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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|755}}-->rimanente, cosí pure alla lingua, il sommo scrittor latino: né che {{AutoreCitato|Virgilio}} non sia il primo poeta latino, e limpidissimo specchio di latinità (riconosciuto dallo stesso {{AutoreCitato|Frontone}} negli ''Exempla elocutionum''), perciò che la sua lingua è ben diversa <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|756}} da quella di {{AutoreCitato|Ennio}}, di {{AutoreCitato|Livio Andronico}}, ec. e anche di {{AutoreCitato|Lucrezio}}. Bisogna però ch’io renda giustizia a Frontone, perché se egli cadde in quel difetto che ho notato, vi cadde con molto piú discrezione giudizio e discernimento, sí nelle massime o nella ragione che nella pratica, di quello che facciano molti degli odierni italiani, avendo anche molto riguardo a fuggir l’affettazione, per la quale massimamente e per la oscurità si rende assurdo e barbaro l’uso di molte parole antiquate, e possedendo la sua lingua veramente e quindi, sebben peccasse nella troppa imitazione degli antichi, non però cercando, come fanno i nostri, di dar colore di antichità a’ suoi scritti, col solo materiale e parziale uso delle parole e modi vecchi, senza osservare se la scrittura sapesse poi veramente di antico e se quelle parole e modi vi cadessero acconciamente e naturalmente o forzatamente e dissonando dal corpo della composizione. Frontone non sognò neppure la massima di vietare la conveniente e giudiziosa novità e formazione delle parole o modi, anzi egli stesso ne dà esempio di tratto in tratto. Il che <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|757}} fanno i nostri per impotenza, ignoranza, povertà, e niun possesso di lingua; credendo di esser buoni scrittori italiani quando hanno imparato e usato a sproposito e come capita un certo numero di parole e modi antichi, non curandosi poi, o non sapendo vedere se corrispondano al resto e all’insieme del colorito e dell’andamento e testura del discorso, ovvero sieno come un ritaglio di porpora cucito sopra un panno vile o certo d’altro colore ed opera. Ma conviene ch’io dica quello ch’é vero, che non mi è riuscito mai di trovare negli antichi scrittori latini o greci, per difettosi che sieno, tanta {{pt|gof-|goffaggine, }}<section end=3 />
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|755}}-->rimanente, cosí pure alla lingua, il sommo scrittor latino: né che {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}} non sia il primo poeta latino, e limpidissimo specchio di latinità (riconosciuto dallo stesso {{AutoreCitato|Marco Cornelio Frontone|Frontone}} negli ''Exempla elocutionum''), perciò che la sua lingua è ben diversa <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|756}} da quella di {{AutoreCitato|Quinto Ennio|Ennio}}, di {{AutoreCitato|Livio Andronico|Livio Andronico}}, ec. e anche di {{AutoreCitato|Tito Lucrezio Caro|Lucrezio}}. Bisogna però ch’io renda giustizia a Frontone, perché se egli cadde in quel difetto che ho notato, vi cadde con molto piú discrezione giudizio e discernimento, sí nelle massime o nella ragione che nella pratica, di quello che facciano molti degli odierni italiani, avendo anche molto riguardo a fuggir l’affettazione, per la quale massimamente e per la oscurità si rende assurdo e barbaro l’uso di molte parole antiquate, e possedendo la sua lingua veramente e quindi, sebben peccasse nella troppa imitazione degli antichi, non però cercando, come fanno i nostri, di dar colore di antichità a’ suoi scritti, col solo materiale e parziale uso delle parole e modi vecchi, senza osservare se la scrittura sapesse poi veramente di antico e se quelle parole e modi vi cadessero acconciamente e naturalmente o forzatamente e dissonando dal corpo della composizione. Frontone non sognò neppure la massima di vietare la conveniente e giudiziosa novità e formazione delle parole o modi, anzi egli stesso ne dà esempio di tratto in tratto. Il che <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|757}} fanno i nostri per impotenza, ignoranza, povertà, e niun possesso di lingua; credendo di esser buoni scrittori italiani quando hanno imparato e usato a sproposito e come capita un certo numero di parole e modi antichi, non curandosi poi, o non sapendo vedere se corrispondano al resto e all’insieme del colorito e dell’andamento e testura del discorso, ovvero sieno come un ritaglio di porpora cucito sopra un panno vile o certo d’altro colore ed opera. Ma conviene ch’io dica quello ch’é vero, che non mi è riuscito mai di trovare negli antichi scrittori latini o greci, per difettosi che sieno, tanta {{pt|gof-|goffaggine, }}<section end=3 />