Dodici monologhi/La mano dell'uomo: differenze tra le versioni

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''(Nel mezzo della scena un tavolino quadrato, con tappeto scuro che scende fino a terra. Sopra il tavolino un vassoio con bottiglia, bicchiere e zuccheriera. L’attore entra in scena, va al tavolino, fa tre inchini di rigore, poi alza la mano come per parlare e invece, con molta lentezza, mette lo zucchero, l’acqua nel bicchiere e rimescola guardando a destra e a sinistra; beve, poi dice:)''
 
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Domando perdono: ma capiranno.... essendo la prima volta che parlo in pubblico.... Anzi, se permettono, mi levo dal tavolino, perchè mi sento impacciato: mi sembra quasi di avere quattro gambe (''s’avanza al proscenio'').
 
LA MANO DELL’UOMO è un argomento in cui nessuno ha mai posto piede. E quando dico la mano dell’uomo, mi servo di una espressione generica che abbraccia anche la donna.... quando può. Che cos’è, o signori, la mano dell’uomo? Domanda ingenua
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in apparenza, eppure conobbi un filosofo che ne fu vivamente colpito.... ricevendo uno schiaffo. Però egli era di quegli uomini con cui nonsi scherza: e lo schiaffo ebbe conseguenze terribili: cioè un gonfiore che gli fece venire la guancia così....
 
Che cos’è dunque, o signori, la mano dell’uomo? Incalcolabile è il numero di coloro i quali ignorano non solo che cosa sia la mano, ma non conoscono neppure il modo di servirsene. Tanto è vero, che per la strada, si vede una quantità di gente che, non sapendo che farsi delle mani, se le ficca in saccoccia. Mentre chi le sa adoperare, almeno le ficca nelle tasche altrui. Dunque diremo noi, la mano è l’origine d’ogni cosa esistente. Dalle stelle ai fiammiferi, dalle montagne dell’Imalaya alle granite di limone, tutto uscì.... di dove?... dalle mani del creatore. Ne uscirono anche quel primo uomo e quella prima donna che sulle scene del mondo recitano l’eterna scena madre della ''Badessa di Jouarre''. Poichè, o signori, da che mondo è mondo, non esiste che una sola scena veramente madre, che comincia sempre nell’istesso
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modo, e finisce.... dopo nove mesi. L’insigne Elvezio dice che la mano costituisce la superiorità dell’uomo sopra gli altri animali. Si può dire di più. Si può dire: La mano è l’uomo. Tanto che invece di umanità, si dovrebbe dire semplicemente ''manità''. Prego di non ridere, perchè non siamo qui per divertirci.
 
Guardate. La creaturina si può dire nata appena, ancora non conosce le molteplici funzioni del delicato organismo: eppure l’istinto le ha insegnato l’uso delle mani: e ancora non parla che già si ficca le dita in bocca. E appena parlerà, appena il bimbo avrà una confusa nozione dei diritti e dei doveri dell’uomo, siate sicuri che domanderà come mai il buon Dio, contro dieci dita, non abbia dato che un nasino solo.
 
E per poco che consideriate le nostre consuetudini, facilmente v’accorgerete qual grande principio sociale sieno le mani. Un uomo ammodo, una persona simpatica, uno di quegli esseri fortunati che riescono in tutto, che sono ricercati, festeggiati, onorati in società, che giuocano un terno e vincono una cinquina, come viene designato nel mondo? In un
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modo semplicissimo: si dice che è un uomo di tatto.
 
Ma c’è qualche cosa di ben più significante. Quale espressione si usa comunemente per definire un grande oratore? Si dice forse che ha una bella figura? Una voce magnifica? Un naso greco? No, si dice soltanto che ha un eccellente modo di ''porgere''. Poichè se la mano non ''porgesse'', non distribuisse le parole, credetelo pure, la voce umana sarebbe il suono meno piacevole di questo mondo. Ne volete una prova luminosa, palpabile? Esiste un animale che parla come me, come voi, ma è privo delle mani: e appunto perchè senza mani non credo vi sia sulla terra un tormento peggiore di lui, e questa piaga sociale, quest’ira di Dio, quest’animale, o signori, è ''il telefono''.
 
E se il telefono non basta, guardate il papagallo: la parola non serve al papagallo che a compromettere un finale nel ''Ratto delle Sabine''.
 
Il macacco che non parla è molto superiore al papagallo: e noi tutti, infatti, conosciamo dei macacchi che occupano magnifiche posizioni in società.
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E questo ancora è niente. Non sono che riflessioni secondarie, poichè la nobiltà della mano è ancora più manifesta in quei teneri legami che formano l’armonia dei due sessi e la base dell’umana famiglia. Le più ardenti passioni, gli amori più fatali, sono sempre incominciati col concorso di due estremità.
 
Chiedo scusa, o signori, se per un momento mi mostro turbato e commosso.... prego, non si disturbino.... passa subito.... Non è niente. Sono ricordi che passano, ricordi del mio primo e quasi unico amore. Una sera, in un’onesta famiglia, almeno pareva onesta.... prendevo parte ai giochi innocenti che sono sempre stati la mia passione. Già io non ho che una sola passione: il gioco, il vino e le donne.
 
Quella sera, dunque, mentre si giuocava all’''anello'', un angelo di ragazza.... era bionda come l’oro.... bionda come.... come si chiama.... (''pausa''). Basta! quest’angelo, dicevo, venne a presentarmi l’anello, chiuso fra le sue palme delicate. Aveva due manine.... così.... La guantaia era stata costretta a inventare un numero che finora non si conosceva: il numero niente e 3/4.
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Oh quando sentii quelle due coselline morbide, strisciare dentro le mie mani, provai un sussulto, un turbamento, una scossa elettrica.... Non si può descrivere quello che provai.
 
Da quella sera, il nostro destino era irrevocabilmente deciso: io m’innamorai perdutamente di quella ragazza, e passate appena tre settimane, mi feci coraggio, mi presentai a lei.... e lei sposò un altro.
 
Il che però, non impedisce alla mano di compiere le più dolci e commoventi funzioni nella più santa e benefica delle umane pressioni. L’amore, infatti, parla più spesso con la mano che con la lingua, e la prima dichiarazione di solito non è altro che la lieve pressione di un dito mignolo che si allaccia a un altro dito mignolo, primo e simbolico anello di quella catena che è il distintivo.... dei lavori forzati matrimoniali a vita.
 
Oh, sì, s’incomincia da un dito, ma non si sa dove si vada a finire.
 
E, o signori, vogliate riflettere. Quando colei che adorate vi confessa tremante lo scambievole affetto, quando l’anima, inebriata, non trova più parole, ma sospiri
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e baci.... e baci sospirati.... e sospiri baciati, quando gli occhi di lei si perdono in dolcissimo languore, e fremono i labbri accesi, e la voce muore convulsa in fondo alla gola, in quel supremo momento psicologico, in cui ella è disposta a tutto e a tutto accordare, che cosa le chiedete? Le chiedete la mano, niente più che la mano, e lei allora con voce flebile, soavissima, vi risponde: ''Ne parli a papà.''
 
E quello è il momento critico: perchè, se non si è degni, invece della mano della figlia, si riceve spesso il piede del padre.
 
Riepilogando, o signori, diremo che la mano è tutto e che è capace di tutto.
 
È indiscutibile che la mano negli atti più importanti, sostiene sempre una parte primaria. Chi è che lavora? La mano. Chi è che sanziona i contratti più gravi, che firma persino le cambiali? La mano. Chi dà e riceve? Chi punisce e chi premia? Il giuramento è un atto solenne, sacro: non è vero? Ma intanto, se non alzate la mano, il giuramento è nullo.
 
Non parlo dell’importanza che ha la mano nel campo della storia, da Muzio
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Scevola alla ''Mano nera''. Mi limiterò invece a dire che i caratteri distintivi dell’uomo, non risiedono già, come crede il volgo, nel viso, ma nelle mani. La faccia, col semplice taglio della barba, con una truccatura, una smorfia, può essere modificata a tal segno da renderla assolutamente irriconoscibile. Le mani invece, saranno sporche o pulite, ma sono sempre quelle.
 
Credete a me, o signori, se volete d’ora in poi studiare il carattere d’un uomo, guardate le sue mani.... guardate dove le mette, guardate che uso ne fa nei bisogni della vita. Una sola stretta di mano vale più che tutti i connotati del passaporto.
 
La stretta di mano è un campo sterminato all’osservazione psicologica, ma io mi limiterò alle nozioni elementari di questa scienza nuova, di questa chiromanzia, che porta scritto nella sua prima pagina: — ''Dimmi che mano hai e ti dirò chi sei.''
 
Le strette di mano, o signori, si possono dividere in tre specie, in tre gruppi e in tre grandi famiglie: quelle che sono una derivazione del temperamento individuale;
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quelle che vengono regolate dal grado, dalla località o dalla situazione; quelle, infine, che procedono dall’immediata influenza del discorso.
 
Mi proverò a presentare qualche campione tra i più notevoli di queste tre grandi categorie, cominciando naturalmente dalle strette di mano derivanti dal temperamento.
 
Esistono individui espansivi eccessivamente, i quali vi accolgono sempre con effusione straordinaria ogni due giorni, come se tornaste da un viaggio in Abissinia. Costoro, anime piuttosto buone, caratteri piuttosto noiosi, hanno la ''stretta di mano attraente'', così.... (''fa un gesto come per afferrare la mano d’un amico e portarsela sul petto''). Altri invece hanno la stretta di mano ''ripulsiva'' (''fa il gesto opposto, con un sorriso falso, a labbra strette'') e sono esseri freddi, sospettosi, amareggiati da delusioni tremende, tormentati da segreti malanni, fisici e morali.
 
E però vi avverto che la stretta di mano attraente non è un sintomo certo, sicuro, del carattere dell’uomo. S’egli ha un tono di voce largo, chiassoso — ''Ah! ah! come stai? bello mio! simpaticone mio!'' —
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allora sì, è proprio un bonaccione: ma se invece è levigato, è mellifluo.... — ''Oooh! come staaa? caaaro signor Sempronio!'' Allora è don Basilio, allora è Tartufo.... e a me non piacciono.... i tartufi.
 
Guai se s’incontrano due di mano ''attraente'', perchè allora la stretta di mano prende il viavai della sega meccanica (''eseguisce il movimento, come uno che stia segando, col pugno stretto'') e tal movimento non può essere interrotto che da una cattiva notizia, da una disgrazia domestica, così: — ''Oh! caro mio.... quanto mi fai piacere.... stai ben eh?... e la tua signora.... oh! poveretta! Oh! me ne dispiace assai!''
 
V’è una stretta di mano che indica un benevolo disprezzo per l’intera umanità. È la stretta di mano dei critici influenti e si chiama ''la mano morta''... — Ciao! ''(presenta una mano penzoloni, che non fa pressione di sorta).''
 
Una stretta di mano che serve a dare un contegno molto autorevole, un contegno di benevolenza paterna, una specie di protezione come di uomo di molta esperienza, è la stretta di mano (''con la sinistra
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afferra a volo la mano d’un amico invisibile, la porta sul petto, e batte sopra con la destra aperta'') a tabacchiera: ''Bene! bravo!... mi consolo!'' O come dicono più efficacemente i meridionali: — ''Mi compiaccio! mi compiaccio!''
 
La stretta di mano più riprovevole, più iniqua è la stretta di mano digitale detta a ''chiave di casa''. Così. Pare vi si offra (''offre la mano chiusa, meno l’indice ritto, con gesto di traverso e alla sfuggita'') non una stretta di mano, ma piuttosto un manico di ombrello: è indizio d’egoismo, d’alterigia, spesso di malvagità: e perciò tutte le volte che qualcuno tenta di offrirvi la stretta di mano a ''chiave di casa'' bisogna rifiutarla (''fa un gesto come se scacciasse un gatto'').
 
La seconda categoria delle strette di mano comprende quelle, abbiamo detto, che sono regolate dal grado, dalla località, o dalla situazione. Tra camerati, tra due antichi compagni di collegio, sopra tutto tra persone che si vedono di rado ma con piacere, è usata molto la stretta di mano a schiaffo, stretta di mano (''alza la destra, eppoi la lascia ricadere con un semicerchio, quasi cogliesse a volo la mano
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dell’amico'') che chiude sempre il discorso: eccola. ''Dunque sta bene e ciao!''
 
V’è anche la stretta di mano detta al giuoco della ''morra''! Risoluta, franca, cordiale, mah, corbezzoli! qualche volta guaribile, salvo complicazioni, in cinque giorni, è così (''finge afferrar la mano, e dà cinque o sei strappi vigorosi col pugno chiuso, come se giocasse alla morra''), ''dunque ciao.... e siamo intesi?''
 
Appartengono alla terza categoria le strette di mano più lunghe, più complicate. Specialmente quelle combinate a quattro mani, come sarebbe a dire la stretta di mano a ''soffietto'', che viene (''prima con la destra in alto, poi con la sinistra in basso, sembra afferrar le due mani dell’amico, agitandole con moto regolare, appunto come si usa col soffietto'') impiegata per gl’inviti calorosi: ''Badi che quando torna a Firenze lo aspettiamo a casa.... Ma che locanda! a casa.... a casa mia ...!''
 
Ha con la precedente molta affinità, è vero, ma è più confidenziale, la stretta di mano ''a trapano'' detta pure ''a organino di Barberia: Tu vieni incognito.... e fai le tue scappatelle.... eh! cattivo soggetto''. (''
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Dopo aver finto di afferrar la mano in aria, gira come a muovere una manovella'').
 
Per i lieti ricordi della gioventù, magari della tenera infanzia, è necessaria la stretta di mano ''a pendolo'' che sarebbe questa: ''Ti ricordi quel professore col naso a peperone? che risate!'' (''Con la mano stretta, ed una certa lentezza ritmica, sembra far dondolare quella dell’amico, da destra a sinistra, e viceversa, in misura eguale'').
 
Se poi, dai dolci ricordi, si passa ai complimenti, ai mirallegro, istintivamente la stretta di mano a pendolo si cambia in stretta di mano ''all’altalena''.... ''Sempre più giovane! bravo.... conservi tutti i tuoi capelli ricci.... mi congratulo! Bene!...'' (''Lo stesso gesto, ma molto più largo, e con un po’ di fermata, appena giunga a uno dei capi della curva descritta'').
 
C’è inoltre la stretta di mano ''a pompa aspirante e premente con velocità graduale, a getto circolare e continuo.''
 
Tale stretta non può essere che la chiusa di un affettuoso sì, ma seccante discorso, tra due che naturalmente sperano non rivedersi mai più.
 
''Dunque tanto piacere d’averlo visto.... mi saluti tanto la sua signora.... suo fratello.... suo zio....
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suo cognato.... un bacio alle sue bimbe.... e si metta a sedere.... (fingendo di afferrare le due mani all’amico, come per la stretta a soffietto: invece si tengono parallele, a una certa distanza, e mentre una s’abbassa, l’altra s’innalza con alterna regolarità).''
 
La stretta di mano in mezzo ad una strada frequentatissima, a un crocevia, collo spavento dell’imminente arrivo di un carro, di una carrozzella, d’un tramvai, è stretta a ''coda di cane'', e l’individuo nel darla si volta sempre impaurito di qua e di là: ''Dunque addio.... a domani mattina! (Si offre la mano sempre larga, agitandola con analoga celerità, pur tenendo il polso fermo....).''
 
In ultimo, o signori, avrei ancora una stretta di mano riservata. Ma quella stessa autorità, che permette la ''Mandragola'', me l’ha severamente proibita. Basta: invece della stretta riservata, potrei qui dare una stretta pubblica, una stretta generale, una stretta.... larga, ma se mi mettessi a stringervi le mani a tutti, si direbbe che voglio impedirvi di battermi le mani e io francamente di queste inciviltà non ne commetto mai.
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