Saggio di racconti/IV: differenze tra le versioni

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L’Indifferenza

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III V
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RACCONTO IV.




L’INDIFFERENZA


Carlo era un fanciullo obbediente, studioso, assennato, e viveva contento perchè si meritava l’affetto dei genitori. Fra le sue buone qualità v’era anche la modestia; poichè udendo fare elogi di sè non era capace d’inorgoglirsene, e conosceva di non meritarli. «Se studio volentieri, se obbedisco, diceva egli fra sè, fo il mio dovere, e non credo che debbano lodarmi.» Una sua nonna amorosa gli faceva di quando in quando un regaletto in denari; ed esso gli gradiva molto, e gli riponeva premurosamente in fondo alla cassetta del suo tavolino. Il babbo una volta gli domandò cosa avesse intenzione di fare con quei denari, e Carlo rispose secco secco, gli serbo. Col tempo gliene furono regalati altri, ed egli seguitava a metterli da parte. Spesso a tavola ed in conversazione udiva parlare di poveri e di disgrazie dipendenti dalla miseria, e se ne affliggeva; ma stava zitto, senza darsene poi altro pensiero. Vedeva i suoi genitori fare spesso l’elemosina ai mendicanti; ma pareva che non gli fosse venuta mai l’ispirazione d imitarli. Allora il babbo cominciò a temere che [p. 31 modifica]quel figliuolo fosse troppo affezionato al denaro, o indifferente ai mali altrui; e disse: «Bisogna ch’io veda se il mio figliuolo è caritatevole. Che disgrazia, se non lo fosse! Cosa gli gioverebbero tutte le altre buone qualità senza questa? La gente non si cura di chi non sa fare il bene quando può.» E aspettò l’occasione di chiarirsi di questo dubbio.

Di lì a non molto seppe che sulla Costa, abitava una donna con tre figliuoli, divenuta povera ed infelice per la morte del marito. Fatto proposito di recarle qualche soccorso, andò a lei col figliuolo. Che spettacolo di miseria! Una donna estenuata, con lacere vesti, il cuore afflitto e le lacrime agli occhi; una stanza terrena, con poca aria, senza mobilia, e con un solo strapunto per tutti; tre fanciullini mezzi nudi, pallidi e stenti... E la povera Vedova, per custodire il marito, s’era ridotta a vendere o ad impegnare ogni cosa: «Ecco qui, diceva ella, per me so adattarmi; ho perso il marito, e ancorachè fossi ricca sarei sempre una disgraziata; ma queste creature innocenti chi le soccorre? Io non ho più nulla da vendere, e guadagno troppo poco per riparare a tutti. Bisognerà che vada a chiedere l’elemosina. Mi consigliano a mettere i figliuoli al Bigallo; ma solamente a pensarvi mi sento morire.» E scoraggita piangeva dirottamente. Il padre di Carlo si studiò di confortarla con parole amorevoli; poi le dette alcuni denari per andare innanzi intanto ch’egli avrebbe pensato a procacciarle qualche altro aiuto, e la lasciò un po’ meno sconsolata di prima. Carlo [p. 32 modifica]stette zitto e sopra pensiero per qualche tempo, considerando la miseria di quella famiglia; ma uscita fuori di porta, cominciò a saltare allegramente, e a fare il solito chiasso con altri fanciulli. Tornato a casa, udì che il babbo e la mamma parlavano insieme della Vedova; fissavano di mandarle un pane ogni giorno; e: «Anche noi, diceva il babbo, anche noi potremmo una volta o l’altra aver bisogno di soccorso. Nissuno può dire: non mi mancherà mai il necessario. Sicuro, il lavoro, il risparmio e la buona condotta prevengono la miseria; ma non sempre bastano a liberarci dalle improvvise disgrazie.» Quella stessa sera la nonna fece a Carlo il solito regaletto, ed egli corse a riporlo. All’aspetto di quel denaro si rammentò della povera Vedova e dei suoi tre miseri figliolini: «Eppure, pensava, potrei dargli a loro questi denari! che fo?... Ma ed io? resto senza. Gli darò mezzi.... e allora sarebbero troppo pochi. Lasciamoli stare. Per ora ci pensa mio padre. È meglio che serbi il mio denaro ad un’altra occasione.» E chiusa bene la cassetta, se n’andò via. Tutta quella sera fu malinconico; gli pareva che i suoi genitori non lo guardassero di buon occhio; e quando si trattò di andare a letto non si arrischiava a chiedere un bacio. Ma il babbo gli aperse le braccia con espansione di tenerezza, e gli disse: «Va’, figliuol mio, la benedizione del Cielo ti accompagni, e procura di non essere ingrato ai suoi benefizi. Tu lo sai; vi sono sulla terra alcune creature che senza averlo meritato vivono nella miseria. A te non manca [p. 33 modifica]nulla. Per ora hai vivi tutti e due i tuoi genitori che pensano ai tuoi bisogni; ogni sera trovi un buon letto....» Carlo a queste parole cominciò a fare il viso rosso, e una lacrima gli spuntava sugli occhi. «Cos’è stato? soggiunse allora la madre, hai paura delle disgrazie? È vero che possono venire da un momento all’altro; ma per ora, tu lo vedi, la provvidenza non ci abbandona.» Stettero un poco tutti zitti; Carlo rasciugò le sue lacrime, e andò a letto col proposito di dare il giorno dopo quanto denaro aveva a quella povera donna.

Infatti la mattina subito di levata andò alla cassetta a cavarne fuori i denari... Suo padre passando per caso davanti all’uscio della sua stanza vide che stava lì a contarli, e s’immaginò subito che avesse una buona intenzione; non lo volle interrompere, e si fermò sulla soglia per osservare. Carlo era tanto sopra pensiero, che non si accorse di lui. Aveva già i denari stretti nel pugno; con l’altra mano si preparava a chiudere la cassetta; e suo padre consolato ed ansioso non vedeva l’ora di abbracciare un figliuolo caritatevole. Ma a un tratto Carlo ricominciò ad esitare, gli dispiacque di lasciar vuota la sua scatolina, ricontò i denari, ne prese una parte, rimase un pezzo in fra due, e alla fine gli ripose tutti serrando presto presto la cassetta. Il padre si sentì allora una stretta d’afflizione; gli caddero le braccia, e dove fuggire l’incontro di Carlo. Povero padre! egli aveva un figliuolo senza buon cuore! Ma l’amor paterno e così grande, ch’ei non poteva credere ancora a [p. 34 modifica]quelle cattive apparenze, sebbene considerando la condotta di Carlo, avesse sempre di che temere. Vedeva bene che il suo animo non era tranquillo; qualche volta, cosa insolita, pareva annoiato dello studio; e nel tempo di ricreazione non si abbandonava più coi suoi compagni a quella gioia sincera dell’innocenza. All’aspetto di un povero chinava la faccia; e talora gli vide fare il cipiglio. Un fanciullo che fa il cipiglio non è contento di sè medesimo.

Pochi giorni dopo, mentre erano a tavola, la madre di Carlo disse al marito che la Vedova era più tribolata di prima. Non potendo pagare la pigione della sua stanza, il padrone la licenziava. Povera donna! dove sarebbe andata a rifugiarsi con quelle tre creature, in tempo d’inverno! Il padre afflitto da quella notizia, rispose: «Come faremo? ancora non ho potuto ottenere per lei quel che sperava, e il peggio è che i miei guadagni sono limitati.... e mi scomoderebbe assai doverle pagare subito la pigione.» Mentre il padre e la madre di Carlo si guardavano con rammarico, egli mandava giù a stento il suo cibo, e si rimproverava la passata indifferenza. Avrebbe voluto rimediarvi; ma una volta avvezzatosi a fare il sordo alle ispirazioni della carità, non gli dava più l’animo di parlarne. Un poco dopo: «Vorrei farti un progetto, soggiunse la moglie al marito. Se non ti piacerà, tu sei il padrone di non adottarlo. Noi mangiamo l’antipasto. Non potremmo per qualche tempo farne di meno, e a poco a poco con questo risparmio rimettere assieme la pigione per la [p. 35 modifica]Vedova?» II padre accolse lietamente il progetto; ma soggiunse che gli dispiaceva di non poter aiutare i poveri senza veder fare una privazione alla moglie. «Ma ti pare che sia una privazione? rispose ella; forse che per nutrirci abbiamo bisogno di cibi diversi e squisiti? Un buon lesso è il migliore di tutti; e chi sa quanti non lo possono avere, cominciando dalla povera Vedova! E quand’anco fosse una privazione? sono io che la propongo; dunque la fo volentieri. Tu, so per prova, che hai buon cuore; Carlino...» E voltandosi a lui vide che e’piangeva. «Al solito, rispose il padre, tu piangi, e noi non sappiamo perchè: Forse ti dispiace di udir parlare di disgrazie senza poter soccorrere alcuno? Hai ragione, Carlo mio; codesto pianto è buon segno. Un figliuolo amoroso e la consolazione dei genitori. Verrà un tempo che saremo vecchi, e avremo bisogno di te; e se ora ti vediamo compassionevole per gli altri, possiamo sperare che saprai esserlo anche per noi» — «Ah babbo! esclamò Carlo singhiozzando, io sono stato un ingrato finora!» E scendendo subito dalla sedia, corse a prendere i suoi denari. Tornato, gli dette al babbo, e diceva: «Non ne ho altri; ma se la nonna seguiterà a darmene, saranno tutti per la povera Vedova, ed io solo, da qui innanzi, io solo mi priverò dell’antipasto per lei.» I suoi genitori allora si consolarono tutti, lo abbracciarono con le lacrime agli occhi, e gli dissero che pur troppo avevano dubitato del suo buon cuore; ma che già erano abbastanza disingannati. «Andiamo, andiamo subito, [p. 36 modifica]seguitò il padre, a consolare la Vedova. Quando possiamo far del bene, non bisogna mettere tempo in mezzo.» E si alzò pigliando per la mano il figliuolo; ma egli diceva arrossendo: «Babbo, non ho coraggio di venire anch’io; sono confuso, sento che se quella donna mi volesse ringraziare, non lo meriterei. Dovevo averla assistita prima; non so perchè un animo mi consigliava a farlo, ed un altro no.» — «È vero, soggiunse il padre, tu meriti questo rimprovero; la tua indifferenza e la tua incertezza sono state biasimevoli, e devi sentirne rimorso; ma se ora la carità che vuoi fare è spontanea, non hai ragione di vergognartene. Quando possiamo, dobbiamo fare il bene in segreto; ma tu sei ancora troppo fanciullo per poterti regolare da te in queste cose. Quello che tu fai in faccia dei genitori è come se fosse fatto in segreto. Vieni meco; ho caro che tu dia alla Vedova con le tue mani questi denari, perchè la sua gratitudine ti toccherà il cuore, e ti avvezzerà ad essere in seguito più sollecito nelle buone azioni. Io poi non lascerò di ammonirti se mi accorgerò che il sentimento della carità possa in te essere guastato dalla ostentazione.» E andarono insieme dalla Vedova. Quand’ella si vide porgere quell’aiuto inaspettato, ringraziò Carlo e suo padre con sì tenera riconoscenza, che il fanciullo gustò un’interna dolcezza della quale non aveva goduto giammai. Da quel punto gli parve d’essere un altro; il suo animo era ogni giorno più lieto; godeva maggiormente delle carezze e dell’amore dei genitori; era [p. 37 modifica]più contento della propria condotta, degli studj, di tutto; e conobbe che il vero piacere doveva consistere nel soccorrere gl’infelici, e nel prevenire in segreto i loro bisogni.