Dodici monologhi/Il signore che pranza in trattoria: differenze tra le versioni

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{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Il signore che pranza in trattoria|prec=../Il nonno|succ=../Il veterano al congresso}}
 
 
==__MATCH__:[[Pagina:Dodici monologhi di Gandolin.djvu/71]]==
Questa bizzarria, che battezzai monologo senza parole, nacque così: una sera, al teatro Valle, entrai nel camerino di Ermete Novelli, dicendogli con accento corrucciato:
 
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''Entra sul proscenio, con una mano in tasca, e l’altra come se reggesse un bastone.''
 
''Finge levarsi il cappello, e intanto, con gli occhi, cerca un attaccapanni libero, con qualche
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lieve atto di dispetto, nel vederli tutti ingombri.''
 
''Finalmente, trova il fatto suo: ma l’attaccapanni, al solito, è troppo alto e per appendere il cappello è costretto a rizzarsi sulle punte dei piedi. Respira.''
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''Siede e batte.''
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''Il cameriere non viene.''
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''Beve, mangia, e si macchia. Pulisce l’unto col tovagliolo, poi s’annoda il tovagliolo intorno al collo e lo spiana per benino con la mano sul petto.''
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''Seconda boccata. Trova una mosca nei maccheroni. La piglia delicatamente con le dita: la butta via. Respinge il piatto e batte col coltello.''
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''Aspettando l’insalata, rompe un panino e vi trova un lungo capello: lentamente lo estrae.''
 
''Insalata. Prende il sale con la punta del coltello e insala, battendo con due dita della mano sinistra sul coltello. Cerca il macinino del pepe. Chiede scusa a un signore vicino e glielo prende. Mette pepe. Cerca posto per posare il macinino, essendo la tavola ingombra. L’oliera è troppo lontana. Deve alzarsi e piegarsi molto per prenderla e avvicinarla. Cava il tappo dell’aceto mettendolo nel buco. Versa aceto rapidamente e ritappa. Cava il tappo dell’olio. Versa olio con moto circolare lento,
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lascia gocciare, rimette, ritappa. Rimescola l’insalata, macchiandosi la manica e ripulendo. Mangia.... L’insalata è cattiva: la respinge.''
 
''Chiama il cameriere. Manda via tutto e ordina una tazza di caffè, raccomandandosi che sia buono.''
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''Cava un lungo portasigari. Estrae un sigaro virginia, deponendolo sopra la tavola. Chiude il portasigari e lo rintasca, con colpetto di mano, per accertarsi che è andato bene a posto. Estrae la paglia dal sigaro, collocando il virginia sopra l’apposito candeliere. Colpetto sulla tasca per sentire se ha cerini. Estrae la scatolina e la scuote per accertarsi che contenga fiammiferi. L’apre. Il primo cerino si spegne. Quanto al secondo, salta via la capocchia, che gli brucia l’indice. Se lo succhia.''
 
''Col terzo cerino, chiuso con grande precauzione tra le due palme delle mani, accende la candela. Aspetta. Guarda se il sigaro
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sia abbastanza bruciato. Ripone la scatola dei cerini. Prende il sigaro. Da prima va bene. Spegne la candela e fuma. Il fumo gli va nell’occhio sinistro che chiudesi, lacrimando.''
 
''Fa cenno, con la mano, al cameriere che passa, e lo prega di fargli il conto. Intanto il sigaro non tira. Cerca dove è rotto. Trovato il punto, fa la medicatura, stracciando dal giornale un pezzetto di carta, e con la saliva accomoda la rottura.''
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''Prende il cappello.''
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''Non trova più il bastone. È per terra.''
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''Ripassando avanti al tavolino, e pensando quanto è stato servito male e con mal garbo, riprende tutti i denari che aveva messi nel piattino per mancia, e va via dicendo, a voce alta:'' — Buona notte.
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