Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/125: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|647}}-->si possiede, anzi non è. E bisognerebbe possederlo ''pienamente'', e al tempo stesso ''indefinitamente'', perché l’animale fosse pago, cioè felice, cioè l’amor proprio suo che non ha limiti, fosse ''definitamente'' soddisfatto: cosa {{SAL|125|3|Alex brollo}}<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|648}} contraddittoria e impossibile. Dunque la felicità è impossibile a chi la desidera, perché il desiderio, sí come è desiderio assoluto di felicità, e non di una tal felicità, è senza limiti necessariamente, perché la felicità assoluta è indefinita e non ha limiti. Dunque questo desiderio stesso è cagione a se medesimo di non poter essere soddisfatto. Ora questo desiderio è conseguenza necessaria, anzi si può dir tutt’uno coll’amor proprio. E questo amore è conseguenza necessaria della vita, in quell’ordine di cose che esiste e che noi concepiamo e altro non possiamo concepire, ancorché possa essere, ancorché fosse realmente. Dunque ogni vivente, per ciò stesso che vive (e quindi si ama, e quindi desidera assolutamente la felicità, vale a dire una felicità senza limiti, e questa è impossibile e quindi il desiderio suo non può esser soddisfatto) perciò stesso, dico, che vive, non può essere attualmente felice. E la felicità ed il piacere è sempre futuro, cioè non esistendo, né potendo esistere realmente, esiste solo nel desiderio del vivente, e nella speranza, o aspettativa che ne segue. ''Le '' {{SAL|125|3|Alex brollo}}<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|649}} ''présent n’est jamais notre but; le passé et le présent sont nos moyens; le seul avenir est notre objet: ainsi nous ne vivons pas, mais nous espérons de vivre'', dice {{AutoreCitato|Blaise Pascal|Pascal}}. Quindi segue che il piú felice possibile è il piú distratto dalla intenzione della mente alla felicità assoluta. Tali sono gli animali, tale era l’uomo in natura. Nei quali il desiderio della felicità, cangiato nei desiderii di questa o di quella felicità o fine e soprattutto mortificato e dissipato dall’azione continua, da’ presenti bisogni ec., non aveva e non ha tanta forza di rendere il vivente infelice. Quindi l’attività massimamente è il maggior mezzo di felicità ''possibile''. Oltre l’attività, altri mezzi meno{{SAL|125|3|Alex brollo}}<section end=3 />
<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|647}}-->si possiede, anzi non è. E bisognerebbe possederlo ''pienamente'', e al tempo stesso ''indefinitamente'', perché l’animale fosse pago, cioè felice, cioè l’amor proprio suo che non ha limiti, fosse ''definitamente'' soddisfatto: cosa <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|648}} contraddittoria e impossibile. Dunque la felicità è impossibile a chi la desidera, perché il desiderio, sí come è desiderio assoluto di felicità e non di una tal felicità, è senza limiti necessariamente, perché la felicità assoluta è indefinita e non ha limiti. Dunque questo desiderio stesso è cagione a se medesimo di non poter essere soddisfatto. Ora questo desiderio è conseguenza necessaria, anzi si può dir tutt’uno coll’amor proprio. E questo amore è conseguenza necessaria della vita, in quell’ordine di cose che esiste e che noi concepiamo e altro non possiamo concepire, ancorché possa essere, ancorché fosse realmente. Dunque ogni vivente, per ciò stesso che vive (e quindi si ama, e quindi desidera assolutamente la felicità, vale a dire una felicità senza limiti, e questa è impossibile e quindi il desiderio suo non può esser soddisfatto), per ciò stesso, dico, che vive, non può essere attualmente felice. E la felicità ed il piacere è sempre futuro, cioè non esistendo, né potendo esistere realmente, esiste solo nel desiderio del vivente, e nella speranza, o aspettativa che ne segue. ''Le '' <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|649}} ''présent n’est jamais notre but; le passé et le présent sont nos moyens; le seul avenir est notre objet: ainsi nous ne vivons pas, mais nous espérons de vivre'', dice {{AutoreCitato|Blaise Pascal|Pascal}}. Quindi segue che il piú felice possibile è il piú distratto dalla intenzione della mente alla felicità assoluta. Tali sono gli animali, tale era l’uomo in natura. Nei quali il desiderio della felicità, cangiato nei desideri di questa o di quella felicità o fine e soprattutto mortificato e dissipato dall’azione continua da presenti bisogni ec., non aveva e non ha tanta forza di rendere il vivente infelice. Quindi l’attività massimamente è il maggior mezzo di felicità ''possibile''. Oltre l’attività, altri mezzi meno<section end=3 />