Pagina:Zibaldone di pensieri V.djvu/8: differenze tra le versioni

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{{ZbPensiero|2800/1}}È massima molto comune tra’ filosofi, e lo fu specialmente tra’ filosofi antichi, che il sapiente non si debba curare, né considerar come beni o mali, né riporre la sua beatitudine nella presenza o nell’assenza delle cose che dipendono dalla fortuna, quali ch’elle si sieno, o da veruna forza di fuori, ma solo in quelle che dipendono interamente e sempre dipenderanno da lui solo. Onde {{SAL|8|4|Luigi62}}<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|2801}} conchiudono che il sapiente, il quale suppongono dover essere in questa tale disposizion d’animo, non è per veruna parte suddito della fortuna. Ma questa medesima disposizione d’animo, supponendo ancora ch’ella sia piú radicata, piú abituale, piú continua, piú intera, piú perfetta, piú reale ch’ella non è mai stata effettivamente in alcun filosofo, questa medesima disposizione, dico, già pienamente acquistata, ed anche, per lungo abito, posseduta, non è ella sempre suddita della fortuna? Non si sono mai veduti de’ vecchi ritornar fanciulli di mente, per infermità o per altre cagioni, l’effetto delle quali non fu in balia di coloro l’impedire o l’evitare? La memoria, l’intelletto, tutte le facoltà dell’animo nostro non sono in mano della fortuna, come ogni altra cosa che ci appartenga? Non è in sua mano l’alterarle, l’indebolirle, lo stravolgerle, l’estinguerle? La nostra medesima ragione non è tutta quanta in balía {{SAL|8|4|Luigi62}}<section end=2 />
{{ZbPensiero|2800/1}}È massima molto comune tra’ filosofi, e lo fu specialmente tra’ filosofi antichi, che il sapiente non si debba curare, né considerar come beni o mali, né riporre la sua beatitudine nella presenza o nell’assenza delle cose che dipendono dalla fortuna, quali ch’elle si sieno, o da veruna forza di fuori, ma solo in quelle che dipendono interamente e sempre dipenderanno da lui solo. Onde <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|2801}} conchiudono che il sapiente, il quale suppongono dover essere in questa tale disposizion d’animo, non è per veruna parte suddito della fortuna. Ma questa medesima disposizione d’animo, supponendo ancora ch’ella sia piú radicata, piú abituale, piú continua, piú intera, piú perfetta, piú reale ch’ella non è mai stata effettivamente in alcun filosofo, questa medesima disposizione, dico, già pienamente acquistata, ed anche, per lungo abito, posseduta, non è ella sempre suddita della fortuna? Non si sono mai veduti de’ vecchi ritornar fanciulli di mente, per infermità o per altre cagioni, l’effetto delle quali non fu in balia di coloro l’impedire o l’evitare? La memoria, l’intelletto, tutte le facoltà dell’animo nostro non sono in mano della fortuna, come ogni altra cosa che ci appartenga? Non è in sua mano l’alterarle, l’indebolirle, lo stravolgerle, l’estinguerle? La nostra medesima ragione non è tutta quanta in balía <section end=2 />