese ricevono da altri i loro Pastori, questi non potranno giammai essere loro dati con quella quasi infallibilità di giudizio, colla quale esse le chiese li potrebbero dare a sè stesse, e se li sono dati per tanti secoli; e ciò è sufficiente a conoscere, che il loro diritto in tal modo riman pessundato: imperciocchè come si può negar al popolo di Dio il dritto di aver il miglior pastore possibile? |
Diasi anche questo nuovo portento; egli non basta. Oltre saper le massime inviolabili della ecclesiastica disciplina, e volerle mantenere, egli dovrebbe poterlo. Ma a poterlo, converrebbe ch’egli conoscesse ogni chiesa particolare altrettanto come ogni chiesa particolare conosce sè stessa; dovrebbe trasformarsi egli in ogni chiesa dopo essersi trasformato nella chiesa universale. E chi non sente l’impossibilità di ciò fare? Ma finalmente, senza andare più in lungo, basterà a illuminar la cosa un principio certissimo, confirmato dalla sperienza universale, e risultante dalla natura umana, e da quella delle cose, che è il seguente; «Ogni corpo o persona morale, in generale parlando, è la sola atta a giudicare quello che meglio gli convenga,» perchè è illuminata dal proprio interesse, del quale non si da scorta più sicura e più vigilante. Qualunque eccezione si voglia dare a questa legge, che presiede a tutte le corporazioni, a tutte le società, ella si troverà sempre vera in generale, e più vera che mai parlando della chiesa, l’interesse della quale è spirituale e morale, e però diritto e semplice, coerente a sè stesso, e pieno di luce. Or da ciò risulta, che se le chiese ricevono da altri i loro Pastori, questi non potranno giammai essere loro dati con quella quasi infallibilità di giudizio, colla quale esse le chiese li potrebbero dare a sè stesse, e se li sono dati per tanti secoli; e ciò è sufficiente a conoscere, che il loro diritto in tal modo riman pessundato: imperciocchè come si può negar al popolo di Dio il dritto di aver il miglior pastore possibile? |
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La Chiesa che elegge il proprio pastore ha un |
La Chiesa che elegge il proprio pastore ha un interesse solo, quello delle |