Pagina:I promessi sposi (1840).djvu/864: differenze tra le versioni

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Dico: questa volta; perchè il copiarlo che ha fatto senza citarlo, è cosa degna d’esser notata, se, come credo, non lo fu ancora<ref>Il Fabroni (Vitae Italorum, etc., Petrus Jannonius), cita come scrittori dai quali il {{AutoreCitato|Giannone}} "ha preso i passi interi, invece di ricorrere ai documenti originali, e senza confessarlo schiettamente, il Costanzo, il Summonte, il Parrino, e principalmente il Bufferio". Ma par difficile che da quest’ultimo (che non abbiam potuto trovare chi sia'') prenda più che dal Costanzo, del quale, "Se al principio risponde il fine e il mezzo", deve aver intarsiata mezza, a dir poco, la storia nella sua; e più che dal Parrino, del quale dovremo dir qualcosa or ora.</ref>. Il racconto, per esempio, della sollevazione della Catalogna, e della rivoluzione del Portogallo, nel 1640 è, nella storia del {{AutoreCitato|Giannone}}, trascritto da quella del Nani, per più di sette pagine in 4°, con pochissime omissioni, o aggiunte, o variazioni, la più considerabile delle quali è d’aver diviso in capitoli e in capoversi un testo che nello scritto originale andava tutto di seguito<ref>{{AutoreCitato|Giannone}}. Ist. Civ. lib. XXXVI, cap V, e il primo capoverso del VI - Nani, Hist. Ven. parte I, lib. XI, pag 651-661 dell’edizione citata.</ref>. Ma chi mai s’immaginerebbe che l’avvocato napoletano, dovendo raccontare altre sollevazioni, non di Barcellona, nè di Lisbona, ma quella di Palermo, del 1647, e quella di Napoli, contemporanea e più celebre, per la singolarità e per l’importanza degli avvenimenti, e per Masaniello, non trovasse da far meglio, nè da far più che di prendere, non i materiali, ma la cosa bell’e fatta, dall’opera del cavaliere e procurator di san Marco? Chi l’anderebbe a pensare soprattutto dopo aver lette le parole con le quali il {{AutoreCitato|Giannone}} entra in quel racconto? e son queste: "Gli avvenimenti infelici di queste rivoluzioni sono stati descritti da più autori: alcuni gli vollero far credere portentosi, e fuor del corso della natura: altri con troppo sottili minuzie distraendo i leggitori, non ne fecero nettamente concepire le vere cagioni, i disegni, il proseguimento, ed il fine: noi per ciò, seguendo gli scrittori più serj e prudenti, gli ridurremo alla lor giusta e natural positura." Eppure ognuno può vedere, facendo il confronto, come, subito dopo queste sue parole, il Giannone metta mano a quelle del Nani<ref>Giannone, lib. XXXVII, cap. II, III e IV. - Nani, parte II, lib IV, pag. 146-157.</ref>, frammischiandoci ogni tanto, e specialmente sul principio, qualcheduna delle sue, facendo qua e là qualche cambiamento, alle volte per necessità, e nella stessa maniera che uno, il qual compri biancheria usata, leva il segno dell’antico padrone, e ci mette il suo. Così, dove il veneziano dice: "in quel regno", il napoletano sostituisce: "in questo regno"; dove il contemporaneo dice che vi
Dico: questa volta; perchè il copiarlo che ha fatto senza citarlo, è cosa degna d’esser notata, se, come credo, non lo fu ancora<ref>Il Fabroni (Vitae Italorum, etc., Petrus Jannonius), cita come scrittori dai quali il {{AutoreCitato|Giannone}} "ha preso i passi interi, invece di ricorrere ai documenti originali, e senza confessarlo schiettamente, il Costanzo, il {{AutoreCitato|Giovanni Antonio Summonte|Summonte}}, il Parrino, e principalmente il Bufferio". Ma par difficile che da quest’ultimo (che non abbiam potuto trovare chi sia'') prenda più che dal Costanzo, del quale, "Se al principio risponde il fine e il mezzo", deve aver intarsiata mezza, a dir poco, la storia nella sua; e più che dal Parrino, del quale dovremo dir qualcosa or ora.</ref>. Il racconto, per esempio, della sollevazione della Catalogna, e della rivoluzione del Portogallo, nel 1640 è, nella storia del {{AutoreCitato|Giannone}}, trascritto da quella del Nani, per più di sette pagine in 4°, con pochissime omissioni, o aggiunte, o variazioni, la più considerabile delle quali è d’aver diviso in capitoli e in capoversi un testo che nello scritto originale andava tutto di seguito<ref>{{AutoreCitato|Giannone}}. Ist. Civ. lib. XXXVI, cap V, e il primo capoverso del VI - Nani, Hist. Ven. parte I, lib. XI, pag 651-661 dell’edizione citata.</ref>. Ma chi mai s’immaginerebbe che l’avvocato napoletano, dovendo raccontare altre sollevazioni, non di Barcellona, nè di Lisbona, ma quella di Palermo, del 1647, e quella di Napoli, contemporanea e più celebre, per la singolarità e per l’importanza degli avvenimenti, e per Masaniello, non trovasse da far meglio, nè da far più che di prendere, non i materiali, ma la cosa bell’e fatta, dall’opera del cavaliere e procurator di san Marco? Chi l’anderebbe a pensare soprattutto dopo aver lette le parole con le quali il {{AutoreCitato|Giannone}} entra in quel racconto? e son queste: "Gli avvenimenti infelici di queste rivoluzioni sono stati descritti da più autori: alcuni gli vollero far credere portentosi, e fuor del corso della natura: altri con troppo sottili minuzie distraendo i leggitori, non ne fecero nettamente concepire le vere cagioni, i disegni, il proseguimento, ed il fine: noi per ciò, seguendo gli scrittori più serj e prudenti, gli ridurremo alla lor giusta e natural positura." Eppure ognuno può vedere, facendo il confronto, come, subito dopo queste sue parole, il Giannone metta mano a quelle del Nani<ref>Giannone, lib. XXXVII, cap. II, III e IV. - Nani, parte II, lib IV, pag. 146-157.</ref>, frammischiandoci ogni tanto, e specialmente sul principio, qualcheduna delle sue, facendo qua e là qualche cambiamento, alle volte per necessità, e nella stessa maniera che uno, il qual compri biancheria usata, leva il segno dell’antico padrone, e ci mette il suo. Così, dove il veneziano dice: "in quel regno", il napoletano sostituisce: "in questo regno"; dove il contemporaneo dice che vi