Pagina:Rivista italiana di numismatica 1892.djvu/376: differenze tra le versioni

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veduto, alcun dubbio. Nè il fatto dello spettacolo, datosi sul teatro, architettato dal Serlio, lascia ugualmente dubitare che nel 1539 fosse già uscito dagli anni dell’adolescenza, per non dire anche della giovinezza. Il che fa ragionevolmente congetturare che la nascita dovesse risalire all’entrare del secolo XVI, o, se vuolsi, all’ultimo scorcio del secolo XV. Questo fatto e le sembianze del busto, che rivelano come ho detto, un uomo nel pieno della virilità, non bastano però a far indovinare in che tempo si coniasse la medaglia.
veduto, alcun dubbio. Nè il fatto dello spettacolo, datosi sul teatro, architettato dal {{AutoreCitato|Sebastiano Serlio|Serlio}}, lascia ugualmente dubitare che nel 1539 fosse già uscito dagli anni dell’adolescenza, per non dire anche della giovinezza. Il che fa ragionevolmente congetturare che la nascita dovesse risalire all’entrare del secolo XVI, o, se vuolsi, all’ultimo scorcio del secolo XV. Questo fatto e le sembianze del busto, che rivelano come ho detto, un uomo nel pieno della virilità, non bastano però a far indovinare in che tempo si coniasse la medaglia.


Ho già detto che il rovescio reca l’aquila imperiale con l’ali aperte, sormontata dalla corona. Di primo tratto parrebbe quasi che quell’emblema dovesse essere lo stemma della famiglia. Nulla di men vero. L’Aquila e il titolo di conte, scolpito nella leggenda del diritto, ricordano invece un fatto non indegno di nota, compiutosi nel 1532. Sanno tutti che l’imperatore Carlo V, tenendo il patto, stretto con Clemente VII il 1530 nella solenne incoronazione a Bologna, moveva il novembre del 1532 da Vienna in Italia. Nel passaggio a traverso il Vicentino intrattenevasi, com’ebbi altra volta ad avvertire, in Sandrigo presso i Sesso e poi in Montecchio Maggiore, ospite dei Gualdo. In quell’occasione conferiva il titolo di conte a parecchie delle patrizie famiglie di Vicenza<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Bernardo Morsolin|B. Morsolin}}}}, ''Un episodio della vita di Carlo V'', Venezia, 1884, (Archivio Veneto, Serie II, Tom. XXVII, p. II).</ref>. Fu tra queste la famiglia dei Da Porto, il cui diploma è dato da Bologna il 14 dicembre 1532. Tra i privilegi, concessi a ciascun individuo, era quello d’innestare all’arma di famiglia l’aquila bicipite con l’ali aperte<ref name=pagina376>" Concedimus et impartimur, ut dimidiam aquilani bicipitem coloris nigri alis expansis in aureo, seu croceo campo supra haereditaria et</ref>. Tutto fa credere pertanto che la {{Pt|me-|}}
Ho già detto che il rovescio reca l’aquila imperiale con l’ali aperte, sormontata dalla corona. Di primo tratto parrebbe quasi che quell’emblema dovesse essere lo stemma della famiglia. Nulla di men vero. L’Aquila e il titolo di conte, scolpito nella leggenda del diritto, ricordano invece un fatto non indegno di nota, compiutosi nel 1532. Sanno tutti che l’imperatore Carlo V, tenendo il patto, stretto con Clemente VII il 1530 nella solenne incoronazione a Bologna, moveva il novembre del 1532 da Vienna in Italia. Nel passaggio a traverso il Vicentino intrattenevasi, com’ebbi altra volta ad avvertire, in Sandrigo presso i Sesso e poi in Montecchio Maggiore, ospite dei Gualdo. In quell’occasione conferiva il titolo di conte a parecchie delle patrizie famiglie di Vicenza<ref>{{Sc|{{AutoreCitato|Bernardo Morsolin|B. Morsolin}}}}, ''Un episodio della vita di Carlo V'', Venezia, 1884, (Archivio Veneto, Serie II, Tom. XXVII, p. II).</ref>. Fu tra queste la famiglia dei Da Porto, il cui diploma è dato da Bologna il 14 dicembre 1532. Tra i privilegi, concessi a ciascun individuo, era quello d’innestare all’arma di famiglia l’aquila bicipite con l’ali aperte<ref name=pagina376>" Concedimus et impartimur, ut dimidiam aquilani bicipitem coloris nigri alis expansis in aureo, seu croceo campo supra haereditaria et</ref>. Tutto fa credere pertanto che la {{Pt|me-|}}