Il latino quale lingua ausiliare internazionale: differenze tra le versioni

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È noto che fino a cento anni fa, circa, la lingua latina era la lingua internazionale nel campo scientifico. Scrivevano costantemente latino Leibniz, Newton, Eulero, i Bernoulli, e ancora Gauss, Jacobi, ecc. pubblicarono in latino le loro opere principali. Ma poi si cominciò a scrivere nelle lingue nazionali. Oggigiorno i lavori scientifici sono scritti nelle varie lingue neolatine, nelle differenti lingue germaniche, in più lingue slave, ecc. I giapponesi, che fino agli ultimi anni scrivevano inglese, ora stampano in giapponese. Così ricevo in questa lingua un lavoro del sig. Kaba sulle funzioni ellittiche (Atti dell’Accademia di Tōkyō, 17 gennaio 1903).
 
Questo stato di cose, che fu detto la nuova torre di Babele, non interessa molto i dilettanti di scienza. Essi possono limitarsi a leggere i libri nelle lingue che conoscono, aspettando la versione degli altri. Ma chi lavora al progresso della scienza si trova nell’alternativa o di dover studiare continuamente nuove lingue, ovvero di pubblicare ricerche già note.
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È inutile spendere altre parole per descrivere questo male da tutti riconosciuto. Furono ad esso proposti varii rimedii, che qui esporrò rapidamente:
 
1° Quello dell’adozione, nei lavori scientifici, d’una sola lingua vivente. Ma non c’è probabilità d’accordo sulla scelta.
 
2° Quello dell’adozione contemporanea di più lingue viventi. Fu proposto che nelle scuole francesi si rendesse obbligatorio l’inglese, e viceversa; lasciando la libertà ad ogni popolo di optare per l’una o l’altra delle due<ref>C<small>H.</small> A<small>NDRÈ</small>, sous-bibliothécaire de l’Université de Lyon, ''Le latin, et le problème de la langue internationale'', Paris, a. 1903, pag. 2.</ref>. Ma i tedeschi optarono pel tedesco, gli italiani per l’italiano, e la questione non fece un passo verso la soluzione.
 
Fu proposto di estendere il numero delle lingue principali, a tre, a quattro, a sei (opinione di Max Müller), e a sette, comprendendovi il russo. Ho sentito questa proposta al “Congrès international des Mathématiciens de Paris”, a. 1900; ma ebbe contrarii quelli che parlano le lingue principali in senso stretto, e vivamente contrarii i rappresentanti dei popoli esclusi, i quali maggiormente sono attaccati alla propria lingua, vessillo della nazionalità.
 
Fu proposto il ritorno al latino; e questa proposta ebbe molti fautori; si pubblicarono in varie parti del mondo giornali in latino, quali la ''Vox Urbis'' in Roma, il ''Praeco latinus'' in Filadelfia, ''Phoenix'' in Londra, ecc. Ma se alcuni letterati possono ancora scrivere qualche opuscolo nel latino di Cicerone, nessuno, da secoli, scrive un libro in quella lingua. E si ha timore di scrivere il latino scolastico, il latino di Eulero, per non farsi dare degli ignoranti. Perciò il latino esulò, perfino dalle grammatiche comparate delle lingue antiche, che destinate da latinisti a latinisti, sono scritte nelle varie linue moderne.
 
Rimangono le lingue artificiali. Intendo lingua artificiale in lato senso. Così è lingua artificiale il latino di Eulero, che non fu mai parlato da alcun popolo.
 
Il libro: C<small>OUTURAT</small> e L<small>EAU</small>, ''Historie de la langue universelle'', che già ebbi l’onore di presentare all’Accademia, oltre all’esposizione delle ragioni della necessità della lingua internazionale, e delle varie soluzioni proposte, analizza ben 57 progetti di lingue artificiali, di ogni specie, alcuni frutto di studii profondi, altri semplici bizzarrie; alcuni dovuti a nomi illustri, altri affatto ignoti.
 
Gli autori delle varie lingue artificiali dimostrarono sempre grande sentimento di altruismo; spesero tempo, lavoro e denari in questi loro tentativi; furono trattati con indifferenza e peggio. Pure qualche cosa dei loro studii è rimasto.
 
Parecchie pagine del libro sono dedicate alla interessante storia del [[:Categoria:Volapük|Volapük]]. Ideato nel 1879, in pochi anni raggiunse un grande sviluppo. Nel 1889 aveva fondato 283 club e 25 giornali in tutto il mondo civilizzato. Ebbe una letteratura superiore a quella di più lingue secondarie; poi rapidamente decadde e morì.
 
La ragione del trionfo effimero del Volapük fu che rispondeva ad un bisogno universalmente sentito. La causa della sua scomparsa si è che questa lingua descrisse nel periodo di 10 anni tutta la trajettoria, che non ha ancora percorsa la lingua latina nel periodo storico di oltre 2000 anni. Il Volapük conteneva numerose convenzioni, non aventi altra ragione di essere, che la volontà del suo autore. I seguaci di questa lingua, quando cominciarono ad usarla, e renderla viva, proposero chi una semplificazione, chi un’altra. Così l’unità sua si scisse, come il latino si scisse dando luogo alle lingue neolatine.